S. Messa Vetus Ordo
a Trento
don Rinaldo Bombardelli
con il coro Feininger
Nessuno ci ha mai insegnato a celebrare!
d. Rinaldo Bombaredelli
Ebbene sì. Dopo lo scoop delle Iene sulla totale o quasi ignoranza dei 10 Comandamenti da parte dei Sacerdoti cattolici, io, sacerdote da 21 anni e uomo da 46, ve ne confido uno che potrebbe essere ancora più scioccante: nessuno ci ha mai insegnato a dire Messa.
So che un’affermazione del genere suscita meraviglia in quelle persone che pensano che negli anni del Seminario non hai mai fatto altro che imparare a dire Messa. Non è così. Per lo meno non lo era ai miei tempi, oggi infatti sono convinto (e mi auguro), che si sia corsi ai ripari e che ai seminaristi venga insegnato come celebrare la Messa, un Battesimo, un’Adorazione Eucaristica o come celebrare il Sacramento della Confessione. La Liturgia infatti, è uno dei vertici dell’azione pastorale del prete cattolico e come ricorda il Concilio Vaticano II essa è fonte e culmine della vita cristiana. Purtroppo ai miei tempi ricordo lo scartabellare ansioso del Messale a pochi giorni dalla nostra Prima Messa e gli innumerevoli abusi liturgici più o meno gravi dei quali, lo confesso, mi sono reso colpevole anch’io al corso di questi anni. Non è difficile infatti imbattersi in celebrazioni dove il protagonista non è Gesù Cristo e il suo Sacrificio, ma il celebrante, o di volta in volta un gruppo piuttosto che un altro.
Talora pure il sacro silenzio viene sostituito da una pletora di avvisi o da applausi che sottolineano la dimensione festaiola dell’evento che si celebra in chiesa. Spesso ad ogni sacerdote corrisponde un modo particolare e originale di celebrare la Messa, quasi che ognuno di noi presiedesse una specie di “One man show”, anziché l’unica e universale Liturgia Cattolica.
E' forte la tentazione di aprire un grande capitolo sulla vasta e inesauribile fenomenologia del brutto nella Liturgia. Navate che assomigliano a curve degli stadi che si scatenano per lo scambio della pace, commenti e spiegazioni per ogni gesto liturgico e poi commenti di commenti che trasformano in un supplizio verboso l’annuncio del Verbo che dovrebbe farsi carne in mezzo ad un mare di parole. Novelli sposi invitati a “concelebrare” all’altare dal prete in vena di sentirsi “squadra”. Karaoke per seguire i testi farraginosi e spesso melensi di canti che durano lo spazio di una stagione. Pagnottone, improbabili grappoloni d’uva, mappamondi gonfiabili, cartelle scolastiche, palloni, tutto questo a ricoprire un altare, ops! …una mensa, dove evidentemente il Corpo e il Sangue di Gesù non sono più segni sufficienti. Prete che fa il simpatico e/o lo smaliziato e che ne inventa di tutti i colori per essere cool, trendy, friendly, rischiando poi di fare la figura del cretinetti con la sindrome di Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere mai. E poi chierichetti e bambini seduti in ogni dove a creare l’atmosfera “asilo infantile” che tanto dovrebbe piacere a uomini e donne che in chiesa non si aspetterebbero di trovare quello che vivono sempre fuori da essa, ma il “Totalmente Altro”…
Vi è poi da aggiungere che spesso la nostra impreparazione liturgica ci spinge a considerarci dei veri e propri fenomeni capaci di improvvisare e spesso pure di inventare il Prefazio, finanche il Canone eucaristico. Qualche volta la Messa finisce per diventare solo la cornice del nostro smisurato ego.
Che dire poi di altri piccoli segni che finiscono per rendere insipida la nostra celebrazione?
Incenso che, quando viene usato, fa temere un corto circuito tale è l’odore di gomma bruciata. Broccati e i paramenti preziosi, frutto delle fatiche e del sudore dei nostri padri e madri, che ammuffiscono nelle sacrestie cedendo il passo a stoffe miserevoli che non sono segno di povertà, ma di ostentata sciatteria. Microfoni e impianti acustici dell’antico testamento che, o non servono a niente, o nella migliore delle ipotesi ti lacerano i timpani con puntuali sibili ad alta frequenza. Sporcizia e disordine nelle sacrestie e nelle chiese, indice inequivocabile di incuria, menefreghismo e in definitiva, mancanza di fede.
A questo proposito ricordo pure che a noi non fu insegnato a predicare. Non ci vennero date quelle spiegazioni sull’arte oratoria, non furono insegnati quei trucchi del mestiere che rendono gradevole la tanto vituperata predica: a cominciare dall’impostazione della voce che dovrebbe essere limpida e virile, dalla chiarezza dell’esposizione, dalla brevità dei contenuti, e soprattutto dall’importanza di comunicare la passione, l’innamoramento per Gesù e per la sua Chiesa.
E allora ecco la noia mortale che assale il cattolico medio ogni qual volta il suo parroco, pardon, il suo animatore pastorale, tenta di rianimarlo con pistolotti che non finiscono mai, con cantilene che lasciano di stucco, o con sermoni che attirano tutta l’attenzione sul don, e non purtroppo su Gesù e il suo messaggio. Quando il tuo pubblico comincia a guardare le pitture sul soffitto della chiesa (ammesso che ci siano ancora), o dimostra troppo interesse alle funzioni del proprio orologio, è segno che hai fallito. Non hai comunicato Gesù e nessuna passione per Lui.
Non voglio fare il processo ai miei Superiori di allora: forse ero semplicemente assente alle lezioni o, come mi capitava spesso, sonnecchiavo allegramente. Va aggiunto ad onor del vero che in realtà noi eravamo molto istruiti e formati su tutta la teoria riguardante la Liturgia e le altre materie di studio. Il guaio stava però che tutto si fermava alla teoria appunto.
Conoscevamo origini e sviluppi dei Riti, delle varie Riforme e delle innumerevoli varianti liturgiche presenti nell’orbe terraqueo. Ma alla prova dei fatti eravamo simili a coloro che studiano tutto dei motori ma non fanno mai una guida vera con la macchina. Poi ci siamo trovati all’improvviso nelle Parrocchie dove ci hanno messo in mano un ipotetico pullman pieno di gente e ci hanno detto: adesso guida!
Talora pure il sacro silenzio viene sostituito da una pletora di avvisi o da applausi che sottolineano la dimensione festaiola dell’evento che si celebra in chiesa. Spesso ad ogni sacerdote corrisponde un modo particolare e originale di celebrare la Messa, quasi che ognuno di noi presiedesse una specie di “One man show”, anziché l’unica e universale Liturgia Cattolica.
E' forte la tentazione di aprire un grande capitolo sulla vasta e inesauribile fenomenologia del brutto nella Liturgia. Navate che assomigliano a curve degli stadi che si scatenano per lo scambio della pace, commenti e spiegazioni per ogni gesto liturgico e poi commenti di commenti che trasformano in un supplizio verboso l’annuncio del Verbo che dovrebbe farsi carne in mezzo ad un mare di parole. Novelli sposi invitati a “concelebrare” all’altare dal prete in vena di sentirsi “squadra”. Karaoke per seguire i testi farraginosi e spesso melensi di canti che durano lo spazio di una stagione. Pagnottone, improbabili grappoloni d’uva, mappamondi gonfiabili, cartelle scolastiche, palloni, tutto questo a ricoprire un altare, ops! …una mensa, dove evidentemente il Corpo e il Sangue di Gesù non sono più segni sufficienti. Prete che fa il simpatico e/o lo smaliziato e che ne inventa di tutti i colori per essere cool, trendy, friendly, rischiando poi di fare la figura del cretinetti con la sindrome di Peter Pan, il ragazzo che non voleva crescere mai. E poi chierichetti e bambini seduti in ogni dove a creare l’atmosfera “asilo infantile” che tanto dovrebbe piacere a uomini e donne che in chiesa non si aspetterebbero di trovare quello che vivono sempre fuori da essa, ma il “Totalmente Altro”…
Vi è poi da aggiungere che spesso la nostra impreparazione liturgica ci spinge a considerarci dei veri e propri fenomeni capaci di improvvisare e spesso pure di inventare il Prefazio, finanche il Canone eucaristico. Qualche volta la Messa finisce per diventare solo la cornice del nostro smisurato ego.
Che dire poi di altri piccoli segni che finiscono per rendere insipida la nostra celebrazione?
Incenso che, quando viene usato, fa temere un corto circuito tale è l’odore di gomma bruciata. Broccati e i paramenti preziosi, frutto delle fatiche e del sudore dei nostri padri e madri, che ammuffiscono nelle sacrestie cedendo il passo a stoffe miserevoli che non sono segno di povertà, ma di ostentata sciatteria. Microfoni e impianti acustici dell’antico testamento che, o non servono a niente, o nella migliore delle ipotesi ti lacerano i timpani con puntuali sibili ad alta frequenza. Sporcizia e disordine nelle sacrestie e nelle chiese, indice inequivocabile di incuria, menefreghismo e in definitiva, mancanza di fede.
A questo proposito ricordo pure che a noi non fu insegnato a predicare. Non ci vennero date quelle spiegazioni sull’arte oratoria, non furono insegnati quei trucchi del mestiere che rendono gradevole la tanto vituperata predica: a cominciare dall’impostazione della voce che dovrebbe essere limpida e virile, dalla chiarezza dell’esposizione, dalla brevità dei contenuti, e soprattutto dall’importanza di comunicare la passione, l’innamoramento per Gesù e per la sua Chiesa.
E allora ecco la noia mortale che assale il cattolico medio ogni qual volta il suo parroco, pardon, il suo animatore pastorale, tenta di rianimarlo con pistolotti che non finiscono mai, con cantilene che lasciano di stucco, o con sermoni che attirano tutta l’attenzione sul don, e non purtroppo su Gesù e il suo messaggio. Quando il tuo pubblico comincia a guardare le pitture sul soffitto della chiesa (ammesso che ci siano ancora), o dimostra troppo interesse alle funzioni del proprio orologio, è segno che hai fallito. Non hai comunicato Gesù e nessuna passione per Lui.
Non voglio fare il processo ai miei Superiori di allora: forse ero semplicemente assente alle lezioni o, come mi capitava spesso, sonnecchiavo allegramente. Va aggiunto ad onor del vero che in realtà noi eravamo molto istruiti e formati su tutta la teoria riguardante la Liturgia e le altre materie di studio. Il guaio stava però che tutto si fermava alla teoria appunto.
Conoscevamo origini e sviluppi dei Riti, delle varie Riforme e delle innumerevoli varianti liturgiche presenti nell’orbe terraqueo. Ma alla prova dei fatti eravamo simili a coloro che studiano tutto dei motori ma non fanno mai una guida vera con la macchina. Poi ci siamo trovati all’improvviso nelle Parrocchie dove ci hanno messo in mano un ipotetico pullman pieno di gente e ci hanno detto: adesso guida!
E così molti dei nostri errori nella Liturgia traggono inizio da questo peccato originale: nessuno ci hai mai insegnato a dire Messa.
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