Ci sono notizie che feriscono, altre che lasciano scioccati, altre che fanno arrabbiare. Altre ancora che rappresentano un tristissimo segno dei tempi e testimoniano purtroppo fin dove si possa arrivare in nome del «politicamente corretto» e della banalità… Beh, cari amici, c’è una notizia, appresa stamani leggendo la Bussola quotidiana, che mi ha profondamente colpito e che riunisce purtroppo tutte le categorie sopra esposte. Una notizia che merita un commento.
A Rieti, hanno deciso di non fare il presepe nella cattedrale a motivo della sobrietà. «La decisione di rinunciare allo storico presepe della Cattedrale (…) è anche un invito a rinnovare lo sguardo anche sulle tradizioni più ovvie, a superare ciò che l’uso ci ha indotto a dare per scontato, a rinunciare a quello che ci sembra necessario per concentrarci su quello che è davvero essenziale». Questo si legge sul settimanale diocesano di Rieti, nell’articolo che «spiega» ai fedeli perché quest’anno non hanno trovato lo storico presepe nella cattedrale. E pensare che proprio nella diocesi di Rieti si trova Greccio, cioè il luogo dove San Francesco ha voluto creare il primo presepe.
Via il presepe, perché tradizione troppo scontata, rinunciamo a ciò che ci sembra necessario, concentriamoci sull’essenziale… «Una scelta di sobrietà». Ma che bell’esempio! Vi confesso che mi sono sentito colpitissimo, giudicato. Io che quest’anno, nonostante la crisi – dopo diverse discussioni con mio figlio più piccolo che ho cercato di educare alla bellezza e al gusto della preparazione del presepe, come le altre figlie – ho persino deciso (udite! udite!) di aggiungere una cascatella con l’acqua corrente (tranquilli, amici ambientalisti, l’acqua è sempre la stessa, che si ricicla).
Ora che la diocesi di Rieti mi ha aperto finalmente gli occhi, ora che il suo gesto profetico e sobrio è lì a testimoniare l’essenziale, mi sento in colpa. Credo proprio che toglierò anche la fioca lucetta che nella capanna simula il fuoco: caro Gesù Bambino, l’anno prossimo, in nome della sobietà, ti lascerò ben impacchettato in garage, ma già quest’anno, come ci insegna il magisteriale atto del presule reatino, ti tolgo un po’ di luce, così impari.
«L’assenza, in questo caso, vale più della presenza», è il sublime commento della curia di Rieti per giustificare l’abolizione del presepe. Certo, seguendo questo profetico esempio, si potrebbe continuare. Perché fermarsi? Si potrebbero togliere le statue e i quadri dalla cattedrale, ad esempio. Anche in questo caso l’assenza vale più della presenza. E perché non abolire quelle trite e ritrite funzioni – peraltro quasi sempre uguali e ripetitive – che vanno sotto il nome di «messa domenicale». Tutti sarebbero richiamati all’essenziale, se il vescovo, l’arciprete, il parroco e il cappellano non celebrassero più. Tutti s’interrogherebbero, tutti riscoprirebbero il senso del Natale, tutti si riavvicinerebbero alla fede.
Certamente, oltre al presepe e alla messa, è da abolire anche la confessione, l’adorazione eucaristica, quei sacramenti così di routine: se ne riscoprirebbe molto di più il senso se non ci fossero. Un’ultima annotazione: c’è da augurarsi che nella diocesi che ha abolito il presepe in nome della sobrietà, nessuno del clero – a partire dal suo illuminato pastore – abbia mangiato il panettone il giorno di Natale, o i tortellini in brodo, o il cotechino… Per favore, diteci che in nome di quella sobrietà che vi ha fatto rinunciare a una delle tradizioni cristiane più belle e commoventi, davanti alla quale torniamo tutti bambini, avete almeno digiunato il 25 dicembre. Diteci almeno che il vescovo ha deciso di muoversi in bicicletta per non usare la macchina, diteci che avete donato in beneficenza tutti i vostri telefonini e i computer, diteci che non avete abolito solo il presepe…
Ad esempio, speriamo vivamente che monsignor vescovo abbia almeno abolito la mitra episcopale (quell’inutile sfarzo di un copricapo orientaleggiante e oggettivamente un po’ ridicolo, per la gente una testimonianza certamente meno necessaria del Bambinello nella capanna), speriamo si sia disfato di tutte le mitre che aveva, per celebrare a capo scoperto in nome della sobrietà! Siamo certi che avrà dimesso l’anello (solitamente d’oro), per assomigliare più a un semplice pastore che a uno dei re magi.
Secondo il settimanale diocesano, «chi varcherà la soglia della cattedrale, lo farà davvero per ascoltare la proclamazione della Parola». E non per vedere il presepe. Che disprezzo per la nostra povera umanità, per noi poveri uomini e donne che in questo inizio di terzo millennio ancora ci stupiamo davanti alla rappresentazione della natività, davanti a quel Bambino avvolto in fasce. Invece di essere grati per il fatto che a Natale, magari per caso, ci sia gente che entra nella cattedrale, sosta davanti al presepe e… chissà, magari balbetta anche una preghiera, questi seriosi paladini della sobrietà preferiscono far entrare solo i «buoni», i «motivati», quelli che vanno ad ascoltare le omelie (che speriamo quest’anno siano state sobrie, e non abbiano superato i cinque minuti).
«Il messaggio che si tenta di dare – scrive l’illuminata curia reatina – è quello di rivolgersi all’essenziale, tralasciando ogni altra cosa possa avere il sapore dello sfarzo, del superfluo, dell’inutile». Dunque la sacra famiglia, i pastori, i re magi sarebbero sfarzo, superfluo, inutile. Non posso più continuare, sto davvero male leggendo simili argomentazioni… Siamo di fronte a uno degli esempi più lampanti di come si possa demolire anche ciò che di più bello abbiamo. Concludo con le magistrali parole di commento di Riccardo Cascioli, direttore della Bussola: «San Francesco, ci dice il biografo Tommaso da Celano, con quel presepe fece rinascere Gesù nel cuore di tante persone che erano accorse a Greccio. Oggi a Rieti si è deciso di farlo morire».
* Ringrazio il sito Cantuale Antonianum per aver fatto delle precisazioni: quello che è stato abolito per sobrietà è il grande presepe storico tradizionalmente costruito nella cattedrale. Al contrario di quanto si leggeva nell’articolo del settimanale diocesano (che parlava solo della presenza di un Bambinello ai piedi dell’altare), una piccola, minimale natività è stata costruita. Le cose non cambiano molto: non so quali siano le motivazioni della scelta, ma se sono soltanto quelle messe in pagina dal settimanale, vale a dire il segno di sobrietà con l’assenza, a me continua a sembrare un autogol.
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