DON ENRICO VIDESOTT
È
chiamato il «Padre Pio delle Dolomiti», la sua fama di santità fra le maestose
montagne dell’Alto Adige è impressionante. Bisogna andare sul luogo per
misurare concretamente la devozione che la gente nutre per Don Enrico Videsott
(1912-1999), sacerdote che rimase legato alla Tradizione della Chiesa e non si
fece influenzare dai venti rivoluzionari del modernismo entrati nella Chiesa.
Un sacerdote che fece solo e sempre il sacerdote e i suoi parrocchiani e figli
spirituali, quando hanno la grazia di incontrare un ministro di Dio che pensa
al Cielo e non al mondo, accorre. Così è sempre accaduto: il santo Curato d’Ars
(1786-1859), san Giuseppe Cafasso (1811-1860), padre Pio da Pietrelcina (1887-1968),
d. Enrico Videsott … furono, soprattutto, confessori, ovvero hanno curato le
anime e le hanno rapite al Signore.
Fede, sacrificio, rinuncia, abbandono alla volontà di Dio erano le sue linee
guida e al centro di tutta la sua vita e di ogni suo giorno c’erano il Santo
Sacrificio e la preghiera. Non aveva altri interessi all’infuori della Trinità,
della Madonna e della “famiglia terrena”, i suoi tanti figli spirituali per i
quali usava una smisurata carità.
Perfetto
l’equilibrio, diurno e notturno, che riusciva a mantenere fra contemplazione e
azione. La sua è stata un’esistenza calibrata sulla dimensione soprannaturale.
Attraverso le celebri benedizioni di d. Enrico Videsott si ottenevano spesso
mutamenti nel corso degli eventi naturali: malati risanati, incidenti sventati,
anime recuperate…
Il razionalismo del XIX e XX secolo ha minato la Fede; ma all’orgoglio del
liberalismo, Dio oppone anime sante che conquistano le coscienze delle persone
con armi in antitesi stretta ai sofismi dei sedicenti liberi pensatori. Ed ecco
che don Enrico leniva dolori, scongiurava pericoli, comandava agli agenti
atmosferici. La sua fama si è estesa anche oltre i confini del Tirolo, tanto
che giungevano a La Valle persone da tutto il nord Italia, dall’Austria, dalla
Svizzera, dalla Germania e dall’Europa orientale, ma anche in alcune zone
dell’Africa e del Messico.
Don
Enrico era un mistico e viveva da mistico. Sacrifici, privazioni, offerta di se
stesso per la salvezza delle anime, unione profonda con Dio, Aveva un libro che
teneva molto caro: La passione di Gesù Cristo di Caterina Emmerich.
Henrich
Ulrich Videsott nasce a Mantana-San Lorenzo di Sebato (BZ) il 3 luglio 1912. Un
giorno, assistendo alla Santa Messa di un novello sacerdote proprio a San
Lorenzo, inizia a desiderare di consacrarsi a Cristo. Dopo la maturità, nel
1932, fa il suo ingresso nel Seminario di Bressanone e intraprende gli studi di
teologia.
È
ordinato sacerdote a 24 anni, il 29 giugno 1937. Considererà sempre il giorno
della sua ordinazione quello più bello della sua vita e proprio allora decide
di fare un’esplicita richiesta alla Madonna: il dono della parola, una parola
giusta per tutti coloro che a lui si sarebbero rivolti.
Nello
stesso 1937 viene inviato come cappellano, per un anno, nella parrocchia di
Vallarga (Vandoies); qui conosce in maniera approfondita la figura di san
Giuseppe Freinademetz di San Leonardo (1852-1908), nativo della Val Badia e
missionario in Cina, legato a don Enrico come parente di quarto grado. Sarà
proprio a reperire la documentazione necessaria ai fini di avviare il processo
di beatificazione, che avrà il suo felice epilogo con la beatificazione del
1975 e la canonizzazione del 2003.
Il primo incarico di don Videsott fu la parrocchia di Weitental, in seguito,
nel 1939, dopo un anno a Malles in Val Venosta, fu trasferito come cappellano a
Pieve di Marebbe in Val Badia e dal 1941 al 1943 a Brunico. Con la seconda
Guerra mondiale, però, la sua voce venne silenziata. Ci fu il pericolo che
venisse arrestato e deportato in Germania. Ma la Curia lo trasferì a Cortina
d’Ampezzo, in una parrocchia ai margini della Diocesi di Bressanone, dove
rimase, come cappellano, fino al 1947.
Per
don Enrico non esisteva nulla all’infuori di Dio: tutto era inutile e privo di
significato senza la Fede. Le anime non soccorse erano il suo tormento
maggiore, mentre ricondurre un’anima al suo Creatore era la sua felicità, la
sua ricompensa. Ai mendicanti di amore, ai peccatori, ai malati di anima e di
corpo, don Enrico sapeva elargire doni celesti, quietando gli animi e
dipingendo di bene i giorni dei penitenti, anche gli ultimi istanti delle loro
vite.
Dopo
quattro anni, venne trasferito a Pieve di Livinallongo, in seguito a
Mezzaselva, un piccolo paese tra Fortezza e Vipiteno ed infine, nel 1964, a La
Valle in Val Badia, come parroco, e qui resterà per il resto della sua vita: in
quei trentacinque anni di permanenza si offrì ai suoi parrocchiani con
paternità e santità.
Don
Enrico, il «Segenspfarrer» (il parroco delle benedizioni), era sacerdote, da capo
a piedi. Confessava, amministrava i sacramenti, predicava, pregava e benediva.
Tutto il resto era per lui perdita di tempo e, soprattutto, perdita di Dio: le
occupazioni, secondo la sua cattolica impostazione, distoglievano dalla vita di
unione a Cristo, perno sul quale ruota l’esistenza del sacerdote.
Era
l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata e il suo cuore si fermò. Riprese, dopo
alcuni secondi, a ribattere. Chiamarono d’urgenza Aurora Ambrosino, la fedele
perpetua che vive ancora oggi nella casa di don Enrico e che ebbe la
consolazione di vederlo ancora vivo. Si spense all’1,30 del 9 dicembre. Aveva
detto: «La benedizione di Dio è una irradiazione della santità di Dio. Quando
benedice il sacerdote, benedice Gesù».
Dalla morte di don Enrico la sua fama di santità non soltanto non è andata
spegnendosi, ma anzi è aumentata: testimonianze di gratitudine a lui e
richieste di intercessione giungono da ovunque e la tomba è meta di continui
pellegrinaggi. Ciò ha spinto a costituire il Comitato «Amici di don Enrico» al
fine di approfondire lo studio della sua eredità spirituale, di raccogliere
notizie, di diffondere la sua conoscenza. A questo proposito il Comitato ha
affidato ad un esperto, il Rev.do don Riccardo Petroni di Roma, Postulatore
delle Cause dei Santi, accreditato presso la Congregazione delle Cause dei
Santi del Vaticano, di studiare il caso e di verificarne tutte le possibilità
future al fine di poter promuovere, se i legittimi Pastori lo concederanno,
tutti quei passi utili ad aprire un’auspicabile Causa di Beatificazione.
Autore:
Cristina Siccardi
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