LA COMUNIONE SPIRITUALE NON È UN COLPO DI SPUGNA NÉ UN ALIBI. MEMORANDUM PER I SEGUACI DELLA «LINEA KASPER»
Fra i tre paragrafi
della relazione finale del Sinodo straordinario sulla famiglia, svoltosi in
ottobre, che non hanno ottenuto l'approvazione dei due terzi dei padri c'è
quello che riguarda la comunione spirituale per i divorziati risposati, il n.
53, che dice: «Alcuni padri hanno sostenuto che le persone divorziate e
risposate o conviventi possono ricorrere fruttuosamente alla comunione
spirituale. Altri padri si sono domandati perché allora non possano accedere a
quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un approfondimento della tematica
in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione
con la teologia del matrimonio».
Dopo
aver attribuito alla congregazione per la dottrina della fede e a Papa
Benedetto XVI la tesi secondo cui i divorziati risposati non possono fare la
comunione sacramentale ma quella spirituale sì, il cardinal Walter Kasper aveva
allora obiettato: «Chi riceve la comunione spirituale è una cosa sola con Gesù
Cristo. Perché, quindi, non può ricevere anche la comunione sacramentale?». In
realtà Papa Joseph Ratzinger, durante l’incontro internazionale delle famiglie
a Milano nel 2012 citato dal cardinal Kasper, non aveva affatto parlato della
comunione spirituale come di un equivalente della comunione sacramentale. Aveva
semplicemente detto che i divorziati risposati «non sono “fuori”, anche se non
possono ricevere l’assoluzione e l’eucaristia. Devono vedere che anche così
vivono pienamente nella Chiesa. […] Anche senza la ricezione “corporale” del
sacramento, possiamo essere spiritualmente uniti a Cristo nel suo corpo». Anche
nella sezione conclusiva di un suo vecchio articolo da lui completamente riscritta nel 2014 prima del sinodo,
Ratzinger si è espresso in modo analogo riguardo alle «persone che vivono in un
secondo matrimonio e quindi non sono ammesse alla mensa del Signore»,
sostenendo che «una comunione spirituale intensa con il Signore, con tutto il
suo corpo, con la Chiesa, potrebbe essere per loro un'esperienza spirituale che
le rafforza e le aiuta».
L'arcivescovo
di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha ripreso l'argomento alla vigilia del
sinodo dello scorso ottobre, in un articolo sulla rivista di teologia Communio. Scola ha insomma incluso
appunto «la comunione spirituale, cioè la pratica di comunicare con il Cristo
eucaristico nella preghiera, di offrire a lui il proprio desiderio del suo
corpo e sangue, assieme al dolore per gli impedimenti alla realizzazione di
questo desiderio», tra i «gesti che la spiritualità tradizionale ha
raccomandato come un sostegno per coloro che si trovano in situazioni che non
permettono di accostarsi ai sacramenti».
È dunque, propriamente, la comunione spirituale “di desiderio” quella che è ritenuta adatta a queste persone non solo da Ratzinger e da Scola ma dalla pratica tradizionale della Chiesa cattolica.
La riprova è nel contributo dato alla discussione sinodale da un tipico esponente di questa linea pastorale come padre Carlo Buzzi, del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano, in una lettera dalla sua missione in Bangladesh pubblicata lo scorso maggio.
Come c'è il battesimo di desiderio per chi è impedito dal riceverlo sacramentalmente – ha scritto padre Buzzi – così ci può essere anche la comunione di desiderio, che «sembra proprio adatta per chi non è in stato di grazia e vorrebbe uscire da questo stato, ma per vari motivi non può».
Ha dunque avuto ragione, il Sinodo straordinario, a sollecitare «un approfondimento della tematica» da qui alla prossima sessione in agenda nell'ottobre del 2015, ovvero il Sinodo ordinario sulla famiglia, anche se manca qualsiasi riferimento ad essa nelle 47 domande del questionario distribuito alle conferenze episcopali.
La comunione spirituale, infatti, può essere intesa in modi diversi e quindi prestarsi ad equivoci anche gravi.
Per questo il teologo domenicano Paul Jerome Keller, docente nell’Athenaeum of Ohio di Cincinnati, haora pubblicato un testo brillante, scritto proprio per fare chiarezza su questo punto. Il contributo compare sull’ultimo numero dell’edizione inglese di Nova et Vetera, la rivista di teologia già distintasi la scorsa estate per un numero speciale dedicato ai temi del Sinodo, con otto saggi di altrettanti dotti domenicani degli Stati Uniti, tutti su posizioni alternative a quelle del cardinale Kasper.
È dunque, propriamente, la comunione spirituale “di desiderio” quella che è ritenuta adatta a queste persone non solo da Ratzinger e da Scola ma dalla pratica tradizionale della Chiesa cattolica.
La riprova è nel contributo dato alla discussione sinodale da un tipico esponente di questa linea pastorale come padre Carlo Buzzi, del Pontificio Istituto Missioni Estere di Milano, in una lettera dalla sua missione in Bangladesh pubblicata lo scorso maggio.
Come c'è il battesimo di desiderio per chi è impedito dal riceverlo sacramentalmente – ha scritto padre Buzzi – così ci può essere anche la comunione di desiderio, che «sembra proprio adatta per chi non è in stato di grazia e vorrebbe uscire da questo stato, ma per vari motivi non può».
Ha dunque avuto ragione, il Sinodo straordinario, a sollecitare «un approfondimento della tematica» da qui alla prossima sessione in agenda nell'ottobre del 2015, ovvero il Sinodo ordinario sulla famiglia, anche se manca qualsiasi riferimento ad essa nelle 47 domande del questionario distribuito alle conferenze episcopali.
La comunione spirituale, infatti, può essere intesa in modi diversi e quindi prestarsi ad equivoci anche gravi.
Per questo il teologo domenicano Paul Jerome Keller, docente nell’Athenaeum of Ohio di Cincinnati, haora pubblicato un testo brillante, scritto proprio per fare chiarezza su questo punto. Il contributo compare sull’ultimo numero dell’edizione inglese di Nova et Vetera, la rivista di teologia già distintasi la scorsa estate per un numero speciale dedicato ai temi del Sinodo, con otto saggi di altrettanti dotti domenicani degli Stati Uniti, tutti su posizioni alternative a quelle del cardinale Kasper.
Non
inedia, ma fame
di Paul Jerome Keller O.P.
In risposta alle domande del cardinale Kasper sull'accesso alla santa comunione per i divorziati risposati, abbiamo dunque mostrato che esso non è possibile. […]
Dall'insegnamento di San Paolo fino ai nostri giorni, la tradizione della Chiesa ha insegnato costantemente la necessità per chi riceve la santa comunione di essere in stato di grazia. […] Anche se ci può essere qualche confusione circa il significato della comunione spirituale nel recente insegnamento magisteriale, rimane fermo che una vera comunione spirituale è possibile solo per chi è anche in condizione di ricevere la comunione sacramentale. […]
La Chiesa non chiede, come il cardinale Kasper sembra suggerire, che i divorziati risposati trovino la salvezza extra-sacramentalmente. Ad essi è offerta la stessa possibilità per la conversione e per la piena comunione – ecclesiale e sacramentale – che è offerta a chiunque. […] Il cardinale chiede se questa non-ricezione dell'eucaristia sia un prezzo troppo alto da pagare? La risposta a questa domanda dipende dalla volontà dell'individuo di essere conforme a Cristo. Tuttavia, dobbiamo essere chiari. Non è la Chiesa che frappone l'ostacolo alla piena comunione, ma è l'individuo che perpetua la scelta di violare il legame sacramentale del matrimonio. […]
Il cardinale Kasper pone inoltre questo diversivo: la regola della non ricezione dell'eucaristia non è forse una strumentalizzazione della persona che sta soffrendo e chiedendo aiuto, quando ne facciamo un segno e un avvertimento per gli altri? Questa domanda sottintende che la Chiesa non abbia il compito di proteggere i fedeli dalla condanna che possono attirare su di loro, come avverte San Paolo. Se infatti la Chiesa rimanesse passiva e permettesse la santa comunione a chi non fosse correttamente disposto, sarebbe essa stessa soggetta a condanna, per un diverso tipo di oppressione: l'incapacità di trattenere i suoi figli da atti illeciti e dal peccato, così come l'incapacità di custodire fedelmente e di dispensare i sacramenti. Questa plurisecolare vigilanza della Chiesa non è strumentalizzazione o manipolazione; è carità pura e semplice. È la preoccupazione della madre che i figli non ingeriscano la medicina sbagliata, affinché non diventi un veleno. […]
Non c'è nessuna strumentalizzazione della persona sofferente, sia essa il divorziato risposato o il catecumeno (che anche lui deve essere reso giusto sacramentalmente prima di ricevere la santa comunione). C'è solo la mano tesa e trafitta del Crocifisso e Risorto, il quale, tramite la Chiesa, offre la salvezza a ogni persona che sceglie di rivolgersi a Cristo, abbracciando lui solo anche nelle decisioni più difficili della vita. Egli offre continuamente il suo corpo e il suo sangue affinché tutti coloro che scelgono di indossare l'abito nuziale bianco (cfr Mt 22, 11-14; Ap 19, 8) possano accedere al suo banchetto eterno.
Esposta davanti ad ogni persona c'è la festa dell’eucaristia, offerta in modo che tutti noi possiamo sperimentare sempre di più la fame per il pane della vita, sia sacramentalmente che spiritualmente. Per ogni cristiano, il pentimento è la trasformazione dell’inedia in fame, una fame che Cristo promette di soddisfare al di là di ogni nostra immaginazione.
di Paul Jerome Keller O.P.
In risposta alle domande del cardinale Kasper sull'accesso alla santa comunione per i divorziati risposati, abbiamo dunque mostrato che esso non è possibile. […]
Dall'insegnamento di San Paolo fino ai nostri giorni, la tradizione della Chiesa ha insegnato costantemente la necessità per chi riceve la santa comunione di essere in stato di grazia. […] Anche se ci può essere qualche confusione circa il significato della comunione spirituale nel recente insegnamento magisteriale, rimane fermo che una vera comunione spirituale è possibile solo per chi è anche in condizione di ricevere la comunione sacramentale. […]
La Chiesa non chiede, come il cardinale Kasper sembra suggerire, che i divorziati risposati trovino la salvezza extra-sacramentalmente. Ad essi è offerta la stessa possibilità per la conversione e per la piena comunione – ecclesiale e sacramentale – che è offerta a chiunque. […] Il cardinale chiede se questa non-ricezione dell'eucaristia sia un prezzo troppo alto da pagare? La risposta a questa domanda dipende dalla volontà dell'individuo di essere conforme a Cristo. Tuttavia, dobbiamo essere chiari. Non è la Chiesa che frappone l'ostacolo alla piena comunione, ma è l'individuo che perpetua la scelta di violare il legame sacramentale del matrimonio. […]
Il cardinale Kasper pone inoltre questo diversivo: la regola della non ricezione dell'eucaristia non è forse una strumentalizzazione della persona che sta soffrendo e chiedendo aiuto, quando ne facciamo un segno e un avvertimento per gli altri? Questa domanda sottintende che la Chiesa non abbia il compito di proteggere i fedeli dalla condanna che possono attirare su di loro, come avverte San Paolo. Se infatti la Chiesa rimanesse passiva e permettesse la santa comunione a chi non fosse correttamente disposto, sarebbe essa stessa soggetta a condanna, per un diverso tipo di oppressione: l'incapacità di trattenere i suoi figli da atti illeciti e dal peccato, così come l'incapacità di custodire fedelmente e di dispensare i sacramenti. Questa plurisecolare vigilanza della Chiesa non è strumentalizzazione o manipolazione; è carità pura e semplice. È la preoccupazione della madre che i figli non ingeriscano la medicina sbagliata, affinché non diventi un veleno. […]
Non c'è nessuna strumentalizzazione della persona sofferente, sia essa il divorziato risposato o il catecumeno (che anche lui deve essere reso giusto sacramentalmente prima di ricevere la santa comunione). C'è solo la mano tesa e trafitta del Crocifisso e Risorto, il quale, tramite la Chiesa, offre la salvezza a ogni persona che sceglie di rivolgersi a Cristo, abbracciando lui solo anche nelle decisioni più difficili della vita. Egli offre continuamente il suo corpo e il suo sangue affinché tutti coloro che scelgono di indossare l'abito nuziale bianco (cfr Mt 22, 11-14; Ap 19, 8) possano accedere al suo banchetto eterno.
Esposta davanti ad ogni persona c'è la festa dell’eucaristia, offerta in modo che tutti noi possiamo sperimentare sempre di più la fame per il pane della vita, sia sacramentalmente che spiritualmente. Per ogni cristiano, il pentimento è la trasformazione dell’inedia in fame, una fame che Cristo promette di soddisfare al di là di ogni nostra immaginazione.