DEMONOLOGIA: «DAVANTI AD UN'ANIMA FORTE, IL DIAVOLO TREMA»
L'esistenza dei demoni.
Che vi siano degli spiriti
malefici chiamati demoni, è cosa attestata dalla
Sacra Scrittura e riconosciuta da tutti i popoli. I pagani credevano
nell'esistenza di geni, gli uni buoni, gli altri cattivi; e ne concludevano che
bisognava accattivarsi l’affezione dei buoni con riverenze, offerte, preghiere;
placare la vendetta e la malignità dei cattivi con sacrifici. Quindi l’idolatria,
il politeismo, le pratiche superstiziose, la magia, la divinazione, ecc. La
stessa cosa credettero pure i filosofi pagani. La Rivelazione è venuta ad
illuminarci sull’esistenza dei demoni, Mosè ci dice che la prima donna fu
tratta a disobbedire a Dio da un perfido nemico camuffato sotto la forma di
serpente (Gen. III, 4). Nel Deuteronomio si narra che gli israeliti immolarono
i loro figli agli spiriti malefici e cattivi (XXXII, 17); il Salmista conferma
il medesimo fatto con quelle parole «Imolaverunt filios suos et Alias sua
daemoniis» (CV, 35). Anche Gesù Cristo parlò dell’esistenza dei demoni, anzi
sappiamo che li cacciava dal corpo degli ossessi. Il medesimo linguaggio
tennero gli apostoli, e l’esistenza dei demoni forma un dogma della Chiesa cattolica.
Che cosa sono i demoni. Nel Nuovo Testamento, il nome di dèmone o demonio è sempre
adoperato in cattivo senso e significa uno spirito malvagio, nemico di Dio e
degli uomini. Nel principio della creazione Dio trasse dal nulla gli angeli,
come tutto il resto. Li fece buoni, perché sta scritto che tutte le cose che
Dio ha fatte erano assai buone: — «Erant valde bona» — e Dio non può essere
l’autore di cosa cattiva. La Scrittura c’insegna che dall’istante della loro
creazione tutti gli angeli, che erano quasi innumerabili, si trovarono
collocati in cielo. Da essa sappiamo ancora che molti di essi si ribellarono al
Creatore e in punizione del loro misfatto furono condannati a eterni supplizi;
a questi ultimi la Scrittura dà il nome di demoni. L’altra parte degli angeli
si mantenne fedele a Dio e fu confermata nella grazia. Di loro natura gli
angeli sono spiriti intelligenti, attivi, immortali, immateriali, destinati a
vivere nella contemplazione di Dio. Gli angeli sono le creature che più si
avvicinano alla maestà divina, infinita in perfezioni. Dio li ha creati per
formarne la sua corte ed è certo ch’Egli sparse a larga mano su queste belle
intelligenze tutti quei doni naturali di cui noi abbiamo ricevuto una piccola
parte. Cadendo, nulla perdettero gli angeli ribelli della loro natura, agilità,
spiritualità e vasta intelligenza, ma perdettero l’innocenza, la bellezza e la
felicità. Sotto questo aspetto hanno perduto tutto.
E che cosa diventarono
questi angeli decaduti? Udite la risposta di S.
Agostino: «Il diavolo è il dottore della menzogna, l’avversario del genere
umano, l’inventore della morte, il maestro in orgoglio, la radice della
malvagità, l’autore dei delitti, il principe di tutti i vizi, l’istigatore dei
vergognosi piaceri. Che cosa vi è di più perverso, di più corrotto, di più
malvagio che il nostro avversario?». La Sapienza così descrive i demoni: «Sono
mostri non mai più veduti, pieni d’inaudito furore, spiranti fiamme e odore di
fumo, raggianti dagli occhi orribili scintille; non solamente possono uccidere
col ferire, ma la sola loro vista può dare la morte per lo spavento». Gesù
Cristo e gli apostoli attribuiscono ai demoni i più grandi delitti, quali
l’incredulità dei giudei, il tradimento di Giuda, l'accecamento dei pagani, le
malattie crudeli e le ossessioni. Chiamano Satana, il padre della bugia, il re
di questo mondo, il principe dell’aria, l'antico Serpente, il diavolo. Negli
esorcismi il demonio è detto spirito immondo, infelicissimo tentatore,
ingannatore, padre della menzogna e delle eresie, feroce serpente, autore
dell’impudicizia, stupido, insensato, devastatore, schifoso, effeminato,
avvelenatore, mostro dei mostri, cacciato dal paradiso, dalla grazia di Dio,
dal soggiorno della felicità, dall’assemblea e società dei santi, creatura riprovata
e maledetta da Dio per tutta l’eternità, orgoglioso, infame, pieno di
scelleratezza, di abominazione, di bestemmie, coperto di maledizione, carico di
scomuniche e meritevole del fuoco infernale. Ecco i nomi e i titoli che la
Chiesa dà al demonio apostrofandolo negli esorcismi. Da questi possiamo
giudicare chi è.
Cause della caduta dei
demoni. Tertulliano, S. Basilio, S. Cipriano, S.
Bernardo, Ruperto abate, il Suarez, seguiti da buon numero di teologi,
ritengono come probabile che il peccato commesso da Lucifero in cielo, per cui
fu condotto all’orgoglio, ebbe origine dall'invidia che provò quando Dio gli
rivelò che il Figliuolo suo, Gesù, si sarebbe fatto uomo e gli intimò di
sottomettersi a Gesù Cristo incarnato. Fu geloso che il Figliuolo di Dio assumesse
la natura umana e non seppe rassegnarsi che fosse preferito l’uomo a lui, il
più nobile, il più bello, il più intelligente degli angeli; gli parve
intollerabile quell’unione ipostatica dell’uomo col Verbo; desiderò che
tale unione avesse luogo con lui e ricusò di riconoscere per suo superiore un
uomo fatto Dio per l’incarnazione. Non avendo voluto Dio accondiscendere ai
suoi propositi, Lucifero si ribellò a lui ed a Gesù Cristo e consigliò gli
angeli di seguirlo nella sua rivolta. Nella sua lettera agli Ebrei pare che S.
Paolo favorisca quest’opinione in quelle parole: «Quando Dio introdusse nel
mondo il suo primogenito, disse: E lo adorino lutti gli angeli di Dio» (I, 6).
La parte degli angeli che adorò i «secreti divini» si sottomise al volere di
Dio, riconobbe Gesù Cristo fatto uomo per suo Signore e non solo fu mantenuta
nella felice sua condizione, ma fu innalzata nel più alto dei cieli e
confermata nella grazia.
L’orgoglio fece cadere
l’angelo. Che per i suoi splendori è paragonato alla
stella del mattino. «Come mai sei tu caduto dal cielo, o Lucifero, esclama
Isaia: tu astro brillante, figlio dell'aurora, come mai precipitasti in terra?»
(XIV, 12). Come ti sei tu cambiato in tenebre, o Lucifero? Come mai sei
precipitato dal più alto grado al più basso, dalla gloria nell’ignominia, dalla
vita nella morte, dal cielo all’inferno? Il capo degli angeli ribelli si chiama
Lucifero, perché splendeva di grazia e di gloria nel cielo, come splende di più
viva luce la stella che si chiama Lucifero o portatrice di luce. Nel senso
mistico poi, questo significa che la caduta di Lucifero avvenne nell’aurora,
ossia all'inizio stesso della creazione del mondo. Lucifero, continua Isaia,
«tu dicevi in cuor tuo: Ascenderò sui cieli, e su gli astri di Dio poserò il mio
trono; m’innalzerò al di sopra delle nubi, e sarò simile all’Altissimo » (Is.
XIV, 13-4). Come sei tu caduto? tu che eri il sigillo della somiglianza: cioè
tu eri di una bellezza perfetta e pieno di sapienza; creato tra le delizie del
paradiso di Dio, andavi come vestito di gemme; eri perfetto fin dal giorno
della creazione, e tale sei rimasto fino a che l’iniquità non venne ad
insozzarti. E qual è questa iniquità se non quella di aver troppo stimato te
medesimo, ed esserti fatto un laccio della tua medesima eccellenza?
Infelice e mille volte
sventurata. Dice Bossuet, quella creatura che non vuole guardarsi in Dio, e
che fissandosi in se stessa si separa dalla sorgente del suo essere, la quale è
per conseguenza ad un tempo la sorgente della sua perfezione e della sua
felicità. Quel superbo che si era fatto Dio a se stesso, suscitò la ribellione
nel cielo, e Michele, che si trovò a capo del partito dell’ordine, gridò: Chi è
come Dio? — «Quis ut Deus?» — Perciò ebbe il nome di Michele, che significa:
«Chi è uguale a Dio?» Chi è colui che vuole mostrarsi a noi come un altro Dio,
e che disse nel suo orgoglio: «Io m’innalzerò fino ai cieli, dominerò tutti gli
spiriti, e sarò simile all’Altissimo?». Chi è dunque questo nuovo Dio che vuole
innalzarsi sopra di noi? Ma gridiamogli tutti dietro: Non vi è che un solo Dio;
diciamo tutti a un coro: Chi è simile a Dio? — «Quis ut Deus?» — Osservate che
cosa diviene a un tratto quel falso dio che voleva farsi adorare: Dio lo ha
colpito ed egli precipitò con gli angeli suoi imitatori. «Tu che t'innalzavi al
cielo, sei cacciato nell’inferno, nei più profondi e tenebrosi abissi» (Is.
XIV, 15). Nella sua caduta conserva tutt’intero il suo orgoglio, perché
l’orgoglio deve essere il suo supplizio (Sur les Démons).
Il combattimento. «Un grande combattimento, dice l'Apocalisse, si fece nel cielo:
Michele e i suoi angeli combattevano contro il dragone e gli angeli suoi. Ma
questi non valsero a sostenere la lotta e per loro non rimase più posto in
cielo. E quel gran dragone, quel serpente antico, il cui nome, è diavolo e
Satana, che seduce tutta la terra, fu precipitato giù insieme agli angeli suoi
» (XII, 7-0). Il demonio non stette più nella verità, scrive S. Bernardo,
perché non si appoggiò nel Verbo. Egli si affidò alle sue forze; volle sedersi
mentre non poteva di per se stesso nemmeno tenersi in piedi. Diceva in cuor
suo: «Io m’assiderò; ma Dio, giudicando altrimenti, non gli permise né di
sedere, né di stare ritto. Allora il demonio cadde; lo dice Gesù Cristo di propria
bocca: Io vedeva Satana precipitare come folgore dal cielo» — «Videbam Satanam
sicut fulgur de coelo cadentem »(Lc. X, 18). Chi dunque è in piedi, non si fidi
di sé, ma si appoggi al Verbo, per non cadere. È parola del Verbo, che senza di
lui noi non possiamo fare nulla (Serm. LXXXV, in Cantic.).
Io mi assiderò e sarò simile all'Altissimo. O impudente! Dice il medesimo padre; milioni
di angeli lo servono e centinaia di milioni stanno con le ali ai piedi per
seguirne gli ordini e tu ti assiderai! I cherubini stavano e non sedevano: ora
che hai tu fatto perché già sii degno di sedere? «lo vidi, dice Isaia (VI,
1-2), il Signore assiso sopra un alto trono e i cherubini stargli in piedi
attorno». Perché tu, o Lucifero, che sembravi lo splendore dell’aurora,
non sei rimasto nella verità se non perché tu non eri un serafino? Cherubino
vuol dire illuminato e infiammato; e tu, infelice, avevi la luce senza il
calore. Ti sarebbe giovato di più essere ardente, che non splendente; dovevi
reprimere quella tua vanagloria di comparire ed era tuo debito umiliarti. Ma
no, tu hai detto: «Io ascenderò sulle nubi e mi vi assiderò, ed eccoti caduto.
I serafini stanno ritti e saldi, perché la carità giammai non cade», dice S.
Paolo: «Charitas nunquam excidit» (I Cor. XIII, 8). Essi stanno fissi
nell'eterna incommutabilità, e nell’incommutabile eternità. Tu, o Lucifero, hai
pensato di sederti! O empio! Eccoti perciò mal fermo sulle piante e, cercando
di ascendere, stramazzerai; è il Figlio dell’Eterno quegli che sta assiso sul
trono; è il Signore degli eserciti, che giudica con calma. Solo la Trinità sta
assisa, solo essa ha l’immutabilità, ma i serafini stanno in piedi.
Gli angeli ribelli
furono dunque rei. 1° di una eccessiva
compiacenza della loro bellezza ed eccellenza; 2° del disegno di bastare a se
stessi e di vivere unicamente per sé, ricusandosi di dipendere da Dio; 3° di
aver voluto arrogarsi la beatitudine e riconoscerla dalle proprie forze, non
dalla potenza e bontà di Dio; 4° di aver ambito d’innalzarsi sopra degli altri
angeli e disdegnato ogni soggezione a qualsivoglia persona, anche alla persona
medesima di Dio.
Lucifero peccò. 1° per un intollerabile orgoglio; 2° per la ribellione sua e degli
angeli suoi contro Dio e la Chiesa celeste; 3° Lucifero ed i suoi angeli
commisero un delitto di lesa maestà divina, avendo tentato d’impadronirsi del
trono di Dio medesimo; 4° Lucifero cercò di trascinare dietro di sé gli angeli,
e cerca ancora di trascinare con sé gli uomini; 5° egli è l’autore di tutti i
peccati, ma è anche la creatura più sprofondata e tormentata nell’inferno.
Le ragioni della caduta. La prima ragione della caduta degli angeli fu la superbia. La
seconda fu il loro proprio nulla. Essi traevano la grandezza e la perfezione
dalla mano di Dio, avrebbero dovuto riconoscerlo; ma poveri e deboli perché
tolti dal nulla, vollero fidarsi di se stessi e non trovando che il nulla,
caddero. La terza fu il cattivo uso che fecero della loro libertà. E che
guadagnarono? Ohimè! perdettero tutto... Da angeli di luce, divennero spiriti
di tenebre; erano buoni, belli, felici; e divennero cattivi, orribili,
infelicissimi. Le medesime cause che trassero in perdizione gli angeli vi
traggono ancora gli uomini che li imitano. Adamo volle seguirli, e fu condotto
in tale baratro di mali, da cui non sarebbe mai più uscito senza l’infinita
misericordia di Dio. Tremiamo... Se gli angeli caddero nel cielo, se Adamo
cadde nell’Eden, se caddero Sansone, Davide e Salomone, se cadono i cedri del
Libano, di quanto timore e di quanta umiltà dobbiamo essere compresi noi deboli
e fragili canne! Perciò il grande apostolo ci esorta a lavorare alla nostra
salute con timore e tremore: — «Cum metu et tremore vestram salutem operamini»
(Philipp. II, 12).
Il demonio è omicida,
padre di tutti i delitti e di ogni eresia. « Il vostro padre è il diavolo, diceva Gesù Cristo agli
scribi e farisei orgogliosi e malviventi, e volete adempiere i desideri di
vostro padre. che era omicida fin da principio e non si mantenne nella verità»
(Gv. 8, 44). Il demonio uccise se stesso con la sua rivolta. Fu omicida del
primo uomo e lo è tuttavia della stirpe umana... Mirava perfino a distruggere
Dio, se avesse potuto, per usurparne il posto. E ciò che non poté fare contro
Dio nel cielo, l'ha fatto su la terra, spingendo i giudei a uccidere Cristo. Il
demonio è il padre della morte e non ha mai generato altro che morte. Non sa
far vivere, e come un masnadiero ardito e feroce non d’altro s’intende che di
ruberie e di uccisione, ridendosi dei misfatti che gli riesce di far
commettere. «Chiunque commette peccato è figlio del diavolo, dice S. Giovanni,
perché il diavolo è peccatore fin da principio » (I, III, 8). «Il demonio è il
principe del peccato e il padre di tutti i mali», scrive S. Cirillo. Il demonio
è l’autore di tutti i delitti, di tutte le menzogne, di tutti gli errori e per
ciò il padre degli eretici e delle eresie. Senza di lui il peccato non sarebbe
mai esistito e per conseguenza se non ci fosse il demonio non ci sarebbero né
miserie, né malattie, né morte, né inferno, perché tutte queste terribili cose
sono la pena del peccato. Nessun essere è tanto colpevole, malvagio, depravato
quanto Satana...
Perché Gesù Cristo
paragona il demonio alla folgore? «Io vedevo, disse Gesù
agli apostoli, Satana precipitare dal cielo come folgore» (Lc. X, 18). Lucifero
è qui paragonato alla folgore: 1° per la sua agilità; 2° per la sua potenza di
nuocere; 3° perché arriva in un attimo, ma passa e scompare anche prontamente
se non gli si dà ascolto; 4° perchè appare talvolta sotto forma splendida e
pura, benché scacciato, disprezzato, maledetto, si trasforma in angelo di luce.
Perché il demonio è
chiamato leone? «Siate sobri e vigilanti,
dice S. Pietro, perché il diavolo, vostro nemico, va attorno come leone
ruggente che cerca la preda » (I, V, 8). Satana è chiamato leone: 1° perché la
notte veglia; 2° è crudele come il leone affamato; 3° manda, come il leone,
terribili ruggiti; 4° il leone che si avventa sulla preda è spinto dalla rabbia
e dalla fame, cosi avviene del demonio. Il leone calpesta il resto della sua
preda, il diavolo sbeffeggia e trae nel fango quelli che arriva a pervertire e
uccidere; 5° il leone si appiatta per sor prendere l'incauta fiera, così opera
il demonio; 6° il leone contrastato diventa furioso, e Satana ancora; 7° il
leone puzza, il diavolo spande dappertutto il fetore delle passioni e del
peccato; 8° il leone ed il demonio hanno il medesimo istinto di divorare; 9°
come pure vanno entrambi in giro cercando la preda; 10° Il leone assalta
principalmente le grandi fiere, gli animali di gran corpo e forza, non curando
i piccoli e deboli, e non mangia se non quello che prende vivo; il demonio
sceglie il giusto per sua vittima prediletta, assale di preferenza le anime più
pie, più sante, più avanzate nella virtù, più eroiche: dei cuori deboli,
carnali, vili non tiene conto, già sono suoi; 11° Il leone ed il demonio si
slanciano con più furore su l’uomo quando si sentono feriti.
La forza del demonio. Il Vangelo chiama il demonio «il forte armato» (Lc. XI, 21).
Chiedete voi quale sia la natura di questo nemico? E uno spirito. Desiderate
vederlo? È invisibile. Volete conoscerne il carattere? È cattivissimo e
scaltrissimo. S. Paolo lo chiama padrone e governatore del mondo. «Vestite,
dice questo grande Apostolo, l'armatura di Dio per potervi difendere dalle
insidie del demonio. Poiché il nostro combattimento non è contro uomini di
carne e sangue, ma contro i principati e le potenze governatrici del mondo, che
sono gli spiriti maligni sparsi per l’aria» (Ef. VI, 11-12). Notate quelle
parole: principati, potestà, rettori del mondo. Secondo i santi padri, i demoni
hanno conservato, dopo la loro caduta, il medesimo ordine gerarchico che
tenevano in cielo prima della defezione. Ordinati come un esercito gli uni
comandano, gli altri obbediscono e sono in condizione inferiore: donde ne viene
la loro immensa forza. Quelli cui si dà nome di principati, potestà,
governatori sono i capi tra i demoni. Volete conoscere qual luogo tiene il
demonio? Egli domina la terra e piomba su di noi dalle stanze dell’aria.
Cercate della sua dimora? È dovunque giorno e notte. Della sua intelligenza? È
vastissima e superiore a quella dei più sapienti uomini... Se voi considerate
la sua natura il demonio è «un gigante», dice Origene. « I forti, scrive il
Salmista, sopra di me si gettarono» (Ps LVIII, 3); «e come strappare la preda
di mano al forte, dice Isaia, come salvare ciò che è stato preso da lui?»
(XLIX, 24). Quantunque già strapotenti, i demoni, come spiriti intelligenti,
attivi, agili, vigilanti, aumentano ancora spaventosamente questa loro potenza
con l’audacia, l’odio, la ferocia da cui sono animati. Conservarono, anche dopo
la caduta, tutte le loro forze; e queste sono tali che S. Paolo non si perita
di chiamarli: «Signori di questo secolo » (II Cor. IV, 4). Con ragione il
Crisostomo lasciò scritto: «Se i demoni sono ordinati a schiere, se sono
spiriti, se sono i padroni del mondo, come mai, ditemi, possiamo noi darci ai
piaceri, come li vinceremo senza brandire le armi?». Si aggiunga alla forza e
potenza dei demoni il loro numero prodigioso; e pensiamo che tutta questa
spaventosa moltitudine non cessa mai dal muoverci accanita guerra! S. Paolo
chiama i demoni principi di questo mondo, scrive S. Agostino; ma per timore che
voi pensiate che siano principi del cielo e della terra, li chiama soltanto
principi del mondo, cioè «principi degli amatori del mondo sepolto nelle
tenebre, del mondo degli empi e dei cattivi, di quel mondo di cui è detto nel
Vangelo che, essendo venuto Gesù Cristo, il mondo non lo conobbe». Essi sono i
principi di quel mondo contro di cui il Salvatore lanciò quello spaventoso
anatema: «Guai al mondo!», e del quale disse in altro luogo: «O Padre mio, non
per il mondo io vi prego» — «Non prò mundo rogo» (Gv 17, 9). I demoni sono i
principi di quel mondo cui accennava Gesù Cristo allorché volgendosi al Padre
gli diceva: «Padre santo, il mondo non vi ha conosciuto » (Gv. 17, 25); di quel
mondo che il re profeta chiama terra di oblio: — «Terra oblivionls» (Ps 87, 13)
ed a cui accenna l'Apocalisse in quelle parole: «Guai agli abitatori della
terra» (VIII, 13). I demoni sono principi di un mondo simile a quello che il
diluvio coprì delle sue acque; sono duci e re di coloro che portano il
carattere della bestia e che ne adorano l’immagine (XVI, 2).
Le passioni disordinate. Sta scritto nella medesima Apocalisse che il dragone si arrestò
sulla sabbia del mare: (XII, 17-18). Che significano queste parole? Perché il
demonio, raffigurato in quel dragone, si posa sul bordo, su l’arena del mare?
La Scrittura intende dire, con questo, che il diavolo non è forte e non la
vince se non contro gli uomini sterili in buone opere ed incostanti come la
mobile arena della spiaggia marina; denota ancora che Satana domina soltanto
quelli che si espongono agli uragani, alle tempeste, alle onde furiose delle
passioni, quelli insomma che somigliano alla sabbia dell'oceano, esposta a
tutte le tempeste, e spesso sollevata, dispersa, aggirata, sommossa. Su la
spiaggia del mare del mondo posa il dragone infernale per sbattere e annegare
nei vorticosi flutti della concupiscenza, del vizio, del delitto le sue
vittime. Contro chi è forte, su chi regna il demonio? Sui figli della superbia
(Iob. 41, 25); contro i muti, i sordi, i ciechi, gli zoppi, i paralitici, i
morti spirituali. Forte contro i genitori negligenti, scandalosi, indolenti sui
vizi dei loro figli; contro i figli indocili, disamorati e irriverenti contro
chi diede loro la vita. E forte contro quel giovane che imita il figliol
prodigo; contro quella fanciulla che, mancando alle promesse del suo battesimo,
si spoglia della veste sacra di Gesù Cristo, non vigila più i suoi sensi e
scaccia dal suo cuore l'amor di Dio per dare posto all’amore corrotto del mondo
e dei piaceri. È forte contro gli avari, gl’impudichi, gli accidiosi che non
pregano, non vigilano e trascurano i Sacramenti. Il demonio non è forte se non
col nostro aiuto: «Mentre gli uomini dormivano, disse Gesù Cristo, venne il
nemico e seminò zizzania in mezzo al frumento» (Mt 13, 25).
Le catene. È vero che Gesù Cristo ha incatenato il demonio con la sua croce e
gli ha detto, come già all’oceano: «Fin qua tu verrai e non più oltre; qui
romperai le onde spumanti » (Iob. XXXVIII, II). « Ora come mai, domanda S.
Agostino, se è legato, fa tuttavia tanta strage?» e risponde: «Verissimo, o
fratelli, che il demonio può moltissimo contro l’uomo, ma badate che domina
soltanto sui tiepidi, sui negligenti, su coloro che non temono veramente Dio.
Vedete quel leone incatenato: se scorge una preda, si slancia, ma è trattenuto;
si agita furibondo e si riprova ad avventarsi, morde per rabbia la catena: vani
sforzi, inutile rabbia; la sua preda sta troppo lontano e non può raggiungerla;
essa non teme, ma se si avvicina, un po’ troppo, il leone la ghermisce e la
divora. Il cane alla catena può latrare, ma non morde se non l’imprudente che
gli va a tiro. Quanto è insensato chi si lascia divorare da un leone chiuso in
gabbia, o mordere da un cane legato alla catena! A costui voi somigliate, o
peccatori imprudenti, perché vi fate mordere e divorare dal demonio.
Incatenato, egli non può avvicinarsi a voi tanto da addentarvi; può ruggire e
abbaiare, ma non può mordere se non chi vuol essere morso. Poiché il demonio
non nuoce con la violenza, ma con la persuasione; né ci strappa a forza il
consenso, ma ce lo domanda». Ecco perché S. Bernardo predicava: «Cessi la
cattiva volontà, e più non ci sarà inferno». Non sono i diavoli che ci combattono
perché noi facciamo il loro volere, diceva l’abate Abramo, ma sono le nostre
volontà che mutandoci in demoni, ci tormentano. Interrogato l’abate Achille, in
qual modo i demoni possono prenderci: «Per mezzo della volontà nostra»,
rispose; e soggiunse: «Le anime nostre sono le legna, il diavolo è la scure; la
nostra volontà è il manico. Dunque per mezzo della nostra cattiva volontà noi
siamo recisi ed abbattuti».
Debolezza del demonio. «Siate soggetti a Dio, dice l’apostolo S. Giacomo, resistete al
demonio, ed egli fuggirà da voi» (Iac. IV, 7); ma resistetegli con fede ferma e
viva, soggiunge S. Pietro (I, V, 9). Quando il demonio si avvicina e cerca di
eccitare in voi moti di collera, di superbia, di avarizia, ecc. resistetegli
coraggiosi e lo metterete ben presto in fuga. Poiché davanti ad un'anima forte,
il diavolo trema; con gl’inerti è terribile come leone. «L'antico nemico,
scrive S. Gregorio, è forte contro quelli che gli dànno retta, debole con
coloro che gli resistono. Se si cede alle sue suggestioni, è formidabile come
un leone e riesce trionfante; ma se gli si resiste da forti e prontamente,
resta schiacciato come una formica. Per gli uni dunque è un leone, per gli
altri una formica: ben diffìcilmente le anime carnali si sottraggono alla sua
crudeltà, ma quelle pure ne calpestano la debolezza col piede della virtù». «Se
guardiamo la natura, osserva Origene, il demonio è un gigante e noi siamo
locuste; ma se seguiamo Gesù, il demonio sarà un nulla di fronte a noi». Il
demonio è debolissimo contro gli uomini coraggiosi ed eroici. È un leone che
ruggisce, quindi è terribile; è un serpente che striscia sul suolo, quindi è
debolissimo. Dio che gli ha lasciato la forza per suo supplizio, gli ha posto
un freno; non può regnare che su coloro il cui peccato Dio disprezza, i privati
della grazia. Triste potenza, vergognoso regno!
Adattamento da fonte:
"I tesori di Cornelio A
Lapide", Delitti (Progresso e numero dei delitti), Demonio,
pp. 448-460, dagli scritti del Barbier
Pubblicazione
a cura di Carlo Di Pietro
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