mercoledì 2 luglio 2014

LA MALARIA DEL SENTIMENTALISMO

Il Cristianesimo non ha mai detto “Anzitutto amatevi” (Parte II)


I cattolici adulti vogliono spazzar via l’ostacolo del peccato, dopodiché ogni diga cederebbe, e finalmente il cattolicesimo sarebbe liberal e del tutto assimilato al secolo e alla società civile, per poi scomparire del tutto, come è successo per i protestanti, non a caso portati da queste sempre ad esempio.

 
gay-pride
IL CRISTIANESIMO NON HA MAI DETTO
ANZITUTTO AMATEVI” 2
Una nuova religione senza nome. La pesca amorosa. La supestizione dell’amore. L’amore come licenza ad uccidere. L’amore come superamento del peccato come colpa. La malaria del sentimentalismo che ha ucciso l’amore.
Non si rendono conto che non adoriamo lo stesso Dio. Perché il loro è il Vitello d’Oro, non il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, né di Cristo né persino di Maometto, è invece l’idolo innalzato a divinità della loro carne tremula e ingorda, senza più vergogna, senza più limiti, senza più umanità
di Antonio Margheriti Mastino

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UNA NUOVA RELIGIONE SENZA ANCORA UN NOME
gaypride ne sono l’esempio plateale, quelli romani soprattutto. Dove è tutto un proliferare di cartelloni selvaggi e rituali contro il papa, il “Vaticano”, “i preti”, “il diritto all’amore contro l’inquisizione”. Poi osservi questa umanità nuda, variopinta, godereccia, promiscua, interessata solo a quel che appare, ebbra d’effimero; che non se ne frega niente più di niente e niente sa di ciò che va oltre il possedere-esibire-godere, che vive solo dell’adesso e subito che del doman non v’è certezza. E ti rendi conto che questi qui non sono cattolici. Non più. Non sono manco musulmani, né buddisti o protestanti, non sono più cristiani neppure a rivoltarli all’aria. Nulla che possa somigliare a una qualsiasi religione esistente sulla faccia della terra. Sono invece i pionieri di una nuova religione. Che al momento mancando un termine di nuovo conio, andando per similitudini, possiamo dire neo-pagana, la cui sostanza è profondamente edonistica, che non ha nulla a che fare con alcun Dio rivelato, essendo questi inincidenti sulle pratiche della loro vita, nella loro interiorità, nel loro, debolissimo fra l’altro, sistema di pensiero. Che altro non è a sua volta che un riflesso condizionato della più vasta e in fieri, sempre più potente e in fase di strutturazione, ideologia omosessualista o di genere. La cui peculiarità è la provocatoria, violenta esibizione della propria raggiunta potenza in Occidente. Capace di zittire chiunque. Salvo la Chiesa istituzionale, che, volente o nolente, è obbligata a ripetere ciò che la dottrina divina, in eterno ha espresso: la grave illiceità della sodomia. Pur comprendendo, la Chiesa allarga le braccia e dice: mi spiace, non ho il potere di tacere ciò che Dio mi ha dato in deposito e con l’obbligo di farlo sapere a tutti; né posso mutare alcunchè, perché di tale Verità son solo l’amministratrice non la proprietaria. Così stanno le cose, così è se vi pare. Nessuno è obbligato a niente, ma è chiaro pure che si è cattolici solo a queste condizioni.
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MA SE NON SIETE CATTOLICI PERCHE' ROMPETE .... ALLA CHIESA?
A questo punto la domanda che uno si fa vedendo i cartelloni anticattolici nei pride è: ma se di fatto e ormai pure in teoria né sono né ci tengono a professarsi cattolici, né condividono alcunché della divina e infallibile dottrina morale della Chiesa, ma che motivo hanno di contestarla? La Chiesa parla ai suoi fedeli, per metterli in guardia dal peccato mortale, stare attenti all’educazione dei figli; e poi sì, parla anche a tutti gli altri ricordando la legge di natura, che non l’ha inventata la Chiesa, ma è sempre esistita, anche prima della Chiesa. Stigmatizza il peccato, il peccato sociale, le cause e gli effetti di un peccato individuale traslato e rivendicato sul piano sociale, con grave pericolo per i suoi stessi fedeli (che non sono quelli dei pride).
Allora cari omosessualisti mezzi nudi, se siete i pionieri di una nuova religione mondana e orizzontale, se non siete cattolici, ma che vi frega della morale della Chiesa Cattolica? Con la quale o senza la quale per voi tutto resta tale e quale? Ma cosa pretendete, di ..... con la benedizione del papa? Questo non è mai accaduto e non accadrà mai, non può e non deve. Dice: ma noi vogliamo il libero amore non ..... , e l’amore è di Gesù. Anzitutto mentite spudoratamente; poi siete pure ignoranti. Secondo, vale tutto quanto detto prima. Terzo, nella chiesa questo libero amore non esiste e non potrà mai esistere, esiste solo la sessualità matrimoniale e i sentimenti semplici e puliti. Infine, voi scambiate platealmente il .... con l’amore, scambiate la .... con l’amore, scambiate l’apparenza dei sensi con la sostanza dell’amore, l’amore con la pesca amorosa. Perché questo è, fatti bene i conti, quel che vien fuori dalle loro rappresentazioni carnevalesche, arroganti, spregiudicate: il diritto alla pesca amorosa. Fatela: in caso ne risponderete a Dio. Ma se date pubblico scandalo, dal momento che è pubblico, non pretendete che la Chiesa spruzzi sopra i vostri amplessi l’acqua benedetta. 
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FALLOCRAZIA
Non v’è dubbio che in tutto questo influisce anche l’overdose acritica di ideologia freudiana e superstizione psicologista, con la loro fallocrazia monomaniaca. Nota Vittorio Messori, a proposito di coloro che contestano alla chiesa un eccessivo impicciarsi di morale sessuale: “Singolare è che coloro (e non mancano preti e suore liberati, nonché i soliti cattolici adulti) che denunciano una esagerazione del Magistero in questa materia, sono poi gli stessi che prendono sul serio la psicoanalisi, per la quale l’onnipresenza e la forza della sessualità è la chiave unica per spiegare l’uomo, la storia, il mondo. Se per Marx tutto è economia, per Freud tutto è eros: ma allora, se davvero è così, come potrebbe la Chiesa non dare una risposta adeguata- per prudenza e per fermezza- a una simile, invasiva potenza?”.
In realtà c’è un altro messaggio che ne vien fuori. Non deve esistere alcuna morale, men che meno cattolica, ok. E’ giusto solo quel che mi piace, è ragionevole solo quel che secondo me lo è, ok. Ma è l’ultimo messaggio, quel che (ancora) non osa dire il suo nome ma che già in Europa è operativo in diverse burocrazie giudiziarie ispirate dall’ideologia di genere, dal political correctness, il più pericoloso: la Chiesa Cattolica non deve proprio esprimere pubblicamente la sua morale, non deve professare la sua fede, perchè questa è in contrasto con l’ideologia dominante del momento. Alla fine, come vedete, tutti i conti tornano. Nulla di nuovo, ancora una volta, sotto gli occhi di Dio e del papa: sono secoli che periodicamente tutto ciò si verifica. Siamo alle solite, e tutti i salmi finiscono con le manette ai polsi e il bavaglio alla bocca. Lo spirito del mondo non tollera lo Spirito Santo.
L’AMORE COME SUPERAMENTO DEL PECCATO COME COLPA
Questo amore qui, non è più cristiano, non lo è mai stato. Ma sotto l’alibi dell’amore, si nasconde un altro intento, già attivamente operante del resto: l’annullamento dell’idea, della realtà, del senso stesso del peccato. Cancellare il peccato come colpa. E’ questo che certi cattolici liberal vogliono spazzar via: l’ostacolo del peccato, dopodiché ogni diga cederebbe, e finalmente il cattolicesimo sarebbe del tutto assimilato al secolo e alla società civile, per poi scomparire del tutto, come è successo per le confessioni riformate del Nord-Europa, non a caso portate da queste sempre ad esempio.
Questo amore col quale si infanga persino il nome del Dio cristiano, e che alla fine si riduce all’ognuno si faccia gli affari suoi, quando non proprio all’ognuno per sé Dio per tutti. Quale maggiore contraddizione in termini con l’amore di Cristo?
Questo amore amoreggiante, di genere, senza limiti di decenza, pieno di solitudine e ansimante di coiti consumati, occasionali, provvisori, a termine, disimpegnati, contronatura, questi incontri tutti genitali e smancerie nei quali si perde l’umanità. Che cosa è se non aver perduto il senso proprio della parola Amore? Cosa è se non l’amore come superamento della responsabilità, disgiunto da questa, tutto fatto di diritti e di nessun dovere? Che scommette solo sull’assurdo e l’improbabile e mai su ciò su cui sarebbe naturale puntare? Che cosa è questa pretesa, la più assordante del momento perchè quella più à la page, dell’amore (e poi farse di matrimoni e purtroppo di vere adozioni) fra persone dello stesso sesso se non la provocazione e la scommessa balorda di chi non ha nulla da perdere in ogni caso? E che perciò, ancora una volta, è esentato da ogni responsabilità? Amore di Gesù, fratellanza di Gesù, pace e giustizia e uguaglianza di Gesù, strepitano questi post-cristiani, come se il loro Gesù avesse ancora qualcosa di cristiano. E non si rendono conto che questo Dio comune non c’è, come non ci sono tutti questi fratelli di un comune Padre, come non c’è questo amore che ammantano di grazia divina e che altro non è che una sinistra pesca amorosa, preludio di un castigo divino di immani proporzioni. Non si rendono conto che non adoriamo lo stesso Dio. Perché il loro è il Vitello d’Oro, non il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe, né di Cristo né persino di Maometto, è invece l’idolo innalzato a divinità della loro carne tremula e ingorda, senza più vergogna, senza più limiti, senza più umanità, che si nutre di se stessa, cannibale. Come quell’Ugolino dantesco che prospera generando figli e cibandosene. L’inferno.
Spesso questi teorici del volemose bbene dell’amore perché Dio ama tutti e che perciò non si deve giudicare, usano un argomento bislacco assai. Quello della coscienza e del libero arbitrio.
Precisiamo prima una cosa. Il peccatore certo non si giudica, ma solo finché non fa bandiera del suo peccato, per il resto il peccato va additato, giudicato e condannato soprattutto pubblicamente.
Detto questo veniamo a ‘sto presunto libero arbitrio (quanto a fraseologia luterana son sempre aggiornati: è quella cattolica che non gli sovviene mai). Dice: Dio ci ha dato il libero arbitro. Sì, è vero, ci ha lasciati liberi di scegliere. Ma prima ha indicato qual è la sua volontà. Cristo dal canto suo ha precisato che il Padre avrebbe messo i giusti alla sua destra e i malvagi alla sua sinistra e poi li avrebbe scacciati da sé “maledetti dal Padre” Suo. Non ha parlato di amnistia, né di amorosi sensi che dovrebbero influenzare in senso lassista la sentenza. Liberi tutti di peccare, certamente. Come Dio è libero di punire e condannare. E lo ha promesso a caratteri cubitali.
LA MALARIA DEL SENTIMENTALISMO CHE HA UCCISO L’AMORE
Il modello di famiglia che ci pare ormai il solo normale è in realtà una creazione recente e un po’ sospetta, venendoci dalla borghesia dell‘Europa già postcristiana dell’Ottocento. E’ la famiglia di Enrico. Lo stucchevole studente protagonista del Cuore del massone Edmondo de Amicis [...] È quel modello di famiglia (che si sarebbe poi imposto a tutta la società, facendoci dimenticare ogni altro modello) dove gli affetti tra i componenti sono vissuti innanzitutto come sentimenti. E poi, alla fine il male dei mali, la radice stessa di questo falso amore. Falso come amore umano e falso e sacrilego come amore divino: la malaria del sentimentalismo che ha sostituito i sentimenti veri. E che riguarda sia tutto quello del quale abbiamo parlato sinora, sia l’amore tra fidanzati, sia quello coniugale. Il totale disastro degli ultimi decenni su questo versante è talmente immane, tanto che tutti ne abbiamo ogni giorno sotto il naso un’ampia casistica, a cominciare dalle nostre famiglie. Un argomento talmente deprimente che non ti vien voglia manco di scriverne tu. E per questa ragione demando tutto a Vittorio Messori, dal quale tutto ho imparato e al quale tutto devo (insieme al cardinale Ratzinger). Del resto usa parole essenziali e mirabili. Ascoltatelo in questo collage che ho ricavato da diverse sue opere:
Ora: quello schema e quel clima sono il contrario di quelli della famiglia preborghese, tradizionale; della famiglia cristiana, dove l’amore c’era, ma era agli antipodi della leziosaggine; dove ogni retorica sdolcinata era bandita nel nome di quel realismo (uno tra i maggiori doni del cristianesimo, e tra i più dimenticati oggi) che sa che la vita è dura; che sa che questo non è il giardino dell’Eden ma spesso, davvero, la lacrimarum vallis; che sa che il volersi bene sul serio non passa attraverso il pacchettino infiocchettato o il melenso coretto davanti alla torta del giorno del compleanno. Una famiglia dove i figli erano molti e dove molti, certo, morivano presto: ma morivano dopo la nascita, non prima, come adesso.
Era una famiglia dove il separarsi era impensabile, non solo per le diverse condizioni economiche e sociali, ma perché ben diverso dal nostro era il concetto stesso di amore.
Il punto è importante; eppure, poco si riflette sulla mutazione subita da questa parola che, in ogni suo senso, è centrale per il cristianesimo. In effetti, in quella accezione della borghesia europea secolarizzata che abbiamo fatto nostra, amarsi tra uomo e donna è sinonimo di piacersi , di sentire qualcosa , in particolare attrazione affettiva o sessuale.
E, dunque, amore è sinonimo di sentimento: quando questo finisce, consideriamo finito anche l’amore. In una simile prospettiva, è logico (se non addirittura doveroso) andare alla ricerca di un’altra, di un altro, con cui sia possibile rinnovare un sentimento senza il quale ci pare non possa esistere l’amore tra i sessi.
La ragione per cui è fallito in Occidente ogni tentativo di evitare la legislazione sul divorzio: “Se amore coniugale è sinonimo di reciproca attrazione, poter liberarsi dalla moglie – o dal marito – è una necessità, quando non si 
sente più niente”.
Come sempre, l’etimologia è illuminante: 
coniugarsi viene da cum e iugare, vuol dunque dire legarsi assieme sotto il giogo. È, cioè, l’immagine, per noi ormai impensabile, di un uomo e di una donna che accettano di essere gravati da un giogo comune per trascinare il pesante carro della famiglia attraverso quell’asperrimo terreno che è la vita. I due avendo per giunta – altra prospettiva per noi troppo spesso del tutto inconsueta – come mèta finale, e sola davvero importante: la vita eterna”.
La ragione per la quale oggi bolliamo come scandaloso il matrimonio combinato allora molto in voga. Ma spiega Messori: “Si era convinti che, da soli, un bel viso che piace o un sorriso simpatico o un corpo attraente non bastassero per decidere di cum iugare, finché morte non separi”.
Dunque c’era meno 
amore all’epoca? “Di certo, c’era meno sentimento. O, almeno, la presenza tangibile e continua di questo non era, come per noi, il sine qua non perché l’unione familiare stesse in piedi. Sicuramente, gli affetti – pur non sentimentali – si allargavano come noi non sappiamo più fare: ad esempio, il «ricovero», l’«ospizio » per i vecchi espulsi dalla famiglia sono tipiche creazioni dell’illuminismo e della sua cultura secolarizzata. In quella «cristiana» erano assurdi”.
Conclude Messori in una discussione con A. Tornielli, che il disastro matrimoniale attuale, che nelle metropoli porta ormai la metà delle coppie davanti al giudice, deriva da qualcosa “che sembra molto bello”. Quella disfatta deriva dall’amore inteso non le senso cristiano ma in quello romantico e borghese: “L’amore come passione, attrazione fisica, sentimento, come sdolcinature tra fidanzatini. Con cupìdi e iniziali incisi sulla corteccia degli alberi, paroline dolci, mesaggini. Magari, oggi, anche lucchetti da appendere ai lampioni di Ponte Milvio”. Ma prima o poi, fisiologicamente, tutto questo deve venir meno. E quando succede “terminata la magia dello stato nascente, se ne trae la conclusione che l’amore è finito e, visto che solo quel tipo di amore giustifica lo stare insieme, è ora di ricominciare con un altra persona, per ritrovare il batticuore romantico, per sentire nuovamente qualcosa”.
Resta, dimenticata da tutti, l’unica verità sull’amore. Quella del Vangelo, cristiana: “Unione di realtà diverse: dunque, matrimonio come affetto ma anche come vincolo, nel bene e nel male; come legame personale e al contempo sociale; come piacere ma anche come dovere, talvolta arduo. Il realismo di chi crede nel Vangelo ed è consapevole che, per ritrovare l’amore come fondamento solido di quell’eterna tragicommedia che è l’incontro-scontro tra maschio e femmina, occorre decontaminarsi dal sentimento, anzi, non di rado dal sentimentalismo, presentato come amore da troppe canzoni, romanzi, film. La paccottiglia, insomma, da festa inventata, quella del povero, inconsapevole san Valentino”.
Che forse, avesse saputo che sorte da bacioperugina gli sarebbe spettata, avrebbe di certo deciso di sposarsi e fare figli invece che farsi prete.
http://www.papalepapale.com/develop/il-cristianesimo-non-ha-mai-detto-anzitutto-amatevi-parte-2/

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