venerdì 25 luglio 2014

Enzo Bianchi come E. Scalfari

Bianchi come Scalfari: usa il Papa per i suoi fini
di Antonio Livi


L’attualità mediatica mi costringe e riprendere il discorso sul più noto di questi cattivi maestri e falsi profeti, Enzo Bianchi. Vatican Insider dava ampio risalto il 23 luglio alle sue dichiarazioni (clicca qui) in seguito alla nomina come “consultore” di un organismo pastorale della Santa Sede. Bianchi si lascia andare al più ridicolo trionfalismo, dicendo che papa Bergoglio, dopo averlo ricevuto tre volte, ha deciso di dargli una specie di approvazione ufficiale delle sue opinioni sul papato e sull’ecumenismo.

Se si fosse limitato a vantarsi di avere un rapporto privilegiato con il Papa (quello attuale, perché con i predecessori è sempre stato assai polemico), avrebbe solo manifestato troppa vanità, che è una delle tante miserie umane dalle quali siamo tutti afflitti, in maggiore o minor grado. Ma Bianchi non si limita a vantarsi del suo presunto trionfo personale: si spinge oltre, fino a farsi interprete ufficiale del Papa e ad annunciare un programma rivoluzionario, che – guarda caso – è proprio il suo programma di “riforma” della Chiesa, quello che va sostenendo con i libri e le conferenze da decenni.

Il programma però non può essere attribuito al Papa, per due ragioni: innanzitutto, perché si tratta di iniziative rivoluzionarie che sarebbero in contrasto con l’intera Tradizione cattolica e persino con la dottrina ecclesiologica del Vaticano II; e poi perché nessuno che abbia rispetto e amore filiale per il Santo Padre si può permettere di “rivelare” alla stampa improbabili progetti pastorali tuttora mai enunciati ufficialmente, in documenti di magistero ordinario, dal Papa stesso.

In effetti, il ben noto (direi famigerato) programma rivoluzionario di Bianchi è una sistematica richiesta di misure “pastorali” che, con il pretesto dell’ecumenismo, mirano a concedere ai protestanti e agli ortodossi tutta la ragione nella loro secolare polemica contro la Chiesa cattolica.

Lutero voleva abolire il magistero ecclesiastico e basare la fede cristiana nella sola Scrittura interpretata con il “libero esame”? Ecco allora che Bianchi si fa capofila dei cattivi teologi che operano per una de-dogmatizzazione della Chiesa cattolica, ossia per la sostituzione della dottrina della fede (sancita dal Magistero) con una esegesi biblica frammentaria e arbitraria. Dopo di che, la pastorale, sganciata dal dogma, resta condizionata da motivi contingenti di convenienza socio-politica (il cosiddetto “annuncio del Vangelo all’uomo di oggi” è in realtà volontario asservimento a quella parte dell’opinione pubblica che sostiene il progetto riformatore, e non certo per amore della Chiesa).

I protestanti vogliono abolire tutti i sacramenti, ad eccezione del Battesimo? Ecco che Bianchi giustifica e incoraggia la prassi sempre più diffusa di eliminare la pratica della Confessione e la trasformazione della Santa Messa (basata sul dogma della Transustanziazione quindi sulla “presenza reale” di Cristo che si immola per la redenzione del mondo) in una “cena del Signore”, in una mera riunione di cristiani che celebrano la “memoria” di un evento che si perde nelle nebbie del mito. I protestanti vogliono abolire il culto dei santi e della Madonna? Ecco che Bianchi ignora la dignità altissima di Colei che il Concilio di Efeso (che Bianchi dovrebbe conoscere, visto che parla tanto dell’annuncio cristiano nei primi secoli) definisce dogmaticamente come la “Madre di Dio”, e che anche il Vaticano II, nel capitolo ottavo della Lumen gentium, si limita a parlarne, ove necessario, come “la nostra sorella”.

Quanto ai santi, nel calendario liturgico della comunità di Bose si registrano indistintamente – come si legge nella presentazione - «le festività e le memorie dei santi delle chiese cattolica, ortodossa, anglicana, le festività e i sabati ebraici, il calendario liturgico del monastero di Bose. È una possibilità in più per accostarsi alle tradizioni delle chiese cristiane e alla fede del popolo di Israele. Per estendere questa memoria anche agli uomini di altre fedi religiose, abbiamo voluto aggiungere una tavola con le date delle principali ricorrenze islamiche e buddhiste». E così il culto cattolico dei santi (con la dottrina dogmatica circa la loro unione con Dio nella gloria del Cielo e la loro intercessione per noi che siamo ancora viatores) lascia il posto a mere commemorazioni di uomini illustri e anche a eretici e persecutori della Chiesa.

Insomma, la “riforma” che Bianchi ha sempre auspicato e che ora (secondo lui) papa Francesco sarebbe intenzionato ad attuare in tempi brevi, sarebbe, nei punti più qualificanti, la riforma stessa di Lutero!

Non molto diversa la strategia riformatrice adottata da Bianchi nei confronti degli ortodossi, sempre in nome di quello che egli definisce «dovere ecumenico». Gli ortodossi hanno in comune con i cattolici tutti i dogmi (eccetto quello sull’infallibilità del Papa, sancito nel 1870 dal Vaticano I) e tutti sacramenti, e pertanto sono divisi dai cattolici solo per il secolare rifiuto di accettare il primato di Pietro, ossia la funzione del papa come Pastore della Chiesa universale.

Il primato del Papa è non solo di “onore” ma anche di “giurisdizione”, a garanzia dell’unità della Chiesa e dello sviluppo omogeneo del dogma. Gli ortodossi riconoscerebbero anche un certo primato d’onore del vescovo di Roma ma non la sua effettiva giurisdizione universale e immediata su tutta la Chiesa. Bianchi allora che cosa fa? Propone (e attribuisce a papa Francesco) una radicale «riforma del papato», in nome di una “sinodalità” che darebbe potere deliberativo a tutti i vescovi del mondo, tramite i loro rappresentanti, su tutte le materie che ora sono di competenza del solo vescovo di Roma.

E lancia uno slogan privo di reale contenuto: «Non c’è primato senza sinodalità, e non c’è sinodalità senza primato!». Dico che è uno slogan privo di contenuto reale, perché la “sinodalità” che Bianchi auspica (e che assicura sia intenzione di questo Papa attuare presto come elemento centrale di una «riforma del papato») sarebbe una novità solo se andasse oltre la prassi attuale di consultazione dei vescovi (prassi che si rifà alle disposizioni di Paolo VI subito dopo il Concilio). Ma in tal caso la Chiesa cattolica adotterebbe la medesima “sinodalità” delle “chiese autocefale” dell’Ortodossia, le quali accettano solo disposizioni pastorali e disciplinari decise in comune tra loro nei sinodi di ciascun patriarcato. Del primato di Pietro, inteso come giurisdizione universale e immediata del Papa su tutta la Chiesa, non resterebbe nulla. Anche qui, come nel caso dei protestanti, il progetto ecumenico di Bianchi (che si ispira alle teorie materialmente eretiche di Hans Küng) consiste in definitiva nel dare ragione ai “fratelli separati” e torto alla Tradizione dogmatica della Chiesa cattolica.

In entrambi i casi, attribuire a un Papa l’intenzione di abrogare il papato e, così facendo, contraddire i dogmi della fede cattolica (non uno, ma tutti insieme) è qualcosa che difficilmente si concilia con il “senso della fede”, e prima ancora con il buon senso. Bianchi è talmente proiettato verso la “Chiesa del futuro” che non teme di profetizzare, da falso profeta qual è, l’autodemolizione della Chiesa cattolica  ad opera di chi – per volontà di Cristo stesso - ha la missione e la grazia di garantire in ogni tempo e contro ogni attentato la sua indefettibilità. 

http://www.lanuovabq.it/it/articoli-bianchi-come-scalfari-usa-il-papa-per-i-suoi-fini-9847.htm

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