E i due saranno una cosa sola.
La verità del matrimonio
e l'insidia del divorzio
La Parola del Santo
Vangelo, che riferisce la domanda insidiosa posta a Gesù: «È lecito a un
uomo ripudiare la propria moglie» (Mc 10,2), ci invita a riconsiderare
attentamente le ragioni fondanti l’istituto familiare sul matrimonio tra un
uomo e una donna: due esseri che sono l’unico uomo creato da Dio (cf. Mc
10,2-16).
Gesù dice
che Mosè per la “durezza” del cuore degli israeliti ha concesso il divorzio, ma
Dio non ha fatto in principio ciò che Mosè ha concesso. Cos’è questa durezza
per la quale si è avuta una permissione di Mosè contraria però a ciò che
Dio ha fatto in origine? Si tratta di una disobbedienza entrata nella creazione
a causa del peccato, la quale ha portato l’uomo a indurire il suo cuore e a non
riconoscere più la volontà di Dio, ciò che Dio ha fatto quando ha creato
l’uomo. Il peccato ha provocato una ferita nell’intelligenza e nel cuore
dell’uomo, una durezza nel vedere e riconoscere la realtà. Durezza è anche
incapacità di superare quest’indebolimento della natura umana senza la grazia
di Cristo, che ora Lui dona per essere fedeli a ciò che Dio ha fatto,
risvegliando la coscienza davanti alla verità, davanti al Figlio. Dio in
principio, nella sua creazione, ha fatto l’uomo maschio e femmina, unendoli in
una sola carne. Il divorzio perciò si oppone all’unità e indissolubilità
naturali dei due, che liberamente scelgono di unirsi in una comunione stabile
di vita. Il divorzio non è un peccato perché lo condanna la Chiesa, invece, la
Chiesa lo condanna perché è un peccato: è una disobbedienza alla creazione di
Dio, al Creatore. Possiamo allora dire che il divorzio è innaturale, contro
l’uomo stesso e come tale va sempre rifiutato. Non soli i cattolici devono
rifiutare il divorzio ma ogni uomo che vede la verità con la sua ragione.
Possiamo
ora chiederci: quali sono le cause di un disfacimento sempre più generale della
famiglia nei nostri tempi? Si dice spesso che l'emancipazione della donna, la
quale ha una sua indipendenza e anche un suo stipendio, incide notevolmente
nelle cause di separazione. La donna si sente rivestita di una nuova libertà
all'interno del contesto familiare, e non più, come un tempo, è costretta a
subire vessazioni o ingiustizie da parte del marito. Certamente anche questa
causa è a volte determinate ma non è l'unica. La radice del problema è ben più
profonda. Anche perché i matrimoni dei nostri nonni non erano fedeli
semplicemente perché le donne non avrebbero potuto sostentarsi diversamente, ma
perché si credeva nella famiglia. La famiglia era un valore imprescindibile,
nonostante magari le sofferenze vissute in un focolare domestico.
Una delle
radici profonde di questo sfascio attuale della famiglia e del matrimonio va
ravvisato sicuramente in quella cultura della ribellione, che ha voluto
separare drasticamente la sessualità dal matrimonio. Una sessualità non vissuta
più come dono nel contesto dell'amore familiare e dell'apertura alla vita ha
portato la persona ad emanciparsi sempre più dal matrimonio, fino a provocare,
ahimè, un rovesciamento: assistiamo ora alle richieste di matrimoni senza più
la sessualità. Le attuali richieste di riconoscimento civile delle coppie di
fatto si generano proprio in un contesto di crisi della famiglia e del
matrimonio, di crisi dell'unità tra la comunione familiare e la sessualità.
Oggi sembra che conti solo la comunione, solo l'amore che fa stare insieme, senza
la sessualità, la quale infatti può diventare ogni tipo di sessualità, anche
contro la verità della natura umana così come creata da Dio. Un amore senza la
verità. Nelle richieste delle coppie di fatto, che di fatto sono normalmente
coppie omosessuali, l'accento è posto non sulla sessualità ma sulla comunione
di vita. Guai a discriminare tale unione puntando sulla sessualità! Si è
tacciati di omofobia, dove la parola stessa è un semplice escamotage per
crogiolarsi in questo profondo dissidio con la verità e con l'amore. Però, di
fatto, la sessualità è semplicemente inverata da una nuova idea di unione, che
la relega in una pura scelta soggettiva, ad una sua manipolazione.
Di più,
questo contesto della sessualità senza il matrimonio, del piacere senza la
responsabilità, ha provocato anche un altro capovolgimento: il concepimento
della vita senza più la sessualità. Un figlio si può facilmente fabbricare in
laboratorio, senza necessità di rimanere ancorati né alla sessualità né
altrettanto al matrimonio. La persona è ancora oggetto, è manipolata, in
funzione di una volontà soggettivistica.
Dividere
ciò che Dio ha unito, l'uomo e la donna, l'amore dal dono responsabile di sé,
la sessualità dalla famiglia, provoca sempre più uno scivolamento verso il cupo
individualismo. Avremo a breve una società dei soli diritti senza alcun dovere.
Sarà più incisivo chi pretende di più. Saremo governati non più dalla fantasia
ma dal potere di imporsi.
Dio in
principio ha fatto l'uomo maschio e femmina. Questa complementarietà è
naturale, è vitale. Se vogliamo un futuro dobbiamo rispettare ciò che siamo,
ciò che Dio creando ha fatto. Su questa naturale e umana complementarietà di
maschio e femmina si innesta il matrimonio sacramento, che eleva alla dignità
soprannaturale l'unione tra l'uomo e la donna, favorendo col dono della grazia
quella fedeltà minacciata dal peccato, che è sempre porre la divisione in mezzo
a ciò che Dio ha fatto, è disprezzo di ciò che Dio ha fatto.
Se
desideriamo un futuro a misura d'uomo, allora dobbiamo guardare nuovamente alla
verità della creazione, alla verità del matrimonio e non aver paura di essere
discriminati o minacciati: nell'amore alla verità impariamo anche la verità
dell'amore. Per vivere eternamente nella verità e nell'amore.
Padre
Serafino M. Lanzetta
(Fonte: RISCOSSACRISTIANA.it)
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=283
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