Martin
Lutero Eretico
Omicida-Suicida
Testo
integrale dell'articolo del sac. dott. Luigi Villa: Martin Lutero omicida e
suicida, apparso sul numero 258 della Rivista Chiesa Viva. Dal sito http://www.cattolicesimo.eu/index.php?
pid=206
Quindi
si potrebbe dire che Lutero è all'inferno! Ed eccone i motivi principali: egli
fu "omicida", ed è per questo che Lutero dovette rifugiarsi in un
convento, come vedremo più avanti; e morì "suicida", dopo una ennesima
orgia serale! Ma prima tratteggiamo, in breve, la sua vita.
Lutero
nacque a Eisleben, in Sassonia, il 10 novembre 1483. Era figlio di un minatore.
La famiglia si trasferì a Mansfeld, la città dei minatori, sei mesi dopo la sua
nascita. Qui, Martino vi trascorse i suoi primi 14 anni frequentando le scuole
private locali. In seguito frequenterà, per un anno, la scuola capitolare dei
canonici, in Magdeburgo e, l'anno dopo, la scuola di S. Giorgio, ad Eisenach.
All'età di 18 anni entrava all'università di Erfurt per studiarvi filosofia e
diritto. Era l'anno 1501. Nel 1505 era già Magister Artium, ossia Dottore in
Filosofia. Nello stesso anno, a maggio, iniziava lo studio del Diritto, ma vi
durò solo per sei settimane, circa! Ora passiamo a quella sua "entrata in
religione", il 2 luglio 1505, che avvenne «non tanto perché attratto,
quanto trascinato»! ("non tam tractus quam raptus"); e questo non per
un trauma dovuto a un violentissimo uragano, vicino a Stotternheim, in cui
sarebbe mancato poco che non vi perisse (1), ma perché...
Qui,
ci mettiamo sulle orme del giurista Dietrich Emme che, nel 1983, pubblicò un
suo libro dal titolo: Martin Luther, Seine Jugend und Studienzeit 1483-1505.
Eine dokumentarische Darstelleng (= Martin Lutero: La giovinezza e gli anni di
studio dal 1483 al 1505. Bonn 1983, Dm 69) (2).
1°
Martin Lutero "omicida"
Ebbene,
in quel suo libro, il dott. Dietrich Emme afferma che Lutero entrò in convento
solo per non cadere sotto gravi sanzioni giuridiche, che gli sarebbero incorse
dopo che egli avrebbe ucciso, in duello, un suo collega di studi. L'Autore del
libro su indicato così descrive il "fatto" che noi, qui, sunteggiamo:
Lutero - scrive - non si ferì da solo, ma perché si era battuto in duello con
quel compagno. Allora, Lutero era Bacelliere della facoltà di Filosofia. In
seguito a questo duello, comunque, dovette abbandonare la celebre "Burse
Porta-Coeli" di Effurt (del collegioAmplonianum) e andare a rifugiarsi
nella poco stimata "Burse" di San Giorgio.
Qui,
bisogna sapere che gli studenti già graduati - a partire dal Bacellierato -
avevano il diritto di portare la spada, ma non potevano farne uso, pena un
grave castigo. Tutti gli universitari, perciò, dovevano giurare di
sottomettersi a quest'ordine. Tuttavia, i litigi tra loro, anche a mano armata,
erano assai frequenti.
Perfino
le dispute degli esami, spesso venivano continuate con la spada. Per questo,
gli esaminandi, prima dell'esame, dovevano giurare di non vendicarsi per le
"note" ricevute! Ma nei libri dei Decanati delle Università
medioevali vi figurano molti decessi di universitari dopo gli esami, proprio
per l'uso delle armi!
Ora,
subito dopo che Lutero ebbe dato il suo esame di Magister della facoltà
filosofica, avvenne una morte misteriosa: quella di un certo Jéróme Buntz, che
aveva dato anch'egli, con esito positivo, il suo esame di Magister, assieme a
Lutero e ad altri 15 candidati. Ebbene, costui morì proprio tra l'esame e la
promozione a Magister! L'Autore sopra citato scrive che furono proprio Lutero e
Buntz a scontrarsi in duello, e che fu Lutero a ferire mortalmente il compagno!
(Necessità di difesa? ...azione passionale?...).
Da
tener presente che Lutero si era già battuto in un altro duello - come abbiamo
già detto - vicino a Erfurt, da cui era uscito malconcio; ma, con questo
secondo duello, in cui uccise il suo collega di studi, Jéròme Buntz, oltre che
incorrere in due scomuniche, Lutero, per sfuggire alla condanna a morte, andò
dal suo protettore ed amico Johannes Braun, vicario collegiale a Eisenach, per
chiedergli consiglio. Fu nel giugno 1505. Braun lo sollecitò ad entrare in un
Ordine religioso, proprio per evitare un processo giudiziario! E così Lutero,
il 17 luglio 1505, riparò nel convento degli Eremiti Agostiniani, allora coperto
dal "diritto d'asilo"! (3)
Qui,
vorrei ricordare il famoso Ludovico di manzoniana memoria, che riparò anch'egli
in un convento - dopo aver fatto un "occhiello nel ventre" di quel
"signorotto"! - da dove, però, pentito e rinnovato nello spirito, uscì
col nome di "Fra Cristoforo" di santa memoria! Lutero, invece, si
farà anch'egli, sì, “frate", ma, benché reo confesso del suo delitto,
rimase sempre un frate inquieto e turbato! Lo dirà lui stesso in una sua
predica dell'anno 1529:
«Ego
fui, ego monachus, der mit Ernst fromm wollt sein. Sed je tieffer ich hin ein
gangen bin, yhe ein grosser bub et homicida fui» (- Io fui, io monaco, che
voleva essere seriamente pio. Invece, sprofondai ancor di più: io sono stato un
grande mascalzone e omicida - WA W 29, 50,18).
E
in un altro discorso conviviale di Lutero, trascritto da Veit Dietrich, si
legge: «Singulari
Dei
consilio factum sum monachus, ne me caperent. Alioqui, essem facillime captus.
Sic autem non poterant, quiaes nahm sich der ganze orden mein an» (= Per un
singolare consiglio di Dio sono divenuto monaco affinché non mi arrestassero.
Altrimenti, sarei stato facilmente arrestato! Ma così non poterono, poiché
tutto l'Ordine si occupava di me - WA Tr 1, 134, 32). L'edizione (delle opere
di Lutero) di Weimar si apre col suo primo Trattato, redatto da lui stesso, che
inizia così: «Tractatulus doctoris Martini Lutherii, Ordinari Universitatis
Wittembergensis. De his qui ad ecclesias confugiunt tam indicibus secularibus
quam Ecclesiae Rectoribus et Monasteriorum Prelatis perutilis» (= Un breve
Trattato del dott. Martino Lutero, ordinario dell'università di Wittenberg, su
coloro che fuggono nelle chiese; assai utile per i giudici secolari come per i
rettori ecclesiastici e prelati dei monasteri).
Questo
trattatello anonimo vide la luce nel 1517, mentre l'edizione del 1520 apparve
col nome di Lutero. Ora, tutto fa pensare che quel Trattatello fu stampato, per
la prima volta, proprio nello stesso anno che Lutero espose le sue 95 tesi,
allo scopo di una giustificazione personale. Difatti, in esso vi si fa menzione
che, secondo la legge di Mosè, chi uccide un uomo senza essergli stato nemico,
per errore e senza premeditazione, non è reo di morte! (4)
2°
Martin Lutero "suicida"
Abbiamo
già detto che Lutero, nonostante si fosse fatto "frate", non ebbe mai
pace interiore, ma attraversò continui periodi di crisi, di lotte morali e di
angosce di spirito spaventose. Anche questo può far pensare che la sua entrata
in religione sia stata il frutto di una "vocazione" molto
discutibile, e piuttosto il risultato della paura di un sicuro processo e di
una sicura condanna, anche a morte, e non certo, quindi, una chiamata divina,
né un bisogno interiore di solitudine e di preghiera! Una crisi, quindi, la
sua, che si fece sempre più accentuata con l'andare degli anni, fino a portarlo
... al suicidio! Lo psicanalista M. Roland Dalbiez, nel suo studio su
"L'angoscia di Lutero", gli attribuisce «...una nevrosi d'angoscia
gravissima, talmente grave che ci si può domandare se essa non sia dovuta a uno
stato-limite alle frontiere tra la nevrosi, da una parte, e il "raptus
suicida", dall'altra parte, un automatismo teleologico anti-suicida». È un
testo di uno psicanalista, questo, sulle orme del pensiero di Freud, che
vorrebbe insinuare una "non libertà" di un Lutero ammalato di nervi.
Ora,
questo potrebbe forse spiegare perché Lutero, per sfuggire alla voce della sua
coscienza e soffocare in lui la continua angoscia, abbia ripreso la tesi -
falsamente attribuita a Sant'Agostino! - sulla "giustificazione"
mediante la sola Fede, senza le opere, grazie al sacrificio del Cristo che ha
portato su di Sé i peccati degli uomini. Leggiamo, qui, il testo di Lutero (un
po' contorto): "Bisogna guardare il Cristo quando tu vedrai che i tuoi
peccati ti si sono attaccati; tu, allora, sarai come al sicuro di fronte ai
peccati, alla morte e all'inferno. Tu devi dire, allora: i miei peccati non
sono miei, perché essi non sono in me, ma sono in un altro, cioè nel Cristo, per
cui non possono nuocermi. Ci vuole uno sforzo estremo, infatti, per poter
afferrare queste cose attraverso la Fede e crederle fino al punto di dire: io
ho peccato e io non ho peccato, affinché sia vinta la coscienza, questa
dominatrice potentissima che spesso ha trascinato gli uomini alla disperazione,
al coltello o alla corda» (5)...
«Si
conosce l'esempio di un uomo che, tormentato nella sua coscienza diceva: io non
ho peccato! In realtà, la coscienza non può essere tranquilla se non quando i
peccati sono allontanati dal suo sguardo. Bisogna, quindi, che essi siano
allontanati dal tuo sguardo, in modo tale che tu abbia a guardare non quello
che tu hai fatto, non la tua vita, non la tua coscienza, ma il Cristo... » (6).
È chiaro che un tale testo non ha nulla di automatico, bensì è un ragionamento
ben sofisticato; è un rifiuto, cioè, della verità! lo ho peccato - dice Lutero
- ma io non voglio riconoscerlo. Ora, questo è un immergersi nella menzogna, è
un volersi suggestionare; è come un ammirarsi in ogni peccato e in ogni errore,
tacitando la coscienza come Caino di fronte al suo peccato!
Di
sicuro, anche Lutero non si era certo rasserenato con l'inventarsi quella sua
"giustificazione" mediante la sola Fede! Né egli stesso vi ha mai
aderito in pieno, perché ben sapeva di essersi "fabbricato" un
proprio sistema religioso e morale, e perciò ben sapeva che era tutto una
menzogna, come quella di un fanciullo che dice alla madre, diventando rosso in
viso: «Non sono stato io!».
Comunque,
questo suo odio contro la coscienza non può essere certo di origine divina e
neppure umana, ma solo frutto di una tentazione demoniaca! Satana, infatti, sa
bene che spingendo un'anima contro la ragione e la coscienza, lui vi entra da
maestro! «Un peccato riconosciuto, è un peccato perdonato!» gli sussurrava. E
ancora: «Ad ogni peccato c'è misericordia!». Negando, però, di essere
colpevole, uno si ravvolge in un orgoglio assurdo, perché il peccato, che lui
dice "non commesso", non gli viene perdonato, ma anzi lo segue sino a
diventarne un'idea fissa e perfino una fonte di nevrosi, per cui non gli
resterà altro che il suicidio per tacitare la coscienza e ... Dio! È come una
fuga in avanti! Ora, fu questo il cammino interiore di Lutero! Sulla sua crisi
d'angoscia sentiamo anche la testimonianza di Melantone (7), il quale scrisse:
«Spesso, quando egli (Lutero) pensava con attenzione alla collera di Dio o ai
clamorosi esempi di castighi divini, egli veniva come colpito da un terrore
tale che perdeva quasi la conoscenza. ("Subito tanti terrores
concutiebant, ut paene exanimaretur"). lo stesso, prendendo parte, un
giorno, a una discussione dottrinale, l'ho visto come colpito da costernazione
e andare a stendersi su di un letto in una camera vicina, alternando una sua
invocazione a un versetto che ripeteva di frequente: «Dio ha come rinchiuso gli
uomini nel peccato per usare misericordia a tutti!» ("Conclusit omnes sub
peccatum utomnium misereatur"!). Lutero, quindi, si sforzava di gettare su
Dio la responsabilità dei peccati! Ma gli uomini non sono obbligati al peccato,
perché essi hanno la libertà di respingere le tentazioni, né essi sono
prigionieri di un "self-arbitre", come ha affermato Lutero!
Anche
Cochlacus ci racconta di una crisi che colse Lutero quando egli era monaco.
Assistendo,
cioè, in coro, alla lettura del Vangelo di San Marco, là dove si parla di
quell'uomo "posseduto" dal diavolo, Lutero cadde a terra gridando:
«Non sono io! non sono io!»
In
un frammento del Propos de Table viene riportata una conversazione tra Lutero e
il pastore di Gùben, M. Léonardt, avvenuta nell'anno 1551: «Ci disse che,
quando egli era prigioniero, il diavolo l'aveva malvagiamente tormentato e che
aveva riso di tutto cuore quando egli (Lutero) aveva preso in mano un coltello,
dicendogli: "Su via! ucciditi!"». ... E ci disse che lui (Lutero)
aveva spesso dovuto gettare lontano da sé il coltello ... e che un giorno
dovette fare lo stesso quando egli, vedendo per terra un filo, l'aveva
raccolto, assieme a tanti altri fili, sì da farne una corda alla quale egli
avrebbe potuto impiccarsi! ... Poi ancora ci disse che il diavolo l'aveva
spinto fino al punto che egli non era più capace di recitare il Pater noster né
di leggere i Salmi, che pure egli così bene conosceva! ... e che il dott.
Lutero gli aveva detto: «Questo mi è capitato molto spesso, tanto da prendermi
in mano un coltello ... e che cattivi pensieri mi venivano in mente così, da
non poter più pregare ..., e il diavolo mi ha perfino cacciato fuori dalla
stanza!». Più che una tentazione, quindi, possiamo dire che in Lutero c'era,
ormai, come una morbida impulsione al suicidio!
Voglio
anche far notare, adesso, la predilezione che Lutero, a Wittenberg, aveva verso
un giovane suo allievo di nome Jéròme Weller. Era un giovane anch'egli portato
alla malinconia, alla tristezza; e Lutero gli dava questi consigli: «Ogni volta
che il demonio ti tormenta con questi pensieri di tristezza, cerca subito la
compagnia dei tuoi simili, o mettiti a bere o a giocare, e fai discorsi
licenziosi, e cerca di divertirti! Dobbiamo fare anche qualche peccato, per
odio e disprezzo verso il demonio, per non dargli l'occasione di crearci degli
scrupoli per niente! ...». E continuava: «... e quale altra ragione credi tu
che io abbia per bere sempre meno acqua, per avere sempre meno ritegno nel
parlare, e di amare sempre più i buoni pranzi? Con questo, anch'io voglio
infischiarmi del diavolo e tormentarlo, lui che vuole tormentarmi e burlarsi di
me! Oh! se potessi trovare anche qualche buon peccato per beffarmi del diavolo e
per fargli comprendere che io non riconosco alcun peccato e che la mia
coscienza non me ne rimprovera alcuno! ... Bisogna assolutamente allontanare
dai nostri occhi e dal nostro spirito ogni decalogo! ...». Da notare che
Lutero, allora, era pur sempre professore di Sacra Scrittura! Ebbene, come
tale, in un suo commentario, del 1535, su l'Epistola ai Galati di San Paolo,
domandandosi come sia stata abrogata la legge mosaica, Lutero così spiegava:
«Essa
è, tutt'intera, senza riserve, un testo che non può più né accusare né
tormentare i fedeli! In essa vi è una dottrina della più alta importanza che
bisogna predicare sui tetti, poiché essa porta serenità alle nostre coscienze,
specie nelle ore in cui lo spavento ci opprime, lo l'ho detto di frequente e lo
ripeto ancora, perché non lo si dice mai abbastanza che il cristiano, che
abbraccia i benefici del Cristo con la Fede, è assolutamente al di sopra di
ogni legge, ed è libero da ogni obbligo sui diritti della legge ... Quando
Tommaso (leggi: S. Tommaso d'Aquino) e gli altri teologi della Chiesa parlano
della legge di Mosè, essi dicono che sono le leggi giudiziarie e cerimoniali
dei Giudei che sono state abrogate, ma non le leggi morali (cioè quelle del
Decalogo); ma costoro non sanno quel che si dicono! ...». Povero Lutero! ... ma
ormai era all'apostasia totale!
Poco
prima della sua morte, una sera, Lutero era assiso su una panchina, solitario,
nel suo giardino a Wittemberger. Lo raggiunse la sua convivente, l'ex suora
Caterina Bora. Lutero era immerso in un cupo silenzio, guardando il cielo.
D'improvviso, egli grida; «0 bel cielo! io non ti vedrò mai più!». Caterina,
terrificata, si avvicinò a lui. "E se noi ritornassimo indietro?",
gli disse. "No - rispose Lutero - inutile sognarcelo!". "E
perché?" mormorò la donna. "Il carro, ormai, è troppo
impantanato!" (8). E per sfuggire la vista di quel cielo che lo eccitava e
gli procurava rimorsi, Lutero si alzò e andò a chiudersi nella sua casa. La
grazia di Dio, anche quella volta, era passata invano! E ormai, in lui, c'era
un follia ossessiva che non t'abbandonava più, e una disperazione che gli
rodeva il cuore! "Io non posso più pregare senza maledire!» diceva.
«Invece di dire: il tuo nome sia santificato, io dico: Maledetto! sia dannato
il nome del papista! Invece di dire: il Tuo Regno arrivi! Io dico: Maledetto!
che sia dannato e annientato il papismo! Invece di dire: che la Tua Volontà sia
fatta, io dico: Maledetto! che siano dannati i piani dei papisti!... Ecco la
mia preghiera!». La vita dell'apostata Lutero, quindi, era già diventata un
vero inferno per lui! Ed egli temeva la morte, pur invocandola di continuo: «II
mondo è sazio di me e io sono sazio di lui!
-
diceva - ma presto farò divorzio ... Ah, se ci fosse qui un turco per
uccidermi! ...». Nel suo Propos de Table aveva scritto: «II demonio spinge gli
uomini dapprima alla disobbedienza e al tradimento, come Giuda; poi li spinge
alla disperazione, in modo che essi finiscano col perdersi o strangolarsi»! E
continuava dicendo che il demonio «ha una voce così terribile da spingere
alcuni uomini, dopo un colloquio notturno con lui, a farli trovare, il giorno
dopo, morti! E questo arriverà anche a me!».
È
una allucinante riflessione che prova come Lutero avesse chiaro davanti a sé la
sua fine, E questo dimostra anche che non sempre il suicida compie un gesto di
follia, ma può anche compiere un gesto lucido di possessione diabolica!
Il "suicidio" di Lutero
Vi
sono varie "testimonianze", protestanti e cattoliche, su questo
ultimo gesto disperato di Lutero.
Qui,
ci basti ricordare la principale; quella del suo servo personale, Ambrogio
Kuntzell (o Kudtfeld) il quale, colpito nell'animo da quel terribile castigo di
Dio sul suo padrone, finì col confessare tutte le particolarità!
Ecco
la sua testimonianza: «Martin Lutero, la sera prima della sua morte, si lasciò
vincere dalla sua abituale intemperanza e con tale eccesso che noi fummo
obbligati a portarlo via, del tutto ubriaco, e coricarlo nel suo letto. Poi, ci
ritirammo nella nostra camera, senza nulla presagire di spiacevole!
All'indomani, noi ritornammo presso il nostro padrone per aiutarlo a vestirsi,
come d'uso. Allora - oh, quale dolore! - noi vedemmo il nostro padrone Martino
appeso al letto e strangolato miseramente! Aveva la bocca contorta, la parte
destra del volto nera, il collo rosso e deforme. Di fronte a questo orrendo
spettacolo, fummo presi tutti da un grande timore! Non di meno corremmo, senza
alcun ritardo, dai Prìncipi, suoi convitati della vigilia, ad annunziare loro
quell'esecrabile fine di Lutero! Costoro, colpiti dal terrore come noi, ci
impegnarono subito, con mille promesse e coi più solenni giuramenti, ad
osservare, suquell'avvenimento, un silenzio eterno, e che nulla di nulla fosse
fatto trapelare. Poi, ci ordinarono di staccare dal capestro l'orribile
cadavere di Lutero, di metterlo sul suo letto e di divulgare, dopo, in mezzo al
popolo, che il "maestro Lutero" aveva improvvisamente abbandonata
questa vita»!
Questo
è il racconto della morte-suicida di Lutero, fatta dal suo domestico Kudtfeld;
un "racconto" che fu pubblicato, ad Anversa, nel 1606, dallo
scienziato Sédulius. Il dottor de Coster - subito chiamato! - fu lui che
constatò che la bocca di Lutero era contorta, che la parte destra del suo viso
era nera e che il collo era rosso e deforme, come se fosse stato appunto
strangolato. Questa sua diagnosi la si può verificare su una incisione che
Lucas Fortnagel fece subito il giorno dopo la morte di Lutero, e che fu
pubblicata da Jacques Maritain nella sua opera: Tre riformatori, a pagina 49
(dell'edizione francese) (9). Lutero, quindi, non morì di morte naturale, come
si è falsamente scritto su tutti i libri di storia del protestantesimo, ma morì
"suicida" (10) nel suo stesso letto, dopo una lautissima cena in cui,
come al solito, aveva bevuto smisuratamente e si era rimpinzato di cibo oltre
ogni limite!
Sopra
il suo letto, un giorno, egli vi aveva scritto: «Papa, da vivo ero la tua
PESTE; da morto sarò la tua MORTE»! ("Pestis eram vivus, moriens ero mors
tua"). C'è da inorridire, ma anche da meditare!
Uno
storico contemporaneo narra che una frotta di diavoli, sotto sembianza di
corvi, volarono attorno al suo corpo gracchiando paurosamente, e che
l'accompagnarono, poi, fino alla tomba! E c'è anche quest'altro episodio
storico: "A Graz (Austria), un Padre francescano, in una sua predicazione,
affermava che Lutero era dannato ... Una sera, col pretesto di amministrare
un’ammalata, un uomo lo venne a cercare ... Invece di trovarsi davanti ad
un’ammalata, il Padre francescano si trovò in presenza di 5 uomini che,
mostrandogli una rivoltella, gli dissero che se non dava la prova che Lutero
era all'inferno, non sarebbe uscito vivo dalla stanza. Il Religioso, vero uomo
di Dio, depose il SS. Sacramento che portava con sé e si mise in adorazione;
poi, recitò la preghiere dell'esorcismo ... Improvvisamente, fu bussato alla
porta. «Entrate!» - dissero gli uomini; ma nessuno entrò! Pochi istanti dopo,
però, la porta si aprì e Lutero, incandescente come un carbone ardente, entrò
nella camera. Era in mezzo ad altri due demoni! I cinque uomini presero la fuga
...“ (Cfr. B. C. 63, p. 4, 1982).
A
questo punto, ci si può porre la domanda: ma allora Lutero è all'inferno? E si
potrebbe dire di sì! L'arco della sua vita, infatti, tra quell'omicidio giovanile
e quel suicidio a fine vita, è tutto marcato da una esistenza di "eretico
insensato" (Pio VI - 9 marzo 1783), di bestemmiatore accanito, di bevitore
impenitente, di gozzovigliatore formidabile (fu definito, per questo, il
"doctor plenus"!), di spergiuro e sacrilego (passò anche a sacrileghe
nozze con una "monaca", Caterina Bora, da lui stesso tirata fuori dal
monastero per liberarla dalle bende monacali!), di apostata (la sua cosiddetta
"riforma" fu una sovversione, "ab imis", della Fede, della
Morale, della costituzione divina della Chiesa!), di continui peccati impuri
(sì da essere chiamato dai suoi conterranei: "Saxonicus porcus"!), di
facile scurrilità e trivialità (cfr. Discorsi conviviali… tutto uno schifo!),
di violento nelle passioni, di uomo anormale di sindrome patologica, di
sfrenato egocentrismo, di megalomania, di aggressività verbale incontrollata,
di sessualità al parossismo, di aizzatore alla guerra dei contadini (che
abbandonava per mettersi coi padroni; scrisse perfino che «era tempo ormai di
sgozzare i contadini come cani rognosi» - cfr. Eri. IlI, 306), di monoideismo,
di nemico mortale del Papa, di affossatore della Messa («lo dichiaro che tutti
i postrìboli, gli omicidi, i furti, gli assassini e gli adulteri sono meno
malvagi di quella abominazione che è la messa papista!»), di appartenenza alla
massoneria (era affiliato alla sètta dei Rosacroce (11) e ... chi più ne ha più
ne metta!
Ma
allora, dopo tutto questo po' di roba, chi avrebbe ancora il coraggio di
definire Lutero "il nostro comune maestro", come lo definì in una sua
vanesia espressione un cardinale? E come si potrebbe spiegare quello che il
cardinale Willebrands, Segretario per l'Unità dei Cristiani, affermò, nel 1970,
in occasione dell'Assemblea plenaria della Lega Mondiale Luterana, a Evian
(Ginevra), che, «nel corso dei secoli, la persona di Martin Lutero non è stata
apprezzata rettamente e la sua teologia non è stata sempre resa in modo
giusto»? E quell'altro che scrisse sulla Rivista Documentation Catholique del
luglio 1983, sotto la foto di Lutero: «Lutero, testimone di Cristo»? ... E,
peggio ancora, come si può accettare quello che scrisse Giovanni Paolo II, nel
cinquecentesimo anniversario della nascita di Lutero, in una lettera
indirizzata allo stesso Cardinal Willebrands e firmata, purtroppo, dal Papa
stesso, nella quale si riconosce a Lutero una "profonda religiosità"?
... Ma non è proprio Lutero che derideva la preghiera mentale e il
raccoglimento interiore? E non è lui che, col suo "esto peccator et pecca
fortiter", fa ricordare il "fai ciò che vuoi", che è il
comandamento primo della nuova legge dettata dal diavolo Alwass ad Aleister
Crowley? (12).
Lutero
all'inferno, perciò, non può essere che una logica conseguenza di tutta questa
sua vita sbagliata e fortemente peccaminosa! Anche se, purtroppo, oggi, per un
ecumenismo distorto, di matrice massonica, Lutero, già cacciato fuori dalla
Chiesa da cinque secoli di storia e dal Concilio - "de fide"! - di
Trento, lo si sta facendo di nuovo rientrare dalla porta, lodato perfino con
pubblico elogio! Ma per noi, ma per la Storia, Lutero rimane sempre un omicida
e un suicida; rimane sempre l'eretico, il "porcus Saxoniae", il frate
"pagano", il degenerato clandestino sulla nave di Pietro, il frate
che, come Giuda, finì, anche lui, "In locum suum" ... (all'inferno!).
CITAZIONI LUTERANE ...
«lo
non ammetto che la mia dottrina possa essere giudicata da alcuno, neanche dagli
angeli. Chi non riceve la mia dottrina non può giungere alla salvezza» (Martin
Lutero, Weim., X, P. Il, 107, 8-11)
« Se
la moglie trascura il suo dovere (sessuale), l'autorità temporale ve la deve
costringere, oppure metterla a morte» (Martin Lutero)
«Questi
idioti di asini (cattolici) non conoscono che le tentazioni della carne (...).
In realtà, a queste tentazioni il rimedio è facile: vi sono ancora donne e
giovanette ...» (Martin Lutero)
«Il
motivo per cui bevo tanto più forte, parlo tanto più licenziosamente,
gozzoviglio tanto più frequentemente, è quello di pigliare in giro il diavolo
che voleva canzonarmi» (Martin Lutero)
«Chi
non si oppone con tutto il suo cuore al papato non può raggiungere l'eterna
felicità!» (Martin Lutero)
«La
messa non è un sacrificio, o l'azione del sacrificatore. Dobbiamo considerarla
un sacramento o un testamento. Chiamiamola benedizione, eucarestia, mensa del
Signore, memoriale del Signore. Le si dia qualunque altro nome, purché non la
si macchi col nome di "sacrificio"» (Martin Lutero)
"All'indomani,
noi ritornammo presso il nostro padrone per aiutarlo a vestirsi, come d'uso.
Allora - oh, quale dolore! - noi vedemmo il nostro padrone Martino appeso al
letto e strangolato miseramente! Aveva la bocca contorta, la parte destra del
volto nera, il collo rosso e deforme. Di fronte a questo orrendo spettacolo,
fummo presi tutti da un grande timore!» (dalla deposizione di Ambrogio
Kuntzell, servo personale di Martin Lutero)
NOTE
1)
Lutero stesso lo fece credere quando disse che la sua entrata in convento
"fu involontaria, per la paura di una morte subitanea” (cfr. Wa W 8,573,
31). Da notare, però, che Lutero parlò di "paura della morte" anche
quando si riferiva a una grave ferita di spada che si sarebbe fatto mentre era
in cammino, con un suo compagno, nelle vicinanze di Erfurt. Sarebbe certamente
morto se un medico non avesse curata la ferita in tempo!
2)
I due storici più competenti, in Germania, della vita di Lutero e dei tempi
della Riforma, ossia il Dott. Theobald Beer e il Prof. Remigius Baumer, hanno
avvalorato sia il materiale, sia i documenti nuovi del Dott. Dietrich Emme,
raccomandandone anche la pubblicazione.
3)
Col nome di "asilo", fin dai tempi remoti, si è designato un luogo al
quale è connesso il privilegio di mettere al coperto da ogni persecuzione
chiunque vi si fosse rifugiato; ordinariamente un luogo sacro, considerato,
quindi, sotto la particolare potestà, tutela e vendetta della divinità. Si
chiama, "diritto di asilo" l'immunità stessa di cui godono quei
luoghi o edifici e, quindi, l'immunità così partecipata alla persona che vi si
rifugia. Ne seguiva che un luogo sacro era sottratto alla giurisdizione dello
Stato e cadeva sotto la giurisdizione ecclesiastica (can. 1160). Questo
istituto giuridico è antichissimo (Cfr. Enciclopedia del Cristianesimo, Casa
Editrice Tariffi - Roma).
4)
Ctr. WA W 1,3; 4 Mosè XXXV, 5 - Mosè XIX, 4 - Josuè XX.
5)
«Est autem maximus labor posse haec ita fide apprehendere et credere ut dicas:
peccavi et non peccavi, ut sic vincatur conscientia, potentissima domina quae
saepe ad desperationem, ad glaudium et ad laqueum homines adìgit».
6)
Cfr. "In Esaiam prophetam scholia", c. 53.
7)
Filippo Schwarzerde, detto Melantone (1497-1560) fu un amico e collaboratore di
Lutero nell'opera della Riforma protestante, come teorico e promotore della
Riforma; ma fu uno spirito oscillante tra luteranesimo, zwinglismo e
calvinismo, il tipico "conciliativista". Fu l'autore, poi, che
redasse la Confessio Augustana.
8)
Cfr. Storia di Lutero, Audin, 1846, T. IlI, p. 180.
9)
In quest'opera, Maritain offre anche una lista impressionante di amici, di
compagni e primi discepoli di Lutero che si suicidarono. Una vera epidemia!
10)
Anche l'Oratoriano Th. Bozio, nel suo De Signis Ecclesiae del 1592, scrive che
apprese da un domestico di Lutero che il suo padrone fu trovato impiccato alle
colonne del suo letto. Anche il dott. G. Claudin, nella Cronaca Medica (1900,
p. 99) ha pubblicato il testo di quella deposizione del domestico, dalla quale
ecco l'essenziale: «Per la gloria di Cristo, io svelerò al grande giorno quello
ch'io vidi e annunciai ai principi di Eisleben: Martin Lutero si lasciò andare
alla sua inclinazione, di modo che noi dovemmo portarlo via in uno stato di ubriachezza
completa e metterlo a letto ... L'indomani, andando dal mio padrone per
aiutarlo a vestirsi, lo trovai, oh dolore! lui, il mio padrone, impiccato al
suo letto, letteralmente strangolato. Andai a prevenire i Prìncipi che mi
scongiurarono di non parlare a nessuno di questo avvenimento».
11)
Cfr. Ennio Innocenti, Inimica Vis, Roma 1990, p. 10.
12) Cfr. John Symonds in
"La Grande Bestia", p. 96 ss.
Si, è tremendo saper che Lutero si stato un omicida, ma è ancora più tremendo sapere che la Chiesa si facesse correa di tali azioni permettendo l'immunità a chi si fosse rifugiato in un convento o chiesa od altro!
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