13 FEBBRAIO
B. GIORDANO DI SASSONIA o.p.
Cara sorella, è stato il tuo desiderio che ti ha spinta a scrivermi, e io dunque ti dirò qualcosa a proposito del santo desiderio. Carissima, il desiderio degli antichi padri invitò il tuo Sposo, Cristo Figlio di Dio, a venire a soffrire, ed egli venne. Invitato dai tuoi desideri alle tue gioie, come potrà non venire? Innalza tutti i tuoi desideri verso il cielo. Se vuoi imparare una lingua spirituale, vivi con il desiderio dei paesi del cielo, in modo che se avrai occasione di leggere un libro dal contenuto spirituale o ascoltare un predicatore, tu li possa comprendere. Il senso delle cose spirituali non può essere compreso da chi non è mai stato nelle regioni dello spirito. Giordano di Sassonia, dalle Lettere
I domenicani ricordano oggi Giordano di Sassonia, biografo di san Domenico di Guzman e suo successore alla guida dell'Ordine dei predicatori. Giordano era nato a Burgberg, in Sassonia, attorno al 1185, e si era trasferito a Parigi per studiare teologia. A Parigi, a seguito dell'incontro con san Domenico, la sua vita cambiò profondamente. Un anno più tardi, Giordano entrò nell'Ordine domenicano insieme a Enrico di Colonia, suo carissimo amico. Alla morte di Domenico, Giordano di Sassonia assunse la guida dell'Ordine, consolidando e diffondendo ovunque l'attività dei Predicatori. Nel corso del suo ministero il numero dei conventi e dei frati venne decuplicato, si giunse a formulare le Costituzioni e a fornire un assetto stabile alla vita domenicana, in anni di grande fermento e instabilità spirituale. Giordano, uomo di profonda serenità e grande propagatore degli ideali evangelici che avevano guidato la vita e l'azione di san Domenico, ebbe tra l'altro il merito di fornirci nel suo Libro sulle origini dei frati predicatori una delle rare vite di fondatori equilibrate e prive degli eccessi agiografici tipici dell'epoca medioevale. Egli morì naufrago, mentre tornava dalla Terra Santa, da una delle sue frequenti visite alle province dell'Ordine, il 13 febbraio del 1237.
Cara sorella, è stato il tuo desiderio che ti ha spinta a scrivermi, e io dunque ti dirò qualcosa a proposito del santo desiderio. Carissima, il desiderio degli antichi padri invitò il tuo Sposo, Cristo Figlio di Dio, a venire a soffrire, ed egli venne. Invitato dai tuoi desideri alle tue gioie, come potrà non venire? Innalza tutti i tuoi desideri verso il cielo. Se vuoi imparare una lingua spirituale, vivi con il desiderio dei paesi del cielo, in modo che se avrai occasione di leggere un libro dal contenuto spirituale o ascoltare un predicatore, tu li possa comprendere. Il senso delle cose spirituali non può essere compreso da chi non è mai stato nelle regioni dello spirito. Giordano di Sassonia, dalle Lettere
seconda lettura Dagli «Scritti» del b. Giordano di Sassonia, sacerdote.
(Libellus de principiis Ordinis Praedicatorum; nn. 69. 75, 68-88, 110, 120. MOPH 16, Romae 1935. pp. 57. 60, 66-67, 77, 81).
Testimonianze autobiografiche
Frattanto era giunto a Parigi fra Reginaldo, di felice memoria, e si era messo a predicare strenuamente. Prevenuto dalla grazia divina, io mi proposi e feci voto con me stesso di entrare nell'Ordine, convinto di aver trovata una via sicura di salvezza quale mi ero spesso immaginata in cuor mio prima ancora di conoscere i frati. Quando questo proposito si fu consolidato nel mio cuore, cominciai, evidentemente, a fare ogni sforzo perché fra Enrico, compagno e amico dell'anima mia si decidesse a venire con me. Ero convinto che per i suoi doni di natura e di grazia, egli avrebbe fatto un'ottima riuscita nel ministero della predicazione.
Ma egli rifiutava; ed io non cessavo dall'insistere.
Quando giunse il giorno nel quale, con l'imposizione delle ceneri viene ricordata ai fedeli la loro origine e il loro ritorno in cenere, anche noi decidemmo, proprio in quella data così conveniente per iniziare una vita di penitenza, di adempiere al voto che avevamo fatto al Signore. Della cosa avevamo però lasciato all'oscuro i nostri compagni di pensione. Successe, perciò, che quando fra Enrico uscì di casa, uno dei nostri compagni gli chiedesse: «Dove andate, messer Enrico?». «Vado a Betania», rispose. Quello allora non comprese certo il significato di quella parola, ma lo comprese più tardi, dopo il fatto, quando seppe ch'egli era entrato a Betania, ossia nella casa dell'obbedienza.
Tutti e tre ci trovammo dunque a Saint Jacques e, al momento in cui i frati cantavano l'antifona «Immutemur habitu», ecc., improvvisamente certo, ma opportunamente, ci unimmo al loro gruppo. Ci spogliammo subito dell'uomo vecchio e ci rivestimmo subito di quello nuovo, realizzando così su di noi coi fatti, ciò che essi cantando invitavano a fare.
Nell'anno del Signore 1220 si celebrò a Bologna il primo Capitolo Generale del nostro Ordine. Intervenni anch'io, mandato da Parigi con altri tre frati, in ossequio all'ordine comunicato per lettera da Maestro Domenico alla casa di Parigi, di inviare quattro rappresentanti al Capitolo di Bologna.
Quando ricevetti questa missione, ero nell'Ordine da non ancora due mesi.
In quel Capitolo, per comune consenso dei frati, fu stabilito che il Capitolo Generale si dovesse tenere alternativamente un anno a Bologna e l'altro a Parigi; quello dell'anno successivo si sarebbe però tenuto ugualmente a Bologna. Fu anche ordinato che i nostri frati non potessero più, in seguito, possedere fondi né percepire rendite, ma che dovessero rinunziare anche a quelli che già possedevano nel tolosano. Furono fatte anche molte altre leggi, che si osservano ancor oggi.
Nell'anno del Signore 1221, nel Capitolo Generale di Bologna, ai Capitolari parve opportuno di impormi la carica, che essi creavano per la prima volta, di Priore Provinciale di Lombardia. Io allora ero nell'Ordine da poco più di un anno e non avevo perciò radici così profonde quanto avrei dovuto, ora che ero messo a governare gli altri, io che non avevo ancora imparato a governare la mia imperfezione. In quello stesso Capitolo si inviò in Inghilterra una comunità di frati, con fra Gilberto in qualità di Priore. A quel Capitolo io non ero presente.
Dopo aver terminato il racconto degli avvenimenti accaduti al tempo di Maestro Domenico e che era conveniente ricordare, proseguendo nella narrazione è bene ora far cenno di certi altri avvenimenti accaduti in seguito.
Morto fra Everardo a Losanna, io proseguii il mio viaggio e giunsi in Lombardia per assumervi l'ufficio che mi era stato imposto nei riguardi di quella provincia. C'era in quel tempo un certo fra Bernardo di Bologna, il quale veniva talmente tormentato da un crudele demonio da cui era posseduto, che giorno e notte veniva agitato da orribili incubi; e così tutta la comunità dei frati ne veniva disturbata. Senza dubbio la Divina Provvidenza aveva mandato questa tribolazione per provare la pazienza dei suoi servi.
Questa tremenda vessazione del sunnominato fra Bernardo, fu la causa principale che ci spinse a istituire a Bologna il canto dell'antifona Salve Regina, dopo Compieta. Da questa casa l'uso si estese a tutta la Provincia di Lombardia e infine la pia e salutare usanza si affermò in tutto l'Ordine.
A quanti, questa santa lode della veneranda madre di Cristo, fece versare lacrime di devozione! quante volte essa commosse gli affetti di chi l'ascoltava o di chi la cantava, intenerendo la durezza dei loro cuori e infiammandola di santo ardore! E non crediamo che la madre del nostro Redentore si diletti di tali lodi, si commuova per tali preghiere? Mi riferì un uomo religioso e degno di fede di aver visto spesso in visione, al momento in cui i frati cantavano Eia ergo advocata nostra, la madre del Signore in persona, nell'atto d'inginocchiarsi davanti a suo Figlio, per impetrare da lui la conservazione di tutto l'Ordine. E anche questo fatto ho voluto ricordare, affinchè la devozione dei frati che lo leggeranno s'infiammi sempre più nella lode della Vergine.
responsorio 1 Cor 1.17-18.21
Cristo mi ha mandato a predicare l’evangelo, non però con discorsi sapienti, perché non venga resa vana la croce di Cristo. * La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, è forza di Dio.
Poiché il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.
La parola della croce, infatti, è stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, è forza di Dio.
ORAZIONE O Dio, tu hai voluto che il beato Giordano presentasse l'ideale domenicano come piena attuazione del Vangelo: rendici testimoni fedeli e operosi del regno di Cristo. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli.
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