La Fede in saldo
Don Stefano Naldoni
«Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!» (Mt 13, 13-15)
Profezie antiche ma sempre attuali quelle espresse nelle parole del Vangelo che la XV domenica del Tempo ordinario i fedeli hanno potuto ascoltare nelle proprie parrocchie durante la Santa Messa.
Parole vere soprattutto oggi che fanno gridare all’emergenza di fede in molti ambienti clericali. Una crisi di fede, dei valori, della morale che tangibile, si tocca con mano, che preoccupa molti ma a me, ultimamente, non mi turba più di tanto.
Non sono insensibile o menefreghista ma semplicemente prendo in considerazione i tempi che viviamo, con un forte senso di speranza che mi viene da Dio stesso, che ci lascia scegliere liberamente difronte al suo progetto di salvezza eterna, senza per questo che noi ci si faccia affogare nelle nostre ansie e nelle nostre paure pastorali davanti agli eventuali insuccessi e incomprensioni.
I versetti sopracitati sono inseriti in un contesto che è quello della parabola del seminatore, in cui si spiega i vari modi di accogliere la Parola di Dio che viene seminata. Rileggetela!
Se da un lato è come un monito ad essere ascoltatori attenti della Parola per viverla e metterla in pratica, dall’altro lato si evince che solo un quarto del seme e del lavoro per la semina, va a buon fine. In un quadro molto semplice si hanno tutte le casistiche possibili della risposta alla nostra attività pastorale, alla nostra predicazione…
In una Chiesa che rischia sempre di più una maggiore secolarizzazione, la paura per una mancata risposta sempre più numerosa rischia di portarci a mettere in saldo la fede come fanno i negozianti in tempo di crisi che tentano di recuperare le vendite mancate mettendo a forte sconto la merce più allettante.
Ma possiamo fare la stessa cosa con la fede? Evidentemente no, ma secondo me lo stiamo facendo a volte in modo inconsapevole e in molti altri casi in modo volutamente consapevole.
Mi riferisco in particolare a tutte quelle occasioni in cui nelle nostre parrocchie, usiamo Dio come simbolo, come metafora, mescolandolo, nascondendolo, nelle attività che risultano più facilmente vivibili e visibili dalla gente. Parole come “accoglienza”, “carità”, “catechesi attraverso il gioco”, “campi scuola”, “momenti aggregativi e comunitari” hanno sostituito parole e pratiche come la “preghiera”, “adorazione”, “direzione spirituale”, “confessione”, ecc …
Abbiamo confuso ciò che è la conseguenza di una vita cristiana con la sua radice profonda da cui tutto nasce, cresce e si sviluppa. E’ certo più facile far cantare una canzoncina con la chitarra che far pregare la liturgia delle ore ma mentre la prima nutre solo un’effimera emotività, la seconda nutre l’anima.
Nella rincorsa a recuperare fedeli, a far numero, abbiamo decisamente perso la nostra specificità. Fino all’altro giorno abbiamo criticato il mondo, abbiamo predicato una “fuga mundi” e adesso cerchiamo di usarne sventatamente le metodologie e le seduzioni.
Se prima la fede si presentava come un disprezzo del mondo per una vita ascetica retta solo su prescrizioni morali rigidissime e la paura del giudizio di Dio e dell’inferno, adesso siamo passati a un modo di presentarla accattivante e buonista ma svuotata del sua sostanza, dove Dio è il grande assente.
Ho visto, in questo periodo, magliette per i campi scuola e per i grest dei giovani, dove campeggiava l’immagine di un disco volante in fase di atterraggio sul nostro pianeta con sotto la scritta “… e venne ad abitare in mezzo a noi” (chiaro riferimento al versetto 14 del primo capitolo del Vangelo di Giovanni in cui si parla dell’Incarnazione di Cristo).
Ci rendiamo conto che questo tipo di comunicazione è profondamente sbagliata? Si rischia di far credere ai giovani che Cristo sia un alieno con i superpoteri.
I ragazzi mancano di una preparazione catechetica che veicolata in questo modo causa loro solo confusione. Mescolare il sacro e il profano non è certo la soluzione.
«Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: “Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?”... Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”» (Gv 6, 60. 66-68).
Molti se ne vanno davanti alla stessa parola di Gesù, ascoltata dalla sua bocca; come posso pretendere che tutti rispondano positivamente a quella da me proclamata? Ma Gesù non scende di livello, non si adegua alle aspettative del mondo e così dobbiamo fare noi.
In questo sta anche il grande dono della libertà umana che può sempre rispondere negativamente al progetto di Dio che ci viene proposto e mai imposto. Noi ci trinceriamo dietro tante scuse ma in fondo è solo frutto di una nostra scelta.
Mi ha fatto sorridere vedere tante persone in fila fin dall’alba davanti ai negozi in attesa che aprissero per i saldi. Mi è venuto in mente quanti dicono che la domenica vogliono riposarsi e dormire fino a tardi e quindi non possono venire alla Messa… cose se non ce ne fossero a tutte le ore…
La Chiesa, la parrocchia non è un centro servizi (come molti ormai pensano) ma il luogo della formazione cristiana e dell’incontro con Dio attraverso i sacramenti che Lui stesso ha donato alla Chiesa.
Forse è giunta l’ora di non perdersi d’animo, di non piangersi addosso ma di mirare in alto, sapendo che solo un quarto della semina cadrà su un terreno favorevole.
Se non osiamo indicare solo Lui, rischiamo di gettare seme scadente (che apparentemente è solo qualcosa che si riferisce a Dio) e di perdere anche quel quarto di raccolto. Invece di mettere in “saldo la fede” dobbiamo ancora di più rimanere “saldi nella fede”.
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