Il card. Sarah parla del Motu Proprio
Summorum Pontificum "L'ho accolto
con fiducia e gioia: aiuta a riscoprire la
sacralità della S. Messa come atto di
Dio e non degli
uomini."
Riportiamo una importante lettera che Paix liturgique (lettera 65) ha offerto in anteprima ai suoi lettori per
fare conoscere il punto di vista del cardinale venuto dal cuore dell'Africa (il
cardinale Sarah è nato in Guinea) circa il motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI, come trattato nell’opera di Nicolas
Diat. Si tratta di un punto di vista che conferma cio’ che Paix Liturgique aveva
scritto nella lettera
n. 63,
salutando la nomina del cardinale: con lui, “il Santo Padre ha scelto la pace,
la continuità e la competenza”.
Sottolineato nostro.
All’inizio
del mese di marzo 2015, il cardinale Robert Sarah, Prefetto della congregazione
per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, ha effettuato un lungo
soggiorno a Parigi e dintorni per presentare un libro-intervista realizzato dal
giornalista Nicolas Diat e pubblicato dall’editrice Fayard. Dal titolo “Dio o
niente”, questo libro offre un ritratto intimo e sorprendente di uno dei
prelati più discreti, ma anche più importanti, dell’attuale pontificato.
Durante
questa serie di incontri di promozione del libro, il cardinale ha voluto
dedicare una parte importante del suo tempo ai fedeli e non solo ai media. Si è
recato in diverse parrocchie, ed in ciascuna di esse ha affrontato un tema
particolare del suo libro. Tra questi, non ha trascurato la liturgia, tema
trattato nella conferenza tenuta presso la parrocchia
Saint-Eugène-Sainte-Cécile, dove, da trent’anni, si celebra in entrambe le
forme del rito romano.
IL PUNTO DI VISTA DEL CARDINALE SARAH SUL MOTU
PROPRIO
Estratto da Dieu ou Rien, libro-intervista con Nicolas
Diat, Fayard editore, pp. 400-402. Traduzione a cura di Paixliturgique.
Ho
personalmente accolto il Summorum Pontificum con fiducia, gioia e rendimento di
grazia. E’ il segno e la prova di come la Chiesa, Madre e Maestra, sia attenta
a tutti i suoi fedeli, tenendo conto di tutte le sensibilità. Benedetto XVI
voleva infatti promuovere la ricchezza delle diverse espressioni spirituali,
nella convinzione che esse conducano verso una vera comunione ecclesiale e una
diffusione sempre più luminosa della santità della Chiesa.
Io
penso che questo bel motu proprio si situi pienamente all’interno del solco
tracciato dai Padri conciliari. Così non dobbiamo far finta di dimenticare
quanto si dichiarava espressamente nella Sacrosanctum
Concilium: La liturgia "infatti consta di una parte immutabile,
perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel
corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano
introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia
stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee".
Nella
lettera che accompagnava il Summorum
Pontificum, Benedetto XVI scriveva: “Del resto le due forme dell’uso del
Rito Romano possono arricchirsi a vicenda: nel Messale antico potranno e
dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi. La Commissione
Ecclesia Dei in contatto con i diversi enti dedicati all’ “usus antiquior”
studierà le possibilità pratiche. Nella celebrazione della Messa secondo il
Messale di Paolo VI potrà manifestarsi, in maniera più forte di quanto non lo è
spesso finora, quella sacralità che attrae molti all’antico uso. La garanzia
più sicura che il Messale di Paolo VI possa unire le comunità parrocchiali e
venga da loro amato consiste nel celebrare con grande riverenza in conformità
alle prescrizioni; ciò rende visibile la ricchezza spirituale e la profondità
teologica di questo Messale”.
E’
probabile che nella celebrazione della messa secondo il messale antico si possa
comprendere meglio come la messa sia un atto di Cristo e non degli uomini. E
così anche il suo carattere misterioso e mistagogico é percepibile in modo più
immediato. Anche se partecipiamo attivamente alla messa, non si tratta di una
nostra azione, ma di quella di Cristo. Nella sua lettera apostolica Vicesimus
Quintus Annus (*), Giovanni Paolo II si chiedeva in cosa consiste questa
partecipazione attiva. "Cosa si deve fare? Sfortunatamente
quest’espressione é spesso stata sminuita e ridotta al suo significato
esteriore, detto in altri termini, alla necessità di un atto comune, come se si
trattasse di far entrare fisicamente in azione il maggior numero di persone
possibile, il più rapidamente possibile. La parola partecipazione rinvia ad
un’azione centrale, alla quale tutti devono partecipare. Se dunque si deve
capire di quale azione si tratti, bisogna innanzitutto precisare quale sia
questa “actio” centrale, alla quale devono prendere parte tutti i membri della
comunità… Il termine “actio”, rapportato alla liturgia, ci rimanda all’origine
del canone eucaristico. La vera e propria azione liturgica é l’”oratio”.
Quest’orazione-preghiera eucaristica solenne, il “canone”, vale ovviamente più
di una spiegazione, é un’”actio” nel senso più elevato del termine. In effetti
é in essa che si produce l’azione umana che passa in secondo piano e lascia il
posto a quella divina, all’azione di Dio."
Il
motu proprio Summorum Pontificum tenta di riconciliare le due forme del rito
romano e cerca soprattutto di aiutarci a riscoprire la sacralità della Santa
Messa come atto di Dio e non degli uomini. Tocchiamo qui un punto veramente
importante: il problema dell’indisciplina diffusa, la mancanza di rispetto e
fedeltà al rito, che puo’ addirittura intaccare la validità stessa del
sacramento.
(*) Le parole qui prestate a san Giovanni
Paolo II ci sembrano piuttosto essere prese dal cardinal Ratzinger nel suo
libro Introduzione allo spirito della liturgia.
http://blog.messainlatino.it/2015/04/il-card-sarah-parla-del-motu-proprio.html?spref=fb
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