OMELIA
di congedo da
Matera-Irsina
Mons. Salvatore Ligorio |
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre (Salmo
29).
Carissimi
fratelli e sorelle,
1.In questa solennità dell’Epifania del Signore, celebriamo la “gloria del Signore che si è manifestata e sempre si manifesterà in
mezzo a noi fino al suo ritorno”.
L’ Epifania
è la festa della luce.”Alzati, rivestiti
di luce, perché viene la luce, la gloria del Signore brilla sopra di te” (Is
60,1).
La Chiesa,
con queste parole del profeta Isaia, esprime il contenuto della festa che oggi
celebriamo. E’ venuto nel mondo Colui che
è la vera Luce, Colui che rende gli
uomini luce. Egli dona loro il potere di diventare figli di Dio (cfr. Gv
1,9-12).
Contemplando
questo grande Mistero, che dilata il
nostro cuore e lo riempie di vera gioia, del quale il Padre ci fa partecipi
ancora oggi attraverso la liturgia, il mio congedo da questa amata Chiesa diocesana di Matera-Irsina non può essere per me motivo di tristezza e non lo
deve essere neppure per voi, ma esprime un ulteriore passo in avanti che
insieme facciamo nella maturazione di fede verso Cristo Gesù “che era, che è e che viene, Signore del
tempo e della storia”.
Siamo operai
della sua Vigna e come tali siamo
chiamati ad essere al suo servizio, soprattutto mettendoci nelle mani del buon
Pastore che discerne per noi i luoghi e i tempi del nostro operare per il Regno
di Dio. A noi il compito di mettercela tutta perché la sua Chiesa “sia il luogo della misericordia gratuita,
dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere
secondo la vita buona del Vangelo” (
Evangelii Gaudium, 114).
Sento il bisogno, in questo momento, di
porgere un deferente saluto alle Autorità civili e militari presenti.
Desidero dare un abbraccio, con tutto il
cuore, a voi Eccellenze Re.me, a voi miei carissimi Sacerdoti, in particolare a
mons. Pierdomenico Di Candia, mio Vicario Generale, e ai collaboratori di Curia,
ai Religiosi e Religiose, ai diaconi e a tutti i seminaristi.
Tendo la
mano, per un affettuoso saluto, a voi fratelli e figli carissimi, che
rappresentate le Comunità parrocchiali, le Associazioni e i Movimenti di questa
amata Chiesa di Matera-Irsina, e con
voi abbraccio gli anziani, gli ammalati, i carcerati e i “cercatori di Dio”.
Sono venuto in mezzo a voi con trepidazione,
inviato da San Giovanni Paolo II, con
un’unica certezza nel mio cuore e nelle mie povere mani, quella di esercitare
il ministero episcopale qualificandolo
esclusivamente come segno vivente, in mezzo alla Comunità, del Cristo supremo
Pastore del popolo di Dio e dell’azione ininterrotta dello Spirito Santo.
Lascio, in obbedienza a Papa Francesco, questa operosa e cara città di Matera, nella sua
attuale espressione di capitale europea della cultura con tutta la Comunità diocesana, che ho amato e conosciuto
bene in tutte le sue potenzialità, attraverso la visita Pastorale, gli incontri
personali, i convegni, le feste religiose e tutte le numerose iniziative che
hanno scandito il nostro cammino comunitario, sicuro che il servizio svolto,
insieme al presbiterio e a tutti voi, sarà moltiplicato, vivendo il dono
dell’unità, “a lode e gloria del
Signore”.
Siamo venuti per adorare il Signore
2. La Chiesa,
nella solennità dell’Epifania, continua a contemplare e a celebrare il
ministero della nascita di Gesù
salvatore. In particolare, la ricorrenza odierna rileva la destinazione e
il significato universale di questa nascita.
Facendosi uomo nel grembo di Maria, il
Figlio di Dio è venuto non solo per il
popolo d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera
umanità, rappresentata dai Magi.
La Chiesa, in questo giorno solenne, ci
invita a meditare e a pregare, attraverso la Parola ascoltata e alla luce del
mistero dell’Epifania, in che modo si realizza in Gesù Cristo, la missione di
Israele di riunire tutti i popoli della discendenza di Abramo per realizzare la
promessa dell’universalismo, “cammineranno
le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60,3).
Tutti noi siamo
venuti, come i pastori e i magi, per adorare il Signore.
Ci ha
guidato la stella della Chiesa con la sua liturgia, e incontriamo il bimbo, avvolto in fasce, che giace nella
semplicità di una mangiatoia, è Cristo Gesù, morto e risorto, che rinnova a
ciascuno di noi il mandato universale: “ Andate
in tutto il mondo” (Mc
16,15), “fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19), sarete miei testimoni “fino ai confini della terra” (At 1,8), predicando “la
conversione e il perdono dei peccati” (Lc 24,47).
La Chiesa nasce con quest’apertura
universale, e nel corso dei secoli ha ininterrottamente proclamato e
testimoniato con fedeltà il Vangelo, che: “Gesù
morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto
il terzo giorno secondo le Scritture” (1 Cor 15,3-4).
All’inizio del terzo millennio, però questa
missione è ancora lontana dal suo compimento. E’ per questo più che mai attuale
oggi il grido dell’apostolo Paolo sull’impegno missionario di ogni battezzato:
“ Non è, infatti per me un vanto
predicare il vangelo; è una necessità che si impone: guai a me se non
predicassi il vangelo” (1 Cor 9,16). Ciò spiega la particolare attenzione che il Magistero dedica
a motivare ed a sostenere la missione evangelizzatrice della Chiesa,
soprattutto in rapporto alle tradizioni religiose del mondo (Dichiarazione
Dominus Iesus, 2).
Occorre ridestare nei cristiani la certezza
intima della verità di quello che si
annuncia; bisogna prestare così, più importanza all’oggetto che al soggetto dell’evangelizzazione,
al suo contenuto più che alle condizioni in cui essa si svolge.
Ogni
evangelizzatore, con Paolo, deve essere
“animato da quello stesso spirito di fede
di cui sta scritto: ho creduto perciò ho parlato, anche noi crediamo e perciò
parliamo” ( Cor 4,13).
Aver fede è un fiducioso affidarsi a un tu, il quale dà una certezza diversa, ma
non meno solida di quella che viene dal calcolo esatto o dalla scienza: è
adesione a un tu che dona speranza e fiducia (cfr.
Benedetto XVI, Udienza generale, 24 ottobre 2012).
Il successo della nuova evangelizzazione dipenderà, quindi, dalla massa di fede che si riuscirà a creare
nella Chiesa, tra gli stessi evangelizzatori. Una fede che comprenda una
conoscenza delle Sue verità e degli eventi della salvezza, ma che, soprattutto,
nasca da un vero incontro con Dio, in Gesù Cristo, dall’amarLo, dal dare
fiducia a Lui, così che tutta la vita ne sia coinvolta.
Dobbiamo scrollarci di dosso ogni senso
d’impotenza e di rassegnazione. Abbiamo, è vero, davanti a noi un mondo chiuso
nel suo secolarismo, inebriato dai successi della tecnica e dalle possibilità
offerte dalla scienza, refrattario all’annuncio evangelico. Ma … forse era meno
sicuro di sé e meno refrattario al Vangelo il mondo su cui si affacciavano i
primi cristiani, cioè la grecità con la sua sapienza e l’impero romano con la
sua potenza? (cfr. Cantalamessa, Come la scia di un vascello).
La Chiesa evangelizzatrice si evangelizza
con la bellezza della liturgia
3.
Lascio a
tutti voi, miei carissimi, il compito di continuare ad annunciare il Vangelo di
Cristo in quest’amata Chiesa di
Matera-Irsina, con la forza dello
Spirito e la generosità che ci viene
dalla misericordia del Padre. Siamo convinti, nella tradizione del magistero della Chiesa, che la comunità
dei credenti non può essere chiusa in se stessa, ma deve sempre caratterizzarsi
come Chiesa missionaria.
Papa Francesco ritiene questo un dinamismo indispensabile per la vita della Chiesa e,
nell’esortazione Evangelii Gaudium, dichiara
come criterio peculiare che permette di attuarlo, la bellezza della liturgia: “La Chiesa evangelizza e si evangelizza con
la bellezza della Liturgia, la quale è anche celebrazione dell’attività
evangelizzatrice e fonte di un rinnovato impulso a donarsi” (
Evangelii Gaudium, 24).
La bellezza della liturgia, indicata dal Papa, è fonte di rinnovato impulso a
donarsi, perché la liturgia è ascolto della
Parola; è incontro con Cristo che si
fa presente e convoca i battezzati come Chiesa; è riscoperta a vivere nel quotidiano la vocazione battesimale che
invia i credenti ad andare in uscita, nella
carità, ad annunciare il Vangelo nelle periferie
esistenziali della società; è cammino
educativo al rispetto per ogni creatura
per l’ambiente in cui viviamo (cfr. Lettera Enciclica Laudato Sì).
Evangelizzarsi
per evangelizzare, sia per la
Chiesa ma anche per ogni credente, non sono due momenti successivi ma
simultanei.
4.
Per la
missione che il Padre ha ritenuto
opportuno affidarmi, attraverso l’invito di Papa
Francesco, chiedo, a tutti voi, di continuare a pregare per me, in un
momento così denso di timore e di gioia.
Il
Signore mi renda sempre più degno e capace di continuare a servirLo nei
fratelli e sorelle che mi affida.
Alla materna intercessione di Maria SS. della Bruna, affido tutti voi miei carissimi.
“In quest’Anno Giubilare - concludo esortandovi con le parole di Papa Francesco – la Chiesa si faccia eco della Parola di Dio
che risuona forte e convincente, come una parola e un gesto di perdono, di
sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia
sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni
uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da
sempre” (Sal 25,6)”.
(Francesco,
Misericordiae Vultus,”25)
Matera, 5
gennaio 2016
+ Salvatore Ligorio
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