Tonsura e continenza. Ragioni taciute della più antica pratica clericale
La prima delle cose che fu abolita, prima ancora del concilio, fu la tonsura, che era il più antico istituto ecclesiastico: una semplice “chierica” per i sacerdoti secolari, quella completa per i sacerdoti regolari. Un arcaismo si disse, i “segni si portano dentro”, ha fatto il suo tempo, e poi è “antiestetica”. Sì certo, sono d’accordo: tutte belle cose.
Il fatto è che la tonsura aveva una funzione pratica che di gran lunga subissava quella simbolica la quale più o meno era una scusa… buona a non scandalizzar i semplici.
Era un marchio che avevi addosso che non andava via, e che segnalava ovunque tu andassi il tuo stato di consacrato e l’obbligo della castità.
Era un marchio che avevi addosso che non andava via, e che segnalava ovunque tu andassi il tuo stato di consacrato e l’obbligo della castità.
Capite bene che era un bell’impiccio per chi volesse farsi i fatti suoi in giro e in incognita: l’abito potevi togliertelo, ma la tonsura?
Nel Settecento si aggirò l’ostacolo agganciando al volo, il clero, una moda civile: l’uso della parrucca. Non è neppure un caso che a na certa, e forse perché veniva meno la moda, infine la parrucca fu proibita agli ecclesiastici. Va segnalato infatti che proprio il Settecento di Casanova sarà quello del raggiunto massimo libertinaggio dell’alto clero. Per via delle parrucche.
Poi si tornò alle teste nude, una volta strappata via la parrucca. E ricominciarono i dolori.
Nel Settecento si aggirò l’ostacolo agganciando al volo, il clero, una moda civile: l’uso della parrucca. Non è neppure un caso che a na certa, e forse perché veniva meno la moda, infine la parrucca fu proibita agli ecclesiastici. Va segnalato infatti che proprio il Settecento di Casanova sarà quello del raggiunto massimo libertinaggio dell’alto clero. Per via delle parrucche.
Poi si tornò alle teste nude, una volta strappata via la parrucca. E ricominciarono i dolori.
Non è un caso che tutta la letteratura disponibile sul tema e l’immaginario sporcaccione o anticlericale si figuri il prete infedele e sensuale come un tipo di mezza età con una vistosa calvizie a mo’ di Gargamella. Non è un caso: i preti pelati non avevano, per ovvie ragioni, l’obbligo della tonsura. E questo fu un problema che molti secoli prima era stato aggirato con la tonsura totale esclusa la striscia di capelli intorno alle tempie, da orecchio a orecchio (vedete ad esempio un santino di Sant’Antonio) dove a tutti, anche ai pelati, i capelli restano seppur in modo residuale.
Infine, a fine anni ’50, Giovanni XXIII la bandisce del tutto, in nome dei tempi. E non fu un caso che solo dieci anni dopo metà del clero (e in alcune nazioni i due terzi) abbandonò pure la tonaca e l’altare: avevano un po’ tutti una relazione peccaminosa con qualche sgualdrina che si era fatta imbrogliare in un primo tempo dalla mancanza di tonsura, che s’aggiungeva anche alla scomparsa dell’abito.
E’ lo stesso Roncalli che nel patetico sinodo romano che precede il Concilio e fece più ridere che altro (card. Oddi dixit), ultimo colpo di coda del pruriginoso moralismo clericale, abolita la tonsura già da tempo, voleva imporre regole restrittive di “disciplina ecclesiastica” per scoraggiare le “mormorazioni” sui preti: ad esempio, se preti, non sedere a tavola con donne (Roncalli non lo permetteva, salvo la domenica, nemmeno alle sue sorelle, che vivevano con lui); non salire in macchina con donne nemmeno se sono sorelle del prete, perché la gente “potrebbe non saperlo e pensar male”, al massimo si potevano accettare a bordo donne molto anziane; non parlassero i preti, e le monache, per strada con gente del sesso opposto e sconosciuti più in generale. Etc etc di questo passo. Roncalli, da vecchio clericale e conservatore, aveva grande diffidenza per le donne, tanto da sfiorare le ginecofobia. Non meraviglia poi che si scatenarono, opera di suoi nemici forse, voci circa la sua omosessualità.
E’ lo stesso Roncalli che da papa manda un ordine a tutti i vescovi del mondo, che sarà l’origine di tanti disastri: “per non scandalizzare i semplici” (ovvio!), non si denunciassero e non si punissero esemplarmente i casi di “abusi dentro gli istituti religiosi” ad opera dei consacrati stessi. Con la raccomandazione di mettere tutto a tacere, al massimo spostare di parrocchia o istituto il reo, quasi sempre recidivo.
Finché ci fu la tonsura, molti preti, religiosi e papi si ricordarono di avere oltre che le pudenda di cui non far uso anche una testa di cui far uso, foss’anche solo per fare da piedistallo alla tonsura, ma ce l’avevano comunque. Tolta la tonsura, ci si scordò oltre che della castità anche della testa: metà clero la perse e si spogliò, in senso proprio e figurato e in ogni senso.
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