Il
grande ingannatore
Mesi fa, andando a
Firenze, ci siamo fermati al Duomo di Orvieto, che, confesso, non vedevo da
quando ero piccola. Una bellezza mozzafiato. Sarò un po’ di parte (in quanto
umbra) ma sinceramente a parte la basilica di san Francesco ad Assisi non mi
viene in mente un altro luogo sacro che abbia in sé tanta bellezza e tanta
potenza teologica insieme (san Pietro è fuori gara). E vedere l’effetto che ha
avuto su mio figlio, il grande, mi ha ricordato quello che provavo io quando il
parroco a catechismo ci parlava di inferno e paradiso con toni tanto vividi e
accesi da farmeli vedere con gli occhi, spalancati davanti ai miei piedi.
Come
sappiamo, adesso non vanno più di moda: non se ne parla ai bambini per non
impressionarli, ma, purtroppo per la nostra delicata sensibilità moderna,
esistono, né è in nostro potere cancellarli anche se turbano il simpatico
quadretto irenista più di moda.
Il timor
di Dio è l’inizio della sapienza, come dice sant’Agostino nell’omelia sul
discorso della montagna. Dal primo dei sette doni dello Spirito si passa
all’amore, ma se non lo si teme, Dio, non c’è verso di arrivare a conoscerlo.
Nella
cappella Nova o di san Brizio il Cristo giudice del Beato Angelico sembra avere
pochissima voglia di scherzare, mentre la visione del resto delle volte,
completate da Luca Signorelli, andrebbe consigliata – direbbe l’annunciatrice –
a un pubblico di soli adulti.
Cattolici
adulti, dico. La divisione tra eletti e reprobi mi ha lasciato poco tranquilla,
ed ha avuto su mio figlio un meraviglioso effetto: mi ha chiesto di
accompagnarlo a confessarsi, ed è la prima volta che è lui a proporlo (di
solito sono io che gli rompo le scatole). Anni di omelie insignificanti non
hanno avuto mai lo stesso effetto della potente catechesi per immagini del
Duomo di Orvieto, un luogo nel quale entri e non puoi proprio in nessun modo
sentirti la misura di qualcosa, il giudice o l’arbitro di niente, ma neanche
solo al mondo. Luoghi come quelli sono fatti per farti sentire creatura
piccola, ma amata e protetta, come ricorda la pala della Madonna dei
raccomandati, che tiene sotto il suo mantello una manica di disgraziati.
Sul muro
di fronte a inferno e paradiso c’è l’Anticristo, al quale il diavolo da dietro
suggerisce le parole. Sullo sfondo uomini neri e immagini di morte. Sembra il
Cristo, ma ha uno sguardo duro e un cuore piccolo piccolo. Però dirà parole
melliflue, che sembrano di bene, di progresso. Secondo me adesso parlerebbe –
parla? – di ecologia, farebbe generici e inutili inviti alla fratellanza,
all’uguaglianza, sempre mischiando il bene e il male per rendersi attraente e
confondere, perché così fa l’ingannatore per perdere anche quelli che cercano
Dio.
Purtroppo
il numero di impellenze fisiologiche che la visione di opere d’arte scatena
nelle cinquenni mi ha impedito di soffermarmi quanto avrei voluto, ma fosse
stato per me sarei rimasta tutto il giorno nella Cappella del corporale, che
conserva la reliquia del miracolo eucaristico di Bolsena, e che è decorata con
una serie di miracoli analoghi della tradizione medievale. Sarei rimasta lì per
cercare di farmi entrare in questa zucca vuota che ogni volta che vado
alla messa, cioè tutti i giorni, assisto in diretta al più grande miracolo di
tutta la storia, il miracolo potente al quale dobbiamo la nostra stessa vita:
Dio incarnato che si fa pane e ci nutre. Ma è una cosa che non riesco
neanche lontanamente a immaginare. E’ per questo che ci torno così spesso. Dio
non è venuto a darci il buon esempio, a dirci belle parole o a scrivere libri
(vero, Costanza?), ma a donarci se stesso. Questo è stato l’evento che ha
cambiato il mondo, e che lo cambia e lo salva di nuovo ogni volta, in tutte le
chiese che sono per la terra. Altro che miracoli, altro che apparizioni e
segni.
Se davvero
ci credessimo staremmo sempre inginocchiati e prendere messe, come diceva Padre
Pio, non ci sarebbe il Santissimo esposto per l’adorazione e lasciato solo.
Non ci
sarebbe chi va alla messa e si addormenta di schianto come tocca la panca.
Anzi, se mi incontrate laggiù in fondo a qualche chiesa, per favore, datemi una
lieve, poco appariscente, elegante gomitata.
Costanza
Miriano
(Fonte:
COSTANZAMIRIANO.com)
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