la virilità guerriera della vita cristiana,
perderemo contro l’islamismo»
Ferdinand Theodor Hildebrandt |
«Se non riscopriremo la
virilità guerriera della vita cristiana, perderemo contro l’islamismo, dal
punto di vista spirituale e materiale». All’indomani della strage di Parigi, il
filosofo francese Fabrice Hadjadj ha
scritto per Famille Chrétienne una
tribuna, che è una vera e propria chiamata alle armi.
«ERAVAMO RAMMOLLITI». La
Francia (ma si potrebbe anche parlare di Occidente),
esordisce Hadjadj, non ha perso la sua battaglia contro l’Isis nel momento
in cui gli attentatori si sono fatti saltare in aria. La guerra l’aveva già
persa da tempo: «Noi ci eravamo rammolliti, avevamo perso ogni virilità,
ridotti allo stato di bambini viziati, di marionette preoccupate dal nostro cardiogramma,
pupazzi consumatori di pornografia». Addormentati «nel conforto e nel
successo», ci siamo accontentati «di una pace imposta», poco importa «a
quale prezzo di devastazione e “danni collaterali”».
LA VITA CRISTIANA. Pur
avendola scansata in ogni modo, «la guerra ci ha raggiunto. Questo è già
qualcosa se vogliamo risvegliarci. Ma noi vinceremo questa guerra? Combatteremo
la “buona battaglia”, secondo l’espressione di san Paolo?». La vita cristiana,
insiste il filosofo, «è dominata dalla figura dell’amore, del fratello, del
figlio, di chi dialoga e compatisce. Ma noi non possiamo più nascondere la
dimensione del guerriero. Il guerriero le cui armi sono prima di tutto
spirituali, ma non solo. (…) La vita è comunione prima di essere guerra,
dono prima di essere lotta. Ma poiché questa vita è ferita all’origine,
continuamente attaccata dal Maligno, bisogna lottare per il dono, combattere
per la comunione, prendere il gladio per estendere il Regno dell’amore».
LA FORZA DELL’ISIS. Hadjadj
non invoca una nuova crociata, ma invita a riscoprire una dimensione ormai
dimenticata del cristianesimo, «ridotto a consigli gentili di morale civica».
«Qual è il vero campo di battaglia?». Ce lo insegna lo stesso Stato
islamico: «Alcuni ci vorrebbero far credere che la forza dei terroristi di
venerdì 13 scorso consiste nell’essere stati addestrati, formati nei campi di
Daesh». Ma non è così. La «forza di distruzione» dei terroristi islamici,
«pronta a esplodere in qualunque momento e luogo, non è la loro abilità militare,
ma la forza morale».
«DARE LA VITA». Cosa
abbiamo noi da «opporre»? Oggi i nostri «valori» possono al massimo «riunire un
esercito di consumatori» ma la vera sfida è quella di «una fede che sa
affermare un vero martire – contro la parodia diabolica del martire che è un
attentatore suicida». «Il comunicato di Daesh – conclude il filosofo – che
rivendica “l’attacco benedetto” parla di Parigi come della capitale “che porta
la bandiera della croce in Europa”. Quanto mi piacerebbe che fosse così. La
guerra è qui: nel coraggio di avere una speranza così forte che ci renda
in grado di dare la vita».
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