LA REALTA’ DEL SINODO
E IL DELIRIO DEI TURIFERARI
di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 27 ottobre 2015
Si tirano le somme del
secondo Sinodo sulla famiglia, in cui la maggioranza ‘conservatrice’ in
sostanza non si è lasciata intimidire da una campagna mediatica di violenza
inaudita. Una Relazione finale equilibrata, approfondita, che sui divorziati
risposati – per la preoccupazione di non intaccare l’unità della Chiesa –
contiene però qualche considerazione che può apparire ambigua. I ‘progressisti’
sconfitti cercano di rovesciare l’esito, imponendo la loro lettura mendace e
causando già grande smarrimento nelle parrocchie.
E così si è conclusa anche
la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi - in realtà l’ultima
parte (solo per ora) di un ciclo incominciato nel febbraio del 2014 con il
concistoro caratterizzato dalla relazione “aperturista” del tedesco Walter
Kasper. La Relazione finale (criticata duramente nella sua prima versione
consegnata ai padri il giovedì sera e poi profondamente modificata) è stata
approvata in tutti i punti con i due terzi dei voti necessari ed è stata
offerta come elemento per “un documento sulla famiglia” a papa Francesco. Il
quale, nel suo intervento conclusivo in aula - certo non entusiasta del
documento a lui presentato – ha scelto di bacchettare con durezza insistita
quei padri (tanti, in realtà la maggioranza) che avevano dimostrato con
coraggio di non condividere certi suoi progetti di una Chiesa ‘rinnovata’.
In effetti, scorrendo con
onestà giornalistica la Relazione finale, ai “progressisti” – che avevano
affrontato con la consueta baldanza, certi della loro conclamata superiorità
intellettuale e morale, l’inizio del Sinodo – si sarebbe ben adattato il detto
“Andarono per suonare e furono suonati”, con conseguente rovinosa ritirata di
pifferi e tamburi, trombettiere, gazzettieri, Capitani, Fanti e Cavalleri con i
loro poveri ronzini. Tanto che in Sala Stampa vaticana sabato pomeriggio
qualche “progressista” non d’accatto e d’antico pelo si struggeva sconsolato:
“Fallimento, fallimento… a che cosa sono serviti questi due anni di impegno…
che cosa sono venuti a fare per tre settimane i padri sinodali? Non abbiamo
ottenuto nulla, nulla!”
TURIFERARI AL LAVORO
Eppure da subito altri
“progressisti” mediatici, stavolta spesso d’accatto, imponevano la loro lettura
del documento. Chi sono questi altri? Fanno parte di una categoria numericamente
non irrilevante nel giornalismo italiano, quella che più precisamente viene
definita dei “turiferari”. Turiferario (dal latino tus,
turis – incenso
e fero, fers, tuli, latum, ferre – portare) è colui che inonda
il Paese dei profumi del potere. Tre le sottocategorie: il turiferario per
vocazione, sempre e comunque ossequiente ai voleri del Capo; il turiferario per
scelta opportunistica (sovente gran navigatore, in altri casi voltagabbana
pensoso); il turiferario per necessità (e lì comprendiamo la situazione).
Allora… che lettura hanno dato i numerosi turiferari annidati in tante
redazioni (cattoliche comprese), cartacee, online, radio-televisive? Qualche
esempio attraverso i titoli imposti a lettori, ascoltatori, telespettatori,
internauti: “Ostia a divorziati passa con 1 voto di scarto”, “Approvato il
Documento finale: passa con un voto il sì ai divorziati”, “Sinodo, la comunione
ai divorziati risposati passa per soli due voti”; “Sinodo, sì ai divorziati per
un solo voto”, “Comunione ai divorziati: Sì del Sinodo, per un voto”. Da notare
subito la disinvoltura nell’uso del termine “divorziati”, spesso senza
l’essenziale specificazione “risposati”. Ma soprattutto è da evidenziare la
falsità della notizia, come vedremo tra poco.
Nei commenti in genere
autocompiaciuta soddisfazione, molta irrisione e acidità verso i ‘conservatori’
dichiarati sconfitti. Anche veri e propri deliri. Un paio di esempi: “Al Sinodo
burattinai e burattini mediatici applicano questa spregevole e spregiudicata
tecnica militare”. Quale? “La guerriglia”, cioè “ricorrono al terrorismo,
disseminano bombe, agguati e trappole lungo il percorso del nemico destinato a
trionfare. E lo fanno usurpando il nome di Dio come accade in Afghanistan, Iraq
e Siria”. Pensate che sia finita? Per niente, godetevi anche questa: “Ancora
una volta atei devoti, teocon, sedicenti tradizionalisti, reazionari,
cristianisti senza Cristo, ultraconservatori e compagni di merende vari avevano
fatto i conti senza l’oste” (sembra di capire che l’oste/castigamatti è papa
Francesco). C’è chi poi, tra i turiferari, vorrebbe in cuor suo il cardinale
Sarah dietro le sbarre, in pigiama a righe: (a proposito di Sinodo, coppie
omosessuali e Chiesa) “Nei casi migliori non vi è stata volontà di affrontare
la questione, nei casi peggiori si sono sentiti in aula discorsi che avrebbero
avuto rilievo penale in alcune democrazie occidentali (il discorso del
cardinale Sarah)”.
L’INTERVENTO DI FINE
SINODO DEL PAPA
CONTRO i "DURI DI CUORE"
Chiediamoci: i titoli
massmediatici corrispondono alla realtà sinodale? E’ stata veramente votata la
“comunione ai divorziati risposati”? E’ proprio vero che la maggioranza del
Sinodo ha dato ‘luce verde’ alla ‘Chiesa rinnovata’, prefigurata da papa
Francesco?
Già fa pensare che nel suo
intervento in aula alla fine del Sinodo Jorge Mario Bergoglio in due paginette
abbia insistito tanto su uno dei suoi temi preferiti, la “durezza di cuore” dei
“rigoristi”. La domanda che il Papa si pone è: “Che cosa significherà per la
Chiesa concludere questo Sinodo dedicato alla famiglia?”. Tra le risposte
eccone alcune: “Significa aver testimoniato a tutti che il Vangelo rimane per
la Chiesa la fonte viva di eterna novità, contro chi vuole ‘indottrinarlo’ in
pietre morte da scagliare contro gli altri”; “Significa aver
spogliato i cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli
insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla
cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i
casi difficili e le famiglie ferite”; “Significa aver affermato
che la Chiesa è Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca del
perdono e non solo dei giusti e dei santi, anzi
dei giusti e dei santi quando si sentono poveri e peccatori”;
“Significa aver cercato di aprire gli orizzonti per
superare ogni ermeneutica cospirativa o chiusura di prospettive (…) per trasmettere la bellezza
della Novità cristiana, qualche volta coperta dalla ruggine di
un linguaggio arcaico o semplicemente non comprensibile”.
Ancora: “Nel cammino di questo Sinodo le
opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con
metodi non del tutto benevoli (NdR: sembra o no un riferimento
pungente alla lettera del gruppo di cardinali, che – firmandosi con nome e
cognome - avevano espresso le loro paure per una rinnovata manipolazione del
Sinodo?) hanno
certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una
Chiesa che non usa ‘moduli preconfezionati’,
ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare
i cuori inariditi”.
Infine: “Cari Confratelli,
l’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i
veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera, ma lo
spirito; non le idee, ma l’uomo; non le formule, ma la gratuità dell’amore di
Dio e del suo perdono”.
Fin qui il Papa,
verosimilmente poco entusiasta della Relazione finale, dati i numerosi
‘cartellini gialli’ (forse in attesa dei ‘rossi’) distribuiti al fronte
‘conservatore’. Che era maggioranza. Su che cosa fondiamo l’asserzione? Sul
voto per l’elezione del Consiglio sinodale e sul documento conclusivo.
‘CONSERVATORI’ IN TESTA
ALLE ELEZIONI
DEL CONSIGLIO SINODALE
Consiglio sinodale: dodici dei quindici membri sono eletti dal Sinodo, gli altri tre
dal Papa. Il voto, svoltosi il 22 ottobre, ha mostrato la conferma della forza
dei ‘conservatori’: in testa l’arcivescovo di Filadelfia Chaput, poi i
cardinali Sarah, Pell, Napier (tre dei firmatari della famosa lettera, fatti
oggetti di attacchi forsennati da parte dei turiferari… un vero boomerang per gli aspiranti killer mediatici), il cardinale
canadese Ouellet (altro ‘conservatore’), l’africano del Gabon Madega
Lebouakehan. Gli altri, ‘centristi’ o ‘progressisti’ più o meno moderati sono i
cardinali Rodriguez Maradiaga, Tagle, Gracias, Schönborn, Nichols e
l’arcivescovo italiano Bruno Forte, che ha approfittato della discesa in campo
di due candidati ‘conservatori’ italiani, i cardinali Caffarra e Scola (ma si
può essere così elettoralmente sprovveduti?).
NELLA RELAZIONE FINALE
IL
DOVERE MORALE DELL’OBIEZIONE DI COSCIENZA
ALL’ABORTO E AL ‘GENDER’
Relazione finale: se si legge attentamente il testo approvato, si nota in primo
luogo un suo ampio respiro di fondo: la famiglia viene considerata in tutta la
complessità che si riscontra quotidianamente nella nostra società, nei suoi
aspetti positivi e nei problemi di ogni genere con cui è confrontata. Si
ribadisce dappertutto che la famiglia è formata da un uomo e una donna aperti
alla vita. Si evidenziano le tante famiglie che vivono, lottano e soffrono tra
difficoltà grandi e piccole, cercando di restare fedeli alla dottrina
cattolica.
Si critica l’ideologia del gender,
“che svuota la base antropologica della famiglia”; al paragrafo 76 (approvato
con 247 voti contro 14) si legittima l’obiezione di coscienza degli educatori
“contro progetti formativi che presentano contenuti in contrasto con la visione
umana e cristiana”; al paragrafo 76 (approvato con 221 voti contro 37) si
chiede attenzione per le famiglie al cui interno “vivono persone con tendenza
omosessuale”, si nega una pur remota analogia tra unioni omosessuali e “il
disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”, si ritiene “inaccettabile” che le
Chiese locali “subiscano delle pressioni in questa materia” e che “gli
organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri
all’introduzione di legge che istituiscano il ‘matrimonio’ fra persone dello
stesso sesso”. Non manca al paragrafo 64 (approvato con 247 voti contro 11), a
proposito di aborto, un richiamo forte agli operatori nelle strutture
sanitarie; a loro “si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza”.
I PARAGRAFI SUI DIVORZIATI
RISPOSATI
Veniamo ai paragrafi sui
“divorziati risposati”. Qui bisogna ricordare che
tra i padri sinodali ce n’erano non meno di 45 (il 17%, un vero e inaudito
record) nominati direttamente da papa Bergoglio e in gran parte favorevoli alla
sua idea di Chiesa ‘rinnovata’ (tra loro ad esempio il molto controverso
cardinale belga Danneels). Questi 45 hanno certo pesato nei voti più
contrastati.
Il paragrafo
85 (approvato con
178 voti contro 80, un voto in più della maggioranza richiesta) cita il
paragrafo 84 della Familiaris Consortiodi
Giovanni Paolo II: Sappiano i pastori che, per amore
della verità. Sono obbligati a ben discernere le situazioni. C’è infatti
differenza tra quanti sinceramente si sono sforzati di salvare il primo
matrimonio e sono stati abbandonati del tutto ingiustamente, e quanti per loro
grave colpa hanno distrutto un matrimonio canonicamente valido. Ci sono infine
coloro che hanno contratto una seconda unione in vista dell’educazione dei figli,
e talvolta sono soggettivamente certi in coscienza che il precedente
matrimonio, irreparabilmente distrutto, non era ma stato valido.
Continua la Relazione finale del Sinodo 2015: “E’ quindi compito dei presbiteri
accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo
l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo. In questo momento
sarà utile fare l’esame di coscienza, tramite momenti di riflessione e di
pentimento”. Ecco le parole giuste che, indipendentemente dalla volontà di chi
ha votato il testo, servono – agganciandosi alle considerazioni di Giovanni
Paolo II - per intaccare la dottrina sociale in materia di matrimonio:
“discernimento” e “coscienza”. Il fatto è che, nello stesso paragrafo
84 della Familiaris Consortio Giovanni Paolo II continua: La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua
prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione
eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal
momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono
oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e
attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si
ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in
errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del
matrimonio.
Come si nota, la citazione
di Giovanni Paolo II per giustificare l’ammissione dei divorziati risposati
alla Comunione non trova fondamento nel magistero del papa polacco. Sembra
evidente che uno degli esperti che hanno collaborato con la Commissione
sinodale di redazione e che hanno materialmente preparato il testo abbia
volutamente taciuto quello che verosimilmente conosceva e che avrebbe potuto
vanificare la vulgata ‘progressista’ (cioè il ‘no’ chiaro alla richiesta
citata). Difficile che tale esperto fosse straniero, più verosimile che fosse
un italiano ben introdotto presso la Segreteria del Sinodo dei vescovi, abile
cesellatore di testi al servizio della ‘Buona Causa’. A proposito, un’altra
‘stranezza’: nell’Instrumentum
laboris al
discusso paragrafo 137 riguardante l’Humanae
vitae si
mettevano sullo stesso piano la norma e la coscienza individuale, mirando a
conciliarle. Nella Relazione finale 2015 invece l’Humanae
vitae ha perso
l’aggiunta contestata e il tema della coscienza, del ‘discernimento’ è stato
‘spostato’ interamente nei paragrafi sui ‘divorziati risposati’: mossa tattica
in vista di un traguardo ritenuto più importante?
Clamoroso è poi quanto
accaduto con il paragrafo 86 della Relazione finale 2015. Il quale
così suona: Il percorso di accompagnamento e
discernimento orienta questi fedeli (NdR: i divorziati risposati) alla presa di
coscienza della loro situazione davanti a Dio. Il colloquio con il sacerdote,
in foro interno (NdR: leggi “in confessione”), concorre
alla formazione di un giudizio corretto su ciò che ostacola la possibilità di
una più piena partecipazione alla vita della Chiesa e sui passi che possono
favorirla e farla crescere. Dato che nella stessa legge non c’è gradualità,
questo discernimento non potrà mai prescindere dalle esigenze di verità e di
carità del Vangelo proposte dalla Chiesa. (…). Domanda: guardate bene… trovate
nel testo un qualsiasi accenno all’ammissione alla Comunione dei divorziati
risposati?
Eppure il paragrafo 86 si
ispira a un passo della relazione del Circolo minore di lingua tedesca sulla
terza parte dell’Instrumentum
laboris:Questo
cammino di riflessione e di penitenza, esaminando la situazione oggettiva nel
dialogo con il confessore, può contribuire, nel forum internum, a prendere coscienza e a chiarire in
che misura è possibile l’accesso ai sacramenti. (…). Non si può non notare
che dal testo sinodale è sparito qualsiasi riferimento all’accesso ai
sacramenti. Perché? Non avrebbe mai raggiunto non solo la maggioranza
qualificata, ma nemmeno quella assoluta.
CONCLUSIONE: MAGGIORANZA
‘CONSERVATRICE’,
MA FORZATURE ‘PROGRESSISTE’
POTENZIALMENTE DEVASTANTI
Che la maggioranza del
Sinodo fosse ‘conservatrice’ ci sembra dunque assodato, guardando sia ai
risultati del voto per il Consiglio sinodale che ai contenuti della Relazione
finale, in particolare per il ‘no’ chiaro a ogni forma di riconoscimento
ecclesiale di unioni tra persone dello stesso sesso (argomento che nemmeno si è
voluto prendere in considerazione), il richiamo al dovere dell’obiezione di
coscienza in materia di ideologia del gender e di aborto, l’assenza di ogni
riferimento all’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati.
Tuttavia… quei paragrafi
segnati dalla preoccupazione per l’unità della Chiesa… Uscendo dalla Sala stampa vaticana sabato 24 alle due, il
cardinale Schönborn ha postillato una risposta che aveva dato a una nostra
domanda durante il consueto briefing: gli avevamo
chiesto se non temesse una ‘protestantizzazione’ del cattolicesimo nel caso in
cui si concretizzasse l’annunciato decentramento (competenze pastorali e anche de
facto dottrinali
accresciute a conferenze episcopali continentali, nazionali, diocesi) ovvero
l’indebolimento dell’unità della Chiesa. In sala aveva negato il timore. Ma
fuori ha rilevato che nella domanda c’era una “giusta preoccupazione”.
E’, pensiamo, la stessa
preoccupazione – quella di mostrare pubblicamente una Chiesa sostanzialmente
ancora unita - che ha portato parte della maggioranza sinodale conservatrice ad
accettare i paragrafi della Relazione finale riguardanti i divorziati
risposati. Ripetiamo: in essi non c’è alcun accenno all’ammissione di tali
persone alla Comunione. Ma il termine discernimento e l’espressione foro
interno hanno
indubbiamente offerto la possibilità ai ‘progressisti’ di forzare la mano, con
l’aiuto dei tanti turiferari mediatici. Tanto che il generale
dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolas, già annunciava lunedì 26 al Corriere
della Sera, a proposito della Relazione finale: “E’ un documento che lascia le mani
libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o
necessario. Nella mente di tutti, in commissione (NdR: quella di redazione, nominata dal
Papa, a forte maggioranza ‘progressista’) c’era l’idea di preparare un
documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o
uscire, fare come crede”
Intanto i turiferari un
grave danno l’hanno già provocato con le falsità propalate per il bene della
‘Causa’: in diverse parrocchie i parroci non sanno come rispondere a chi, in
situazione canonicamente irregolare, chiede di poter ricevere la comunione.
Certo, se rispondessero che non è possibile, rischierebbero di essere
catalogati subito tra i ‘duri di cuore’, tra gli ‘anti-Francesco’. E’ una
situazione questa oggettivamente di grande confusione, che crea d’altra parte
forti reazioni negative nei tanti cattolici praticanti che fin qui hanno sempre
cercato di attenersi, magari tra mille difficoltà, alla dottrina cattolica
vigente. Il momento è grave e le provocazioni ‘progressiste’ e poco,
pochissimo, per niente ‘misericordiose’ non fanno altro che appesantirlo
ulteriormente. E’ sempre più evidente che la questione va anche oltre
l’ammissione alla Comunione dei divorziati risposati, un tema che si può
considerare un vero e proprio cavallo di Troia per introdurre novità devastanti
nel cattolicesimo mondiale. Ne siamo tutti ben coscienti?
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