venerdì 19 settembre 2014

L’acqua unita al vino

I Sette Sacramenti. Un settenario di grazia



4°- La Santa Eucarestia.
«Il quarto sacramento è l’Eucaristia, la cui materia è il pane di frumento e il vino di uva, al quale prima della consacrazione deve aggiungersi qualche goccia d’acqua [...]. Questo sta anche a significare l’effetto di questo sacramento, che è l’unione del popolo cristiano a Cristo [...]. E papa Giulio dice: “Il calice del Signore deve essere offerto, secondo le disposizioni dei canoni, con acqua e vino mescolati, perché nell’acqua si prefigura il popolo e nel vino si manifesta il sangue di Cristo [...] e il popolo fedele si congiunge e si unisce con colui nel quale crede [...]. Forma di questo sacramento sono le parole con cui il Salvatore l’ha consacrato. Il sacerdote, infatti, consacra parlando in persona di Cristo. E in virtù delle stesse parole la sostanza del pane si trasforma in Corpo di Cristo e la sostanza del vino in Sangue. Ciò avviene però in modo tale che tutto il Cristo è contenuto sotto la specie del pane e tutto sotto la specie del vino e, se anche questi elementi venissero divisi in parti, in ogni parte di ostia consacrata e di vino consacrato vi è tutto il Cristo. Effetto di questo sacramento, che si opera nell’anima di chi lo riceve degnamente, è l’unione dell’uomo a Cristo. E poiché per la grazia l’uomo viene incorporato al Cristo e unito alle sue membra, ne consegue che questo sacramento, in coloro che lo ricevono degnamente, aumenta la grazia e produce nella vita spirituale tutti gli effetti che il cibo e la bevanda materiale producono nella vita del corpo, cioè lo alimentano e lo fanno crescere, lo ristorano e gli procurano piacere. In questo sacramento, come dice papa Urbano IV, facciamo memoria con animo grato del nostro Salvatore, siamo distolti dal male, confortati nel bene e progrediamo in virtù e grazia» (Denz. 1320-1322).

Il lettore avrà notato l’insistenza del testo nel tornare sul particolare (ai nostri occhi non così importante) dell’acqua da unire al vino prima della Consacrazione. Ciò è dovuto al fatto che il Concilio di Firenze era finalizzato, in larga parte, al tentativo di unione con gli Armeni, che avevano espunto questo particolare dalla loro tradizione liturgica. Questo ci fa peraltro comprendere l’importanza, anche simbolica, dei Riti liturgici. In questo gesto, infatti, viene significata e simboleggiata l’unione di Cristo con la Chiesa e quindi il fatto che il Sacrificio eucaristico è, sempre e imprescindibilmente, Sacrificio di Cristo e della Chiesa, come del resto emerge dalle parole che, anche nel Novus Ordo del rito della Messa, accompagnano il rito e che il sacerdote recita sottovoce: «L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana». 

Il Concilio fa propria, anche senza usare il termine tecnico “transustanziazione” la dottrina tommasiana, già ampiamente diffusa a livello ecclesiale, che spiega la Presenza reale di Cristo nel Pane e nel Vino consacrati attraverso il miracolo del cambiamento della sostanza dell’uno e dell’altro nella sostanza del «corpo e sangue di Cristo». 

Infine si spiega, egregiamente, che l’Eucaristia rappresenta per l’anima ciò che il cibo rappresenta per il corpo, alludendo addirittura al piacere (!) che causa l’accostarsi alla Divina Eucaristia. Si pensi a quante anime, disgraziatamente, sono ridotte in stato di vera e propria denutrizione, a causa dell’oblio e della trascuratezza di molti battezzati nei confronti di questo eccelso Sacramento, nonché alla perdita della capacità di gustare gli elevati «diletti dello spirito» che è direttamente proporzionale a quanto l’uomo si abbassa, si avvilisce e si abbrutisce ricercando e immergendosi nei piaceri più bassi.

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