venerdì 8 gennaio 2016

ti loderò per sempre

OMELIA 

di congedo da 

Matera-Irsina



Mons. Salvatore Ligorio


                           Signore, mio Dio, ti loderò per sempre (Salmo 29).

Carissimi fratelli e sorelle,

1.In questa solennità dell’Epifania del Signore, celebriamo la “gloria del Signore che si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno”.
L’ Epifania è la festa della luce.”Alzati, rivestiti di luce, perché viene la luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is 60,1).

La Chiesa, con queste parole del profeta Isaia, esprime il contenuto della festa che oggi celebriamo. E’ venuto nel mondo Colui che è la vera Luce, Colui che rende gli uomini luce. Egli dona loro il potere di diventare figli di Dio (cfr. Gv 1,9-12).
Contemplando questo grande Mistero, che dilata il nostro cuore e lo riempie di vera gioia, del quale il Padre ci fa partecipi ancora oggi attraverso la liturgia, il mio congedo da questa amata Chiesa diocesana di Matera-Irsina non può essere per me motivo di tristezza e non lo deve essere neppure per voi, ma esprime un ulteriore passo in avanti che insieme facciamo nella maturazione di fede verso Cristo Gesù “che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia”.

   Siamo operai della sua Vigna e come tali siamo chiamati ad essere al suo servizio, soprattutto mettendoci nelle mani del buon Pastore che discerne per noi i luoghi e i tempi del nostro operare per il Regno di Dio. A noi il compito di mettercela tutta perché la sua Chiesa “sia il luogo della misericordia gratuita, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo”  ( Evangelii Gaudium, 114).

   Sento il bisogno, in questo momento, di porgere un deferente saluto alle Autorità civili e militari presenti.

   Desidero dare un abbraccio, con tutto il cuore, a voi Eccellenze Re.me, a voi miei carissimi Sacerdoti, in particolare a mons. Pierdomenico Di Candia, mio Vicario Generale, e ai collaboratori di Curia, ai Religiosi e Religiose, ai diaconi e a tutti i seminaristi.

Tendo la mano, per un affettuoso saluto, a voi fratelli e figli carissimi, che rappresentate le Comunità parrocchiali, le Associazioni e i Movimenti di questa amata Chiesa di Matera-Irsina, e con voi abbraccio gli anziani, gli ammalati, i carcerati e i “cercatori di Dio”.

   Sono venuto in mezzo a voi con trepidazione, inviato da San Giovanni Paolo II, con un’unica certezza nel mio cuore e nelle mie povere mani, quella di esercitare il ministero episcopale qualificandolo esclusivamente come segno vivente, in mezzo alla Comunità, del Cristo supremo Pastore del popolo di Dio e dell’azione ininterrotta dello Spirito Santo.

   Lascio, in obbedienza a Papa Francesco, questa operosa e cara città di Matera, nella sua attuale espressione di capitale europea della cultura con tutta la  Comunità diocesana, che ho amato e conosciuto bene in tutte le sue potenzialità, attraverso la visita Pastorale, gli incontri personali, i convegni, le feste religiose e tutte le numerose iniziative che hanno scandito il nostro cammino comunitario, sicuro che il servizio svolto, insieme al presbiterio e a tutti voi, sarà moltiplicato, vivendo il dono dell’unità, “a lode e gloria del Signore”.

                                  Siamo venuti per adorare il Signore

2.  La Chiesa, nella solennità dell’Epifania, continua a contemplare e a celebrare il ministero della nascita di Gesù salvatore. In particolare, la ricorrenza odierna rileva la destinazione e il significato universale di questa nascita.

   Facendosi uomo nel grembo di Maria, il Figlio di Dio è venuto non solo per  il popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata dai Magi.

   La Chiesa, in questo giorno solenne, ci invita a meditare e a pregare, attraverso la Parola ascoltata e alla luce del mistero dell’Epifania, in che modo si realizza in Gesù Cristo, la missione di Israele di riunire tutti i popoli della discendenza di Abramo per realizzare la promessa dell’universalismo, “cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere”  (Is 60,3).
Tutti noi siamo venuti, come i pastori e i magi, per adorare il Signore.                              
Ci ha guidato la stella della Chiesa con la sua liturgia, e incontriamo il bimbo, avvolto in fasce, che giace nella semplicità di una mangiatoia, è Cristo Gesù, morto e risorto, che rinnova a ciascuno di noi il mandato universale: “ Andate in tutto il mondo” (Mc 16,15), fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sarete miei testimoni “fino ai confini della terra” (At 1,8), predicando “la conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47).

   La Chiesa nasce con quest’apertura universale, e nel corso dei secoli ha ininterrottamente proclamato e testimoniato con fedeltà il Vangelo, che: “Gesù morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” (1 Cor 15,3-4).

   All’inizio del terzo millennio, però questa missione è ancora lontana dal suo compimento. E’ per questo più che mai attuale oggi il grido dell’apostolo Paolo sull’impegno missionario di ogni battezzato: “ Non è, infatti per me un vanto predicare il vangelo; è una necessità che si impone: guai a me se non predicassi il vangelo” (1 Cor 9,16). Ciò spiega la particolare attenzione che il Magistero dedica a motivare ed a sostenere la missione evangelizzatrice della Chiesa, soprattutto in rapporto alle tradizioni religiose del mondo (Dichiarazione Dominus Iesus, 2).

   Occorre ridestare nei cristiani la certezza intima della verità di quello che si annuncia; bisogna prestare così, più importanza all’oggetto che al soggetto dell’evangelizzazione, al suo contenuto più che alle condizioni in cui essa si svolge.
Ogni evangelizzatore, con Paolo, deve essere “animato da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: ho creduto perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò parliamo” ( Cor 4,13).

   Aver fede è un fiducioso affidarsi a un tu, il quale dà una certezza diversa, ma non meno solida di quella che viene dal calcolo esatto o dalla scienza: è adesione a un tu  che dona speranza e fiducia (cfr. Benedetto XVI, Udienza generale, 24 ottobre 2012).

    Il successo della nuova evangelizzazione dipenderà, quindi, dalla massa di fede che si riuscirà a creare nella Chiesa, tra gli stessi evangelizzatori. Una fede che comprenda una conoscenza delle Sue verità e degli eventi della salvezza, ma che, soprattutto, nasca da un vero incontro con Dio, in Gesù Cristo, dall’amarLo, dal dare fiducia a Lui, così che tutta la vita ne sia coinvolta.

    Dobbiamo scrollarci di dosso ogni senso d’impotenza e di rassegnazione. Abbiamo, è vero, davanti a noi un mondo chiuso nel suo secolarismo, inebriato dai successi della tecnica e dalle possibilità offerte dalla scienza, refrattario all’annuncio evangelico. Ma … forse era meno sicuro di sé e meno refrattario al Vangelo il mondo su cui si affacciavano i primi cristiani, cioè la grecità con la sua sapienza e l’impero romano con la sua potenza? (cfr. Cantalamessa, Come la scia di un vascello).

                                    La Chiesa evangelizzatrice si evangelizza
                                               con la bellezza della liturgia

3.  Lascio a tutti voi, miei carissimi, il compito di continuare ad annunciare il Vangelo di Cristo in quest’amata Chiesa di Matera-Irsina, con la forza dello Spirito e la generosità che ci viene dalla misericordia del Padre. Siamo convinti, nella tradizione del magistero della Chiesa, che la comunità dei credenti non può essere chiusa in se stessa, ma deve sempre caratterizzarsi come Chiesa missionaria.

   Papa Francesco ritiene questo un dinamismo indispensabile per la vita della Chiesa e, nell’esortazione Evangelii Gaudium, dichiara come criterio peculiare che permette di attuarlo, la bellezza della liturgia: “La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi” ( Evangelii Gaudium, 24).

   La bellezza della liturgia, indicata dal Papa, è fonte di rinnovato impulso a donarsi, perché la liturgia è ascolto della Parola; è incontro con Cristo che si fa presente e convoca i battezzati come Chiesa; è riscoperta a vivere nel quotidiano la vocazione battesimale che invia i credenti ad andare in uscita, nella carità, ad annunciare il Vangelo nelle periferie esistenziali della società; è cammino educativo al rispetto per ogni creatura  per l’ambiente in cui viviamo (cfr. Lettera Enciclica Laudato Sì).

   Evangelizzarsi per evangelizzare, sia per la Chiesa ma anche per ogni credente, non sono due momenti successivi ma simultanei.

4.   Per la missione che il Padre ha ritenuto opportuno affidarmi, attraverso l’invito di Papa Francesco, chiedo, a tutti voi, di continuare a pregare per me, in un momento così denso di timore e di gioia.

    Il Signore mi renda sempre più degno e capace di continuare a servirLo nei fratelli e sorelle che mi affida.       

   Alla materna intercessione di Maria SS. della Bruna,  affido tutti voi miei carissimi.
   “In quest’Anno Giubilare - concludo esortandovi con le parole di Papa Francesco – la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente, come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre” (Sal 25,6)”.
                                                                                              (Francesco,  Misericordiae Vultus,”25)          

Matera, 5 gennaio 2016                           
                                                                                                                    + Salvatore Ligorio

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