Chi sono i veri cristiani ideologici
Un tipico errore della
Chiesa post-conciliare è quello di non voler essere attenti alla realtà delle
cose. La vita di grazia diminuisce ... non fa nulla. Il senso del peccato
diminuisce ... non fa nulla. Le famiglie si sfasciano ... non fa nulla. I matrimoni
civili aumentano e in alcune zone d’Italia sono più numerosi di quelli
religiosi... non fa nulla. I giovani hanno dimenticato completamente l’obbligo
e il valore della castità prematrimoniale ... non fa nulla. Le leggi dello
Stato recepiscono sempre più il relativismo etico dominante ... non fa nulla.
Va tutto bene, è inutile preoccuparsi.
Un tipico errore che si manifesta in due atteggiamenti.
Un tipico errore che si manifesta in due atteggiamenti.
Il primo
atteggiamento minoritario è di chi dinanzi allo sfacelo fa silenzio, in un
certo senso apprezza e – sempre in un certo senso – quasi spera che il trend
continui su questa falsariga. Si tratta – diciamocelo francamente –
dell’atteggiamento di quei cattolici che non hanno la coscienza pulita, che
hanno molti disordini nella vita privata e che in questo modo sperano di poter
tacitare la propria coscienza convincendosi che tutto sommato ciò sarebbe la
dimostrazione che la Morale cattolica non può essere completamente rispettata e
che deve cambiare radicalmente.
Il modo
invece maggioritario di manifestare questo errore è più complesso, è quello di
chi si accorge che c’è molto che non va, ma nello stesso tempo si sforza di
dimostrare che ciò che non va rientrerebbe in una sorta di crisi fisiologica
della Chiesa. Non può non andare così: per liberarsi da “incrostazioni
storiche” di contaminazioni con il potere e con certi conservatorismi, la
Chiesa deve vivere una crisi, una crisi che la porterà ad una maggiore
“spiritualizzazione” e ad essere più fedele al suo mandato.
Gli
argomenti che si adducono ovviamente sono complessi, ma si capisce bene come
alla base di questi vi è un’altra questione psicologica. Se per il primo
atteggiamento la questione è più “bassa”, in un certo senso è una questione “di
pancia”, per il secondo l’atteggiamento la questione è “di testa”. è la
posizione ideologica che impedisce di capire. L’ideologia – si sa – è
un’ipertrofia dell’intelligenza che, proprio perché ipertrofia, si traduce in
un accecamento dell’intelligenza stessa. Una realtà quando cresce troppo
finisce con l’annullare se stessa. Il cancro altro non è che una crescita
impazzita delle cellule e un uomo che fosse troppo alto non riuscirebbe a
vivere bene, non passerebbe facilmente attraverso le porte, non entrerebbe
facilmente in un auto, non troverebbe facilmente vestiti da poter indossare o
scarpe da poter calzare.
L’ideologia
è l’intelligenza sproporzionata e ipertrofizzata che vuole prescindere
dall’osservazione per affidarsi esclusivamente alle proprie costruzioni
teoriche e intellettuali.
Spesso sentiamo l’attuale Pontefice parlare contro i cristiani “ideologici” e molti leggono questa definizione come un riferimento a cristiani di formazione tradizionale che sono soliti denunciare uno stato della Fede e della Chiesa tutt’altro che positive. Ora, la definizione è senz’altro da utilizzare perché c’è tanto “cattolicesimo ideologico” ai nostri giorni, ma chiediamoci: in chi c’è questo atteggiamento? A chi bisogna davvero affibbiare una simile etichetta? A chi legge le cose come stanno o a chi si illude che le cose vadano bene quando invece non vanno assolutamente bene?
Spesso sentiamo l’attuale Pontefice parlare contro i cristiani “ideologici” e molti leggono questa definizione come un riferimento a cristiani di formazione tradizionale che sono soliti denunciare uno stato della Fede e della Chiesa tutt’altro che positive. Ora, la definizione è senz’altro da utilizzare perché c’è tanto “cattolicesimo ideologico” ai nostri giorni, ma chiediamoci: in chi c’è questo atteggiamento? A chi bisogna davvero affibbiare una simile etichetta? A chi legge le cose come stanno o a chi si illude che le cose vadano bene quando invece non vanno assolutamente bene?
Molti
conoscono la celebre frase di un noto teorico del socialismo sovietico: «Se i
fatti non ci daranno ragione, peggio per i fatti!». Ebbene, in tanti – troppi –
cattolici oggi si attaglia bene questa massima. Dinanzi alla crisi
evidentissima della vita di grazia, dinanzi all’altrettanto evidentissima crisi
della Chiesa, non bisogna mutare i dettami pastorali, le linee di tendenza, le
programmazioni dei recenti decenni, il problema non starebbe lì, non può stare
lì. Eppure, per evangelica sapienza, i cristiani dovrebbero essere arciconvinti
che dai frutti si riconoscono gli alberi.
Monsignor
Giacomo Biffi, vescovo emerito di Bologna, utilizzando il suo inconfondibile
stile nel suo Il Quinto
Evangelo scrisse a proposito di questo atteggiamento così
diffuso: «Il Regno dei cieli
è simile a un pastore che avendo cento pecore e avendone perdute novantanove, rimprovera
l’ultima pecora per la sua scarsità di iniziativa, la caccia via e, chiuso
l’ovile, se ne va all’osteria a discutere di pastorizia». E pensare
che queste cose Biffi le scrisse nel lontano 1969: una vera profezia.
Nell’ultimo
Avvento il cardinale di Vienna, monsignor Schonborn, ha predicato nella diocesi
di Milano e per l’occasione ha detto parlando della Chiesa attuale: «[...] lasciamo la nostalgia degli anni
Cinquanta, quelli della mia infanzia, nel villaggio, quando la chiesa si
riempiva di gente per tre volte ogni domenica. Tutti in chiesa. Lasciamo la
nostalgia per la vitalità dei nostri oratori degli anni Cinquanta e Sessanta».
Eccolo il vero cristianesimo “ideologico”. Un conto è dire che, constatando la
diversità fra il passato e il presente, il cattolico non debba abbattersi,
altro è dire che vada abbandonata la nostalgia. Parole incomprensibili. Quando
si perde qualcosa di bello, la nostalgia è più che opportuna, ed è l’unico
atteggiamento umanamente ragionevole.
Certo,
non bisogna deprimersi, anzi è necessario ancora più attivarsi, rimboccarsi le
maniche e agire, convinti che le sorti della storia non sono nelle nostre mani
ma in quelle di Dio e della sua Santissima Madre, ma un simile impegno può
essere motivato solo da una costatazione intelligente: le cose ora non vanno
bene, bisogna agire per modificarle. Dire di “lasciare la nostalgia” è quanto
di più “ideologico” possa essere affermato in una simile situazione... a meno
che non si desideri “apostatare”, cosa che non riteniamo possibile,
ipotizzabile e concepibile in un cardinale di Santa Romana Chiesa.
Si ha paura di vedere la realtà così come essa è, ma ciò non è un atteggiamento realmente cristiano, perché il cristiano è prima di tutto uomo di osservazione che fa della virtù della prudenza il timone del proprio giudicare e del proprio agire.
Si ha paura di vedere la realtà così come essa è, ma ciò non è un atteggiamento realmente cristiano, perché il cristiano è prima di tutto uomo di osservazione che fa della virtù della prudenza il timone del proprio giudicare e del proprio agire.
Corrado
Gnerre
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