INVENZIONE ED ESALTAZIONE. Alcune note sulle due feste in onore della santa Croce.
In
principio erano due. Ossia due erano le feste nel rito romano nella sua forma
tradizionale a celebrare in modo particolare la santa e vivificante Croce: la
festa del ritrovamento (inventio) ad
opera di sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, celebrata il 3 maggio (In inventione S. Crucis) classificata
col grado di “Doppio di Seconda Classe” [1]
e la festa dell’Esaltazione il 14 settembre (In exaltatione S.Crucis) celebrata col grado di “Doppio Maggiore”[2].
Nel moto di riforma liturgica che inizia sul finire degli anni Quaranta del
declinato secolo per compiersi nel primo lustro degli anni Settanta con la
promulgazione dei libri liturgici riformati [3],
la prima festa – ossia quella del 3 maggio – viene confinata nelle feste “Pro
aliquibus locis” [4].
Il
passo era breve per giungere ad una unificazione – a mio vedere
“ambigua” delle
due feste o meglio alla soppressione di una delle due. Effettuo ora una
breve confronto sinottico fra le parole dei martirologi
riassumendole per comodità in una tabella [5].
FESTA
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MARTIROLOGIO 1956
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MARTIROLOGIO 2004
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3
maggio, Invenzione
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Hierosolymis
Inventio sacrosanctae crucis Dominicae, sub Constantino Imperatore
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____________________
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14
settembre, Esaltazione
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Exaltatio
sanctae Crucis, quando Heraclius Imperator, Chosroa Rege devicto, eam de
Perside Hierosolymam reportavit.
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Fextum
exaltationis Sanctae Crucis, quae, postridie dedicationis basilicae
Resurrectionis super sepulcrum Christi
erectae exaltatur et honoratur, sicut victoriae eius paschalis tropaeum et
signum in caelo appariturum, alterum adventum eius iam universis praenuntias.
|
Due le cose che appaiono con la massima evidenza :
1. Il
decadimento della festa liturgica del 3 maggio, quale abbastanza probabile
conseguenza del previo “accantonamento” negli anni Sessanta [6];
2. La
deprivazione dell’ “aggancio dello sviluppo storico” quale sviluppo organico e
consequenziale della festa dell’Esaltazione, legata alla vittoria del Βασιλεύς Eraclio sui persiani che chiude
storicamente un capitolo di tensioni secolari tra impero romano e regno di
Persia. Ma con questa deprivazione si perde altresì il senso di simboleggiare
attraverso la Croce – emblema della Passione ma anche della resurrezione
gloriosa di Cristo – il trionfo sulle barbarae
nationes.
Ma
analizziamo più da vicino qualche dettaglio di quel momento storico così
essenziale e determinante per l’esistenza stessa dell’Impero Romano d’Oriente. Ritengo
sia possibile asserire che l’epoca che va dal VII all’VIII secolo fu una delle più drammatiche e precarie che
affrontò l’impero romano d’oriente, assediato e per di più indebolito
militarmente perché in grado di poggiarsi solo su una malferma difesa offerta –
a caro prezzo – da mercenari, disastrato finanziariamente e con la complessa
macchina burocratica che de facto
aveva cessato di funzionare. L’Impero si trova alla mercé del nemico fino nelle
sue stesse province centrali: il territorio balcanico subiva l’invasione delle
popolazioni avare e slave, e anzi la slavizzazione dei territori dei balcani si
era accentuata e infine stabilizzata stanti anche i fallimenti dell’azione
militare condotta all’epoca di Maurizio agli albori del VII secolo tanto da
portare a una radicale e profonda mutazione sotto l’aspetto etnico, tant’è che
la popolazione locale ellenofona finì per ripiegare sulle zone costiere e
insulari. I Persiani si erano insediati con pertinacia e forza nel cuore
dell’Asia Minore da dove potevano muovere con i loro conati espansionistici, tant’è che la
stessa santa città di Gerusalemme cadde nelle loro mani ed essi – per umiliare
ulteriormente i cristiani e devastarne il morale – rapirono il santo legno
della Croce, rinvenuto dall’imperatrice sant’Elena, e lo recarono a Ctesifonte.
È in questo lacerato contesto che salì al trono uno degli imperatori tra i più
importanti che la storia dell’Impero d’Oriente ricordi: Eraclio, “Bisanzio
riuscì a trovare in sé stessa la forza per un profondo rinnovamento sociale,
politico e culturale.”[7].
Quasi tutta l’Asia Minore ricadeva ormai sotto la sfera politica persiana.
Eraclio opera importantissime riforme assai incisive e profonde, in particolare
il territorio dell’Asia Minore non ancora caduto in mano nemica viene suddiviso
in θέματα. Essi sono un superamento
dell’antico sistema delle province e un tentativo di costituzione di un
esercito radicato al territorio, con obbligo ereditario di servizio militare in
cambio di concessione territoriale, svincolando il sistema centrale dalla
necessità di ricorso a milizie mercenarie il cui sistematico ricorso aveva dato
fondo alle casse. Questo clima di riorganizzazione fu incentivato anche dalla
Chiesa che mise materialmente a disposizione molti dei suoi beni e si attivò
per rinfocolare l’entusiasmo negli animi
tutto questo portò a un clima di entusiasmo religioso, sempre secondo
Ostrogorsky si andava preparando la prima guerra dalle caratteristiche
medievali che anticipava o preconizzava le future Crociate [8].
Siamo
nell’anno 619 quando Eraclio – pur addossandosi onerosissimi tributi – aveva
stipulato una pace con il khān degli Avari, ciò consentì lo spostamento del
contingente militare dall’Europa all’Asia, nel 622 egli trascorse l’estate ad
addestrare personalmente i soldati. In una prima fase con attenta strategia
egli riuscì a far sgomberare i persiani dai passi che occupavano nell’Asia
Minore, lo scontro decisivo si ebbe in territorio armeno: il primo obiettivo
ovvero quello di liberare l’Asia Minore era raggiunto. Purtroppo una rinnovata
minaccia da parte degli Avari costrinse l’imperatore a ripiegare su
Costantinopoli, l’impero fu gravato ulteriormente da altri pesanti tributi e
parenti stretti del Βασιλεύς furono fatti ostaggi per mano degli Avari. I
persiani nonostante la sconfitta che avevano patito in Asia Minore rifiutarono
di addivenire a miti consigli e ad accordi, anzi, il loro sovrano Khusraw I (Cosroe) inviò una
missiva a Costantinopoli laddove rifiutava ogni sorta di trattato di pace e
apostrofava la religione cristiana con espressioni blasfeme ed ingiuriose.
Eraclio mosse di nuovo le sue armate alla volta dell’Armenia e puntando verso
sud raggiunse uno dei centri più importanti dello zoroastrismo ossia la città
di Gandža, prima residenza dei Sasanidi ove distrusse uno dei loro principali
santuari ossia il “Tempio del Fuoco di Zoroastro” per vendicare la violenza
subita nella santa Gerusalemme. Eraclio – con numerosi prigionieri – svernò
oltre l’Araxes: ivi poté rafforzare il suo contingente militare con soldati
mutuati dalle popolazioni dei Lasi, Abasgi e Ibericaucasici. La situazione
restava estremamente difficile anche dal punto di vista militare, tant’è che i
persiani, ben lungi dal piegarsi, sferrarono la loro offensiva in territorio
armeno e anzi, nel 626, Costantinopoli si trovò innanzi al duplice pericolo di
un attacco sia persiano che avaro. Nel mentre il patriarca Sergio teneva alto
l’umore dei soldati: fu la superiorità della marina da guerra bizantina a
sconfiggere il nemico e scongiurare il pericolo. Eraclio strinse alleanza coi
Cazari e puntando a sud nel 627 riportò una decisiva vittoria a Ninive minando
nelle fondamenta la potenza persiana: i territori dell’Armenia, della
Mesopotamia romana, la Siria, l’Egitto e la Palestina ritornarono sotto lo
scettro imperiale. Nel 630 con grande
trionfo Eraclio personalmente riportò la santa Croce a Gerusalemme fra
l’esultanza della popolazione sanzionando “la conclusione vittoriosa della
prima delle grandi guerre religiose dell’era cristiana” [9].
Bernat, Eraclio porta la santa Croce a Gerusalemme |
Questa
seppur succinta nota storica è, a mio parere, abbastanza importante per
comprendere il significato che aveva assunto in sè la festa dell’Esaltazione
della Santa Croce, un significato “organicamente” [10]
innestatosi, aggiuntosi e caricatosi su quelli che ne mossero le origini, che
assume un’ importanza particolare per essere condiviso dai cristiani separati
di tradizione costantinopolitana, un lacerto insomma della Chiesa Una e
Indivisa. Per questo motivo ho definito “ambiguo” il rimuovere questo
riferimento per motivi che sono evidentemente estrinseci alla liturgia.
Eparchia di Lungro: Esaltazione della santa Croce |
Che
la festa della Esaltazione della Santa Croce abbia assunto questi connotati
appare evidentissimo da una semplice e mera lettura delle lectiones c.d. “storiche” del
Breviario [11]
sulle quali tra poco avrò modo di considerare brevissimamente.
Ma
quale, a questo punto, l’origine della festa della Esaltazione della Santa
Croce e quale il motivo di questo nome? La profonda dottrina liturgica del
benedettino Prosper Guéranger può illuminare con i dati utili che fornisce.
L’abate
francese anzitutto precisa essere una festa di “origine complessa”[12],
aggiungerei eterogenea, i cui eventi storici che si sono succeduti hanno messo
in luce ulteriori aspetti. Anzitutto va menzionato che il 14 settembre
nell’anno 335, con enorme concorso di fedeli e di clero, venne dedicato un
santuario nello stesso luogo ove Cristo aveva patito ed era stato sepolto.
Orbene tale anniversario continuò ad essere celebrato con enfasi e solennità
anche negli anni seguenti, tant’è che tale dedicatio
– negli usi gerosolimitani – aveva rito pari alla Pasqua e all’Epifania.
Seguendo sempre la ricostruzione di Guéranger altri furono gli elementi che si
fusero a questa festa e che – in ultima istanza – ne decretarono questa
affezione e questo successo, tra questi la coincidenza ebraica con la festa dei
Tabernacoli o delle Capanne (Sukkot)
che si pone cronologicamente nel periodo della fine delle fatiche della
vendemmia e di cui questa Dedicatio
andrebbe idealmente a prenderne il posto. Ma anche il riferimento a un altro
ricordo doveva innestarsi ossia quello, stavolta più schiettamente e
marcatamente cristiano, del ritrovamento del sacro legno della Croce. A questo
era associata una costumanza liturgica caratteristicamente agiopolita ossia
quella elevazione o exaltatio – ιψωσις – del legno della santa croce,
nel luogo e data del ritrovamento, con benedizione dei quattro punti cardinali,
i fedeli recavano seco per ricordo delle minute fiale che contenevano dell’olio
che era venuto a contatto con il santo legno. Questo dovrebbe essere bastevole
a spiegarne il nome e anche la scelta della pericope evangelica della messa del
giorno (Giov. 12, 31.36): “Et ego si exaltatus fuero a terra, omnia traham ad
meipsum”. Il luogo in cui la croce era
innalzata era considerato il centro del mondo, detta cerimonia dovette
giuocoforza interrompersi quando la Santa Città – che già nel corso dei secoli
aveva distribuito frammenti del legno della vivificante croce ai principali
centri – venne deprivata da questo immenso ed inestimabile tesoro. Con la
restituzione di Eraclio poteva riprendere tale uso di cui si ha un lacerto
nelle costumanze della Custodia di Terrasanta. Ivi i minori nelle due feste
della Croce svolgono una processione: il 3 maggio dopo la messa pontificale
cantata nella cripta del rinvenimento della Croce, svolgono una processione e –
al canto del Vexilla regis –
circuiscono il Santo Sepolcro per poi impartire la benedizione, il 14 settembre
la processione muove dal Calvario al sacello del Santissimo Sacramento con
analoga cerimonia [13].
Il processo imitativo degli usi di Gerusalemme,
qui lo accenno, non mancò per un certo periodo neanche a Roma [14],
ove una prima testimonianza di una festa dedicata alla Croce appare all’epoca
di papa Sergio, inizialmente al Laterano e poi alla Sessoriana con solenne
ostensione e ed adorazione delle reliquie, attestata ancora all’epoca dell’ Ordo di Cencio Camerario (inizio XIII
secolo) [15].
Vero
è – stando all’opinione del beato Ildefonso Schuster – che probabilmente
nell’ambito dello sviluppo le circostanze che hanno dato origine alle feste del
3 maggio e del 12 settembre si siano intersecate e confuse. Secondo il beato
Schuster,liturgista e pastore della Chiesa mediolanense, la restituzione delle
reliquie da parte di Eraclio al patriarca Zaccaria sarebbe da individuarsi nel
3 maggio del 630, data che incontrò in Occidente “più larghe simpatie”,
viceversa la data del 14 settembre si fece strada con con più lentezza essendo
inizialmente dedicata alla festa di due martiri menzionati nel Canon Missae ossia Cornelio e Cipriano [16].
Tant’è che per Schuster la messa del 3 maggio
è “post gregoriana” e per l’Introito e l’Offertorio si sono mutuati
testi da messe più antiche [17].
Notiamo che l’Introito del 3 maggio e del 12 settembre è lo stesso e coincide
con quello del Giovedì santo (Gal. 6,14), parimenti l’epistola è la stessa
(Filipp. 2, 5-11) che coincide con quella della messa della Domenica delle
palme. È simile l’opinione dell’abate Righetti che in modo perentorio e senza
mezzi termini afferma che “il titolo della prima ricorrenza (3, maggio,
Invenzione della Croce) è sbagliato in pieno” [18].
Sempre per il Righetti l’adozione della festa della Exaltatio fu frutto di un processo di imitazione di Gerusalemme
specie per i centri che avevano ricevuto frammenti del legno della Croce, la
vittoria di Eraclio – pur confondendo liturgicamente e cronologicamente le
acque rinfocolò il culto verso la Croce e in questo contribuirono le “lezioni
storiche” del Breviario [19].
Interessante quanto ci ragguaglia il Righetti circa il fatto che già sotto il
sommo pontificato di Benedetto XV – segnatamente nel 1741 – la questione delle
due feste si era evidenziata presso la commissione preposta alla riforma del
Breviario che però intese lasciare lo status
quo. Un atteggiamento di prudenza questo, una prudenza che invece non è ha
caratterizzato nel caso di specie la riforma liturgica Novecentesca che –
abrogando la festa del 3 maggio e omettendo il significato “fisico” della Exaltatio reso nuovamente possibile dalla vittoria sui
persiani operata da Eraclio e la successiva restituzione – ha adombrato una parte del significato che
emergeva pur nelle nebbie della storia e, se vogliamo, nella confusione che
alle volte ne deriva: i libri liturgici sono tali prima di essere libri storici
e questo bisognerebbe averlo sempre presente prima di tuffarsi senza indugio in
un positivismo estraneo ai criteri dello sviluppo organico della liturgia
poiché se è vero che le origini e gli sviluppi delle due feste si confondono è
innegabile, altresì, che essi si completano, se è vero che era subentrata una
confusione è del pari vero che la soluzione adottata è “gordiana” avendo
preferito rimuovere il problema anziché chiarirlo.
Concludo
queste mie note sulle feste della Croce trascrivendo dall’ Antologhion [20]
di rito costantinopolitano - nel quale il 14 settembre la croce viene portata in
trionfo adorna di alloro, simbolo di vittoria - di alcuni lacerti dei numerosi testi
liturgici del mattutino del 14 settembre che fanno riferimento all’
“innalzamento” di cui dicevo:
“La
croce viene oggi innalzata, e il mondo è santificato ; tu che siedi in trono
col Padre e il santo Spirito, distese su di essa le mani, hai attirato il mondo
intero, o Cristo, alla conoscenza di te: concedi la gloria divina a quelli che
in te confidano.” (exapostilarion, p. 625)
“[…]
La croce che ha portato l’Altissimo, quale grappolo pieno di vita, si mostra
oggi elevata da terra; per essa siamo stati tutti attratti a Dio, e la morte è
stata del tutto inghiottita. […]” (stichirà
prosomia, p. 626)
Infine,
per chiarire il concetto del trionfo sulle barbarae
nationes e il cui riferimento va con ogni probabilità a Eraclio:
“[…]
In essa sono vinte le genti barbare, per essa sono saldamente stabiliti gli
scettri dei regnanti […]” (ibidem).
O
Crux Ave, Spes unica!
Francesco
G. Tolloi
francesco.tolloi@gmail.com
[1] Qui cito
l’edizione VI dopo la tipica del Messale romano approvata nel 1952 e pubblicata
nel 1954: Missale romanum, editio
sexta post typica,, Polyglottis Vaticanis, Romae, 1954, pp.557 e ss..
[2] Idem, p. 706 e ss..
[3] Utilizzo
questi termini temporali per definire il periodo della “Riforma liturgica”
Novecentesca poggiando la mia opinione proprio su mons. Bugnini, prima
propugnatore e sostenitore quindi protagonista e infine artefice della riforma
stessa, si noti che – non a caso lo stesso titolo della sua opera sulla riforma
fornisce, significativamente, tali estemi,; cfr. A. BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975), Roma,
CLV, 1997.
[4] Qui mi
riferisco all’edizione di San Giovanni XXIII del Messale romano, utilizzo la
seguente edizione: Missale romanum,
editio secunda iuxta typicam, Ratisbona, Pustet, 1963, pp. [179 e ss..].
[5] Per
l’edizione “tradizionale” faccio uso di Martyrologium
romanum, quarta post typicam editio, Romae, Polyglottis Vaticanis, 1956.
Per l’edizione riformata: Martyrologium
romanum, editio altera, Romae, Typis Vaticanis, 2004.
[6] Il P.
Braga, annota la necessità di conservare la festa del 14 settembre ma di
abolire quella del 3 maggio non essendo una vera festa universale o di tipicità
romana (risultando sconosciuta ai sacramentari gelasiano e gregoriano) nonché
di origine gallicana (essa pare derivare dalla leggenda del vescovo
gerosolimitano Giuda Ciriaco a differenza – a suo parere - della festa
settembrina. Cfr C. BRAGA, La riforma liturgica di Pio XII, Roma,
CLV, 2003, pp. 81 e ss, e pp. 98 e ss.. Si veda anche: A. BUGNINI, voce La croce nella liturgia, in Enciclopedia Cattolica, vol. IV, Città
del Vaticano, Ente per l’Enciclopedia cattolica, 1952, cc. 960 e ss..
[7] G.
OSTROGORSKY, Storia dell’impero bizantino,
trad. P. Leone, Torino, Einaudi, 200213, p. 85.
[8] IDEM, p. 90.
[9] IDEM, p. 93.
[10] Sullo
sviluppo organico essenziale l’opera, con prefazione dell’allora cardinale
Ratzinger: A. REID, The Organic
Development of the Liturgy, San Francisco, Ignatius Press, 20052,
pubblicato anche in edizione italiana: ID, Lo
sviluppo organico della liturgia, Siena, Cantagalli, 2013.
[11] Qui
cito l’edizione tipica di san Pio X: Breviarium
romanum, editio typica iterum impressa, Romae, Polyglottis Vaticanis, 1905.
[12] P.
GUÉRANGER, L’Anno Liturgico, Alba,
Paoline, 1956, vol. II, p. 1073.
[13] Ordo processionum quae Hierosolymis in
Basilica S. Sepulcri D.N. Jesu Christi a Fratribus Minoribus peraguntur,
Romae, Polyglottis Vaticanis, 1947, pp. 105 e ss. e p. 108..
[14] M. ANDRIEU, Les Ordines Romani du Haut Moyen Age, Louvain, Spicilegium Sacrum
Lovaniense, 1961, V, pp. 363 e
ss..
[15] A.
BUGNINI, voce La croce nella liturgia,
in Enciclopedia Cattolica…cit. col.
961 e s..
[16] A. I.
SCHUSTER, Liber sacramentorum,
Torino-Roma, Marietti, 1932, vol. VII, pp. 247 e ss..
[17] IDEM, p. 150.
[18] M.
RIGHETTI, Manuale di Storia Liturgica,
Milano, Ancora, 19552, vol. II,
p. 261.
[19] Cfr:
lezioni del secondo notturno, Die 14
Sept. In Exaltatione S. Crucis, in Breviarium
romanum…, cit., pp.1319 e ss..
http://rerumliturgicarum.blogspot.it/
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