martedì 13 gennaio 2015

Come veste il Papa?

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MA GUARDA COME VESTE IL PAPA


“Come veste il Papa?”: una curiosità che affascina non solo i cattolici. Attingendo dal libro “Vestire il Pontefice” [1], cercheremo di spiegare e approfondire il significato dei segni – perché tali sono le vesti pontificie – dell’autorità petrina, anziché all’esteriorità. 
Solo attingendo alla Tradizione e alla Sacra Scrittura – le fonti della Divina Rivelazione – è possibile comprendere appiano il significato del vestiario pontificio.
L’Unto dal Signore non veste in modo, diciamo, eccentrico per vanità o per moda, ma per mettere in risalto il ruolo che il Signore gli ha dato, diventando figura centrale e d’attrazione, del rito religioso, del culto a Dio e di sua appartenenza. Perché è vero che l’abito non fa il monaco, ma sicuramente ne identifica la dignità.
Ce ne da prova un bellissimo passo del Siracide al cap. 50, 5-11:
Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo, quando usciva dal santuario dietro il velo.
Come un astro mattutino fra le nubi, come la luna nei giorni in cui è piena,
come il sole sfolgorante sul tempio dell'Altissimo, come l’arcobaleno splendente fra nubi di gloria,
come il fiore delle rose nella stagione di primavera, come un giglio lungo un corso d'acqua,
come un germoglio d'albero d'incenso nella stagione estiva come fuoco e incenso su un braciere,
come un vaso d'oro massiccio, ornato con ogni specie di pietre preziose,
come un ulivo verdeggiante pieno di frutti, e come un cipresso svettante tra le nuvole.
Quando indossava i paramenti solenni, quando si rivestiva con gli ornamenti più belli,
salendo i gradini del santo altare dei sacrifici, riempiva di gloria l'intero santuario.
«Lei vuole fare il ritratto di un essere che non esiste: Montini è scomparso, è stato sostituito da Pietro. Non è possibile fare il ritratto del Papa: egli è impersonale per essenza, o, almeno, deve diventarlo» (“Paolo VI segreto”, di Jean Guitton)
Non è dunque possibile fare un ritratto del romano pontefice, così come, per certi versi, non è possibile fare un ritratto dello stesso Cristo, del quale il papa è il Vicario in terra. Deve diventare – il Papa – “impersonale”. Non perdendo la propria identità, ma acquisendo pubblicamente quel munus petrino che altro non è che un’investitura dall’Alto.
Per capire correttamente il significato dell’abito del sacerdote, è necessario fare un ripasso storico per conoscere, in particolare, la cultura del tempo in cui la Sacra Scrittura “dettava” non solo la struttura dell’Arca dell’Alleanza, le caratteristiche del vestiario sacerdotale.
Sarebbe interessante capire in quale modo la Chiesa si è “calata” nella cultura di ogni tempo, per cercare di farsi comprendere meglio, ma non abbiamo lo spazio per approfondire questo, perciò cercheremo allora di esaminare l’essenziale.
L’Arca dell’Alleanza (in ebraico ארון הברית, ʾĀrôn habbərît, pronuncia moderna /aˌʀon habˈʀit/), secondo la Bibbia, era una cassa di legno rivestita d’oro e riccamente decorata, la cui costruzione fu ordinata da Dio a Mosè, e che costituiva il segno visibile della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, è descritta dettagliatamente nel libro dell’Esodo (25, 10-27; 37, 1-9). Non parleremo dell’Arca naturalmente, era solo per segnalare come Dio stesso sia stato compiaciuto da coloro che fecero quanto veniva loro chiesto.
La Nuova Alleanza che Gesù verrà ad inaugurare, ovviamente, ha poco a che vedere con l’esteriorità, tuttavia, nei Vangeli, riscontriamo l’accenno alla Tunica (Gv 19,23-24) che Egli portava, preziosa, a significare la purezza, la fortezza associate indissolubilmente al significato di quella unità che stava – e sta – tanto a cuore a Gesù stesso.
Fin dal 1200, da papa Gregorio X (1271-1276) in poi, la sacralità del Pontefice – non come persona ma in quanto ruolo assunto dal Vicario di Cristo – è simbolizzata in due colori in particolare: il bianco e il rosso.
È da osservare che nell’Antico Testamento non troviamo indicazioni specifiche, a parte l’oro, per i colori delle vesti sacerdotali e il bianco era sempre in riferimento alla lucentezza sfolgorante degli Esseri Celesti, gli Angeli. Anche nel Nuovo Testamento, specialmente nell'Apocalisse, il bianco, continua ad essere riferito agli Angeli, ma con una novità che troviamo nel racconto della Trasfigurazione (Mc 9,2-8) nella quale il bianco della veste di Cristo stesso, rifulge, abbaglia e diventa così sinonimo di purezza, eccellenza, innocenza, potenza stessa della Rivelazione divina. Bianco e rosso sono così, nel finale delle Scritture, il riferimento alla purezza ed al martirio.
Tale Gugliemo Durando nel suo Rationale del 1286, specifica: «Il Sommo Pontefice appare sempre vestito di un manto rosso all’esterno; ma all’interno è rivestito di veste candida: perché il biancore significa innocenza e carità; il rosso esterno simbolizza la compassione [...] il Papa infatti rappresenta la Persona di Colui che per noi rese rosso il suo indumento».
Papa Urbano V (1362-1370), proprio dell’epoca di Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa che del Sangue del Cristo fece una vera e profonda teologia angelica, ribadisce questi concetti affermando come il candore delle vesti del Papa simboleggi l’intima cristica purezza necessaria al Pontefice per svolgere il suo compito, insistendo sull’uso di indossare quotidianamente il rocchetto bianco (quel camice corto ornato da merletti e figure simboliche tratte dalla liturgia), e un’altra veste bianca (la cosiddetta “sottana”, la veste che oggi viene chiamata talare) perché «rappresenta nella Chiesa universale la Persona divina di Cristo; cosicché il candore estrinseco del rocchetto simbolizza nel Pontefice l’intrinseca naturale purezza».
Anche per il Cerimoniale Papale di Agostino Patrizi Piccolomini (1484-1492), la veste bianca e rossa del Pontefice nella sua quotidianità è irrinunciabile.
“Irrinunciabile” non significa l’obbligo ferreo che ogni papa regnante debba indossare l’abito con entrambi i colori, ma che quella simbologia è vincolante per ogni successore di Pietro. Un papa può modificare l’indumento da indossare quotidianamente, ma se decidesse di cambiarne la simbologia rischierebbe di offuscare la dignità – e la Tradizione – che l’accompagna.
Ma è bene ora fare un accenno a questi abiti.
«L’abito talare (o veste talare, o più semplicemente, la talare) è la tipica veste ecclesiastica del clero cattolico romano e ambrosiano. A seconda della circostanza in cui viene indossata, ad essa si possono aggiungere altri accessori che completano l’abito cosiddetto piano fortemente voluto da papa Pio IX che sostituì, per quasi un secolo, l’abito corto (in curtis) che veniva abitualmente usato fuori delle cerimonie liturgiche e nelle occasioni di circostanza.
La parola talare deriva dalla parola latina talus, tallone. La talare, infatti, prende origine dalla veste dei sacerdoti ebraici che giungeva fino al tallone. Tale veste divenne, poi, tipica anche dei primi sacerdoti cristiani.
Si abbina in genere ad una cintura portata alla vita, del colore corrispondente alla dignità ecclesiastica. Il Papa, i cardinali e i vescovi sovrappongono poi una mantellina, detta pellegrina, molto simile alla mozzetta, da cui si distingue per essere aperta sul davanti anziché chiusa da bottoni.
La veste talare viene anche chiamata con termini impropri, ma in ogni caso non preferibili all’altro, “tonaca” e “sottana”» [2].
Il rosso usato dai papi ha un duplice significato:
• simboleggia il Sangue del Cristo versato e che sarà pronto, il Suo Vicario, a versare il suo per amore del Cristo e per la Sposa, la Chiesa, e quindi simboleggia il martirio;
• simboleggia anche il “potere temporale”.
Ora non ci dilungheremo in uno studio storico sul “potere temporale” ma è bene tracciare un paio di solchi da lasciare poi a voi lettori per l’approfondimento.
Sotto la guida di alcuni grandi Pontefici, infatti, il cristianesimo si era diffuso anche tra le popolazioni di origine germanica, un tempo pagane o ariane. Tra di essi va senza dubbio ricordato San Gregorio Magno, che fu papa dal 590 al 604. Egli munì la Chiesa – che possedeva già allora una solida solidità spirituale ed economica – di una salda organizzazione morale, amministrativa e disciplinare, allo scopo di rafforzarne il prestigio e di accrescerne l’autorità.
San Gregorio Magno, dunque, può ben essere considerato il fondatore del potere temporale della Chiesa. Il consolidamento di tale potere venne favorito dagli stessi Longobardi che, dopo essersi convertiti al cristianesimo Romano e aver adottato la cultura latina, si adoperarono per restituire all’Italia l’unità politica e territoriale che aveva nell'antichità.
Nel descrivere le raffigurazioni dei Papi del passato, dice infatti il Moroni: «Si vedono vestiti con sola toga, col pallio o manto o mantello di forma antica, cioè talare, di colore rosso per segno di dignità, onde vi è fondamento di credere, essere stata usata la porpora dal Pontefice per distintivo del suo ordine superiore a tutti gli altri, principalmente se si considerino i Papi vissuti dopo il secolo terzo, quando cominciò a rispondere la maestà delle dignità ecclesiastiche e lo splendore del Pontefice Romano». [3]
Questo è quanto di essenziale c’è da comprendere sulle “Vesti Papali”. Veniamo ora alle singole vesti.
1) La sottana bianca, nota oggi, dicevamo, come talare, non è una “tonaca”, ma la veste che il neoeletto romano pontefice indossa nella cosiddetta “Stanza del pianto” (la sacrestia della Cappella Sistina), prima di affacciarsi dalla Loggia centrale della Basilica per la sua prima benedizione Urbi et Orbi.
Questa “sottana” è variata poco nei secoli: una lunga veste bianca citata già in documento sotto il pontificato di Papa Urbano VIII (1623-1644), con «asole denanzi da alto a basso fatta al solito». Già tra Clemente VIII (1592-1605) e Paolo V (1605-1621) si affermava che il bianco è un colore che purifica la carne e la mente: «sia in casa che in pubblico, tutte le vesti sottane del Papa non devono essere che bianche; anche la veste di lino che si chiama rocchetto, deve essere sempre candidissima».
2) La mozzetta è una mantellina corta che deriva dalla cappa magna, cioè corta-mozzata, da qui il termine “mozzetta”, che copre il busto e le braccia ed è chiusa sul davanti con una serie di bottoncini. Può essere rossa o bianca a secondo del tempo liturgico.
È di raso rosso senza bordo di ermellino per la prima benedizione da pontefice neoeletto, da Pentecoste all’8 dicembre; di velluto rosso con bordo di ermellino dall’8 dicembre fino a Pasqua, e di damasco bianco con bordo di ermellino da Pasqua a Pentecoste. La mozzetta del Papa è l’unica ad essere dotata di un piccolo cappuccio detto “cocullo”, un retaggio di ciò che era in passato un vero cappuccio non più in uso da secoli. Il venerabile Pio XII, per esempio, che soffriva molto il freddo, usava una mozzetta rossa di lana per l’inverno e bianca per il periodo estivo.
La mozzetta veniva indossata – inizialmente – per ripararsi dal freddo, soprattutto nel periodo avignonese. Una volta ritornati al mite clima romano, i papi la indossavano per la prima apparizione in pubblico e per la presa di possesso della Cattedra di San Giovanni in Laterano.
L’ultimo papa a farne grande uso è stato Benedetto XVI.
Simile alla mozzetta troviamo la pellegrina (vedi immagine sopra) con la differenza che è aperta sul davanti; una corta mantella che arriva sino al gomito di colore nero con bordi e fodera di colore rubino per i vescovi e con bordi e fodera ponsò per i cardinali. Quella del Papa invece è completamente bianca. È anche l’indumento distintivo dei pellegrini (si pensi a quella usata dai pellegrini del Santuario di Santiago di San Giacomo di Compostela), da cui deriva il nome.
3) La stola pontificale e la stola ad uso comune di tutti i sacerdoti. Secondo Simone di Tessalonica, Arcivescovo del 1425, la stola allude alla grazia dello Spirito Santo in relazione alla preghiera recitata dal sacerdote mentre la indossa: Benedictus Deus qui effedit gratias super sacerdotes suos. La stola è presente nel vestiario del sacerdote fin dall’antichità, è un segno distintivo del sacerdote nelle sue facenti funzioni ministeriali-liturgiche e sacramentali, ad essa si sono attribuiti molti valori simbolici fra i quali “il giogo soave” della legge di Cristo (Mt 11,29-30). In passato era detta anche “orario”. Il nome di orarium proviene dal latino os, “bocca”, “volto”.
Sebbene il paramento sia lo stesso, viene diversamente portata:
• dai diaconi sulla spalla sinistra, a tracolla e annodata sotto il braccio destro;
• dai presbiteri e dai vescovi pendente dal collo.
La stola detta pontificale è diversa, più grossa perché elemento distintivo della sua suprema dignità universale. Alcune sono anche molto lunghe fino alle ginocchia, oggi sono fatte più semplici ma sempre con una distinzione specifica. I colori cambiano a seconda del momento liturgico.
Oggi si sta cercando di semplificare l’uso delle stole pontificie dall’infinità di varianti relative al suo uso previsto dal cerimoniale pontificio: quando doveva indossarle, di che colore, di quale fattura o spessore, modello, se celebrava, se assisteva, se era a passeggio o se viaggiava per affari spirituali o se per un periodo di vacanza.
4) La falda è una specie di grande ed ampio “grembiule” annodato in vita e che i Papi usavano solitamente nelle celebrazioni liturgiche o per le visite importanti come anche per fare dei ritratti ufficiali, e quando venivano portati sulla Sedia Gestatoria. L’ultimo ad usarla pare fu proprio Paolo VI per l’incoronazione come sommo pontefice.
La falda e la sottana permettevano ai vescovi di Roma di vestire sotto come meglio credevano e spesso restavano vestiti alla moda del loro tempo. Queste vesti servivano appunto per “coprire” le vesti mondane ed essere riconoscibili anche da lontano, sul ruolo che si ricopriva, anche per questo con il tempo le vesti cambiavano a seconda della Gerarchia interna alla Chiesa.
Non si conosce l’origine storica della falda ad uso del Pontefice, ma è sempre stata associata al “servizio” del ruolo del Pontefice nella Chiesa; qualcuno l’ha associata al “grembiule” descritto nei Vangeli usato da Gesù per la lavanda dei piedi (Gv 13,4-10). 
5) Il mantello e il manto-piviale. Troviamo il suo uso ben descritto nella Bibbia (Dt 24,13): il mantello designa la dignità, l’identità e i diritti del proprietario. Nel Nuovo Testamento il ruolo del mantello ricopre anche una tragica ironia nel racconto della Passione di Gesù (Lc 23,8-12) quando Erode, dopo averlo canzonato e vilipeso, lo rimanda da Pilato con uno splendido mantello simbolo del potere. Pilato a sua volta, lavandosi le mani, presenta Gesù alla folla “con il manto di porpora” dicendo: Ecce Homo (Gv 19,4-5).
Il mantello del Pontefice, insieme alla Tiara, sono fin dal XI secolo le insegne più caratteristiche della dignità pontificia del Vicario di Cristo in terra. Poteri che a volte si contraddicono ma che anche si sostengono vicendevolmente per governare i popoli a lui affidati dal Cristo (cfr. Gv 21,16). È il mantello del Pastore.
Il manto invece è più grande, più ampio, anche questo fu usato per l’ultima volta da Paolo VI, mentre resta in uso il piviale, il mantello e più accorciato, per le celebrazioni liturgiche che lo prevedono quali: i Vespri solenni, le Adorazioni Eucaristiche, l’apertura della Porta Santa.



FINE PRIMA PARTE in collaborazione con Vesti Papali di Facebook
Note
1) "Vestire il Pontefice" di Marzia Castaldi Gallo - Sagep Editori - dal quale abbiamo tratte le molte citazioni.
3) "Vestire il Pontefice" di Marzia Castaldi Gallo - Sagep Editori - pag.23

http://www.cooperatoresveritatis.gomilio.com/it/ma-guarda-come-veste-il-papa-prima-parte

1 commento:

  1. Dopo la "rivoluzione", in tema di pompa esteriore, di Papa Francesco, quel libro della Castaldi Gallo andrà completamente rifatto. O c'è forse speranza che, con il prossimo Pentefice, tutto torni alla "normalità"?
    Tommaso Pellegrino - Torino
    www.tommasopellegrino.blogspot.com

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