p. Francesco Patton, nuovo Custode di Terra Santa: «A Gerusalemme per imparare, ascoltare, servire»
«Ho detto sì perché non avevo ragioni serie per rifiutare il servizio che mi veniva chiesto». Padre Francesco Patton spiega con l’obbedienza la nuova missione alla guida della Custodia di Terra Santa, considerata la perla delle province francescane. Un frate stimato e conosciuto. 53 anni a dicembre, ministro provinciale del Trentino, già visitatore generale e presidente della Conferenza dei ministri provinciali d’Italia e Albania, qualcuno scommeteva sul suo nome come nuovo arcivescovo di Trento.
Eppure la sua nomina a Custode di Terra Santa spiazza tutti i pronostici per l’atteso (e forse temuto) “dopo Pizzaballa”. Il governo custodiale di padre Pierbattista Pizzaballa è durato 12 anni (6 anni più una inconsueta doppia proroga di 3 anni), un periodo segnato da una miriade di interventi, riforme, relazioni diplomatiche tra palestinesi, israeliani e Vaticano, che hanno valso a Pizzaballa unanimi apprezzamenti. «Conosco Pierbattista da oltre 30 anni, c’è un rapporto fraterno. Ho sempre ammirato la capacità di essere molto chiaro, equilibrato e soprattutto la sua profonda spiritualità», ci confida padre Francesco che attingerà all’esperienza di Pizzaballa: «Per me sarà un aiuto prezioso ma questo è naturale perché chi viene dopo ha sempre bisogno di avvantaggiarsi dell’esperienza e del servizio di chi lo ha preceduto».
Tutti si aspettavano un Custode polacco, palestinese, spagnolo o latino-americano, e invece il Papa e padre Michael Anthony Perry, lo statunitense Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, hanno indicato ancora una volta un italiano, rispettando l’antica tradizione. «Non sta a me fare interpretazioni su questa scelta. So solo che in obbedienza ho detto sì al mio Ministro generale», sorride frate Francesco che conferma che la Terra Santa non fosse nei suoi programmi: «Sicuramente nella mia vita è una nomina inaspettata, stavo terminando il mandato di provinciale di Trento. Mi avevano chiesto la disponibilità a trasferirmi a Gerusalemme per le mie esperienze internazionali. Poi è arrivata la conferma».
Parla inglese e spagnolo, ma non l’ebraico e l’arabo. L’impressione è che il nuovo Custode sia un “forestiero catapultato a Gerusalemme”. «È una definizione che interpreto in modo positivo e in cui in parte mi riconosco, ma non sono un incosciente. Vado con fiducia per dedicarmi a questo importante servizio per l’Ordine francescano, per la Chiesa e per quella porzione di mondo che è il centro dell’umanità», conferma.
Il distacco dalle questioni mediorientali può paradossalmente essere stato il fattore che lo ha favorito. Potrà prendere decisioni con occhio più imparziale e sereno in un contesto che è sempre stato complesso, con frati provenienti da tutto il mondo, in un contesto segnato da conflitti, come il dramma della guerra civile in Siria che impatta su Egitto, Palestina, Israele, Libano e Giordania, tutti territori dove vivono i frati della Custodia. «Cercherò di essere il più possibile vicino alla gente che vive lì. Dovrò capire come aiutarli concretamente perché là c’è la vita, il sangue e la morte. Ora è difficile dire a tavolino cosa farò per sostenere i nostri frati che resistono a servizio della comunità cristiana rimasta in Siria».
Non passa inosservato il nome del nuovo Custode. P. Francesco da frate al Santo Sepolcro, a 8 secoli di distanza dal 1217, quando san Francesco d’Assisi fondò la provincia di Terra Santa. Sarà il Custode Francesco a celebrare l’ottavo centenario della fondazione e dell’incontro tra Francesco e il sultano al-Malik al-Kamil che dal 1219 a oggi continua ad essere il punto di riferimento del dialogo tra musulmani e cristiani. «Direi che le fonti esterne all’Ordine diano l’immagine più credibile dell’incontro tra Francesco e il sultano. Un incontro molto profondo, di ascolto reciproco, stima e amicizia. Non credo che quel ritratto sia oleografico. Anzi, credo che rappresenti molto bene l’utopia di Francesco: il dialogo fino in fondo. Penso che il viaggio aiutò Francesco a capire cosa voglia dire andare in un ambiente con una religione e cultura diversa dalla nostra. E questo lo troviamo in un passaggio della Regola non bollata dove Francesco invita i frati a evitare liti e dispute, ad avere un atteggiamento pacifico e servizievole e a confessare di essere cristiani».
Padre Francesco è giornalista. Laureato in Scienze della comunicazione all’Università pontificia salesiana a Roma, collaboratore di TelePace Trento e della radio e del settimanale diocesani, ora dovrà confrontarsi con i giornalisti di tutto il mondo, per tenere aperte le porte di una terra che ha sempre bisogno di ponti, relazioni o più semplicente di sostegno economico. «In Terra Santa si fa un grosso sforzo comunicativo, ma la comunicazione è rischiosa e sappiamo se è riuscita sempre e solo da quello che capiscono le persone che abbiamo di fronte. Dobbiamo essere prudenti, perché la prudenza ci aiuta a capire le ragioni degli uni e degli altri, a sostenere un percorso pacifico e dialogante. Questo non è facile, perché la nostra comunicazione è spesso gridata. Noi invece dobbiamo andare oltre il gridare e oltre l’emozionare anche temporaneamente. Perché sappiamo che le emozioni così come nascono così muoiono. Abbiamo invece bisogno di riflessioni profonde che possano anche generare scelte nella nostra vita», spiega frate Francesco.
Eppure la sua nomina a Custode di Terra Santa spiazza tutti i pronostici per l’atteso (e forse temuto) “dopo Pizzaballa”. Il governo custodiale di padre Pierbattista Pizzaballa è durato 12 anni (6 anni più una inconsueta doppia proroga di 3 anni), un periodo segnato da una miriade di interventi, riforme, relazioni diplomatiche tra palestinesi, israeliani e Vaticano, che hanno valso a Pizzaballa unanimi apprezzamenti. «Conosco Pierbattista da oltre 30 anni, c’è un rapporto fraterno. Ho sempre ammirato la capacità di essere molto chiaro, equilibrato e soprattutto la sua profonda spiritualità», ci confida padre Francesco che attingerà all’esperienza di Pizzaballa: «Per me sarà un aiuto prezioso ma questo è naturale perché chi viene dopo ha sempre bisogno di avvantaggiarsi dell’esperienza e del servizio di chi lo ha preceduto».
Tutti si aspettavano un Custode polacco, palestinese, spagnolo o latino-americano, e invece il Papa e padre Michael Anthony Perry, lo statunitense Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, hanno indicato ancora una volta un italiano, rispettando l’antica tradizione. «Non sta a me fare interpretazioni su questa scelta. So solo che in obbedienza ho detto sì al mio Ministro generale», sorride frate Francesco che conferma che la Terra Santa non fosse nei suoi programmi: «Sicuramente nella mia vita è una nomina inaspettata, stavo terminando il mandato di provinciale di Trento. Mi avevano chiesto la disponibilità a trasferirmi a Gerusalemme per le mie esperienze internazionali. Poi è arrivata la conferma».
Italiano e soprattutto trentino, come il compianto professore e archeologo francescano padre Pietro Kaswalder, che nel 2014 è stato stroncato da un infarto a 62 anni. «Per me il contatto con la Terra Santa era soprattutto lui. Mi parlava della sue ricerche e spesso ci sentivamo via Skype. Con Pietro dalla provincia di Trento c’erano altri 2 frati: Virginio Ravanelli (morto 2 anni fa) che insegnava a Gerusalemme e si occupava di escursioni bibliche, e padre Casimiro Frapporti che ora è ritornato in Italia dopo aver vissuto tra Cana e il Tabor. Con loro ho conosciuto per la prima volta la Terra Santa, nel 1997», ricorda. Padre Francesco aveva 33 anni. Poi il legame con la Terra Santa è stato rafforzato dall’amicizia con Kaswalder. «Mi sono sempre interessato da lontano. Però è un luogo che ora devo imparare a conoscere. Appena sarò lì, mi metterò in ascolto, dovrò imparare molto. In Egitto ad esempio non sono mai stato. La Terra Santa mi affascina e mi emoziona perché per me francescano è mettere i piedi sulla terra che Gesù ha calcato».
Parla inglese e spagnolo, ma non l’ebraico e l’arabo. L’impressione è che il nuovo Custode sia un “forestiero catapultato a Gerusalemme”. «È una definizione che interpreto in modo positivo e in cui in parte mi riconosco, ma non sono un incosciente. Vado con fiducia per dedicarmi a questo importante servizio per l’Ordine francescano, per la Chiesa e per quella porzione di mondo che è il centro dell’umanità», conferma.
Il distacco dalle questioni mediorientali può paradossalmente essere stato il fattore che lo ha favorito. Potrà prendere decisioni con occhio più imparziale e sereno in un contesto che è sempre stato complesso, con frati provenienti da tutto il mondo, in un contesto segnato da conflitti, come il dramma della guerra civile in Siria che impatta su Egitto, Palestina, Israele, Libano e Giordania, tutti territori dove vivono i frati della Custodia. «Cercherò di essere il più possibile vicino alla gente che vive lì. Dovrò capire come aiutarli concretamente perché là c’è la vita, il sangue e la morte. Ora è difficile dire a tavolino cosa farò per sostenere i nostri frati che resistono a servizio della comunità cristiana rimasta in Siria».
Non passa inosservato il nome del nuovo Custode. P. Francesco da frate al Santo Sepolcro, a 8 secoli di distanza dal 1217, quando san Francesco d’Assisi fondò la provincia di Terra Santa. Sarà il Custode Francesco a celebrare l’ottavo centenario della fondazione e dell’incontro tra Francesco e il sultano al-Malik al-Kamil che dal 1219 a oggi continua ad essere il punto di riferimento del dialogo tra musulmani e cristiani. «Direi che le fonti esterne all’Ordine diano l’immagine più credibile dell’incontro tra Francesco e il sultano. Un incontro molto profondo, di ascolto reciproco, stima e amicizia. Non credo che quel ritratto sia oleografico. Anzi, credo che rappresenti molto bene l’utopia di Francesco: il dialogo fino in fondo. Penso che il viaggio aiutò Francesco a capire cosa voglia dire andare in un ambiente con una religione e cultura diversa dalla nostra. E questo lo troviamo in un passaggio della Regola non bollata dove Francesco invita i frati a evitare liti e dispute, ad avere un atteggiamento pacifico e servizievole e a confessare di essere cristiani».
Padre Francesco è giornalista. Laureato in Scienze della comunicazione all’Università pontificia salesiana a Roma, collaboratore di TelePace Trento e della radio e del settimanale diocesani, ora dovrà confrontarsi con i giornalisti di tutto il mondo, per tenere aperte le porte di una terra che ha sempre bisogno di ponti, relazioni o più semplicente di sostegno economico. «In Terra Santa si fa un grosso sforzo comunicativo, ma la comunicazione è rischiosa e sappiamo se è riuscita sempre e solo da quello che capiscono le persone che abbiamo di fronte. Dobbiamo essere prudenti, perché la prudenza ci aiuta a capire le ragioni degli uni e degli altri, a sostenere un percorso pacifico e dialogante. Questo non è facile, perché la nostra comunicazione è spesso gridata. Noi invece dobbiamo andare oltre il gridare e oltre l’emozionare anche temporaneamente. Perché sappiamo che le emozioni così come nascono così muoiono. Abbiamo invece bisogno di riflessioni profonde che possano anche generare scelte nella nostra vita», spiega frate Francesco.
Tre cerimonie segnano l’entrata in funzione del nuovo Custode: ingresso a Gerusalemme, con i tutti i frati che giureranno obbedienza, ingresso al Santo Sepolcro e ingresso a Betlemme. Tutto avverrà entro poche settimane. «Lunedì incontrerò il ministro generale Perry che mi darà le coordinate del servizio che andrò a svolgere», e qui padre Patton sembra persino un astronauta pronto ad essere lanciato nello spazio.
Alessandro Giuseppe Porcari
@paceinterra_it
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