Lectio altera
Ex Capítibus sancti Máximi Confessóris abbátis De caritáte (Centuria 1, cap. 1, 4-5. 16-17. 23-24. 26-28. 30-40: PG 90, 962-967)
Absque caritate, omnia vanitas vanitatum
Cáritas, bona est mentis afféctio, quæ divínæ cognitióni nihil antepónit. Eius autem caritátis hábitum nemo umquam ássequi possit, qui terrénis ullis rebus ánimo devínctus sit.
Qui Deum díligit, cunctis ab eo cónditis illíus cognitiónem ac sciéntiam antepónit; eíque ánimi desidério ac amóre incessánter incúmbit.
Cum ómnia quæ sunt, Deo auctóre ac propter Deum cóndita sint, sitque Deus, iis quæ ipso auctóre cóndita sunt, longe præstántior; qui Deum citra omnem comparatiónem meliórem relínquens, deterióribus addícitur, minóris se Deum fácere osténdit, quam quæ illo auctóre cóndita sunt.
Qui díligit me, dicit Dóminus, mandáta mea servábit. Hoc est autem, inquit, mandátum meum, ut diligátis ínvicem. Itaque qui non díligit próximum, mandátum non servat. Qui autem mandátum non servat, is neque potest dilígere Dóminum.
Beátus homo, qui omnem peræque hóminem dilígere potis est.
Qui Deum díligit, omníno étiam próximum díligit: qui autem eiúsmodi est, pecúnias serváre non potest, sed divíne eas dispénsat, síngulis qui égeant tríbuens.
Qui Dei imitatióne eleemósynam facit, boni ac mali, iusti et iniústi, in córporis necessáriis discrímen non novit, sed cunctis æquáliter pro iustæ necessitátis modo distríbuit; tamétsi propter bonam voluntátem, eum qui virtúte nitet ac studiósus est, ímprobo antepónit.
Non solum pecuniárum elargitióne próditur caritátis afféctio; sed multo magis impartitióne divínæ doctrínæ ac corporális obséquii exhibitióne.
Qui sæculi rebus vere exque ánimo núntium remíttens citra omnem simulatiónem caritátis obséquiis próximo óperam impéndit, omni cito liberátus afféctu atque vítio, divínæ párticeps dilectiónis scientiæque evádit.
Qui divínam in se nactus est caritátem, non lassátur aut fatíscit sequéndo post Dóminum Deum suum, iuxta divínum Ieremíam, sed omnem labórem opprobriúmque et iniúriam forti ánimo suffert, nulli prorsus cógitans malum.
Nolíte dícere, ait divínus Ieremías, templum Dómini sumus. Tu quoque ne díxeris: «Nuda ac sola fides in Dóminum nostrum Iesum Christum salútem mihi potest præstáre». Non enim hoc fíeri potest nisi étiam caritátem in ipsum per ópera comparáveris. Ad símplicem enim fidem quod áttinet: Etiam dæmones credunt, et contremíscunt.
Caritátis opus est, benefícii in próximum ex ánimo collocátio, et longanímitas et patiéntia; itémque recta cum ratióne rebus uti.
Seconda Lettura
Dai «Capitoli sulla carità» di san Massimo Confessore, abate
(Centuria 1, c. 1, 45. 16-17. 23-24. 26-28. 30-40; PG 90, 962-967)
Senza carità tutto è vanità delle vanità
La carità è la migliore disposizione dell'animo, che nulla preferisce alla conoscenza di Dio. Nessuno tuttavia potrebbe mai raggiungere tale disposizione di carità, se nel suo animo fosse esclusivamente legato alle cose terrene.
Chi ama Dio, antepone la conoscenza e la scienza di lui a tutte le cose create, e ricorre continuamente a lui con il desiderio e con l'amore dell'animo.
Tutte le cose che esistono hanno Dio per autore e fine ultimo. Dio è di gran lunga più nobile di quelle cose che egli stesso ha fatto come creatore. Perciò colui che abbandona Dio, l'Altissimo, e si lascia attirare dalle realtà create dimostra di stimare l'artefice di tutto molto meno delle cose stesse, che da lui sono fatte.
Chi mi ama, dice il Signore, osserverà i miei comandamenti (cfr. Gv 14, 15). E aggiunge «Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri» (Gv 15, 17). Perciò chi non ama il prossimo, non osserva i comandamenti di Dio, e chi non osserva i comandamenti non può neppure dire di amare il Signore.
Beato l'uomo che è capace di amare ugualmente ogni uomo. Chi ama Dio, ama totalmente anche il prossimo, e chi ha una tale disposizione non si affanna ad accumulare denaro, tutto per sé, ma pensa anche a coloro che ne hanno bisogno.
Ad imitazione di Dio fa elemosine al buono e al cattivo, al giusto e all'ingiusto. Davanti alle necessità degli altri non conosce discriminazione, ma distribuisce ugualmente a tutti secondo il bisogno. Né tuttavia si può dire che compie ingiustizia se a premio del bene antepone al malvagio colui che si distingue per virtù e operosità.
L'amore caritatevole non si manifesta solo nell'elargizione di denaro, ma anche, e molto di più, nell'insegnamento della divina dottrina e nel compimento delle opere di misericordia corporale.
Colui che, sordo ai richiami della vanità, si dedica con purezza di intenzione al servizio del prossimo, si libera da ogni passione e da ogni vizio e diventa partecipe dell'amore e della scienza divina.
Chi possiede dentro di sé l'amore divino, non si stanca e non viene mai meno nel seguire il Signore Dio suo, ma sopporta con animo forte ogni sacrificio e ingiuria e offesa, non augurando affatto il male a nessuno. Non dite, esclama il profeta Geremia, siamo tempio di Dio (cfr. Ger 7, 4). E neppure direte: La semplice e sola fede nel Signore nostro Gesù Cristo mi può procurare la salvezza. Questo infatti non può avvenire se non ti sarai procurato anche l'amore verso di lui per mezzo delle opere. Per quanto concerne infatti la sola fede: «Anche i demoni credono e tremano!» (Gc 2, 19).
Opera di carità è il fare cordialmente un favore, l'essere longanime e paziente verso il prossimo; e così pure usare rettamente e ordinatamente le cose create.
Responsorium Cf. Io 13, 34; 1 Io 2, 10a. 3
Mandátum novum do vobis: ut diligátis ínvicem, sicut diléxi
vos. * Qui díligit fratrem suum, in lúmine manet.
In hoc cognóscimus quóniam nóvimus Christum,
si mandáta eius servémus.
Qui díligit fratrem suum, in lúmine manet.
Dai «Capitoli sulla carità» di san Massimo Confessore, abate
(Centuria 1, c. 1, 45. 16-17. 23-24. 26-28. 30-40; PG 90, 962-967)
Senza carità tutto è vanità delle vanità
La carità è la migliore disposizione dell'animo, che nulla preferisce alla conoscenza di Dio. Nessuno tuttavia potrebbe mai raggiungere tale disposizione di carità, se nel suo animo fosse esclusivamente legato alle cose terrene.
Chi ama Dio, antepone la conoscenza e la scienza di lui a tutte le cose create, e ricorre continuamente a lui con il desiderio e con l'amore dell'animo.
Tutte le cose che esistono hanno Dio per autore e fine ultimo. Dio è di gran lunga più nobile di quelle cose che egli stesso ha fatto come creatore. Perciò colui che abbandona Dio, l'Altissimo, e si lascia attirare dalle realtà create dimostra di stimare l'artefice di tutto molto meno delle cose stesse, che da lui sono fatte.
Chi mi ama, dice il Signore, osserverà i miei comandamenti (cfr. Gv 14, 15). E aggiunge «Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri» (Gv 15, 17). Perciò chi non ama il prossimo, non osserva i comandamenti di Dio, e chi non osserva i comandamenti non può neppure dire di amare il Signore.
Beato l'uomo che è capace di amare ugualmente ogni uomo. Chi ama Dio, ama totalmente anche il prossimo, e chi ha una tale disposizione non si affanna ad accumulare denaro, tutto per sé, ma pensa anche a coloro che ne hanno bisogno.
Ad imitazione di Dio fa elemosine al buono e al cattivo, al giusto e all'ingiusto. Davanti alle necessità degli altri non conosce discriminazione, ma distribuisce ugualmente a tutti secondo il bisogno. Né tuttavia si può dire che compie ingiustizia se a premio del bene antepone al malvagio colui che si distingue per virtù e operosità.
L'amore caritatevole non si manifesta solo nell'elargizione di denaro, ma anche, e molto di più, nell'insegnamento della divina dottrina e nel compimento delle opere di misericordia corporale.
Colui che, sordo ai richiami della vanità, si dedica con purezza di intenzione al servizio del prossimo, si libera da ogni passione e da ogni vizio e diventa partecipe dell'amore e della scienza divina.
Chi possiede dentro di sé l'amore divino, non si stanca e non viene mai meno nel seguire il Signore Dio suo, ma sopporta con animo forte ogni sacrificio e ingiuria e offesa, non augurando affatto il male a nessuno. Non dite, esclama il profeta Geremia, siamo tempio di Dio (cfr. Ger 7, 4). E neppure direte: La semplice e sola fede nel Signore nostro Gesù Cristo mi può procurare la salvezza. Questo infatti non può avvenire se non ti sarai procurato anche l'amore verso di lui per mezzo delle opere. Per quanto concerne infatti la sola fede: «Anche i demoni credono e tremano!» (Gc 2, 19).
Opera di carità è il fare cordialmente un favore, l'essere longanime e paziente verso il prossimo; e così pure usare rettamente e ordinatamente le cose create.
Responsorium Cf. Io 13, 34; 1 Io 2, 10a. 3
Mandátum novum do vobis: ut diligátis ínvicem, sicut diléxi
vos. * Qui díligit fratrem suum, in lúmine manet.
In hoc cognóscimus quóniam nóvimus Christum,
si mandáta eius servémus.
Qui díligit fratrem suum, in lúmine manet.
Oratio
Præsta, quæsumus, omnípotens Deus, ut, semper rationabília meditántes, quæ tibi sunt plácita, et dictis exsequámur et factis. Per Dóminum.
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