Gay-pride di Reggio Emilia. Lettera di un parroco modenese, in risposta ad un suo confratello
A Reggio Emilia succede di tutto: una processione di riparazione contro il Gay Pride del 3 giugno dai toni discutibili, ma necessaria; il vescovo che prende le distanze; la diocesi che chiude gli occhi su una veglia anti omofobia in contrasto con la Dottrina. E l'Arcigay che gongola e punzecchia il vescovo. Ma è la stessa Chiesa che cinque giorni fa Camisasca ha consacrato - tra le pochissime diocesi in Italia - al Cuore Immacolato di Maria con una partecipazione di popolo enorme. E il diavolo certe cose non le dimentica ...
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Stamattina, sulla Gazzetta di Reggio, si è pronunciato attraverso
un'intervista tale don Giordano Goccini a riguardo dell'ormai nota Processione di riparazione indetta dal "Comitato B. Giovanna Scopelli" per il 3 Giugno.
Don Goccini non è una voce qualunque nella Curia di Reggio Emilia, ma è il Responsabile della Pastorale Giovanile.
Don Goccini non è una voce qualunque nella Curia di Reggio Emilia, ma è il Responsabile della Pastorale Giovanile.
Egli ha definito "presuntuosi e non cattolici" i promotori di questa Processione di preghiera. Oltre a questo tante altre cose agghiaccianti sono state dette nell'intervista che riproponiamo di seguito ai lettori.
All'intervista ha fatto seguito una lettera del Reverendo Parroco don Giorgio Bellei, indirizzata proprio a don Goccini.
In esclusiva la riproponiamo, nonostante essa sia stata indirizzata alla Gazzetta di Reggio che nei prossimi giorni, con tutta probabilità, la pubblicherà in edizione cartacea.
In esclusiva la riproponiamo, nonostante essa sia stata indirizzata alla Gazzetta di Reggio che nei prossimi giorni, con tutta probabilità, la pubblicherà in edizione cartacea.
Caro Don Giordano,
Lei dice che Il gay pride ha intento provocatorio ma poi se la prende solo con la contro provocazione (1) della
processione. Dimentica di dire che i cortei arcobaleno non manifestano
solo idee ma con i carri e gli atteggiamenti, mettono in mostra una
sessualità oscena e disgustosa il cui unico fine è l’erotismo. Questo
fa la differenza tra le due provocazioni ma lei sbaglia di grosso quando
afferma che il pregare in riparazione dei peccati altrui è un atto di
presunzione. Non le citerò il messaggio di Fatima benché approvato dalla
Chiesa, ma la seconda orazione della messa del Sacro Cuore che recita: “fa che adempiamo anche al dovere di una giusta riparazione”. Sto parlando del Novus Ordo
e non del messale tridentino, il quale tuttavia non essendo mai stato
abrogato, conserva tutto il suo valore normativo in fatto di preghiera.
Continua affermando che la Chiesa ha trovato la sua posizione di madre e padre che non giudica, ma accoglie e accompagna (e allora perché dobbiamo giudicare i mafiosi?) Non dimentichi di dire però che accompagna alla conversione che consiste nel ripudiare il peccato e fare di tutto per emendarsi. Altrimenti le bella parola “accompagnare” risulta vuota. Uno slogan, pontificio fin che vuole, ma che senza conversione lascia nel peccato e nell’inferno. Non citerò nemmeno qui il messaggio di Fatima ma il CCC. N.1033.
Sentenzia poi che quelli del comitato beata Giovanna Scopelli non
si devono definire cattolici perché non in comunione con la Chiesa. Da
essa ci distacca però solo la volontà esplicita di uscirne, vedi
“sbattezzo” o la scomunica legittimamente inflitta ( ferendae sententiae ). Nemmeno il peccato mortale ci distacca dalla Chiesa. Non le pare di aver giudicato duramente?
Ma raggiunge l’apice quando dice che dal punto di vista dottrinale il Catechismo non ha cambiato nulla a proposito degli atti omosessuali e, aggiungo io, continua a definirli intrinsecamente disordinati. Ma lei, affermando che il patrimonio della fede non è qualcosa di statico e immutabile e che anzi è in mano al popolo di Dio, distrugge il valore normativo del magistero e lascia intendere che tutto sia cambiato. E se io le dicessi che allora anche l’obbedienza al pontefice romano è soggetta alla percezione della fede che i fedeli ne hanno, non potrebbe risultare che gli organizzatori della processione hanno ragione, perché loro la Chiesa la intendono a loro modo?
Ma raggiunge l’apice quando dice che dal punto di vista dottrinale il Catechismo non ha cambiato nulla a proposito degli atti omosessuali e, aggiungo io, continua a definirli intrinsecamente disordinati. Ma lei, affermando che il patrimonio della fede non è qualcosa di statico e immutabile e che anzi è in mano al popolo di Dio, distrugge il valore normativo del magistero e lascia intendere che tutto sia cambiato. E se io le dicessi che allora anche l’obbedienza al pontefice romano è soggetta alla percezione della fede che i fedeli ne hanno, non potrebbe risultare che gli organizzatori della processione hanno ragione, perché loro la Chiesa la intendono a loro modo?
Capisco che in una intervista forse a bruciapelo si deve essere concisi e ci si può trovare impreparati, ma dato che lei era a terra e non su un aereo non pronunci parole in eccessiva libertà.
Il suo titolo di responsabile della Pastorale Giovanile le conferisce
agli occhi del lettore una autorità. Proprio per questo è bene che curi
la precisione.
Don Giorgio Bellei. Modena
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1. C'è da chiedersi in base a quale logica distorta preghiere di riparazione di tradizione secolare possano essere definite provocazioni...
E Roma chiude le chiese alle veglie anti-omofobia
«Non amo la parola omofobia perché è ideologicamente strumentalizzata per chiudere la bocca a chi si oppone alla propaganda che propone un unico modo di vivere le tendenze omosessuali». È quanto afferma monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma, in una intervista che comparirà sul numero di giugno del mensile Il Timone. Come incaricato della pastorale per le persone con attrazione per le persone dello stesso sesso, nella diocesi del Papa, le sue parole assumono un significato particolare nei giorni in cui in diverse chiese italiane si svolgono veglie per le vittime dell’omofobia organizzate da gruppi Lgbt cristiani.
Al proposito è importante notare che contrariamente a quanto era accaduto l’anno passato (nella parrocchia di san Fulgenzio), quest’anno nella diocesi di Roma tale veglia è stata vietata dal Vicariato. Al contrario, la diocesi di Roma per l’accompagnamento spirituale delle persone che hanno attrazione per persone dello stesso sesso si è affidata anche all’Apostolato Courage, che educa alla virtù della castità, in questo traducendo «in maniera coerente ed efficace l’insegnamento della Chiesa in un’azione pastorale ampiamente sperimentata ed approvata», come spiega ancora monsignor Marciante. È un segnale importante perché è evidente che una posizione di tal genere su un tema così delicato, non può non essere condivisa da papa Francesco.
Nella stessa intervista il vescovo ausiliare di Roma afferma anche quanto sia «deludente constatare come l’ideologia gay sia penetrata dentro la Chiesa attraverso gruppi di pressione al fine di mutare la sua posizione nei confronti di disegni legislativi e di costumi, conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, di alcuni pastori». È quanto anche denunciava già nel 1986 l’allora cardinale Joseph Ratzinger nella “Lettera ai vescovi cattolici sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, che firmò in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Già in questo documento peraltro ci sono chiare disposizioni che impediscono l'uso di chiese per veglie organizzate da gruppi che hanno posizione diversa dall’insegnamento della Chiesa o, peggio, si propongono di cambiare il magistero in tema di omosessualità, seppure per via pastorale. Ecco il passaggio:
«Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo».
«Non amo la parola omofobia perché è ideologicamente strumentalizzata per chiudere la bocca a chi si oppone alla propaganda che propone un unico modo di vivere le tendenze omosessuali». È quanto afferma monsignor Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare di Roma, in una intervista che comparirà sul numero di giugno del mensile Il Timone. Come incaricato della pastorale per le persone con attrazione per le persone dello stesso sesso, nella diocesi del Papa, le sue parole assumono un significato particolare nei giorni in cui in diverse chiese italiane si svolgono veglie per le vittime dell’omofobia organizzate da gruppi Lgbt cristiani.
Al proposito è importante notare che contrariamente a quanto era accaduto l’anno passato (nella parrocchia di san Fulgenzio), quest’anno nella diocesi di Roma tale veglia è stata vietata dal Vicariato. Al contrario, la diocesi di Roma per l’accompagnamento spirituale delle persone che hanno attrazione per persone dello stesso sesso si è affidata anche all’Apostolato Courage, che educa alla virtù della castità, in questo traducendo «in maniera coerente ed efficace l’insegnamento della Chiesa in un’azione pastorale ampiamente sperimentata ed approvata», come spiega ancora monsignor Marciante. È un segnale importante perché è evidente che una posizione di tal genere su un tema così delicato, non può non essere condivisa da papa Francesco.
Nella stessa intervista il vescovo ausiliare di Roma afferma anche quanto sia «deludente constatare come l’ideologia gay sia penetrata dentro la Chiesa attraverso gruppi di pressione al fine di mutare la sua posizione nei confronti di disegni legislativi e di costumi, conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, di alcuni pastori». È quanto anche denunciava già nel 1986 l’allora cardinale Joseph Ratzinger nella “Lettera ai vescovi cattolici sulla cura pastorale delle persone omosessuali”, che firmò in qualità di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Già in questo documento peraltro ci sono chiare disposizioni che impediscono l'uso di chiese per veglie organizzate da gruppi che hanno posizione diversa dall’insegnamento della Chiesa o, peggio, si propongono di cambiare il magistero in tema di omosessualità, seppure per via pastorale. Ecco il passaggio:
«Dovrà essere ritirato ogni appoggio a qualunque organizzazione che cerchi di sovvertire l'insegnamento della Chiesa, che sia ambigua nei suoi confronti, o che lo trascuri completamente. Un tale appoggio, o anche l'apparenza di esso, può dare origine a gravi fraintendimenti. Speciale attenzione dovrebbe essere rivolta alla pratica della programmazione di celebrazioni religiose e all'uso di edifici appartenenti alla Chiesa da parte di questi gruppi, compresa la possibilità di disporre delle scuole e degli istituti cattolici di studi superiori. A qualcuno tale permesso di far uso di una proprietà della Chiesa può sembrare solo un gesto di giustizia e di carità, ma in realtà esso è in contraddizione con gli scopi stessi per i quali queste istituzioni sono state fondate, e può essere fonte di malintesi e di scandalo».
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