giovedì 17 febbraio 2011


18 FEBBRAIO
B. GIOVANNI DA FIESOLE 
(beato Angelico)
(ca. 1400-1455)

SECONDA LETTURA
Dai «Discorsi» di Pio XII, papa.
(Allocuzione del 20 aprile 1955, AAS 47 (1955), pp. 285-292 passim).
Chi fa le cose di Cristo, con Cristo deve star sempre.
A distanza di cinque secoli, l'odierno omaggio reso al santo religioso e sommo artista riveste il significato di ben meritata riconoscenza, che Noi volentieri gli tributiamo. L'umile e pio Fra Giovanni da Fiesole venne in questo Palazzo Apostolico nel periodo più maturo della sua vita artistica, chiamato dai Nostri Predecessori Eugenio IV e poi dal grande mecenate Niccolo V, e qui lasciò eternate sulle pareti alcune delle più vigorose pagine del suo mondo figurativo, a lustro e decoro di questa Apostolica residenza e perenne testimonianza della perfetta intesa tra la religione e l'arte.
È stata collocata nel vero la sua persona, sottraendola alla popolare e pia leggenda, secondo cui il fervoroso Frate avrebbe dipinto i suoi Santi come assorto in inconscie estasi, abbandonala la mano alla guida di esseri ultraterreni. Ciò però non significa che la sua profonda religiosità, la sua serena ed austera ascesi, nutrita da virtù solide, da contempla­zioni e da preghiere, non abbia esercitato un deter­minante influsso nel dare alla espressione artistica quel potere di linguaggio, con cui egli raggiunge immediatamente gli spiriti e, come più volte è stato notato, nel trasformare in preghiera la sua arte, essendo solito ripetere che chi fa le cose di Cristo, con Cristo deve star sempre...
La schietta pietà dell'Angelico è considerata, a ragione, una base essenziale dell'efficacia di lui; ma un secondo fondamento deve ricercarsi nella sua cultura, cioè nella dottrina dell'universo appresa alla scuola della filosofia perenne e alla quale egli aderi­va con chiara e tranquilla certezza. Non pochi critici hanno giustamente osservato come la dottrina tomi­stica si rispecehi nei suoi quadri, non solo per il con­tenuto, ma anche per il metodo stilistico e tecnico...
Certamente la pittura dell'Angelico è sempre religiosa: per i soggetti prescelti, ma altresì per il modo ed il metodo con cui li tratta. Assuefatto alla tranquilla disciplina monastica e ognora sollecito della perfezione nelle intenzioni, nelle parole, negli atti, cercherà di raggingerla anche nella tecnica dell'arte, che sarà pertanto nitida e serena. Nella sua vita, come nei suoi dipinti, non vi saranno momenti drammatici esteriori, bensì lotte interiori in piena rassegnazione al volere divino e in fiducia nella vit­toria del bene.
La luce stessa che sparge nello spazio e sui per­sonaggi non è misurabile tanto dalla quantità, che dalla qualità di purezza; luce, per quanto è possibile, celeste.
I suoi racconti sono semplici e lineari, modella­ti quasi sullo stile degli Evangelisti. I suoi personag­gi rivelano sempre un'intensa vita interna; dalla quale i volti, i gesti, le movenze restano trasfigurati. Narrando o mostrando al popolo i divini misteri, egli si comporta da accorto «predicatore» quale era; cer­cando di suscitare un'immediata ammirazione con gli elementi descrittivi e decorativi, per poi parlare più pacatamente all'intimo dell'anima...
Da una lato egli intende inculcare le verità della fede, persuadendo gli animi con la forma della loro bellezza; dall'altro si propone di indurre i fedeli alla pratica delle virtù cristiane, proponendone ama­bili ed attraenti esempi. Per questo secondo scopo, la sua opera diventa un messaggio perenne di cristiane­simo vivo e, sotto un certo aspetto, altresì un mes­saggio altamente umano, fondato sul principio del potere trasumanante della religione; in virtù del quale ogni uomo che viene a diretto contatto con Dio e con i suoi misteri, torna ad essere simile a lui nella santità, nella bellezza, nella beatitudine: un uomo, cioè, secondo i disegni primigeni del Creatore. Il pennello di Fra Angelico da così vita a in tipo di uomo modello, non dissimile dai Vangeli, in cui tutto è equilibrato, sereno e perfetto: modello di uomini e di cristiani, forse rari nelle condizioni della vita terrena, ma da proporre all'imitazione del popolo.

responsorio 2 Col. 3,18; Sal 33,6
Noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasfor­mati in quella medesima immagine, di gloria in glo­ria, * secondo l'azione dello Spirito del Signore.  
Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti.
Secondo l'azione dello Spirito del Signore.

oppure (soprattutto per celebrazioni con gruppi di artisti):
seconda lettura
Dai «Discorsi» di Pio XII, papa.
(Allocuzione del 20 aprile 1955. AAS 47. (1955), pp. 285-292 passim).
Un messaggio consegnato all'arte.
L'uomo, nel mondo dell'Angelico, che è quello della verità, non è naturalmente né buono né santo; però può e deve divenirlo, essendo la santità facile e bella, poiché Cristo, di cui tante volte egli mostra il sacrificio, è morto per questo fine, la sua santissima Madre ne è un'eccelso esempio, i santi gioiscono per averla raggiunta, e gli Angeli si deliziano di vivere in conversazione con i Santi.
Nelle virtù che egli propone, al fine di avvince­re ad esse gli animi, non mette tanto in risalto lo sforzo nell'atto di conquistare, quanto la beatitudine che deriva dal loro possesso e la nobiltà di chi ne è rivestito.
Il mondo pittorico di fra Giovanni da Fiesole è bensì il mondo ideale, la cui aura è rifulgente di pace, di santità, di armonia e di gaudio, e la cui realtà è nel futuro, quando sulla nuova terra e nei nuovi cieli trionferà la giustizia finale; tuttavia que­sto soave e beato mondo può già fin da ora prendere vita nel segreto delle anime, e ad esse pertanto egli lo propone, invitandole ad entrarvi. In questo invito ci pare che consista il messaggio che l'Angelico con­segna alla sua arte, fiducioso che sarebbe quanto mai adatta ad efficacemente diffonderlo.
È vero che nell'arte, per essere tale, non è richiesta un'esplicita missione etica o religiosa. Essa, come linguaggio estetico dello spirito umano, se questo rispecchia nella sua verità totale, o almeno non lo deforma positivamente, è già di per sé sacra e religiosa, in quanto cioè è interprete di un'opera di Dio. Ma se anche il contenuto e le finalità saranno quelle che l'Angelico assegnò alla propria, allora assurgerà quasi alla dignità di mini­stro di Dio, riflettendo-ne un maggior numero di perfezioni.
Questa eccelsa possibilità dell'arte noi vorrem­mo qui additare alla schiera, tanto da noi amata, degli artisti.
Nel tributare pertanto il nostro omaggio al sommo artista, e nell'invitare i nostri diletti figli ad accogliere, quasi disposto dalla Provvidenza, il mes­saggio religioso e umano di fra Giovanni, facciamo ardenti voti affinchè il soffio della cristiana bontà, della serenità e dell'armonia divina, che si sprigiona dall'opera dell'Angelico, pervada i cuori di tutti.

responsorio Sap 9,9-11
Con te, Signore, è la tua sapienza, che conosce le tue opere ed era presente quando facevi il mondo; * ella tutto sa e intende e mi guiderà nelle mie azioni con prudenza.
Manda la sapienza dal tuo trono glorioso,
per­ché mi assista e mi affianchi nella mia fatica.
Ella tutto sa e intende e mi guiderà nelle mie azioni con prudenza.

Oppure:
Dalle «Lettere Apostoliche» di Giovanni Paolo II, papa.
(3 ottobre 1982, AAS 75, (1983), pp. 796-799).
Armonia fra vita e arte.
«Chi fa cose di Cristo, con Cristo deve stare sempre». Questo è il motto che amava ripetere fra Giovanni da Fiesole, insignito dell'epiteto di «Beato Angelico» per la perfetta integrità di vita e per la bellezza quasi divina delle immagini dipinte, e in grado superlativo quelle della Beata Vergine Maria.
Di sentimenti orientati alla vita religiosa, anco­ra giovinetto domandò di essere accettato tra i Frati Predicatori che, per il tenore rigoroso di condotta, erano chiamati Osservanti, e che dimoravano a Fiesole nel convento di San Domenico. Mentre com­piva con massima diligenza le mansioni che i Frati e i Superiori gli avevano affidato, si divulgava a rag­gio largo la fama della sua egregia arte di pittore: per questo anche le opere di pennello gli venivano com­messe con un ritmo frequente e incalzante.
Il papa Eugenio IV lo fece venire a Roma; e mentre fra Giovanni esercitava l'arte pittorica nella basilica di San Pietro e nel Palazzo Vaticano, ebbe ampia possibilità di stimare ad altissimo livello non solo l'egregio artista dotato di meravigliosa capacità, ma specialmente la sua pietà, la sua osservanza della Regola, il sentire umile e dimentico di se stesso. Anche Nicola V nutrì un'opinione eccellente di fra Giovanni: in realtà «onorò e venerò un personaggio così degno, per la sua integrità di vita e per la supe­riorità di modi virtuosi». Per questa ragione gli dette il compito di affrescare la sua cappella privata, che portò a termine senza venir meno alla propria arte tipica, che si può definire un'autentica preghiera espressa con i colori.
A Roma chiuse gli occhi con la morte nel convento di Santa Maria sopra Minerva, sigillando un'e­sistenza lodevole per arte rinomata, e ancora più abbellita da virtù umane e religiose.
A giudizio dei contemporanei egli fu «uomo in tutto caratterizzato da modestia e condotta reli­giosa»; in lui «mite di indole e probo nella profes­sione di frate, fiorirono pure molte virtù». Fu insomma «uomo di santità evidente». Del resto il Vasari, che a Firenze aveva raccolto molte notizie sulla sua vita senza macchia, era convinto che quel­la grazia e quell'indole celestiale riflette nelle sue figure sacre - in realtà non dipinse altri soggetti - sono frutto di somma armonia tra vita santa e forza creatrice in lui attuata. Questo è fuori dubbio il solo motivo per cui ricevette il soprannome di «An­gelico», uomo certamente quasi unico nell'arte e fuori confronto con altri.
E allora evidente che fra Giovanni, ponendo a servizio dell'arte i doni privilegiati della sua natura, ha procurato e tuttora procura un'immensa utilità spirituale e pastorale al popolo di Dio, facilitandolo nel cammino verso Dio. A questo fine è ordinata l'arte sacra stando al Concilio Vaticano II, nella cui Costituzione sulla Sacra Liturgia leggiamo: «Fra le più nobili attività dell'ingegno umano sono, con pieno diritto, annoverate le arti liberali, soprattutto l'arte religiosa e il suo vertice, l'arte sacra. Esse, per loro natura, hanno relazione con l'infinita bellezza divina che deve essere in qualche modo espressa dalle opere dell'uomo, e sono tanto più orientate a Dio e all'aumento della sua lode e della sua gloria, in quanto nessun altro fine è stato loro assegnato se non di contribuire nel modo più efficace, con le loro opere, a indirizzare religiosamente la mente degli uomini a Dio».
In verità fra Giovanni, uomo eccezionale per spiritualità e arte, ha sempre attirato moltissimo la nostra simpatia: riteniamo quindi che è giunto il tempo di collocarlo in luce speciale nella Chiesa di Dio, alla quale non cessa ancora oggi di parlare con la sua arte celestiale.

responsorio cfr. Sir 4,12-13.15
La Sapienza esalta i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano; * chi la ama, ama la vita.      
Coloro che la venerano rendono culto a Dio;
chi la ama, ama la vita.

orazione
O Dio, che hai ispirato con paterna provviden­za il beato Giovanni Angelico a raffigurarci la pace e la dolcezza del paradiso, donaci, per sua interces­sione, di farla irradiare nei cuori dei fratelli con esempi luminosi di virtù. Per il nostro Signore.

oppure:
Per un dono meraviglioso del tuo amore, o Dio, il beato Giovanni Angelico ha contemplato e inse­gnato con fervore operoso i misteri del tuo Verbo. Per sua intercessione conduci anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la bellezza della tua gloria. Per il nostro Signore.

Lodi mattutine

Ant. al Ben.
Dio è spirito, e quelli che lo adorano
devono adorarlo in spirito e verità.

Vespri

Ant. al Magn. Signore, il mio cuore non si è inorgo­glito
                       e non si leva con superbia il mio sguardo.
                       La mia anima è tranquilla e serena.

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