9 AGOSTO
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
EDITH STEIN, VERGINE E MARTIRE (f)
Compatrona d'Europa
S. TERESA BENEDETTA DELLA CROCE
EDITH STEIN, VERGINE E MARTIRE (f)
Compatrona d'Europa
Prima Lettura
Dalla seconda lettera ai Corinzi di san Paolo, apostolo 4, 7- 5, 8
Nei martiri si manifesta la potenza di Dio
Fratelli, noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi. Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita. Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: Ho creduto, perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo, convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio. Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne. Sappiamo infatti che quando verrà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna, non costruita da mani di uomo, nei cieli. Perciò sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo celeste: a condizione però di esser trovati gia vestiti, non nudi. In realtà quanti siamo in questo corpo, sospiriamo come sotto un peso, non volendo venire spogliati ma sopravvestiti, perché ciò che è mortale venga assorbito dalla vita. E' Dio che ci ha fatti per questo e ci ha dato la caparra dello Spirito. Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore, camminiamo nella fede e non ancora in visione. Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.
Responsorio Mt 5, 11. 12a. 10
Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno per causa mia.
* Rallegratevi ed esultate: grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Rallegratevi ed esultate: grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Seconda Lettura
Da «Scientia Crucis» di s. Teresa Benedetta della Croce, vergine e martire (Edizioni OCD, Roma 1998, pp. 38-39)
La porta della vita si apre ai credenti in Cristo Cristo s'era addossato lui stesso il giogo della legge, osservandola e adempiendola perfetta-mente, tanto da morire per la Legge e vittima della Legge. Nello stesso tempo, tuttavia, Egli ha esonerati dalla Legge tutti quelli che avrebbero accettata la vita da Lui. I quali però avrebbero potuto riceverla solo disfacendosi della propria. Infatti «quanti sono stati battezzati in Cristo sono stati battezzati nella morte di Lui». Essi si immergono nella sua vita per divenire membri del suo corpo, e sotto questa qualifica soffrire e morire con Lui; ma anche per risuscitare con Lui alla eterna vita divina. Questa vita sorgerà per noi nella sua pienezza soltanto nel giorno della glorificazione. Tuttavia, sin da adesso «nella carne noi vi partecipiamo, in quanto crediamo»: crediamo che Cristo è morto per noi, per dare la vita a noi. Ed è proprio questa fede che ci fa diventare un tutto unico con Lui, membra collegate al capo, rendendoci permeabili alle effusioni della sua vita. Così la fede nel Crocifisso — la fede viva, accompagnata dalla dedizione amorosa — è per noi la porta di accesso alla vita e l'inizio della futura gloria. Per di più, la croce è il nostro unico vanto: «Quanto a me sia lungi il gloriarmi d'altro che della croce del Signore nostro Gesù Cristo, per la quale il mondo è stato per me crocifisso, ed io per il mondo». Chi si è messo dalla parte del Cristo risulta morto per il mondo, come il mondo risulta morto per lui. Egli porta nel suo corpo le stimmate del Signore; è debole e disprezzato nell'ambiente degli uomini, ma appunto per questo è forte in realtà, perché nelle debolezze risalta potentemente la forza di Dio. Profondamente convinto di questa verità il discepolo di Gesù non solo abbraccia la croce che gli viene offerta, ma si crocifigge da sé: «I seguaci di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze». Essi hanno ingaggiato una lotta spietata contro la loro natura, per liquidare in se stessi la vita del peccato e far posto alla vita dello spirito. È quest'ultima sola quella che importa. La croce non è fine a se stessa. Essa si staglia in alto e fa richiamo verso l'alto. Quindi non è soltanto un'insegna, è anche l'arma potente di Cristo, la verga da pastore con cui il divino Davide esce incontro all'infernale Golia, il simbolo trionfale con cui Egli batte alla porta del cielo e la spalanca. Allora ne erompono i fiotti della luce divina, sommergendo tutti quelli che marciano al seguito del Crocifisso.
Responsorio Gal 2,19-20
Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.
* Mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Quello che io vivo nella carne io lo vivo nella fede del Figlio di Dio.
Mi ha amato e ha dato se stesso per me.
Inno TE DEUM
Orazione
Dio dei nostri padri, riempici della scienza della Croce, di cui hai mirabilmente arricchito santa Teresa Benedetta Edith Stein nell'ora del martirio e, per sua intercessione, concedi a noi di cercare sempre te, somma Verità, e di rimanere fedeli fino alla morte all'alleanza eterna di amore, sigillata dal tuo Figlio con il suo sangue per la salvezza di tutti gli uomini. Per il nostro Signore.
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La preghiera autentica è preghiera della chiesa: una preghiera sincera opera nella chiesa qualcosa ed è la chiesa stessa che prega, perché lo Spirito Santo che la anima è anche colui che in ogni anima «intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26). Questa è la vera preghiera perché «nessuno può dire: "Gesù Signore" se non in virtù dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3). Cosa sarebbe la preghiera della chiesa se non fosse dono di coloro che amano d'un grande amore, al Dio che è amore? Il dono totale del nostro cuore a Dio è lo stato più elevato a noi accessibile, il grado più alto della preghiera. Le anime che l'hanno raggiunto sono veramente il cuore della chiesa: in esse vive l'amore sacerdotale di Gesù. Diffondono in altri cuori l'amore divino che le possiede e collaborano così alla perfezione di tutti. Per le anime beate che sono giunte all'unità profonda della vita divina, tutto è unitario: riposo e azione, contemplare e agire, tacere e parlare. Finché siamo in cammino e ancor più finché la meta è lontana, restiamo sotto la legge della vita temporale e tuttavia siamo certi che, nel Corpo mistico, in forza del mutuo e reciproco progredire dei membri, la vita divina in pienezza diverrà realtà per noi. Anche le forme tradizionali di preghiera ci sono necessarie e dobbiamo partecipare al culto pubblico, come lo stabilisce la chiesa, perché la nostra vita interiore sia stimolata, rimanga nel giusto equilibrio e si esprima nel modo adatto. La lode solenne di Dio deve avere i suoi santuari sulla terra per essere celebrata con tutta la perfezione di cui gli uomini sono capaci. Ivi, a nome di tutta la chiesa, può salire al cielo, agire su tutte le membra, tener desta la loro vita interiore e stimolare il loro sforzo fraterno (E. STEIN, La prière de l'Église, Paris 1965,51-55).
'Convertirsi' vuol dire: seguire Gesù, andare con lui, sul suo cammino. Consiste essenzialmente in questa decisione, che l'uomo cessa di essere il suo proprio creatore, cessa di cercare soltanto se stesso e la sua autorealizzazione, ma accetta la sua dipendenza dal vero Creatore. Fondamentalmente esistono soltanto queste due possibilità: l'autorealizzazione, nella quale l'uomo cerca di creare se stesso per possedere il suo essere completamente per sé; dall'altra parte l'opzione della fede e dell'amore. Questa opzione è nello stesso tempo la decisione per la verità. Essendo creature, non lo siamo da noi stessi; soltanto se 'perdiamo' la vita, possiamo guadagnarla. Questa alternativa corrisponde alla scelta fondamentale tra morte e vita: una civiltà dell'avere è una civiltà della morte; solo una cultura dell'amore è anche una cultura della vita: «Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita... la salverà» (Mc 8,35). Possiamo anche dire che l'alternativa tra autorealizzazione e amore corrisponde all'alternativa tra il potere terreno e la croce, tra una redenzione consistente solo nel benessere e una redenzione che si apre e si affida all'infinità dell'amore divino. La conversione esige che non solo generalmente, ma giorno per giorno, nelle piccole cose, la verità, la fede, l'amore diventino più importanti della nostra vita biologica, del benessere, del successo, del prestigio e della tranquillità della nostra vita. Difatti successo, prestigio, tranquillità e comodità sono quei falsi dèi che maggiormente impediscono la verità e il vero progresso nella vita personale e nella vita sociale. (J. RATZINGER, Il cammino pasquale, Milano 1985, 19s., passim).
L'uomo era stato creato per servire il suo Creatore. Che cosa vi è di più giusto per te che servire colui dal quale tu sei stato creato e senza di cui tu non puoi esistere? E che cosa di più bello e sublime, dal momento che servire è regnare? «Io non servirò», ha detto l'uomo al suo Creatore. «Ebbene, ti servirò io», ha detto il Creatore all'uomo. «Riposati, prenderò su di me i tuoi mali, mi caricherò delle tue debolezze. Usa di me a tuo piacimento, secondo le tue necessità, non solo come del tuo schiavo, ma ancora come di un asino... Se tu sei stanco, io ti porterò per essere il primo a compiere la mia legge, che dice: ''Portate i pesi gli uni degli altri". Se ti si condurrà in schiavitù o ti si vorrà vendere, eccomi, vendi me... Se sei malato e temi la morte, io morirò al tuo posto e con il mio sangue tu avrai un rimedio che da vita». Oh, servo buono e fedele! Tu hai realmente servito; tu hai servito con fedeltà e realtà; tu hai servito con pazienza e longanimità; senza tiepidezza, poiché ti sei lanciato come un gigante per correre sulla via dell'obbedienza; senza mormorazione, poiché, flagellato, non hai aperto bocca. Quanto è detestabile l'orgoglio umano sdegnoso di servire! Non poteva essere abbassato in nessun altro modo se non con l'esempio del servizio - e quale servizio! - reso da nostro Signore! Oh, se almeno fosse valso tale esempio! Se si rendesse grazie per tanta umiltà e bontà! Ma ancora mi sembra di sentire il lamento del Signore che piange per l'ingratitudine ... Certo, mio Signore, tu hai molto sofferto per servirmi! Sarebbe cosa veramente giusta e doverosa, se almeno d'ora in avanti tu riposassi e il tuo servo ti servisse: è giunto il tuo turno. Tu hai trionfato, Signore: tu hai trionfato sul ribelle! Tendo le mie mani alle tue e pongo il mio collo sotto il tuo giogo. Permettimi di servirti e di poter soffrire qualche pena per te (GUERRICO D'IGNY, I discorso per le Palme)
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