lunedì 7 marzo 2016

litanie della misericordia

Kyrie eleison: la litania del Signore misericordioso


    

Mi pare importante che gli operatori musicali della liturgia considerino meglio ed approfondiscano il significato e l’uso liturgico della litania Kyrie eleison, tradotto in italiano, impoverendone la portata, con “Signore pietà”.
 
Nel linguaggio comune, infatti, si identifica la misericordia con il perdono: ciò non è sbagliato ma non rende piena ragione della ricchezza che il termine possiede nell’Antico Testamento, in virtù dell’esperienza d’Israele. Per esso, “misericordia” è compassione e fedeltà.
 
Il primo termine, in ebraico raḥamîm, esprime l’attaccamento istintivo di una persona ad un’altra: secondo i semiti questo sentimento ha sede nel grembo materno, nelle viscere paterne. E’ la tenerezza che si traduce in atti: in compassione, pazienza, perdono, comprensione.
 
Il secondo termine, ḥesed, designa la relazione che unisce due persone ed implica fedeltà. Pertanto la misericordia ha una base solida: non solo eco di un istinto di bontà, che può ingannarsi, ma anche bontà cosciente e voluta, fedele a se stessa.
 
Entrambi i termini ebraici vengono molto spesso tradotti in greco con una parola che nel Nuovo Testamento significa anch’essa misericordia: èleos, da cui deriva la supplica liturgica Kyrie eleison. Nelle varie lingue parlate i termini raḥamîm, ḥesed, èleos, subiscono traduzioni che oscillano dalla misericordia all’amore, passando per la tenerezza, la pietà, la compassione, la clemenza, la bontà, e perfino la grazia di Dio. Per queste ragioni occorre valutare se per la litania dei riti di introito non sia più opportuno utilizzare l’acclamazione in greco, rispetto alla sua traduzione italiana – lecita ma limitativa – così come avviene per altri termini quali amen, alleluia, osanna e come fanno le liturgie che dai greci hanno preso la formula, come ad esempio la liturgia copta e la liturgia etiopica.
 
Per San Tommaso d’Acquino misericordia in latino è miserum cor, cuore rattristato, ricordando che San Giovanni Damasceno ravvisa nella misericordia una forma di tristezza: è il con-rattristarsi del Cristo che nella sua carne attua il grande amore del Padre: “Vedendo le folle ne sentì misericordia perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore” (Mt 9,36); “sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì misericordia per loro” (Mt 14,14); “essendoci di nuovo molta folla, disse: Sento misericordia per questa folla (Mc 8,2). Sentì misericordia, cioè visse con loro la tristezza nel loro vivere. “Kyrie eleison… essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti” (OGMR 52).
 
Ma nel Kyrie eleison non si disgiunga l’acclamare il Signore dall’implorare la sua misericordia, così come il Messale pare che appena giustapponga l’acclamazione e l’implorazione. Commenta Cabasilas:
Misericordia è che mentre eravamo ancora peccatori (Rm 5,6-11), il Padre, ricco di misericordia per il grande amore con il quale ci ha amati (Ef 2,4), ha donato il suo Unigenito (Gv 3,16); il quale non soltanto ha avuto misericordia della nostra situazione ma se ne è fatto socio e partecipe essendo stato egli stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi (Eb 4,15). Quando si è manifestata la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati per sua misericordia (Tt3,4-5). Così, chiama misericordia la carne che ha assunta.
Misericordia è il farsi carne del Figlio Unigenito. Misericordia è il Signore. A tal riguardo, interessantissimo a mio parere è il fatto che nei manoscritti antichi, il testo sia scritto in una sola parola kyrieleison e che la musica gregoriana abbia rispettato questo elemento di filologia sviluppando a volte un melisma considerevole sulla e che garantisce il legame delle due parole Kyrie ed eleison. 
 
Uso
Oltre a quanto detto sopra, riporto per intero quanto scrive l’Ordinamento Generale del Messale Romano al n. 52:
Dopo l’atto penitenziale ha sempre luogo il Kyrie eleison, a meno che non sia già stato detto durante l’atto penitenziale. Essendo un canto col quale i fedeli acclamano il Signore e implorano la sua misericordia, di solito viene eseguito da tutti, in alternanza tra il popolo e la schola o un cantore.
Ogni acclamazione viene ripetuta normalmente due volte, senza escluderne tuttavia un numero maggiore, in considerazione dell’indole delle diverse lingue o della composizione musicale o di circostanze particolari. Quando il Kyrie eleison viene cantato come parte dell’atto penitenziale, alle singole acclamazioni si fa precedere un «tropo».
Dunque, il Kyrie eleison si omette solo se ha fatto parte dell’atto penitenziale qualora sia stata utilizzata la terza formula: Kyrie-Christe con “tropo”, cioè aggettivazioni del Cristo, illustrazioni della persona del Signore. Diversamente la litania non fa parte dell’atto penitenziale, ma lo segue. L’attuale rito della Messa prevede sei invocazioni (due Kyrie, due Christe, due Kyrie) alternate: tre come proposta e tre corrispondenti, come risposta e si lascia libertà di aumentare il numero delle acclamazioni, secondo l’opportunità. Tuttavia mai venga sottratta all’assemblea la sua implorazione e si valuti con attenzione l’utilizzo dei Kyrie polifonici, poiché solo in qualche caso viene rispettata la forma e la funzionalità litanica.

 

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