Domenica prima di Passione : la " velatio " ( Ferrandina )
"Con la quinta
domenica di Quaresima si entra nel “Tempo di Passione“, caratterizzato
da una marcata attenzione al mistero della Passione e Morte del Signore
Gesù.
In origine limitata alla
sola Settimana Santa, che si apriva con la Domenica delle Palme, detta appunto
“De Passione Domini”, nel tempo la contemplazione della Passione del
Signore, culmine della Redenzione e fonte di vitalità spirituale, venne
anticipata e celebrata anche nella settimana precedente.
Questo tempo speciale, che
si inserisce nel già propizio tempo di Quaresima, viene sottolineato con alcune
specifiche regole cultuali.
Tra queste la più
caratteristica è la “Velatio”, ovvero la velatura delle croci e delle immagini
della chiesa esposte alla venerazione dei fedeli.
A norma del Messale
tridentino, nel sabato che precede la I domenica di Passione, (quindi il sabato
della IV settimana di Quaresima), «finita la Messa e prima dei Vespri si
coprono le croci e le immagini della chiesa con veli violacei; le croci restano
coperte fino al termine dell’adorazione della croce da parte del celebrante il
Venerdì Santo, le immagini fino all’intonazione del Gloria nella Messa della
Vigilia Pasquale».
In tale periodo solo le
immagini della Via Crucis restano senza velo. Il giovedì santo la croce
dell’altare maggiore, per il tempo della Messa, si copre con un velo
bianco.
Si tratta di un rito molto
antico risalente addirittura al sec. IX, forse un retaggio della separazione
dei penitenti pubblici nella chiesa.
I penitenti pubblici erano
i fedeli che si erano resi colpevoli di gravi peccati dopo il Battesimo.
Questi, dopo un periodo di
penitenza, nel periodo precedente la Pasqua, venivano riammessi alla comunione
la mattina del Giovedì Santo, con un apposito rito.
Nel tempo, poi, tutti i
cristiani furono assimilati ai penitenti pubblici, nella consapevolezza della
necessità per tutti di un tempo di penitenza in preparazione alla Pasqua del
Signore.
Così cominciò a
diffondersi l’abitudine di nascondere ai fedeli l’altare maggiore, per mostrare
visivamente gli effetti del peccato, che rompe la comunione con il Signore e ne
oscura la visione.
Da sempre, infatti, la
liturgia si esprime in una ricchezza di segni che rendono manifesta la realtà
dei Misteri celebrati sull’altare. Salvo qualche tentazione iconoclasta, che
periodicamente riemerge nella storia della Chiesa.
Il Concilio di Trento,
riferendosi in particolare alla S. Messa, motiva questa consuetudine ricordando
che «la natura umana è tale che non può facilmente elevarsi alla meditazione
delle cose divine senza aiuti esterni: per questa ragione la Chiesa come pia
madre ha stabilito alcuni riti [...] per introdurre i fedeli con questi segni
visibili della religione e della pietà, alla contemplazione delle sublimi
realtà nascoste in questo Sacrificio» (DS 1746).
E così, come per la
liturgia è importante la presenza dell’immagine, altrettanto rilevante è la sua
assenza. Il nascondimento dei Santi e di Cristo stesso aiuta ad alimentare
l’attesa del giorno di Pasqua, giorno in cui quei volti si offrono nuovamente
al nostro sguardo.
Al di là della sua
origine, il rito della “Velatio” conserva ancora oggi un profondo significato e
una intensa capacità catechetica ed emotiva: nascondere alla vista le immagini
dei Santi aiuta a concentrarsi su Colui che è l’origine di ogni santità.
Egli è colui che rende
accessibile il cielo agli uomini. Senza di lui la nostra vita non avrebbe più
una dimensione trascendente, sarebbe un vagare nelle tenebre del peccato e
“nell’ombra della morte”.
La velatura delle croci
sottolinea anche fisicamente la privazione di Cristo, il “venir meno dello
sposo”: “Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge
per la sua sorte? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi” dice il profeta
Isaia (53,8).
Quei veli che nascondono
il Cristo alla nostra vista stanno a ricordare che quell’evento riaccade ancora
oggi. Che anche noi siamo “tra gli uccisori di Cristo”, tra quelli che lo
volevano gettare dal precipizio della città di Nazaret, o lapidarlo nel tempio
di Gerusalemme. Si tratta, dunque, di un segno efficace che aiuta a meditare,
riflettere e pregare sulla tragicità della condizione umana senza la presenza
del Dio redentore.
Si capisce, allora, che
nella I Domenica di Passione – secondo il calendario tridentino – venga
proclamato il Vangelo di Giovanni che fa esplicito riferimento al nascondimento
di Gesù di fronte ai suoi nemici: “Iesus autem abscondit se et exivit de templo”
(Gesù si nascose e uscì dal tempio, Gv 8,59). Sembrerebbe che, in passato, la
velatura del Crocifisso avvenisse proprio mentre il Diacono cantava questo
versetto.
Nella sua ricchezza di
significati il segno della “Velatio” rimanda anche alla velatura della Divinità
di Nostro Signore, che possiamo illustrare con queste splendide parole di
Sant’Agostino sulla passione del Signore: “Dio era nascosto; si vedeva la
debolezza, la maestà era nascosta; si vedeva la carne, il Verbo era nascosto.
Pativa la carne; dov’era il Verbo, quando la carne pativa?
Eppure neanche il Verbo
taceva, perché c’insegnava la pazienza”.
La gloria di Cristo,
dunque, è eclissata sotto le ignominie della Passione.
Le foto si riferiscono alla " velatio " delle Croci e delle Sacre Immagini della Chiesa parrocchiale di s. Lorenzo diac. e mart. in Ferrandina (MT)
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