venerdì 30 novembre 2012

B. CHARLES DE FOUCAULD

1 DICEMBRE
B. CHARLES DE FOUCAULD,
monaco


Seconda lettura
Dalle Meditazioni del beato Charles de Foucauld, sacerdote (Meditazione 234)
Il Signore ci aiuta nel momento presente.
"Quando vi condurranno via per consegnarvi, non preoccupatevi di ciò che dovrete dire... poiché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo". (Marco 12,32-13,11).
Quanto siete buono, mio Dio! Voi che in ogni istante, in ogni circostanza della loro vita, donate sempre a chi vi serve tutto ciò che è necessario per realizzare pienamente la vostra volontà, per adempiere in modo completo alla missione che voi affidate loro...

Dio ci donerà in ogni momento quello che è necessario per adempiere alla missione che a lui piacerà affidarci... Ce lo donerà in modo soprannaturale, senza nessuna preparazione da parte nostra, se ciò a lui piace, allo stesso modo che per i grandi apostoli Pietro e Paolo, miei diletti padri, di cui si celebra oggi la festa (san Paolo non apprese il Vangelo da nessun uomo: quando Gesù volle farglielo predicare, glielo rivelò... Cosa egli non rivelò, tanto a Pietro quanto a Paolo!... Egli illumina con tutto il cuore come meglio crede, quando vuole, così rapidamente, così completamente, così definitivamente come vuole)... Oppure egli ce lo donerà facendoci cooperare col nostro lavoro alla sua grazia, e allora lui stesso ci dirà in quale preciso momento, in che preciso modo, in che precisa misura, occorre compiere questi lavori preparatori... È a lui che ci toccherà appellarci nell'ora da lui stesso decisa nella quale egli vuole che noi ci consegniamo, così come sta a lui affidarci la tale o la talaltra missione nell'ora in cui preferisce che noi la intraprendiamo... Non abbiamo altro da fare che obbedire in ogni istante, facendo in ogni istante ciò che ci comanda nell'istante presente... Cosa ci comanda nel momento presente? "Chi ascolta voi ascolta me", è il nostro direttore spirituale, che per noi rappresenta Dio, che ce lo dirà momento per momento: quando, per un qualche motivo indipendente dalla nostra volontà, non possiamo avere la risposta del nostro direttore, benché facciamo tutti gli sforzi possibili al proposito, lo Spirito Santo, vedendo la nostra sottomissione e la nostra buona volontà, non ci lascerà offendere Dio e ci guiderà, sino a che non ci sarà possibile avere l'indicazione del nostro direttore con altri mezzi (sia attraverso l'accadere dei fatti, sia grazie al Vangelo, sia per mezzo della ragione rischiarata dalla fede, sia con i diversi mezzi che ha a sua disposizione)... Noi dunque, non inquietiamoci mai di fronte all'avvenire, confidiamo totalmente in Dio, idustriamoci unicamente di fare con la massima perfezione possibile ciò che Dio ci chiede di fare nel momento presente.

Oppure: Beato Charles de Foucauld        Cf. la rivista Jesus Caritas, n. 29, Colei che si chiama Maria, Gennaio 1996,19-20.
«Donna, ecco tuo figlio... ecco tua madre..." (Gv 19,25-27). "Ecco tuo figlio”. Queste parole sono rivolte alla santa Vergine: Nostro Signore le da tutti gli esseri umani per figli, comandan­dole di avere verso tutti un cuore di madre... Ella ha compiuto e continuerà, durante l'eternità, a compiere con una perfezione in­comparabile quest'ordine di Dio come tutti gli altri. Siamo dun­que assolutamente sicuri ch'ella ha per ogni essere umano un cuore materno, e rivolgiamoci a questa madre diletta e onnipo­tente in tutte le nostre necessità, con tanta fiducia quanto quella che un bambino ha per sua madre, per una madre che l'ama in­finitamente di più di quanto possa fare una madre terrena, e per una madre che può ottenergli da Dio assolutamente tutto ciò che è veramente utile all'anima ...
«Ecco tua madre». Queste parole sono rivolte a ogni anima. Tut­ti quanti dobbiamo trattare la santa Vergine come nostra madre, adempiere verso di lei i doveri che un buon figlio ha verso un'ot­tima madre: affetto, onore, servizio, fiducia, in una parola tutto ciò che Nostro Signore stesso tributava alla santissima Vergine. Amiamola, onoriamola, facciamole corona intratte-nendoci con lei nella preghiera; serviamola collaborando nel miglior modo che ci è possibile a tutte le opere ch'ella favorisce, a tutte quelle che vengono intraprese in suo onore; abbiamo verso di lei una fi­ducia assoluta e invochiamola, senza esitare, con questa fiducia, in tutte le nostre necessità, in tutti i nostri desideri, in tutte le no­stre azioni. In breve, facciamo per lei tutto ciò che faceva Nostro Signore quand'era in questo mondo, per quanto ci è possibile. Mostriamoci verso di lei come i più teneri dei figli, ricordandoci che questo è un punto essenziale dell'obbedienza a Gesù e dell'i­mitazione di gesti: dell'obbedienza, poiché egli ce lo comanda co­sì formalmente e cosi solennemente dall'alto stesso della croce; dell'imitazione, perché egli fu sempre, verso sua madre, il mo­dello di tutti i figli ... (È evidente d'altra parte che noi, che aspi­riamo a essere i fratelli di Gesù, non possiamo diventarlo se non a condizione di mostrarci e di essere veramente i figli di Maria: per essere fratelli di Gesù, è assolutamente necessario es­sere figli di Maria).

Responsorio I Ts 2,8; Gal 4,19
Per il grande affetto che vi porto, vi avrei dato non solo il vangelo di Dio,
ma la mia stessa vita: *siete diventati per me figli carissimi.
Per voi soffro le doglie del parto, finché non sia formato Cristo in voi.
Siete diventati per me figli carissimi.

ORAZIONE        Signore, Padre santo Che hai chiamato il beato Charles, sacerdote, a imitare tuo Figlio, Gesù di Nazareth, noi ti preghiamo, per la sua intercessione, accordaci, nutriti dall’ Eucaristia, di progredire giorno dopo giorno, verso una carità cristiana sempre più profonda e una fraternità più universale. Per il nostro Signore

K Six, Itinerario spirituale di Charles de Foucauld, pp. 319-325.
Come incenso, come lampada calma e luminosa... Quando guardiamo la vita di fratel Charles nel suo svolgersi, essa ci appare contraddistinta, proprio nel suo svolgimento, dal segno della croce. Dio voleva che egli rendesse presente Gesù Crocifisso. E la croce sia, visibilmente, al centro di ogni pagina della sua vita. C'è stato in quest'uomo un sempre crescente deside­rio di annientamento, e soltanto la sua fede immensa nel Cristo, che ha vinto la morte con la sua morte, da­va un senso a questa sua volontà di seppellimento. L'abbassamento di Gesù: ecco l'abiezione, l'incessan­te discendere che egli aveva sognato. Su questo non ha mai tergiversa-to. Quando si pensi al suo carattere, alla sua tendenza all'azione, si capirà meglio quale fede immensa sia stata necessaria a que­st'uomo per usare le armi dello Spirito, che lo faceva agire in modo completamente contrario alle sue incli­nazioni naturali. Lo scacco non fu soltanto sul piano delle realizzazio­ni: Dio glielo fa anche angosciosamente provare nel­l'intimo stesso del suo metodo che si fondava soprat­tutto sulla fede nell'azione del sacrificio della Messa. Dio giunge addirittura a farglielo sentire nella sua stes­sa vita spirituale. Si sente tutta l'angoscia che lo prende nel vedere in quale oscurità Dio voleva che egli vivesse la sua fede: «Aridità e tenebre; tutto mi è diffìcile: san­ta comunione, preghiere, orazione, tutto, tutto, persino il dire a Gesù che Lo amo... Bisogna che mi aggrap­pi alla vita di fede. Se almeno sentissi che Gesù mi ama! Ma Egli non me lo dice mai». Questo testo risale all'inizio della sua vita a Nazaret. Ma, a Beni Abbès, è la stessa aridità: «Sono cosi freddo da non osare di dire che amo, ma vorrei amare». E il 1° dicembre 1916: «E’ vero, non si amerà mai abbastanza; ma il Signore, che sa di quale fango ci ha impastati e che ci ama più di quanto una madre ami suo figlio, ci ha detto, Lui che non muore, che non avrebbe respinto chi fosse ve­nuto a Lui».
Nel giorno in cui scrive queste righe, il giorno stesso della sua morte, sentendo profondamente la sua povertà, anzi, si direbbe, a causa di essa - fratel Charles esprime tutta la sua speranza, perché sa che «l’annientamento è il mezzo più sicuro che noi abbiamo per unirci a Gesù e fare del bene alle anime», perché sa che perfino la sua povertà può essere offerta: «Si sa che si vorrebbe amare, e voler amare è amare».
Fratel Charles attendeva, dal profondo della sua speranza, questa ora, in cui avrebbe potuto raggiunge­re il Diletto. Cosi si sarebbe abbandonato fra le mani di Colui che è l'eterno vincitore, di Colui che non muore. Era tanto tempo che desiderava che il velo si lacerasse e il dolce incontro avvenisse; aveva scritto, nel 1903: «vedermi invecchiare e discendere la china è per me una gioia perfetta: è l'inizio di quella dissolu­zione che per noi è un bene. Ma vorrei che la volontà si unisse tanto più allo Sposo quanto più si avvicina l'ora in cui si sentirà dire: "Exite obviam Ei". Pur consta­tando d'essere spesso vinto nella lotta quotidiana, go­do senza fine al pensiero della vittoria eterna e della felicità inalterabile del Diletto».
Solo l'amore può essere la fonte di un simile desiderio di annientamento. E’ l'amore il punto di partenza di ogni azione di fratel Charles, è l'amore che costituisce la sostanza e il fine del suo itinerario: «L'amore è tutto; esso ci trascina a seguirvi, nella via della croce, e ci fa tanto più avanzare in essa quanto più è forte».
E qual è la manifestazione fondamentale dell'amore? «È il perdersi, l'inabissarsi in ciò che si ama e il consi­derare come una nullità tutto il resto». L'amore fa che ognuno si veda quale veramente è, per poi orientare il proprio sguardo verso Colui-che-è: «Persino la vista del mio nulla, invece di affliggermi, mi aiuta a di­menticare ed a pensare soltanto a Colui che è tutto». Fratel Charles ha, nella luce di tanto ardore d'amore, una conoscenza viva del proprio nulla. Si potrebbe pensare che, di riflesso, si ripieghi dolorosamente su questo suo vuoto interiore; invece si offre qual è, con un amore tanto più grande quanto più si sente povero: offre la sua vita insignificante e quotidiana, comune e opaca. Per lui, l'essenziale d'una vita religiosa, d'una vita di consacrazione totale a Dio sta nel «darsi in pura perdita di sé davanti a Dio», «come incenso, come lampada calma e luminosa, come un suono melodio­so», nell'offrirsi in sacrificio a Dio dimenticando com­pletamente se stesso.

charles de foucauld, Opere spirituali, Milano 1960,84-86
In tutte le pagine dei suoi libri, Dio ci raccomanda i suoi figli poveri, i suoi figli diseredati. Ascoltiamo la sua voce: siamo i pa­dri, i fratelli, i figli di questi infelici; siamo la loro consola zio-ne, il loro rifugio, il loro asilo, il loro focolare, la loro casa paterna. Sa­remo così i padri, i fratelli, i figli di Gesù; la sua consolazione, il suo rifugio, il suo aiuto, il suo focolare, la sua casa. Non inquie­tiamoci per coloro ai quali non manca nulla, ai quali pensano tutti. Occupiamoci di coloro ai quali manca tutto, ai quali non pensa nessuno. Siamo gli amici di quelli che non hanno amici. Meditiamo le piaghe di Lazzaro piuttosto che far doni al ricco, per quanto ciò sia buono. Siamo i padri, i fratelli, i figli degli ab­bandonati, dei diseredati, dei miseri; saremo i padri, i fratelli, i fi­gli di Gesù [...].
Quanto dobbiamo stimare ogni essere umano, quanto dob­biamo amare ogni essere umano! È il figlio di Dio. Dio vuole che i suoi figli si amino tra loro come un tenero padre vuole che i suoi bambini si amino tra loro. Amiamo ogni uomo perché è no­stro fratello e perché Dio vuole che lo consideriamo e l'amiamo tenerissimamente come tale, perché egli è figlio di Dio beneamato e adorato! Perché è costato il sangue di nostro Signore, coperto dal suo sangue come da un mantello, amato da Dio e da Gesù fino a consumare per lui il sacrificio del Calvario, ama­to da Dio fino a dare per lui suo Figlio, amato da Gesù in asso­ciazione, in imitazione, in unione, in conformità perfetta con Dio, e perciò fino ad immolare se stesso per lui. Amiamo quest'uomo che Dio ama in tutti gli istanti della sua vita, al quale egli dà con una pazienza e una bontà infinite, sino all'ultimo minuto della sua esistenza, i mezzi per vivere eternamente in cielo prenden­do parte in modo meraviglioso all'eredità divina. Stimiamo, amiamo dal profondo del cuore ogni uomo in vista di Dio, nostro Padre comune.

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