Le Quattro Tempora di settembre
La santificazione delle Stagioni.
La santa Chiesa
chiede, per la quarta volta nell’anno, un tributo di penitenza per
consacrare le stagioni. si possono vedere al mercoledì della terza
settimana di Avvento e alla prima di Quaresima i dati storici relativi
alla istituzione delle Quattro Tempora. Qui richiamiamo soltanto le
intenzioni che nel cristiano devono guidare questa parte del suo
servizio annuale.
Inverno, primavera,
ed estate, iniziati con il digiuno e con l’astinenza, hanno veduto
scendere la benedizione di Dio sui mesi dei quali si compongono e
l’autunno raccoglie i frutti che la misericordia divina ha fatto gemere
dal seno della terra maledetta, perché pacificata dalle riparazioni
degli uomini peccatori (Gen 3,17).
Il seme prezioso
affidato al terreno nei giorni di freddo ha rotto la zolla appena sono
venuti i giorni belli e la Pasqua si è annunciata dando ai campi il
grazioso ornamento che loro occorreva, per unirsi al trionfo del
Signore. Poi subito, come dovette avvenire nelle nostre anime sotto il
fuoco dello Spirito Santo, lo stelo crebbe sotto l’azione del sole
caldissimo, la spiga, ingiallendo, promise il cento per uno al
seminatore e la messe si è raccolta nella gioia, e i covoni accumulati
nel granaio del padrone invitano l’uomo a levare il pensiero a Dio dal
quale questo dono è venuto.
Non si dica, come il
ricco del Vangelo, dopo un raccolto abbondante: Anima mia, hai
a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e
datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte
stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi
sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non
arricchisce davanti a Dio». (Lc 12,16-21).
Se vogliamo essere
ricchi, ma ricchi veramente secondo Dio, meritando il suo aiuto nella
nostra conservazione, come nella produzione dei frutti della terra,
all’inizio di una nuova stagione usiamo gli stessi mezzi di penitenza
già tre volte trovati così utili. Questo è d’altra parte un comando
della Chiesa, che obbliga, sotto pena di peccato grave, chi non è
dispensato legittimamente in questi tre giorni dall’astinenza e dal
digiuno.
Valore della penitenza della Chiesa.
Abbiamo già detto
della necessità che il cristiano, desideroso di progredire nella via
della salvezza, ha di una iniziativa privata sul terreno della
penitenza. Tuttavia anche in questo campo come in tutti gli altri
l’attività privata non raggiunge mai il merito e l’efficacia
dell’attività pubblica, perché la Chiesa veste della sua stessa dignità e
della potenza di propiziazione annessa alla sua qualità di sposa gli
atti di penitenza compiuti in suo nome nell’unità del corpo sociale. San
Leone nei suoi discorsi al popolo di Roma, in occasione di questo
digiuno del settimo mese, torna volentieri su questa caratteristica
dell’ascetismo cristiano. Se è lecito, egli dice, a ciascuno di noi
affliggere il corpo con penitenze volontarie e frenare, ora più
dolcemente e ora più energicamente, le esigenze della carne che lotta
contro lo spirito, è necessario tuttavia in giorni stabiliti un digiuno
generale. Quando la Chiesa si unisce in un solo spirito, in una sola
anima, per le opere di pietà, la devozione è più efficace e più santa.
Tutto ciò che riveste carattere pubblico è preferibile a ciò che è
privato e si deve comprendere che quando si impegna lo zelo di tutti è
in gioco un interesse più grave. Il costume del cristiano non diminuisce
dunque il suo impegno e, implorando il soccorso della protezione
divina, sia assicuri ciascuno l’armatura celeste contro le insidie dello
spirito del male. Ma il soldato della Chiesa, pur sapendo comportarsi
valorosamente nella lotta da solo, lotterà tuttavia più sicuramente e
con esito più felice al posto assegnato nella milizia della salute.
Affronti dunque e sostenga la lotta di tutti, a fianco dei suoi fratelli
e sotto il comando del re invincibile (s, Leone, Discorso iv, sul digiuno del VII mese).
Un altro anno e negli
stessi giorni, il santo Papa e Dottore insisteva più energicamente
ancora e più a lungo su queste considerazioni, che non si potrebbero
richiamare abbastanza, di fronte alle tendenze individualiste della
pietà moderna. Non non possiamo raccogliere che qualcuno dei suoi
pensieri, rinviando il lettore alla raccolta dei suoi discorsi.
“L’osservanza regolata dall’alto, egli dice, supera sempre le pratiche
di iniziativa privata, non importa quali esse siano, e la legge fatta
per tutti rende l’azione più sacra che non possa fare un regolamento
particolare. L’esercizio di mortificazione che ciascuno si impone di sua
volontà riguarda infatti l’utilità di una parte, di un membro, mentre
il digiuno fatto dalla Chiesa tutta non esclude alcuno dalla generale
purificazione, e il popolo di Dio diventa onnipotente, quando i cuori si
riuniscono nell’unità della santa obbedienza e quando, nel campo
dell’armata cristiana, le disposizioni sono dappertutto eguali e la
difesa è la stessa in tutti i luoghi. Ecco dunque, amatissimi, che oggi
il digiuno solenne del settimo mese ci invita a schierarci sotto la
potenza di questa invincibile unità. Leviamo a Dio i nostri cuori,
togliamo qualche cosa dalla vita presente per accrescere i nostri beni
eterni. Il perdono completo dei peccati si ottiene con facilità quando
la Chiesa si riunisce tutta in una sola preghiera e in una sola
confessione. Se il Signore promette di accogliere ogni domanda fatta nel
pio accordo di due o tre (Mt 18,19-20) come dire di no a tutto un
popolo innumerevole, che segue uno stesso rito e prega in spirituale
accordo? È casa grande davanti al Signore e prezioso lo spettacolo del
popolo di Gesù Cristo, che si dedica allo stesso impegno e, senza
distinzione di sesso e di condizione, in tutte le sue classi agisce come
un cuore solo. È unico pensiero di tutti fuggire il male e fare il bene
(Sal 33,15), Dio è glorificato nelle opere dei suoi servi, l’elemosina
abbonda e ciascuno cerca solo l’interesse altrui e non il proprio. Per
grazia di Dio che fa tutto in tutti (1Cor 12,6), frutto e merito sono
comuni, perché comune è l’amore nonostante la sproporzione di quanto si
possiede, e quelli che meno possono dare si eguagliano ai più ricchi,
per la gioia che sentono della generosità altrui. Nessun disordine in un
popolo simile, nessuna dissomiglianza là dove tutti i membri
dell’intero corpo tendono tutti a dare prova di una stessa intensità di
amore. Allora la bellezza delle parti si riflette sul tutto e fa la sua
bellezza. Abbracciamo dunque, o carissimi, questa saldezza di unità
sacra e iniziamo il solenne digiuno con la ferma risoluzione di una
volontà concorde” (san Leone, Discorso iii sul Digiuno del VII mese).
Preghiera per gli Ordinandi.
Non dimentichiamo
nelle nostre preghiere e nei nostri digiuni di questi giorni i novelli
sacerdoti e gli altri ministri della Chiesa che riceveranno sabato
l’imposizione delle mani. L’ordinazione del settembre non è
generalmente la più numerosa di quelle che il Vescovo compie nel corso
dell’anno. L’augusta funzione cui il popolo cristiano deve i suoi padri e
le sue guide non sentiero della vita, in quest’epoca dell’anno, offre
tuttavia un interesse particolare, perché corrisponde meglio di
qualsiasi altra allo stato presente del mondo, portato come è verso la
sua rovina. L’anno volge anch’esso al suo termine. Il mondo, già
illuminato dall’Uomo-Dio e riscaldato dallo Spirito Santo, vede
raffreddarsi la carità, diminuire la luce e la fiamma del Sole di
giustizia. Ogni rivoluzione strappa alla Chiesa gemme che essa non
ritrova dopo l’uragano, le burrasche si fanno frequenti e la tempesta
diviene lo stato normale delle società. L’errore domina e fa legge,
l’iniquità abbonda. Quando verrà il figlio dell’uomo, diceva il Signore, pensate che trovi ancora fede sulla terra? (Lc 18,8).
Levate la vostra
testa, o figli di Dio, perché la vostra redenzione è vicina (ivi 21,
28-31), ma tuttavia, da adesso all’ora in cui cielo e terra rinnovellati
per il regno eterno sbocceranno nella inebriante luce dell’Agnello
vittorioso (Ap 21), giorni più duri ancora devono scorrere nei quali
anche gli eletti (Mc 13,22) sarebbero sedotti, se fosse possibile.
Occorre quindi che in questi tempi sventurati i pastori del gregge siano
all’altezza della loro vocazione rischiosa e sublime. Digiuniamo e
preghiamo e per molte che siano le perdite già subite nelle file dei
cristiani prima fedeli alle pratiche della penitenza, noi non manchiamo.
Stretti in piccolo gruppo intorno alla Chiesa imploriamo lo Sposo di
moltiplicare i suoi doni su quelli che egli chiama all’onore più che mai
temibile del sacerdozio e di infondere in essi la sua divina prudenza,
onde sventare le insidie, il suo zelo indomito nella ricerca delle anime
ingrate, la sua perseveranza fino alla morte nel conservare, senza
incertezze e compromessi, l’integrità della verità da lui rivelata al
mondo, la custodia della quale nell’ultimo giorno sarà testimoniata
dalla fedeltà della Sposa.
da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 500-504
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