sabato 28 febbraio 2015

ispirarsi a Martin Lutero

I cardinali si opporranno ai cardinali, i vescovi ai vescovi . Babilonia nella Chiesa



Il Prelato, allargando le braccia a modo di orazione, mi disse : " Bisogna pregare per il Papa: si trova in una situazione ancor più grave di Benedetto XVI !"
In effetti leggendo soprattutto questo articolo ( simile ad  altri  presenti in diverse testate e blog) si può notare come l'attuale Successore di Pietro, che per sua permeante natura deve essere ancorato al Vangelo e al Magistero, è divenuto oggetto di una  ribellione  che  esplicitamente si identifica nel Clero di quell'Europa del Nord che urleggia prepotentemente perchè si sente ( ed è) forte a causa della  posizione economica di cui gode ( quindi riesce a controllare le informazioni mass mediatiche naturalmente a discapito della Dottrina della Chiesa).
Un virus epidemico presente nella Chiesa da diversi lustri che si rilevò determinante nel condizionare i lavori del Concilio Vaticano II e tradendo la natura cattolicamente riformatrice che il Santo Pontefice Giovanni XXIII avrebbe voluto imprimere a quell'assise universale. 
"Le Rhin se jette dans le Tibre" è l'efficace slogan coniato in ambienti tradizionali che meglio riassume quanto è avvenutodurante il Concilio Vaticano II ad opera dell'alleanza nordica ( soprattutto franco-tedesca) .  
Ma i "nordici" non si sono fermati all'impronta data al Concilio perchè hanno moltiplicato, al pari dei frantumatissimi protestanti, il virus infettivo a dànno, in primis, delle loro stesse comunità ridotte al lumicino.
In tempo di scarsità dei risolutivi medicinali Papa San Giovanni Paolo II con il suo carisma personale concentrò l'ecclesìa sulla sua persona.
Ma fu solo una lunga pausa anestetizzante.
Papa Benedetto XVI tentò con il sano ragionamento teologico e filosofico di implantare il buon senso nella mente dei chierici ribelli al fine di  raddrizzare la rotta della Barca.
Ma fu solo un santo ( e debole) tentativo.
Ci fu poi il "Concilio di Milano" vistosamente portato alla ribalta dalla morte del Cardinale Carlo Maria Martini.
Scrivemmo: «Però solo ora ( dopo la rinuncia di Papa Benedetto XVI N.d.R.) mi sovviene quanto un alto prelato ( di impronta innovatrice ) mi disse pochi giorni dopo i funerali del Cardinale Martini (provo a citare a memoria): “ I funerali – che videro un’enorme partecipazione di Cardinali, Vescovi e Sacerdoti – sono stati un concilio : il concilio di Milano !
Questa E’ la chiesa : a Roma ne debbono prendere atto ! »
A Roma ne dovettero prendere atto durante il Conclave che elesse Papa Francesco.

Ma ai "nordici" ultra-progressisti non bastano le "aperture" iper populiste del Papa e le rinunce, apparenti, del Pontefice di ogni atto esteriore conducibile al Papato di un tempo: i Cherici, per bocca di alcuni importanti Cardinali, dichiarano che sanno fare a meno del Papa ( cosa che avviene di fatto da decenni...)
La spaccatura nella Chiesa c'è da tempo ma facciamo finta di non vederla un po' per nostro tornaconto ( non siamo abituati alla lotta tantomeno a quella fratricida) e anche perchè ci pare di confondere le idee umanistiche/umanitarie di natura mondana con quell'amore e rispetto che cristianamente tributiamo nei confronti di coloro che "sono caduti" ed aspettano di rialzarsi con l'aiuto di Dio.
Noi che senza alcun merito siamo stati vocati al rispetto della tradizione dobbiamo pregare per il Papa e per la Chiesa tutta rigettando con decisione tutte le squallide manovre da veri "congiurati" che alcuni Uomini di Chiesa stanno facendo per far prevalere la confusione (e l'errore) a discapito della buona dottrina ( Leggere QUI )
Noi dobbiamo essere gli artefici dell'unità nella verità cattolica.
I cospiratori rimarranno sempre dei cospiratori.
I congiurati rimarranno sempre dei congiurati.
I furiosi rimarranno sempre dei furiosi.
Questo lo sanno bene a Roma .

A Roma tutti ricordano  le parole del Salmo 
" abyssus abyssum invocat " ...

da: http://traditiocatholica.blogspot.it/2015/02/i-cardinali-si-opporranno-ai-cardinali.html

Vescovi tedeschi contro il Papa: "Sulla famiglia decidiamo noi"

Durissima dichiarazione dell'episcopato germanico: "Non siamo una filiale di Roma. Il Sinodo non può dirci nel dettaglio cosa fare in Germania"
Articolo di Giovanni Masini



È un vero e proprio schiaffo in faccia a Roma, quello dei vescovi tedeschi.

Che in una conferenza stampa, ieri pomeriggio, ha chiarito per bocca del presidente della Conferenza episcopale, cardinale Marx, di "non essere una filiale di Roma."

Il terreno del contendere è il Sinodo ordinario sulla famiglia, in calendario per il prossimo ottobre, chiamato a fornire risposte certe su temi etici e morali di grande rilevanza in seno alla pastorale familiare: dalla comunione ai divorziati risposati all'accoglienza delle coppie conviventi, etero ed omosessuali.

Tutti argomenti su cui si era già espresso il Sinodo straordinario convocato da Francesco nello scorso autunno, rivelando profonde spaccature nel corpo della Chiesa: da un lato il papa e i vescovi europei più progressisti, ansiosi di adeguare la dottrina al secolo; dall'altro vescovi e cardinali conservatori, timorosi di fughe in avanti dettate più dalla fretta che da una relazione ponderata. 
Il Sinodo straordinario si era concluso con una Relatio essenzialmente di mediazione, che ha rimandato a una successiva discussione i temi più controversi.

Da qualche anno l'episcopato tedesco si segnala come il più compattamente progressista su questi temi: al Sinodo straordinario si era presentato con un documento votato a larga maggioranza in cui si esprimeva parere favorevole alla Comunione ai divorziati risposati. 
Posizioni che avevano trovato accoglienza positiva anche in altri episcopati - ad esempio quello olandese. 
Tuttavia, almeno al Sinodo Straordinario, queste tesi non erano "passate."

Ora i vescovi tedeschi tornano a fare la voce grossa: il cardinale di Monaco Reinhard Marx, stretto collaboratore di papa Bergoglio come membro del "C9" (il consiglio di nove cardinali che lavora alla riforma della Curia) e presidente del Consiglio vaticano per l'Economia ha spiegato che, "se nell'insegnamento si rimane in comunione con la Chiesa, nelle questioni puramente pastorali il Sinodo non può prescrivere nel dettaglio ciò che dobbiamo fare in Germania".

"Non possiamo aspettare fino a quando un Sinodo ci dirà come dobbiamo comportarci qui sul matrimonio e la pastorale familiare" conclude il porporato. Curiosamente, sono proprio i vescovi di quelle Conferenze per tanti versi più vicine a papa Francesco nell'insistenza sui temi dell'accoglienza e della misericordia a mal tollerare i meccanismi sinodali.

Che, a loro volta e altrettanto curiosamente, sono proprio il segno tangibile della preferenziale bergogliana per una Chiesa sempre più democratica.

Fonte : Il Giornale

L’ispiratore delle riforme della chiesa sia Lutero, dice il card. Marx



Roma. Anche i cattolici farebbero bene a prepararsi per il cinquecentesimo anniversario della riforma di Martin Lutero, in programma nel 2017. Il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, capo della conferenza episcopale tedesca e coordinatore del consiglio per l’economia istituito dal Papa per rendere trasparenti le finanze vaticane, non ha dubbi: Lutero deve fare da ispiratore alle grandi riforme  – spirituali e di governo – che attendono la chiesa nei prossimi anni. Una sorta di bussola che orienti la chiesa, insomma. Dopotutto, il monaco agostiniano “non aveva lo scopo di dividere la chiesa” e, anzi, si può dire – come ha fatto il cardinale Kurt Koch nei mesi scorsi – che “nonostante la data del 1517 sia stata usata e percepita come anticattolica, Lutero a quel tempo poteva considerarsi ancora un cattolico”. Il suo obiettivo, ha spiegato Marx in un commento scritto di proprio pugno per il giornale culturale Politik&Kultur, era solo quello di “richiamare l’attenzione su ciò che oscurava il messaggio del Vangelo”.

Nessuna paura, dunque, nel riprendere in mano le sue tesi e teorie, anche quelle affisse sul portale della chiesa di Wittenberg, scatenando l’ira funesta di Papa Leone X Medici che da Roma, la novella “meretrice di Babilonia”, gli intimava di schiodare quelle novantacinque frasi e di tacere. Il tempo passa e “dopo cinquant’anni di dialogo ecumenico congiunto è possibile per un cristiano cattolico leggere gli scritti di Lutero apprezzandoli”, ha aggiunto il porporato, a giudizio del quale è opportuno anche che il cattolico “impari dai pensieri” del monaco di Eisleben. Il 2017, per Marx, sarà l’anno della svolta, l’occasione per mettere Cristo ancor più al centro dell’attenzione, stimolando “una collaborazione sempre più stretta tra le confessioni cristiane” per far fronte alla “secolarizzazione della società”. Il fine è nobile: “La mia speranza è che la commemorazione della Riforma rappresenti un passo in avanti verso la piena e visibile unità della chiesa”. Il cardinale svizzero Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, partecipando lo scorso ottobre alla Conferenza della federazione luterana mondiale, aveva anticipato la presa di posizione di Marx, benché avesse sottolineato in tale circostanza che il contributo teologico fondamentale di Lutero sia stata la sua “domanda su Dio”.

Koch aveva ricordato le parole pronunciate da Benedetto XVI nel discorso tenuto a Erfurt davanti al consiglio della chiesa evangelica di Germania: “Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? Questa scottante domanda di Lutero”, disse Joseph Ratzinger, “deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche la nostra domanda, non accademica, ma concreta”. Il cardinale Koch, facendo riferimento alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione della fede firmata nel 1999, auspicava che a quel testo “un giorno potesse seguire una ulteriore dichiarazione congiunta su chiesa, eucaristia e ministero”. Tuttavia, a differenza dell’ottimista Marx, che suggerisce ai cattolici di immergersi fin d’ora sulle riflessioni di Lutero, il successore di Walter Kasper nel dicastero per l’ecumenismo osservava che questo è sì “l’orizzonte del nostro dialogo”, ma, “me ne rendo conto, di lungo periodo”.

http://www.ilfoglio.it/articoli/v/124404/rubriche/lispiratore-delle-riforme-della-chiesa-sia-lutero-dice-il-card-marx.htm

STREET MUSIC

UN GIOVANE FRATE NEL CUORE DI NEW YORK OFFRE UN ASSAGGIO DI AUTENTICA «STREET MUSIC»




Il padre domenicano Austin Dominic Litke attraversa la Grande Mela cantando un riarrangiamento di The Call ("La chiamata"), stupendo inno religioso del secolo XVII composto dal poeta inglese George Herbert (1593-1633) e poi reso famoso dal compositore inglese Ralph Vaughan Williams (1872-1958), accompagnato al piano dal frate benedettino Bob Koopman e dalla violinista Leah Sedlacek.

http://www.iltimone.org/32807,News.html

venerdì 27 febbraio 2015

selfie col papa

Decalogo per il prete e il suo telefonino



 

Onde evitare scene ambigue come quella rappresentata nella foto, che fa ridere - una volta che si capisce la situazione-, ma altrimenti fa proprio piangere, meglio attenenersi, cari fratelli sacerdoti, a qualche buon comandamento (più di galateo e buona creanza sacerdotale che d'imperativo morale):

1) Spegni il telefonino quando vai a celebrare la S. Messa: non ti serve per parlare con Dio e a quelli che hai in chiesa basta il microfono dell'altare.

2) Se poi - capita - ti dimentichi il telefonino acceso in tasca e stai dicendo la Messa, non presumere "tanto non mi chiama nessuno": il demonio è terribile e tenterà qualche pia persona a telefonarti. Meglio spegnere con elegante noncuranza.... prima che suoni. E soprattutto MAI rispondere se suona (capita anche quello!).

3) Spegni il telefonino quando parli con le persone: è sempre mancanza di attenzione nei loro confronti mettersi a parlare o guardare il telefono mentre ti raccontano le loro tragedie .... o i loro peccati!

4) Già che ci sei: lascia normalmente la VIBRAZIONE o meglio ancora il SILENZIATORE (ce l'ha ogni telefonino, anche quelli vecchi ....). Perderai qualche chiamata, ma la tua preghiera se ne avvantaggerà e avrai meno distrazioni nel tuo ministero.

5) Non usare lo Smartphone per dire l'Ufficio divino, almeno quando sei in Chiesa o lo reciti in comune. Le app della Liturgia delle Ore sono una grande comodità in caso di viaggio o di dimenticanza dei grossi volumi liturgici. Ma vedere un prete che guarda per un quarto d'ora il telefonico con grande attenzione davanti al tabernacolo può far pensare male più d'uno .... E comunque l'effetto dello schermo è distraente e non fa pregare come la buona vecchia carta.

6) Non pensare nemmeno - perché ti leggo nel pensiero! - di usare il tablet o il telefono al posto del Messale, sull'altare, neanche in caso di assoluta necessità. E' un abominio troppo grosso anche per pensarlo e peggio per farlo (ci sono arrivati perfino i vescovi australiani, che non sono proprio chiusi ....).

7)  Limitati con 'sto Whattsapp: non hai 15 anni, non puoi perdere metà della tua giornata a chattare o ricevere milioni di messaggini - anche se gratis - da tutti gli adolescenti della parrocchia. No, non fa per te.


8) Non usare la fotocamera mentre stai celebrando e nemmeno se stai concelebrando la Messa. A volte alcuni sacerdoti pensano che ai concelebranti sia consentito, in caso di solennità e partecipazione a qualche festa particolare, lo scatto più o meno furtivo di foto ricordo o selfie, nonostante l'ingombro dei paramenti (vedi foto sopra...). Risposta: "Ma nemmeno a San Pietro in Vaticano quanto esce il Papa!".

9) Non usare né lasciare che altri usino il registratore in confessione, nemmeno per prendere appunti vocali dei tuoi meravigliosi consigli di Padre spirituale: non è permesso né ai fedeli né al ministro. C'è un'apposita scomunica latae sententiae, mica bazzecole (leggi qua)

10) Chiediti: "come mai non riesco più a fare a meno del telefonino?". Eppure pochi anni fa non sapevi nemmeno cosa fosse, né tantomeno di averne così bisogno. Dopo tutto, per consultare internet bastano ancora i vecchi e cari PC ;-)!


Se avete qualche comandamento da aggiungere, segnalatelo nei commenti.....

giallo in Vaticano

Un libro censurato, cardinali furiosi e sospetti Un giallo scuote il Sinodo sulla famiglia
di Lorenzo Bertocchi



I gialli appassionano. Pochi giorni fa avevamo raccontato il capitolo italiano della vicenda (clicca qui), ora ne arriva un altro da oltreoceano. A narrarlo è il giornalista Edward Pentin su newsmax.com. Ricapitoliamo. C'è un libro - Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa Cattolica - che riporta gli interventi di alcuni studiosi e cinque cardinali, tra cui il prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede, cardinale Gerhard Ludwig Müller. L'accusa al libro sarebbe quella di fare la fronda, anzi, secondo quanto ha scritto lo storico Alberto Melloni sul Corriere Fiorentino, si tratterebbe di un vero e proprio “complotto” (con «la copertura del cardinale Muller») contro il papa e contro il Sinodo. L'obiettivo dei cospiratori, quindi, sarebbe stato quello di voler impedire la discussione rispetto ad alcuni temi (in particolare l'accesso all'eucaristia ai divorziati risposati), introdotti dalla famigerata relazione del cardinale Kasper al Concistoro del febbraio 2014.

In Italia l'accusa si è allargata anche all'editore, Cantagalli, reo di aver fatto da basista per il gruppo di “cospiratori”. Le pressioni all'imprenditore senese sono state fatte eccome, soprattutto al momento dell'uscita del libro, anche con telefonate di giornalisti zelanti che intimavano di non prestarsi all'“operazione”. La domanda, allora, sorge spontanea: il Sinodo doveva essere una ratifica delle tesi del cardinale Kasper, oppure un confronto franco e aperto? Ma, andiamo avanti. Lo stesso testo è stato pubblicato, praticamente in contemporanea, negli Stati Uniti, grazie all'Ignatius Press diretta dal gesuita P. Joseph Fessio. Ebbene questo testo in lingua inglese, secondo quanto riporta Edward Pentin, è stato inviato a tutti i padri sinodali nell'aula Paolo VI mentre l'incontro era in corso. «Fonti affidabili e di alto livello», informa Pentin, «sostengono che il Segretario Generale del Sinodo, cardinale Lorenzo Baldisseri, ordinò di intercettare i libri perché avrebbero “interferito con il Sinodo». 

Se le fonti «affidabili e di alto livello» sono attendibili, sarebbe interessante capire come il libro avrebbe potuto interferire con la discussione al Sinodo. Che significa? Inoltre, quale dovrebbe essere il ruolo del Segretario Generale del Sinodo: coordinare o pilotare i lavori? La fonte citata dal giornalista americano avrebbe confidato che il cardinale Baldisseri era «furioso», e così avrebbe ordinato al personale preposto di non far arrivare i libri in aula. Chi ha spedito i libri dice di averlo fatto secondo i consueti canali degli uffici postali italiani e vaticani, mentre la Segreteria del Sinodo avrebbe affermato che la spedizione aveva delle «irregolarità», senza il passaggio agli uffici postali vaticani. Per questo sarebbero stati intercettati. Alcuni libri però sono regolarmente arrivati. Quindi, delle due l'una, o la spedizione era irregolare solo in parte, oppure l'intercettazione non è avvenuta perfettamente.

Le copie intercettate non si sa dove siano finite, qualcuno dice distrutte. Pentin a dicembre ha chiesto conto di queste voci al portavoce vaticano padre Federico Lombardi, ricevendo come risposta che «non ne sapeva nulla», aggiungendo che, a suo parere, le fonti non erano «serie ed obiettive». Però «da allora», conclude Pentin, «le accuse sono diventate più conosciute e corroborate ai più alti livelli della Chiesa». Questi i fatti riportati dal vaticanista americano. Come dicevamo in apertura i gialli appassionano, così qualche indagine l'abbiamo fatta anche noi, e abbiamo trovato più conferme che smentite. Inoltre, se due indizi fanno una prova, dobbiamo ammettere che i mal di pancia sollevati dall'edizione italiana del libro, fanno il paio con queste operazioni di “intercettazione” postale. Quel libro, l'avevamo già scritto, non s'aveva da fare.

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-un-libro-censurato-cardinali-furiosi-e-sospetti-un-giallo-scuote-il-sinodo-sulla-famiglia-11923.htm

O nox dulcis


Latin:
O nox dulcis, quies serena
Carmelitis sis longa, sis stabilis
No te turbet tristis Megaera
dum Mariae lux nitet amabilis

English:
Oh sweet night, may your serenity
remain long and steadfast for the Carmelites
Let not mournful Megera trouble you
while Mary's sweet light shines


giovedì 26 febbraio 2015

Confusione e divisione sono ormai "normali" nella chiesa

Se a dominare è un pensiero non cattolico
di Nicola Bux

Con grande dolore e profonda preoccupazione, si deve constatare che il pensiero non cattolico avanza nella Chiesa. È molto grave l'affermazione del moderatore del Sinodo diocesano di Bolzano, secondo il quale, il lavoro svolto, «rispecchia la situazione generale della Chiesa, che sta vivendo un cambiamento radicale». Si può ancora affermare che i cattolici formino un cuor solo e un'anima sola? O, per dirla con sant'Ignazio d'Antiochia, che manifestino un tale accordo della voce e del cuore, sì da raggiungere la sinfonia? Purtroppo siamo divisi tra noi, proprio sulla verità, e attratti da false dottrine. In nome del pluralismo? Civiltà Cattolica riporta un intervento dell'allora Padre Bergoglio: «il pluralismo non sembra così inoffensivo e neutrale come alcuni lo considerano a prima vista. Se infatti giungesse a non preoccuparsi dell’unità della fede, questo comporterebbe la rinuncia alla verità, l’accontentarsi di prospettive parziali e unilaterali».

Succede, invece, che molti cattolici, preferiscano andare d'accordo con i non cattolici, i non credenti egli avversari della Chiesa, più che con i fratelli di fede. I loro modi di pensare e di agire, sono penetrati in casa cattolica, al punto che sembra rivolto a noi, quel che Giovanni Paolo II, nel 1980, ricordava ai protestanti tedeschi: «ci riferiamo tutti a Gesù Cristo, ma il dissenso verte su “ciò che è di Cristo”, su “ciò che è suo”: la sua Chiesa e la sua missione, il suo messaggio, i suoi sacramenti e i ministeri posti al servizio della parola e del sacramento». Il dissenso è, soprattutto, sui contenuti e fondamenti stessi della fede, e di conseguenza sulla morale. Se un parroco, in un ritiro del clero, afferma che bisogna smetterla con la verità oggettiva, perché è venuto il tempo di chinarsi sulle soggettività, e il vescovo, presente, tace: un problema c'è; se una ragazza, lusingata dalle avances di un uomo coniugato, si sente, in confessione, rimproverare dal sacerdote, perché, a suo dire, avrebbe dovuto cogliere l'occasione, in quanto non è peccato, allora qualcosa è successo. Si segue ancora la verità cattolica, reperibile senza difficoltà nel Catechismo, oppure le falsità che vanno di moda?

Confusione e divisione, sono ormai diffuse e attraversano tutto il popolo di Dio, dal collegio cardinalizio all'episcopato, dai teologi al clero e al laicato. Ha ancora senso cercare l'unione con gli ortodossi e altri cristiani, mentre tra noi cattolici siamo sempre più divisi? Se nei seminari, si esortano i giovani, ricorrendo anche a intimidazioni, ad avere una “nuova visione di Chiesa”, in discontinuità col passato? Una molto simile – c'è da pensarlo – a quella descritta in una canzone di Jovanotti: «una grande Chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa passando da Malcom X attraverso Gandhi e San Patrignano arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano». 

Nel Conclave del 2005, il cardinal Giacomo Biffi avvertiva: «Vorrei dire al futuro Papa che faccia attenzione a tutti i problemi. Ma prima e più ancora si renda conto dello stato di confusione, di disorientamento, di smarrimento che affligge in questi anni il popolo di Dio, e soprattutto affligge i piccoli». La questione viene da lontano: se n'era accorta nel 1966, a meno di un anno dalla chiusura del Vaticano II, la Congregazione per la dottrina della fede, che inviava una lettera ai presidenti delle Conferenze episcopali, in cui si riferivano le notizie giunte dalle nunziature, sui crescenti abusi nell'interpretazione della dottrina del Concilio, e su opinioni azzardate che sorgevano qui e là, turbando i fedeli, perché oltrepassavano le semplici opinioni e ipotesi, per giungere ad intaccare i fondamenti del dogma e della fede. Seguiva, in dieci punti, l'elenco di tali idee ed errori.  Va ripassato, perché sono tutti constatabili ancora oggi, anzi aumentati. «É in crisi l'idea di Chiesa»: avvertì, nel 1985, Joseph Ratzinger a Vittorio Messori, in Rapporto sulla fede. Urgeva riproporre, o meglio, ridefinire cos'è la fede cattolica: nacque il Catechismo della Chiesa Cattolica. 

Il contraccolpo dell'indefinitezza attuale della fede cattolica, lo ha subito la liturgia, della quale si continua a ripetere: lex credendi-lex orandi – ma, di “legge” o norme che la regolino, guai a parlarne, non solo, ma il modo di pregare in essa, contraddice sempre di più il credo. Il culto dell'emozione, non rende, il popolo cristiano, consapevole di dover annunciare la Parola divina, più tagliente di una spada a doppio taglio, di cui il mondo ha bisogno per essere salvato. Così, non siamo più sicuri che Dio sia soddisfatto del culto che gli viene tributato. I preti rimproverano i fedeli perché vengono in chiesa – ancora – a ricevere i sacramenti, ma poi spariscono: non pensano che proprio i sacramenti sono le reti dell'evangelizzazione, efficaci per la conversione, se solo li si celebrasse senza prendere a modello la Tv. 

Basta recitare il Simbolo di fede, il Credo, per rigettare le opinioni erronee? Scrive sant'Ireneo: «tutti professano le stesse verità, ma non vi credono allo stesso modo». Ai nostri giorni, i contorni della verità cattolica sono liquidi, come si suol dire, perché si crede che essa nasca dal dialogo, e sia meno importante della libertà. Dunque, chi si dedica alla sua “definizione”, deve sapere che ne sarà segnata la sua esistenza, come è accaduto a Paolo VI. Sarà attaccato, da chi cercherà di far passare l'idea che la dottrina non muta se cambia la disciplina. Sarà denunciato per presunta intolleranza e insubordinazione. Sarà accusato, come Atanasio, per la sua intransigenza, la scarsa o nulla misericordia. Si leveranno voci per condannarlo, deporlo ed esiliarlo, beninteso, in nome del pluralismo e della tolleranza. Una esperienza che sconcerterà molti fedeli e farà esultare molti altri: «l'universo gemette», annota san Girolamo, «nello sbalordimento d'essere diventato ariano». Che farà constatare, con san Basilio: «Solo un peccato è ora gravemente punito: l'attenta osservanza delle tradizioni dei nostri padri. Per tale ragione, i buoni sono allontanati dai loro paesi e portati nel deserto». Ma quegli resisterà, difendendo l'ortodossia, come ha scritto Bulgakov, e smascherando l'eresia. Atanasio continuò a dirigere la sua Chiesa dal deserto, con l'aiuto di sant'Antonio, e trovò il tempo di scrivere quei trattati, che contribuirono alla condanna dell'arianesimo da parte del concilio di Costantinopoli del 381 e gli meritarono il titolo di dottore.

Oggi, tra i cattolici, i punti di dissenso – leggi eresie - sono tanti, a cominciare dall'escatologia, parola mai così usata negli ultimi decenni e ridotta alla ricerca spasmodica della felicità terrena dell'individuo: basta sentirsi bene nella condizione in cui ci si trova. Si è abbandonata l'idea che c'è un cammino verso la santità. La felicità eterna, se esiste, ha poca importanza: la felicità è in questa vita e si identifica col vivere bene e la vita buona. É questa la speranza cristiana per cui val la pena nascere e vivere? É vero che Gesù ha promesso a chi lo segue il centuplo quaggiù e l'eternità, ma non secondo la versione di Benigni. Se a chi sta in regola, san Paolo arriva a dire: «d'ora innanzi, chi ha moglie, viva come se non l'avesse» (1 Cor 7,29), si comprende perché dica, a chi vive nell'irregolarità: «Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio!» (1 Cor 6,9-11). È parola rivelata che resta per sempre.

«Dio, che non desideri la morte dei peccatori, ma vuoi che si pentano», prega la liturgia quaresimale,tornando annualmente a ricordare la via stretta della salvezza - le ceneri ne sono segno eloquente –, ad abbandonare la condizione di peccato in cui ci fossimo induriti. «Lasciatevi riconciliare con Dio», ovvero, «convertitevi e credete al Vangelo», deve diventare l'ammonizione di chi si definisce un “prete sociale'” o “di strada” o “antimafia”. La Chiesa evangelizza per far star bene la gente in questo mondo, nel senso di farla vivere nella verità e guidarla alla salvezza eterna. Conversione e riconciliazione sono necessarie, affinché il Signore dimentichi i peccati di quanti si convertono (Sap 11,25).

Dinanzi al pensiero non cattolico penetrato nella Chiesa, causa prima del relativismo che  induce i giovani occidentali a passare da internet al terrorismo: una versione eroico-religiosa del culto dell'emozione; dinanzi all'avanzata di musulmani che uccidono, convinti di rendere gloria ad Allah, i sacerdoti, piangendo, facciano propria la supplica posta in capite quadragesimae: «Perdona Signore,al tuo popolo e non esporre la tua eredità al vituperio e alla derisione delle genti». Perché si dovrebbe dire fra i popoli: «Dov'è il loro Dio?» (Gioele 2,17). Di certo, il pensiero non cattolico non prevarrà nella Chiesa. E non verrà meno la virtù della fortezza, perché i cristiani non temono il martirio.

Laudate Dominum

mercoledì 25 febbraio 2015

pregare nella malattia

Preces recitando ab infirmis, praesertim in sacris Ordinibus constitutis.


I. Conscius ego, Dòmine, tantae caritàtis tuae, in pace in idipsum dormiam et requiéscam, nec amóre vitae, nec timóre mortis ànxius. In mànibus tuis sortes meae. Jacto super te, Dòmine, omnem curam meam, quónìam tu sollicitus es mei; et omnes capilli càpitis mei numerati, sunt coram te. Constituisti mihi terminos, qui praeteriti non pòterunt.

II. Dominus es, quod bonum fuerit in óculis tuìs fac, et quis sum ego, ut dicam tibi, cur ita fàcias? Numquid lutum dicit figulo, quid facis? aut figmentum contradicit factori suo? numquid enim nos non sumus in manu tua sicut lutum in manu figuli? Itaque voluntas tua, mea erit. Si vis me vivere, para­tum cor meum, Deus; sed auge gratiam, ut fidélius tibi serviam. Si jubes me mori, paràtum est cor meum: fac tàntum in pace récipi spìritum meum.

III. Si vis ut ego moriar, mors mihi in lucro erit; cónsequar enim, et comprehndem te, quem hacténus quaerit et dìligit anima mea. In manus tuas, Dòmine, commen­do spiritum meum: redemìsti me, Dómine Deus veritàtis. Tuus sum, Dòmine, seu vìvens, seu moriens. Fiat in me voluntas tua: sed, ne permittas in aetérnum me separàri, a te, Deus meus!

IV. Amore mei, Dòmine Jesu, subìisti innócens mortem crucis, cru­cifigar et ego reus, si haec tua voluntas erit. Terram hanc ergo tuam tibi offerens restituo, ac debita vitae meae annihilatione, aeternitàtis tuae magnitudini aetérnum praestare cupio et obséquium et honòrem.

V. Sacrificium Deo mors mea, sacrifìcium expiatiónis, ut innumeris maculàtum criminibus corpus, hoc satisfaciat justitiae tuae. Quidquid ergo, meos conterit sensus, quìdquid terret naturam, excipio in làudem et honòrem Nominis tui.

VI. Jesu, Jesu, Jesu, sis mihi Jesu! O Jesu dulcis, remissio ómnium peccatorum; qui non mea tantum, sed peccata tollis totius mun­di, Jesu bone, Jesu pie, Jesu miséricors, salva me, et intra vulnera tua abscónde me.

VII. Jesu dulcissime, prò salute omnium nostrum in Cruce mortuus, in Cruce exàltatus, ut omnia tràheres ad te, trahe me ad te, ac intra vulnera tua, quae quìdem mea sunt, abscónde me. Passer invenit sibi domum, et turtur nidum suum, cur non et ego? tu domus mea es, Rex meus, Deus meus, et Salvator meus.

VIII. In te, bone Jesu, deficiat anima mea, et in tuis vulnéribus liquefiat. Moriar ìtàque. Dòmine Jesu, sed in te moriar et prò te, qui prò me mori, dignàtus es, non ut pérderes me sed ut habeam vitam. Amen.

Ora prò nobis, Virgo dolorosissima.
Ut digni efficiàmur promissiónibus Christi.

Orèmus. Intervéniat prò nobis, quaesumus, Dòmine Jesu Chrìste; nunc, et in hora mortis nos-trae, apud tuam clemèntiam beata Virgo Maria Mater tua; cujus sacratissimam ànimam in hora tuae passionis dolóris gladius pertransìvit: Qui vivis et regnas in saecula saeculórum. Amen.

Atto di accettazione della morte composto e recitato da san G. Cafasso

Grande Iddio, io accetto e adoro la sentenza di morte pronunziata sopra di me, e portandomi col pensiero sul mio letto di morte, voglio fare adesso per allora una ultima e solenne protesta di quei sentimenti ed affetti con cui in­tendo terminare la mia mortale carriera. Siccome questo miserabile corpo fu la cagione per cui offesi tanto il caro mio Dio, così per sua punizione e castigo ne fo ben di cuore un totale sacrificio all'offeso mio Signore. Per quello che riguarda il tempo o le circostanze tutte della mia morte, io mi rassegno pienamente, ad esempio del mio Divin Redentore, a tutto ciò che il Padre Celeste avrà disposto di me. Io accetto quella morte qualunque che Iddio nei suoi decreti crederà mi­gliore per me. Per compiere la volontà sua, intendo accettare da Lui o per Lui tutti quegli spasimi e dolori, che sarà in voler suo che io soffra in quel punto. Questa è la mia ferma e precisa volontà, con cui intendo vivere e morire in qua­lunque momento Iddio voglia disporre di me. Io mi metto tra le mani della mia cara madre Maria, del mio buon Angelo Custode, di san Giuseppe, dei Santi miei protettori, quali tutti attendo sul punto di mia morte e pel viaggio alla mia eternità. Amen.

liquami di codesta cloaca

"RISPONDO PUNTO PER PUNTO". 




Nel 1911 san Pio X risponde ad una lettera del vescovo di Cremona mons. Bonomelli che gli faceva notare come, a suo modo di vedere, la "repressione" del modernismo fosse esageratamente dura. Il papa nella risposta fa questa distinzione: da una parte mette il “moderno come fonte di studi severi" che è un qualcosa di estremamente positivo e buono e dall'altra parte mette il "modernismo, che è cloaca di tutte le eresie".

Mons. Bonomelli nella sua lettera aveva scritto: "“con le vostre disposizioni così severe, farete o degli apostati o degli ipocriti”.


San Pio X rispose: "“abbiamo, purtroppo, degli apostati [i modernisti volontari e quindi colpevoli, ndr], ma non resi tali dalle leggi contro il modernismo, e li compiangiamo; avremo degli ipocriti, e peggio per loro; ma non avremo almeno nel Clero dei maestri e dei predicatori dell’errore modernista, che condurrebbero in breve tutto il mondo all’apostasia”.
“Di fronte ad un male così grave – riprende San Pio X – non sono mai troppe le precauzioni, che prevenendo mettono in guardia senza far male a nessuno ed applicando poi con indulgenza e benignità le pene dovute”.

A sottovalutare la gravità del tumore modernista furono in tanti. E così noi oggi ci ritroviamo con un cattolicesimo immerso fino al collo, e spesso anche più, nei liquami di codesta cloaca. E ciò che è peggio è che abituati ormai a respirar solo e dovunque le arie mefitiche di tale fogna molti cattolici le credono profumate, soavi e salutari.

il Vaticano fa spallucce

Charlie riparte, ma non c'è più Allah. Resta solo il Papa

di Luigi Santambrogio



Sulla rossa copertina del ritorno ci sono in primo piano le truci caricature di Marine Le Pen con il corpo di un grasso molosso e il collare chiodato, un infuriato Sarkozy, disegnato con le fattezze di un barboncino ringhioso, un compunto cane in doppio petto, con gli occhialini e in bocca una mazzetta di euro, forse a simboleggiare la troika europea. A fianco, spunta l’enorme tiara di papa Francesco, con due occhi iniettati di sangue e un ghigno da lupo mannaro. Tipacci assatanati e furiosi che inseguono un povero cucciolo che scappa con in bocca una coppia di Charlie Hebdo. “Si riparte”, dice la scritta: 2 milioni di copie sono già state stampate e attendono oggi la prova dell’edicola. D’accordo, Charlie torna dopo la pausa di un mese, ma a guardare quella copertina uno potrebbe anche pensare che a finire a colpi di kalashnikov i dodici redattori sia stata la destra francese in combutta con la Banca europea e il Vaticano. E non i fratelli Kouachi con il collega d’armi Coulibaly. Perché di islamisti su quella vignetta proprio non c’è traccia. Almeno in modo chiaro e riconoscibile, quanto Le Pen, Sarkozy e il Papa. 

Nella masnada assassina che insegue il cucciolotto della satira, iljihadista è in seconda fila e ha le sembianze di un lupo nero, con la bandana alla fronte e il kalashnikov tra i denti. Certo, chi vuole intendere intenda, ma ce ne vuole per ricordarsi del Maometto con il turbante-bomba o di Allah con la faccia a forma di fallo. Prudenza forse ha suggerito ai nuovi vignettisti della redazione di ricorre all’immagini figurata del “lupo solitario” a indicare il combattente del Califfato e la cosa non è certo da condannare. Ma che c’entrano allora papa Francesco, l’ex presidente e la leader del Front National, il maggior partito d’opposizione con la strage del 7 gennaio? Nulla, ma servono probabilmente a ribadire che i nemici della libertè e laicitè non sono cambiati: i poteri forti dell’economia, della politica e delle religioni. Di una più delle altre: quella cattolica che ha nel Papa la sua espressione più alta. Con Allah meglio non insistere: basta un lupo con la bandana araba a rappresentarlo. Mai vista tanta gentilezza da un foglio che non si è mai imbarazzato nel disegnare Dio, Gesù e lo Spirito Santo intenti a pratiche di sodomia.

Di Dio e religione si occuperà anche il numero del nuovo esordio. Con vignette sugli attentati di Copenaghen, una doppia pagina sull’islam dal punto di vista degli psicologi (una malattia mentale?) è un approfondimento sulla versione religiosa dell’apartheid. E poi un editoriale del nuovo direttore Riss (Laurent Sourisseau), che spiega così i disegni della copertina: «Il senso di questo numero è che “la vita riprende”. Che ci si può mettere alle spalle tutti quelli che ci intralciano». La scelta di dipingere i cani-politici vuole significare che questi: «sono animali irresponsabili e sottomessi. L’irresponsabile è Charlie, sottomessi sono tutti gli altri che ci corrono dietro». Già, i vignettisti sono “irresponsabili” e irriverenti come sempre, ma stavolta anche un tantino furbetti. Forse a essere venuto un po’ meno è il coraggio della matita, ma non è mica un torto visto quello che gli è capitato. Ma la piantino almeno di farsi monumenti. 

Charlie ritorna, ma è probabile che non sarà più quello di prima. Almeno nelle copie che venderà (quasi 8 milioni nell’ultima edizione, quella composta tra le lacrime), negli abbonamento, quasi 250 mila e in quei 30 milioni di euro raccolti grazie ai doni. Chi l’ha detto che il crimine non paga? Paiono, invece, spariti nel nulla quei due milioni di cittadini che un mese fa hanno riempito Place de la Republique a Parigi per dire no al fondamentalismo islamico e riaffermare il diritto alla libertà di pensiero e di fede. Le mattanze dell’Isis non si sono fermate, anzi: altri cristiani sono stati decapitati, altre chiese bruciate e neppure un centesimo di quella marcia trionfale per le strade parigine a reclamare la fine delle stragi. Anzi, oggi che i sopravvissuti alla furia islamica tornano a scrivere, tocca pure ridere dei loro macabri sberleffi contro i cristiani, gli stessi che i tagliagole del Califfato mettono a morte. 


Il jihad islamico è alle porte, ma l’Europa fa spallucce. Di più: rinnega le proprie radici cristiane a favore di secolarizzazione fondamentalista e radicale che l’allontana dalle altre società: «Per le culture del mondo», avvertiva l’allora cardinale Joseph  Ratzinger, «la profanità assoluta che si è andata formando in Occidente è qualcosa di profondamente estraneo». E la rende debole e arresa all’escalation della conquista islamica che sta già avvenendo sotto diverse forme, meno violente e cruente della guerra, ma altrettanto micidiali strumenti di sottomissione. Con la complicità delle vittime che si fanno inconsapevoli alleati e collaborazionisti. Nell’attacco all’identità europea, oggi la jihad islamica trova docile sponda nelle jihad laiciste e nichiliste. Camuffate da avanguardie di una libertà assoluta quanto vuota, che non sa più riconoscere il nemico perché ha tradito da un pezzo gli amici più fidati. Bentornato Charlie e tanti auguri di lunga vita. Anche ormai se c’è ben poco da festeggiare. 


martedì 24 febbraio 2015

carnevale perpetuo

ma il carnevale non era finito? 
Ipse dixit ....

Vescovi cileni partecipano ad un rito pagano in onore del “dio Tata Inti, dio del Sole Inca".


Così spiegava Ratzinger sul nostro rapporto con le "altre religioni":

«Un simile ritorno, il recupero della propria storia, deve ripetersi in continuazione. Avviene nei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto. La Chiesa cerca di farlo ogni anno nei quaranta giorni di preparazione alla Pasqua:uscire nuovamente dal peso del paganesimo, che continua a spingerci lontano da Dio, tornare sempre a rivolgerci a Lui. E all’inizio della celebrazione eucaristica, nella confessione dei peccati, cerchiamo anche noi di riprendere questo cammino, di uscire nuovamente, di tornare ad incontrare sul monte di Dio la sua parola e la sua presenza» (Benedetto XVI ).
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-------------------e dice ancora:

«Un approccio falsamente «rassicurante» è quello «mistico», che sfumerebbe la molteplicità delle religioni e dei loro dogmi – con annesse presunte intolleranze -in una esperienza sentimentale, il cui carattere prevalentemente interiore terrebbe al riparo dal conflitto con la ragione..... la religione […] diventa, per così dire, una terapia individuale: la salvezza si trova al di fuori del mondo; per operare in esso non ci viene data altra indicazione al di fuori della forza che si può accrescere ritirandosi regolarmente nella dimensione spirituale. Ma questa forza, come tale, non ha per noi alcun messaggio chiaramente definibile. Nel nostro agire all’interno del mondo restiamo dunque abbandonati a noi stessi» (Benedetto XVI - vedi qui).

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-------------------e arriva a concludere:

«A questo punto, «falliti» i tentativi di sfumare le asperità delle religioni teistiche, relativizzando la propria idea di Dio e i dogmi, per portare in primo piano l’impegno pragmatico o l’esperienza mistica, ci si chiederà: L’attitudine alla pace è legata alla rinuncia alla verità?»

La risposta è no.

Ratzinger dice chiaramente che «l’incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma è possibile solo mediante il suo approfondimento. Lo scetticismo non unisce. E nemmeno il puro pragmatismo unisce. […] Vanno incoraggiati invece il rispetto profondo per la fede dell’altro e la disponibilità a cercare, in ciò che incontriamo come estraneo, la verità che ci può concernere e può correggerci e farci progredire» (Benedetto XVI - vedi qui).

E qui ci fermiamo perchè il discorso piega poi verso l'ecumenismo che è cosa assai diversa dal dialogo interreligioso: nel primo caso si cerca la comunione nella Santissima Trinità e nel Dio Uno e Trino, Vivo e che tutti i Cristiani, separati, credono; nel secondo caso si avanza nel dialogo e non comunione, cercando, fra le tante differenze che ci contraddistinguono, "i semi sparsi dallo Spirito Santo" il quale, per altro, non può certo contraddire Se stesso, ne la Sposa del Cristo!

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-----------------A ragione Benedetto XVI denunciava:

" Ma dove non c’è più verità alcuna, si può allora modificare qualsiasi criterio valutativo, e, in ultima istanza, dovunque fare in un modo e nell’esatto suo contrario. L’aver rinunciato alla verità mi pare il vero e proprio nucleo della nostra crisi odierna. Dove però la verità non offre più terreno solido, là anche la solidarietà comunitaria — peraltro, ancora tanto considerevole — finisce per sfilacciarsi, poiché anch’essa resta in ultima istanza senza radici. In quale misura, dunque, noi viviamo secondo l’interrogativo di Pilato, apparentemente tanto umile, ma in realtà così presuntuoso: « Ma che cosa è la verità? ». Proprio così, però, noi prendiamo posizione contro Cristo. Certo, quando degli uomini credono di poter disporre a buon mercato e con troppa fiducia della verità è il momento in cui si corre un rischio davvero enorme. Ma un pericolo ancora maggiore incombe là dove l’evidenza comune, la validità e l’obbligatorietà vincolante dell’affermazione del vero vengono addirittura considerate come un qualcosa che non sarebbe più in alcun modo possibile e attuabile.." (vedi qui).

Siamo in Quaresima e non vogliamo assolutamente infuocare gli animi in modo negativo, al contrario, vogliamo suscitare il santo sdegno, lutto, pianti e lamenti, e il legittimo scandalo per poterlo offrire a Nostro Signore; usare questo fatto doloroso per vivere nel cuore questa Quaresima in Cristo, con Cristo e per Cristo, unendo all'unico Sacrificio perfetto e all'unico vero Culto a Dio, la supplica per il perdono e la conversione di questi Vescovi.

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----------------Perciò chiuderemo l'articolo con alcuni passi della Lettera Enciclica di Pio XI "Ad Catholici Sacerdotii" del 20 dicembre 1935 - vedi qui -

"Il sacerdote, secondo la magnifica definizione che ne dà lo stesso San Paolo, è bensì un uomo “preso di mezzo agli uomini”, ma “costituito a vantaggio degli uomini per i loro rapporti con Dio” (Eb 5,1): il suo ufficio non ha per oggetto le cose umane e transitorie, per quanto sembrino alte e pregevoli, ma le cose divine ed eterne; cose, che possono essere per ignoranza derise e disprezzate, che possono anche venire osteggiate con malizia e furore diabolico, come una triste esperienza lo ha spesso provato e la prova pur oggi, ma che stanno sempre al primo posto nelle aspirazioni individuali e sociali dell’umanità, la quale sente irresistibilmente di essere fatta per Iddio e di non potersi riposare se non in Lui. (...)

Ma il sacerdote cattolico è ministro di Cristo e dispensatore de’ misteri di Dio (cf 1 Cor 4,1), anche con la parola, con quel “ministero della parola” (cf At6,4), che è un diritto inalienabile e insieme un dovere imprescrittibile impostogli da Gesù Cristo medesimo: “Andate adunque e ammaestrate tutte le genti,… insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato” (Mt 28,19-20).

La Chiesa di Cristo, depositaria e custode infallibile della divina rivelazione, per mezzo de’ suoi sacerdoti sparge i tesori delle celesti verità, predicando colui che è “luce vera, che illumina ogni uomo che viene a questo mondo” (Gv 1,9),spargendo con divina profusione quel seme, piccolo e disprezzato allo sguardo profano del mondo, ma che, come l’evangelico grano di senape, ha in sé la virtù di mettere radici salde e profonde nelle anime sincere e sitibonde di verità e di renderle, come alberi robusti, incrollabili anche tra le più forti bufere (cf Mt 13,31-32)..." (...)

Perciò già nell’Antico Testamento, Iddio comandava ai suoi sacerdoti e ai leviti: “Siano dunque santi, perché santo sono anch’io, il Signore che li santifico” (Lv 21,8). E il sapientissimo Salomone, nel cantico per la dedicazione del tempio, questo appunto chiede al Signore per i figli di Aronne: “I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia e i tuoi santi esultino” (Sal131,9).

Orbene, Venerabili Fratelli, “se tanta perfezione e santità e alacrità – diremo con San Roberto Bellarmino – si esigeva in quei sacerdoti, che sacrificavano pecore e buoi e lodavano Dio per benefici temporali, che cosa mai non si dovrà esigere in quei sacerdoti che sacrificano l’Agnello divino e rendono grazie per benefici eterni?”. “Grande in vero – esclama San Lorenzo Giustiniani – è la dignità dei Prelati, ma maggiore ne è il peso; posti come sono in grado così elevato davanti agli occhi degli uomini, bisogna che anche si innalzino al sommo vertice delle virtù davanti agli occhi di Colui che tutto vede; altrimenti sono sopra gli altri non a proprio merito, ma a propria condanna”.

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