sabato 6 febbraio 2016

il «Padre Pio delle Dolomiti»

DON ENRICO VIDESOTT




È chiamato il «Padre Pio delle Dolomiti», la sua fama di santità fra le maestose montagne dell’Alto Adige è impressionante. Bisogna andare sul luogo per misurare concretamente la devozione che la gente nutre per Don Enrico Videsott (1912-1999), sacerdote che rimase legato alla Tradizione della Chiesa e non si fece influenzare dai venti rivoluzionari del modernismo entrati nella Chiesa. Un sacerdote che fece solo e sempre il sacerdote e i suoi parrocchiani e figli spirituali, quando hanno la grazia di incontrare un ministro di Dio che pensa al Cielo e non al mondo, accorre. Così è sempre accaduto: il santo Curato d’Ars (1786-1859), san Giuseppe Cafasso (1811-1860), padre Pio da Pietrelcina (1887-1968), d. Enrico Videsott … furono, soprattutto, confessori, ovvero hanno curato le anime e le hanno rapite al Signore.

Fede, sacrificio, rinuncia, abbandono alla volontà di Dio erano le sue linee guida e al centro di tutta la sua vita e di ogni suo giorno c’erano il Santo Sacrificio e la preghiera. Non aveva altri interessi all’infuori della Trinità, della Madonna e della “famiglia terrena”, i suoi tanti figli spirituali per i quali usava una smisurata carità.

Perfetto l’equilibrio, diurno e notturno, che riusciva a mantenere fra contemplazione e azione. La sua è stata un’esistenza calibrata sulla dimensione soprannaturale. Attraverso le celebri benedizioni di d. Enrico Videsott si ottenevano spesso mutamenti nel corso degli eventi naturali: malati risanati, incidenti sventati, anime recuperate…

Il razionalismo del XIX e XX secolo ha minato la Fede; ma all’orgoglio del liberalismo, Dio oppone anime sante che conquistano le coscienze delle persone con armi in antitesi stretta ai sofismi dei sedicenti liberi pensatori. Ed ecco che don Enrico leniva dolori, scongiurava pericoli, comandava agli agenti atmosferici. La sua fama si è estesa anche oltre i confini del Tirolo, tanto che giungevano a La Valle persone da tutto il nord Italia, dall’Austria, dalla Svizzera, dalla Germania e dall’Europa orientale, ma anche in alcune zone dell’Africa e del Messico.

Don Enrico era un mistico e viveva da mistico. Sacrifici, privazioni, offerta di se stesso per la salvezza delle anime, unione profonda con Dio, Aveva un libro che teneva molto caro: La passione di Gesù Cristo di Caterina Emmerich. 

Henrich Ulrich Videsott nasce a Mantana-San Lorenzo di Sebato (BZ) il 3 luglio 1912. Un giorno, assistendo alla Santa Messa di un novello sacerdote proprio a San Lorenzo, inizia a desiderare di consacrarsi a Cristo. Dopo la maturità, nel 1932, fa il suo ingresso nel Seminario di Bressanone e intraprende gli studi di teologia. 
È ordinato sacerdote a 24 anni, il 29 giugno 1937. Considererà sempre il giorno della sua ordinazione quello più bello della sua vita e proprio allora decide di fare un’esplicita richiesta alla Madonna: il dono della parola, una parola giusta per tutti coloro che a lui si sarebbero rivolti. 

Nello stesso 1937 viene inviato come cappellano, per un anno, nella parrocchia di Vallarga (Vandoies); qui conosce in maniera approfondita la figura di san Giuseppe Freinademetz di San Leonardo (1852-1908), nativo della Val Badia e missionario in Cina, legato a don Enrico come parente di quarto grado. Sarà proprio a reperire la documentazione necessaria ai fini di avviare il processo di beatificazione, che avrà il suo felice epilogo con la beatificazione del 1975 e la canonizzazione del 2003.

Il primo incarico di don Videsott fu la parrocchia di Weitental, in seguito, nel 1939, dopo un anno a Malles in Val Venosta, fu trasferito come cappellano a Pieve di Marebbe in Val Badia e dal 1941 al 1943 a Brunico. Con la seconda Guerra mondiale, però, la sua voce venne silenziata. Ci fu il pericolo che venisse arrestato e deportato in Germania. Ma la Curia lo trasferì a Cortina d’Ampezzo, in una parrocchia ai margini della Diocesi di Bressanone, dove rimase, come cappellano, fino al 1947. 
Per don Enrico non esisteva nulla all’infuori di Dio: tutto era inutile e privo di significato senza la Fede. Le anime non soccorse erano il suo tormento maggiore, mentre ricondurre un’anima al suo Creatore era la sua felicità, la sua ricompensa. Ai mendicanti di amore, ai peccatori, ai malati di anima e di corpo, don Enrico sapeva elargire doni celesti, quietando gli animi e dipingendo di bene i giorni dei penitenti, anche gli ultimi istanti delle loro vite.

Dopo quattro anni, venne trasferito a Pieve di Livinallongo, in seguito a Mezzaselva, un piccolo paese tra Fortezza e Vipiteno ed infine, nel 1964, a La Valle in Val Badia, come parroco, e qui resterà per il resto della sua vita: in quei trentacinque anni di permanenza si offrì ai suoi parrocchiani con paternità e santità.

Don Enrico, il «Segenspfarrer» (il parroco delle benedizioni), era sacerdote, da capo a piedi. Confessava, amministrava i sacramenti, predicava, pregava e benediva. Tutto il resto era per lui perdita di tempo e, soprattutto, perdita di Dio: le occupazioni, secondo la sua cattolica impostazione, distoglievano dalla vita di unione a Cristo, perno sul quale ruota l’esistenza del sacerdote. 

Era l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata e il suo cuore si fermò. Riprese, dopo alcuni secondi, a ribattere. Chiamarono d’urgenza Aurora Ambrosino, la fedele perpetua che vive ancora oggi nella casa di don Enrico e che ebbe la consolazione di vederlo ancora vivo. Si spense all’1,30 del 9 dicembre. Aveva detto: «La benedizione di Dio è una irradiazione della santità di Dio. Quando benedice il sacerdote, benedice Gesù».

Dalla morte di don Enrico la sua fama di santità non soltanto non è andata spegnendosi, ma anzi è aumentata: testimonianze di gratitudine a lui e richieste di intercessione giungono da ovunque e la tomba è meta di continui pellegrinaggi. Ciò ha spinto a costituire il Comitato «Amici di don Enrico» al fine di approfondire lo studio della sua eredità spirituale, di raccogliere notizie, di diffondere la sua conoscenza. A questo proposito il Comitato ha affidato ad un esperto, il Rev.do don Riccardo Petroni di Roma, Postulatore delle Cause dei Santi, accreditato presso la Congregazione delle Cause dei Santi del Vaticano, di studiare il caso e di verificarne tutte le possibilità future al fine di poter promuovere, se i legittimi Pastori lo concederanno, tutti quei passi utili ad aprire un’auspicabile Causa di Beatificazione.
Autore: Cristina Siccardi

Nessun commento:

Posta un commento