di Cristiano Lugli
Nel bel mezzo di un’epoca sconcertante come l’attuale, dove al
posto di una vera e propria Società fondata su valori rifacentesi al
soprannaturale si è instaurata una dis-società – per dirla con il De
Corte – , è quanto mai opportuno porsi delle domande circa il ruolo del
cristiano all’interno della Chiesa Cattolica.
Se i peccati contro Dio sono sempre e comunque stati commessi dagli
uomini, è vero che essi si relegavano, tuttalpiù, alla miseria del
singolo uomo – egli essendo scalfito dal Peccato originale – e non
esaltati pubblicamente dall’intera società; difficilmente guardando
addietro la storia potremo trovare una civiltà tanto perversa e immonda
come l’attuale. Prima della venuta di Nostro Signore Gesù Cristo
l’umanità non era stata ancora redenta dal Sangue dell’Agnello, e quindi
non aveva ancora conosciuto la Salvezza, la Morte del Figlio dell’Uomo
che riscatta il peccato del mondo, questo in qualche modo “scusando” il
popolo di Dio che ancora non aveva conosciuto Cristo.
Sarebbe cosa troppo grande tracciare una linea storica rispetto ai
comportamenti pubblici delle diverse epoche e delle diverse civiltà; per
questo si può applicare un metodo molto più semplice, ovvero paragonare
la nostra a quella passata. Per nostra, si intende quella che dal ‘700
fino ad oggi ha devastato tutte le più elementari verità, anche di Fede, rinnegando Dio ed elevando l’uomo ad essere ciò che mai potrà essere:
Onnipotente.
I prodromi di questa disfatta sappiamo essere molto lontani ( si
pensi all’eresia luterana ), epperò per ragioni di spazio ci
soffermeremo su quanto successo dall’inizio del XX secolo fino ad oggi.
A questo proposito si pensi al comunismo ateo – dal quale la Santa
Vergine di Fatima ci mise prontamente in guardia -, alla rivoluzione
industriale che ha rapito l’uomo dalla campagna di Dio per renderlo
uomo-macchina; e ancora il divorzio, l’aborto, la rivoluzione sessuale,
il 1968 e infine la più grande catastrofe geopolitica e spirituale della
storia: il vento del post-Concilio.
Quante altre cose si potrebbero ancora citare fino ad arrivare ai
giorni nostri, con il gender e la sodomia resa assioma della “civiltà”,
con tanto di parodia del matrimonio.
Tutto questo ha creato un problema via via sempre maggiore, poiché
il peccato e lo scandalo che prima poteva venir dato dai singoli, oggi
viene reso pubblico dalle nazioni che permettono le cose sopraindicate,
offendendo Dio nel modo più prorompente e cinico. Da qui si innesta la
necessità della Riparazione.
La Riparazione è da sempre conosciuta sia nella teologia cristiana
che nel Magistero della Chiesa, esternata e ben visibile nella Sacra
Liturgia. Ciò è reso possibile già dall’Essenza del Cristianesimo, ove
Cristo, con il Sacrificio della Croce, diviene vero elemento espiatorio.
Il Sacerdote Sommo, che conferisce la facoltà di ripetere
infinitamente il medesimo suo Sacrificio ai sacerdoti sull’Altare, rende
anche il resto del popolo cristiano battezzato partecipe dello stesso
sacerdozio. Non a caso nell’Offertorio della Santa Messa l’acqua viene
unita al vino, e cioè avviene l’unione del popolo di Dio nel Sangue
dell’Unigenito Figlio, nel suo eterno Sacerdozio.
Ogni battezzato ha per contro non solo la possibilità, ma anche il
dovere di unirsi al Sacerdozio di Cristo. In questo specifico senso
diventa comprensibile l’importanza e la necessità assoluta della
riparazione, e per i peccati personali, e per i peccati degli uomini
compiuti contro Dio, essa essendo un principio meritorio che, associando
gli uomini all’espiazione infinita offerta dal Signore sulla Croce,
tende a colmare gli oltraggi resi alla Gloria di Dio a causa delle
offese esecrande al Sacro Cuore del Figlio. Alla base della riparazione
vi sta perciò la compensazione del peccato dell’uomo attraverso doni e
sacrifici, agendo secondo una necessità di giustizia a Dio gradita. Ogni
uomo può dunque divenire un Altare espiatorio per il gran mezzo della
preghiera e del sacrificio.
Pensando alla vita e agli scritti di uno dei massimi ed
instancabili Santi dell’ “espiazione”, San Paolo, sarà illuminato il
profondo significato degli atti di riparazione tanto esplicitati dalla
teologia cattolica. Egli ricorda infatti, nella Lettera agli Ebrei, il
passaggio dal sacerdozio levitico a quello di Cristo, in cui
l’espiazione dei peccati viene sancita una volta per tutte sulla Croce,
superando di gran lunga l’offerta di tutti gli altri doni esistenti
nell’Alleanza precedente. Di lì la grandezza dell’Atto riparatorio
sommo, ossia la Santa Messa a cui assistono e beneficiano anche i fedeli
in virtù del Sacrificio di Cristo riprodotto in modo incruento dal
sacerdote sull’Altare, in persona Christi.
Preghiera e penitenza sono la principale corazza e il principale
mezzo indicato alla riparazione nel senso più ampio. Pio XI, nella
Lettera Enciclica Caritate Christi Compulsi, spiega magistralmente ciò a cui si è appena fatto riferimento:
“La penitenza dunque è come un’arma salutare posta in mano dei prodi soldati di Cristo, che vogliono combattere per la difesa e il ristabilimento dell’ordine morale dell’universo. È un’arma che giunge proprio alla radice di tutti i mali: alla concupiscenza, cioè, delle materiali ricchezze e dei dissoluti piaceri della vita. Per mezzo di volontari sacrifìci, per mezzo di rinunce pratiche, anche dolorose, per mezzo delle varie opere di penitenza, il cristiano generoso reprime le basse passioni che tendono a trascinarlo alla violazione dell’ordine morale. Ma se lo zelo della divina legge e la carità fraterna sono in lui tanto grandi quanto devono esserlo, allora non solo si dà all’esercizio della penitenza per sé e per i suoi peccati, ma si addossa anche l’espiazione dei peccati altrui, ad imitazione dei Santi che spesso eroicamente si facevano vittime di riparazione per i peccati di intere generazioni; anzi ad imitazione del Redentore divino, che si è fatto « Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo » “
Leggendo queste edificanti parole non può far meno di balzare alla
mente, però, una recente intervista rilasciata da un parroco di Reggio
Emilia nel merito della Processione di riparazione ormai nota ai più,
organizzata dagli amici del Comitato “Beata Giovanna Scopelli”.
Tale don Giordano Goccini, imputerebbe a questi cattolici ( che non
definisce tali ma su cui già è stata data una risposta in altra sede [1]
) di essere presuntuosi. E spiega: “pregare in riparazione dei peccati altrui è un atto di presunzione“.
Ora, a tale sciocchezza ha risposto già Pio XI sopra, ma non senza continuare nell’Enciclica Miserentissimus Redemptor:
“Questo dovere di espiazione incombe a tutto il genere umano poiché, secondo gli insegnamenti della fede cristiana, dopo la miseranda caduta di Adamo, esso, macchiato di colpa ereditaria, soggetto alle passioni e degradato nel modo più compassionevole, avrebbe meritato d’essere condannato alla eterna perdizione. Negano, sì, questa verità, i superbi sapienti del nostro secolo i quali, rinnovando la vecchia eresia di Pelagio, vantano una bontà congenita della umana natura, che per virtù sua si spinge a sempre maggiore perfezione. Ma queste false invenzioni della superbia umana sono condannate dall’Apostolo, il quale ci ammonisce che « eravamo per natura meritevoli d’ira ». E in verità, già fin dal principio del mondo gli uomini riconobbero in qualche modo il debito di tale comune espiazione, mentre per un certo istinto naturale si diedero, anche con pubblici sacrifici, a placare la divinità”.
Ogni uomo deve fare penitenza per i propri peccati, che a causa
delle debolezze dei sensi e della stessa natura umana è portato a
commettere. Tuttavia egli non può fare a meno di pensare, quantomai in
tempi come questi, alle innumerevoli nefandezze compiute a danno del
Sacratissimo Cuore di Gesù, come ancora mirabilmente fa dire il Sommo
Pontefice Pio XI nell’Atto di riparazione:
” (…) l’immodestia e le brutture della vita e dell’abbigliamento, le tante insidie tese dalla corruttela alle anime innocenti, la profanazione dei giorni festivi, le ingiurie esecrande scagliate contro Te e i tuoi Santi, gli insulti lanciati contro il tuo Vicario e l’ordine sacerdotale, le negligenze e gli orribili sacrilegi ond’è profanato lo stesso Sacramento dell’amore divino, e infine le colpe pubbliche delle nazioni che osteggiano i diritti e il magistero della Chiesa da Te fondata.”
Il vizio e la virtù vogliono esser fatti passare oggi come frutto
di un medesimo albero anche dalla stessa Chiesa “ufficiale”, la quale
non solo permette si compiano atti nefandi senza esprimere alcun
dissenso, ma anzi molto spesso coloro che dovrebbero essere i pastori si
rendono promotori delle gravi offese riversate contro Dio, attraverso
la vicinanza e la promozione dell’eresia conclamata.
Il significato della riparazione non esiste più, e il motivo è
semplice: eliminato il peccato non vi è motivo di dover riparare a
qualcosa che – sempre secondo i don Goccini di turno – ha cessato di
esistere. E non è tutto: se si elimina il peccato è perché si è
eliminata la missione redentrice di Cristo, oscurando il Sacrificio
della Croce. Forse che per la maggior parte di questo clero “svestito”
non è così? Chi parla di presunzione nel pregare a riparazione dei
peccati altrui è uno sciocco e uno stolto.
A smentire questa tesi modernista, vieppiù diffusa negli ultimi
anni, esiste un fatto molto importante risalente all’anno 1925,
precisamente nel giorno 10 del mese di settembre. In tale data la
Vergine Santissima apparve con il Bambin Gesù alla veggente suor Lucia.
La Madonna portava sulla mano un Cuore circondato di spine e,
mostratolo, il Bambinello disse all’ancor giovanissima Lucia: “Abbi
compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che
gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi
faccia atti di riparazione per strapparglieLe”.
A queste già fortissime parole seguirono quelle della Santa Vergine, Ella rivolgendosi a suor Lucia dicendo:
“Guarda, figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati infliggono continuamente con bestemmie e ingratitudini. Consolami almeno tu e fa’ sapere questo: a tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza”.
Nei contenuti escatologi di Fatima è perciò inserito un forte e
chiaro appello alla riparazione. Si potrebbe altresì supporre che in
questi messaggi si prosegua ciò che fu iniziato più di due secoli prima a
Paray-le-Monial, con le apparizioni del Sacro Cuore di Gesù a Santa
Maria Margherita Alacoque. Nel caso di Fatima la riparazione viene
richiesta anche per il Cuore Immacolato della Madre, unita alla Passione
e allo strazio del Cuore del Figlio.
Se volessimo parlare di scandali pubblici poi, ci sarebbe da
estendere una lista infinita sol pensando alle cosiddette
“unioni’civili”, a cui già si accennava sopra, fatte passare da uno
Stato al quale non è dovuta in alcun modo obbedienza. Peggio ancora
quando questo stato – la minuscola è in effetti doverosa – permette di
far sfilare nelle proprie piazze l’esasperazione del peccato impuro
contro natura, il quale grida vendetta al cospetto di Dio ed attira la
sua collera sull’intera città che approva un simile scandaloso evento.
Gli strazi del Sacro Cuore si odono forti, eppure vengono
sopraffatti dalle malevoli grida del peccato pubblico voluto da Satana
per offendere, ancor più gravemente, l’Unico e Vero Dio.
Ecco perché al popolo di Dio è assolutamente richiesto un impegno
di Fede forte, che sia manifestata pubblicamente e che abbia, come
principale punto di riferimento, la preghiera rivolta verso Dio a
modello di riparazione.
Sbaglierebbe infatti chi pensasse che un atto privato equivalga ad
un atto pubblico, o che “basta pregare in chiesa” per riparare qualcosa
di gravemente vissuto in foro esterno. Se è vero che la riparazione non
sarà mai eguale al grave peccato commesso, è altrettanto vero che una
preghiera privata non avrà lo stesso effetto, anche secondo il modello
cristiano di carità e correzione, di una preghiera manifestata
pubblicamente con perseveranza e coraggio.
La forza dell’orazione ricalca poi quattro punti cardine
fondamentali: essa possiede valore satisfattorio, valore meritorio,
nutrimento spirituale e ha, nella chiave di volta che collega la terra
con il Cielo, la facoltà di ottenere ciò che si chiede. Quale arma
migliore può essere adoperata a compensare i gravi crimini commessi
contro Gesù se non la preghiera connessa al sacrificio? Lo stesso Nostro
Signore ci spiega lo spessore di questo duplice mezzo: “Certa specie di
demoni si scaccia solo con la preghiera e col digiuno” (Mt. 17,21).
Aldilà di quello che vogliono dire i moderni sofisti del nulla più
assoluto, la vita riparatrice è, come diceva il grande teologo
domenicano Garrigou-Lagrange, “la partecipazione allo stato di vittima
di Gesù, un’unione strettissima al Sacerdote Eterno”.
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