martedì 5 novembre 2013

CHIESA DEL FUTURO

ECCO COME SARA' LA NUOVA CHIESA 

L' “affare non concluso” del Concilio. “Ritorno a Gesù” della Chiesa. e i sogni del “prossimo papa”. Un fine settimana col card. Maradiaga




Un servizio, dal  Blog statunitense di Rocco Palmo, della nostra corrispondente Rosa. Su un recente discorso del Cardinal Maradiaga, che è riportato integralmente dopo i commenti dell'informato blogger e che Rosa ha tradotto, condensandone alcuni passaggi. Ne vien fuori un quadro sulla nuova ecclesiologia.
In corsivo, i commenti di Rosa; tra parentesi quadre, il sunto di alcuni brani.
 

Discorso tenuto dal cardinal Maradiaga, uno dei G8, prima a Dallas, poi a Miami lo scorso fine settimana. Maradiaga viene considerato da varii giornalisti cattolici americani il portavoce del Papa in USA, visto che Bergoglio non sa l’Inglese, mentre Maradiaga sì (è un cardinale “giramondo”, che suona anche il sassofono). Il blogger Rocco Palmo, di Philadelphia, già inviato in USA per un giornale cattolico inglese, commenta che l’ultima volta che un Salesiano in cima alla gerarchia vaticana espose il programma di governo del Papa, erano già trascorsi 2 anni e mezzo di pontificato. Ora è invece tutto più veloce, perché il Papa e i suoi sentono che il tempo a disposizione è breve...
Il discorso è simile in entrambi i luoghi, ma a Miami Maradiaga è andato più a braccio, aumentando di tono e finendo quasi come un pastore pentecostale (sic). A Miami, di sottofondo, c’erano Cubani che cantavano e danzavano ... (sic). Come scrive il blogger, leggiamo quel che dice colui che si potrebbe definire ora il Vice-Papa:

[Nell’introduzione Maradiaga parte, ovviamente, dal CVII, “un vento di Grazia e un riferimento paradigmatico” per la Chiesa di oggi che, secondo lui, cresce (“is rising”), con gran vitalità in Africa e Asia, ma con poca energia in Europa, ed anche in USA. Ma anche lì c’è speranza, e cita George Weigel (!!!!) . Prosegue quindi con il]

Vaticano II: il Concilio (...) all’inizio significava la fine alle ostilità tra la Chiesa ed il modernismo, che era stato condannato al I Concilio Vaticano (...) Né il mondo è il regno del male e del peccato - queste sono conclusioni chiaramente raggiunte con il CVII - né la Chiesa è l’unico rifugio del bene e della virtù. Il modernismo fu, per la maggior parte del tempo, una reazione contro l’ ingiustizia e gli abusi che mortificavano la dignità ed i diritti delle persone. Il Vaticano II riconobbe ufficialmente che le cose erano cambiate, e catturò la necessità per un tale cambiamento nei suoi Documenti, che enfatizzavano verità come queste :
” La Chiesa non è la gerarchia, ma il popolo di Dio. “Il Popolo di Dio” è, per il Concilio, la realtà che tutto abbraccia della Chiesa che risale alla sostanza (“stuff”) di base e comune dela nostra condizione ecclesiastica, cioè alla nostra condizione di credenti (che) è una   condizione condivisa da tutti. La gerarchia non ha alcuno scopo in se stessa e per se stessa, ma soltanto quale riferimento e subordinazione alla comunità. La funzione della gerarchia è ridefinita in riferimento a Gesù come il Servo Sofferente, non il Pantocratore ; soltanto dalla prospettiva di qualcuno crocifisso dalle potenze di questo mondo è possibile trovare, e spiegare, l’autorità della Chiesa. La gerarchia è un ministero (diakonia = servizio) che richiede il nostro abbassamento alla condizione di servi. Prendere questo posto (il posto della debolezza e povertà) è la sua  propria, peculiare responsabilità (“her own, her very own responsibility”).
Non c’è quindi una doppia classificazione dei Cristiani - laici e chierici - essenzialmente differenti. La Chiesa come “ società di ineguali” scompare: “Non c’è, quindi, in Cristo e nella Chiesa nessuna ineguaglianza” (LG 32). Nessun ministro può essere collocato sopra questa dignità comune a tutti. Né i religiosi (“the clergy”) sono “gli uomini di Dio”, né sono i laici “gli uomini del mondo”. Questa è una falsa dicotomia. Per esprimerci correttamente, non dovremmo parlare di religiosi e laici, ma di comunità e ministero. Tutti i battezzati sono consacrati come casa spirituale e santo sacerdozio (LG 10).  Perciò, non soltanto noi religiosi siamo “preti”, ma anche, fianco a fianco al ministro ordinato, c’è il sacerdozio comune del fedele. Questo cambiamento nel concetto del sacerdozio è un punto fondamentale: ”In Cristo il sacerdozio è cambiato “ (Ebrei, 7:12). Davvero, il primo tratto del sacerdozio di Gesù è che “egli doveva esser reso come i suoi fratelli in ogni aspetto”.
Il sacerdozio originale di Gesù è l’unico che doveva essere continuato nella Storia (...) La Chiesa intera, il Popolo di Dio, continua il sacerdozio di Gesù senza perdere il suo carattere laico, nel regno del profano e dell’impuro (“unclean”). del “rigettato” (“cast out”): un sacerdozio che non si concentra esclusivamente nel culto al tempio, ma nel mondo intero, con una prassi samaritana di giustizia ed amore. Questo sacerdozio è sostanziale, l’altro - il “presbyterium” - è un ministero, un servizio, e non può essere concepito da parte rispetto al sacerdozio comune.

[qui introduce la Conferenza dei Vescovi L.A. ad Aparecida nel maggio 2007 - che per loro sembra esser stato un 3’ CVII). Prosegue:]
Ora la Chiesa si trova di fronte ad un cambiamento profondo, il più profondo nella sua storia dai tempi primordiali (sic): dall’essere una Chiesa europea, più o meno culturalmente uniforme, e quindi monocentrica, la Chiesa sta diventando universale, con molteplici radici culturali e, quindi, culturalmente policentrica. Il CVII può essere compreso come l’espressione manifesta di questo passaggio a livello istituzionale (...).
Perciò è veramente simbolico che gli ultimi tre Papi non siano stati Italiani: la tentazione di europeizzare ed italianizzare la Chiesa è sempre stata una legata alla pretesa del potere. Fortunatamente, le cose sono cambiate.

[Ritornando al CVII, ne ricorda i punti essenziali, ai quali la Chiesa deve sempre ritornare]

Non c’è alcuna possibilità di riformare la Chiesa senza ritornare a Gesù. (...)  Per discernere ciò che costituisce un abuso o un’ infedeltà dentro la Chiesa, non abbiamo altra misura che il Vangelo. Molte tradizioni stabilite nella Chiesa potrebbero condurla ad un vero auto-imprigionamento. 
(...) Gesù non era un sovrano di questo mondo (...)Egli è l’immagine del Servo Sofferente, immagine di innumerevoli altri servi, sconfitti da coloro che governano, e chiamano se stessi “signori”. Ma fu Lui che, povero, ammutolito, e umiliato, fu designato dal Padre come Suo Figlio ben amato, e che Dio stesso risuscitò al terzo giorno.

[dopo aver richiamato le parole del Papa sulle “periferie”, perché secondo lui quella è al missione affidata dal Signore alla Chiesa, una missione mai cambiata, perché mai cambiato è il Signore della Chiesa, continua:]

La vocazione della Chiesa (...) è proclamare il Regno di Dio. Anche Cristo stesso non proclamò o predicò Se stesso, ma il Regno.  (...) La vocazione della Chiesa è a servire, non a governare: “Serva dell’umanità”, la definì Paolo VI. Deve dare questo servizio vivendo nel mondo, essa stessa parte del mondo ed in solidarietà con esso, perchè “il mondo è l’unico soggetto che interessa Dio”.  
E là la Chiesa , in umile compagnia, aiuta a rendere la vita intellegibile e degna, rendendola una comunità di uguali, senza caste o classi, senza ricchi o poveri, senza imposizioni o anatemi (qui diventa lirico). Il suo obbiettivo principale (“her foremost goal”) è prendersi cura dei problemi “penultimi” (fame, abitazione, vestiario, scarpe, salute, istruzione...) , quindi essere capace di curarsi degli “ultimi” (quei problemi che ci rubano il sonno dopo il lavoro: la nostra finitezza, la nostra solitudine davanti alla morte, il significato della vita, i dolore, il male...) . La risposta che la Chiesa darà ai “penultimi”, le darà titolo a parlare degli “ultimi”. La Chiesa deve quindi mostrarsi Samaritana sulla terra - così potrà un giorno partecipare dei beni eterni. 
(...) Troppo spesso la Chiesa dà l’impressione di avere troppe certezze e troppi pochi dubbi, libertà, dissenso o dialogo. Non più scomuniche del mondo, quindi, o non più soluzioni ai suoi problemi con il ritorno all’ autoritarismo, rigidezza e moralismo, ma invece mantenere sempre il messaggio di Gesù come la sua unica fonte d’ispirazione.

La Chiesa deve ritornare alla comunione, che è vitale per poter acquistare credibilità agli occhi dell’odierna società. Ma questa non è semplice democratizzazione, è lavorare per raggiungere un’autentica coesistenza come fratelli ed eguali ( fraternité, egalité...). E quest’obbiettivo non può certo essere raggiunto attraverso un modo di pensare gerachico (“hierarchic mindset”), intendendo l’Ordine come un “presbyterium” privilegiato ed esclusivo, così come sembrava configurato, con un potere assoluto concentrato all’apice e delegato giù giù al resto della gerarchia.
(...) Tutta la vita di Gesù è stata una vita sacerdotale, nel senso che Egli divenne uomo, fu povero, combatté per la giustizia, criticò i vizi dei potenti, identificò SE stesso con i più oppressi e li difese, trattò le donne senza discriminazione, si scontrò con coloro che avevano un’ immagine diversa di Dio e della religione, e fu costretto dalla Sua stessa fedeltà ad essere perseguitato, e a morire crocifisso fuori della città  (questo di morire fuori della città lo ricorda per almeno tre volte. Confesso che non capisco l’importanza dottrinale o teologica di questo particolare). 

[Dopo aver ancora ricordato che non esiste secondo il CVII ua sostanziale - direi io ontologica, parola a quanto pare troppo colta per un cardinale di S. Madre Chiesa - differenza tra laici e consacrati, si effonde sui poveri,  la vera missione della Chiesa secondo il Concilio, specie ora nell’epoca della globalizzazione e delle democrazie neo-liberali, stimolata in ciò dallo stesso Giovanni XXIII e da un considerevole numero (ma quanti ? non si dice) di Padre conciliari. Naturalmente, prosegue, sono stati soprattutto i religiosi latinoamericani ad aver spinto negli anni postconciliari in questa direzione, soffrendo, essendo perseguitati ed arrivando al martirio per questa “liberazione (“liberation” , ti ricorda forse qualcosa ?].

(,,,) La Chiesa dovrebbe proclamare e testimoniare, come criterio di organizzazione ed educazione sociopolitica, che tutti gli uomini sono fratelli, e che, se siamo fratelli, dobbiamo combattere per stabilire relazioni di uguaglianza e per eliminare i più grandi ostacoli per ciò: denaro e potere. Dobbiamo stabilire come priorità che quelle maggioranze che soffrono la povertà e l’esclusione (gli ultimi) saranno le prime. Se Gesù chiama i poveri “benedetti”, è perché assicura loro che la loro situazione cambierà, e quindi è necessario creare un movimento che possa portare ciò, restituendo loro dignità e speranza. Dobbiamo dare la primazia all’ultimo.   (...)

[Prosegue in affermazioni ideologiche sui poveri, la solidarietà, ecc.ecc. (v. testo originale), quindi riparlando della Chiesa:]
La Chiesa deve ritornare ad essere profondamente umana (come la volle il Concilio): essa non poteva più porsi come una “società perfetta” parallela ad un mondo con cui confrontarsi, che proseguiva il suo corso autonomo, rafforzando le sue pareti contro gli errori e l’influenza del mondo. Quest’ antitesi secolare doveva essere superata.  Il Concilio intendeva applicare un rinnovamento entro la Chiesa stessa, perché la Chiesa non era né il Vangelo, né era un seguace perfetto del Vangelo. Essa era abitata da uomini e donne che, come ovunque, e secondo la loro limitata, peccaminosa condizione, avevano stabilito entro essa molte tradizioni, leggi e strutture che non rispondevano agli insegnamenti o alla pratica di Gesù . ( a parte lo stucchevole “uomini e donne”, chi dice che invece siano rispondenti agli insegnamenti e pratica di Gesù quelli del Concilio e post ? Gesù lavò i piedi ai discepoli, non a zingarelle mussulmane in carcere, e distribuì personalmente il pane ed il vino, non lo consegnò a qualche ministra straordinaria dell’Eucaristia...)
[Altre citazioni dal Concilio, da Paolo VI sull’umanità, da George Weigel - da quando un giornalista americano è citato come Padre della Chiesa - ancora sul dialogo:

... La Chiesa non può chiudere le porta al dialogo senz’ annullare la verità che potrebbe spuntare da ogni dove - poiché Dio stesso l’ ha generosamente piantata ovunque. La Chiesa non aveva più il monopolio sulla verità, nè può pontificare su migliaia di cose umane, o tenere posizioni che denotano arroganza o superiorità. Invece dovrebbe uscire sull’ arena comune -  il Colosseo ? - pianamente ed umilmente, e partecipare alla ricerca comune della verità. (“Quid es veritas” ?...”Ego sum via, veritas et vita”). Il dialogo deve precedere la missione, come semplice attitudine all’ascolto, a costruire su ciò che è comune, piuttosto che insistere su ciò che divide, e contare sul contributo degli umanesimi (“humanisms”) e delle religioni non cristiane, che ci porterà indietro al fondamento di ogni credo, ogni ideologia. Ciò che è cristiano ha il suo substrato, innanzitutto e soprattutto (“firsty and foremost”) in ciò che è umano -       e io che pensavo fosse in NS GC. 
Non si può essere cristiani senza essere innanzitutto una persona. E la persona offre una struttura ed una panoplia di tratti e possibilità che non sono patrimonio di qualcuno in particolare, ma invece dell’ intera umanità. (sentivo che volevano tornare a Paolo VI secgliendo Bergoglio, ma voler portare indietro l’orologio al 1963, mi sembra veramente troppo !)

[... La Chiesa, quindi, nella nuova evangelizzazione, dev’essere presente, magari silenziosa, magari nascosta, ma esserci là dove si ventilano le grandi cause umane, insieme a coloro nei cui petti arde il fuoco dell’amore, della giustizia e della carità e della costruzione dei diritti umani - lirico -. Potremmo chiamare questa presenza santità politica (“political sainthood”), come un’anticipazione del sapore della pienezza escatologica (!!!!!)

Dopo aver finalmente citato un Papa preconciliare, Leone XIII, chi altri ? , ed essersi ricordato di Giovanni Paolo II “Magnus” e “en passant” di Benedetto XVI “Parvus” e delle loro opere e discorsi sull’evangelizzazione (sembra che nei primi 1888 anni della sua storia, e soprattutto prima del CVII, la Chiesa non abbia evangelizzato), conclude ricordando gli anni duri e bui di BXVI, attaccato ed “imboscato” dai media, con i fedeli sempre più in dubbio. Ma ora è arrivato (squillo di trombe) PF !! Egli vuole metter nuovo vino in nuovi otri e soprattutto, udite, udite, che “la Chiesa ritorni a Gesù” - evidentemente fin’ora chissà dove se n’era andata, la sposa fedifraga.

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