Sorpresa! Nessun Vaticano III!
Interessante analisi di Rorate Caeli [qui].
La recente sessione del
Sinodo sulla Famiglia è stata paragonata non poche volte dai commentatori a un
tentativo di imbastire un mini-Vaticano III. Tale paragone assume una certa
validità se prendiamo in considerazione il fatto che l'anno scorso e quelli
anteriori sono stati testimoni della riapparizione di personaggi della stregua
di Hans Küng (anche se non in forma eccellente), Gustavo Gutiérrez, Karl Rahner
(almeno in spirito) e (in carne ed ossa), il Cardinal Kasper, tutti
esempi di personaggi delusi dal fatto che al Vaticano II non sia seguito
immediatamente un Vaticano III per completare l'opera: innestare stabilmente la
Chiesa sugli stessi binari del trenino del secolarismo
post-illuministico, moderno e post-moderno, il cui combustibile è costituito
dall'anti-dogmatismo e dall'individualismo radicale.
Si direbbe che Kasper e i
suoi seguaci pensassero che, superati i pochi ostacoli presenti sul cammino,
avrebbero raggiunto alla fine quel che volevano a proposito del cambiamento
della pratica pastorale nei confronti dei cattolici divorziati e risposati e
dei matrimoni civili e omosessuali. Su che cosa si fondava il loro ottimismo? Probabilmente sulla fiducia di essere spalleggiati. Ma anche nel caso in cui ciò non si fosse verificato, contavano
sulle tattiche utilizzate già in passato, i cui frutti più
importanti sono scaturiti grazie all'astuzia di “direttori artistici”, vale a
dire gli addetti alle questioni procedurali, che poi hanno
manifestato una grande soddisfazione per i loro successi. Tali frutti, una
volta inseriti nei documenti ufficiali con le calcolate ambiguità incorporate
al loro interno, sono stati diffusi da una stampa che a quei tempi – come del
resto è sempre successo – si rallegrava al pensiero che la Chiesa Cattolica avesse
visto la luce del moderno mondo liberale. Quanti di noi hanno qualche anno in
più ricorderanno la serie di articoli pubblicati dal New Yorker durante il
Vaticano II, scritti da un sacerdote che si firmava Xavier Rynne, uno
pseudonimo elegante di un prete redentorista che filtrava meticolosamente
quanto succedeva nella chiesa in base alla sua prospettiva, una prospettiva che
deformava i fatti in modo da poter compiacere i lettori di tale periodico
sofisticato e secolare. A lui si attribuisce il primo utilizzo dei termini
“conservative” e ”liberal” per definire le due forze opposte che stavano
emergendo nel corso dei dibattiti, il che non è certo di che potersi vantare.
Sembrava pertanto evidente
ai novatores che avrebbero potuto operare allo
stesso modo al Sinodo. Avevano i loro direttori artistici, che non si sono però
dimostrati altrettanto zelanti e astuti come quelli del passato. Il fatto è che ci sono tre importanti differenze tra la
Chiesa e il mondo del 1968 e quelli del 2014 che loro non hanno preso in
considerazione, accecati dalla loro miopia che gli impedisce di
percepire la realtà persino all'interno della Chiesa.
Il primo fattore di
differenziazione consiste nel fatto che la maggioranza dei vescovi e cardinali
presenti al Sinodo sono stati consacrati da San Giovanni Paolo II e quindi
plasmati secondo l'immagine del Papa polacco, che era fermamente intenzionato –
dopo la confusione post-conciliare – a ritornare alla continuità dottrinale e a
chiarificare l'insegnamento, per lo meno da parte del Papato, all'interno della
Chiesa, compito in cui è stato spalleggiato dal suo Prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede, Joseph Ratzinger. I “direttori
artistici” e lo stesso Kasper – in base alla loro visione distorta della realtà
– erano convinti che tutti i vescovi stessero scalpitando sotto i gioghi
pesanti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, e che non aspettassero altro
che l'opportunità di manifestare la loro vera natura conciliare e portare a
termine quanto il Vaticano II aveva cominciato. Ma in molti casi, e forse
persino nella maggioranza dei casi, ciò non era affatto vero. Molti di loro
credono realmente all'insegnamento della Chiesa così come viene tramandato
dalla sua Tradizione. Ed hanno fatto marcia indietro, anche bruscamente.
Tuttavia, come è stato correttamente sottolineato da un gran numero di
commentatori del Sinodo, rimane il fatto deprimente che più del 50% dei vescovi
non si è schierato contro il tentativo di cambiare l'insegnamento della Chiesa
passando dalla porta di servizio pastorale.
Il secondo fattore che i
direttori artistici – come li abbiamo definiti – non hanno saputo decifrare è
l'odierna onnipresenza di Internet. I tempi in cui il segreto poteva essere
imposto per editto, in cui le informazioni potevano essere depistate tramite
serpentine attentamente controllate, in cui si doveva aspettare giorni o
persino settimane per scoprire cosa stesse effettivamente succedendo, sono
ormai definitivamente tramontati. Indubbiamente, Internet viene usato anche
troppo frequentemente con finalità negative, eppure è anche una fonte di
informazioni immediate e di dibattiti apparentemente interminabili su ogni
possibile argomento. Non abbiamo dovuto nemmeno aspettare che l'ultimo numero
del New Yorker informasse i suoi sofisticati lettori, alcuni dei quali sono
persino cattolici, per sapere cosa stesse realmente succedendo ai concili e ai
sinodi. Internet sta addirittura rendendo l'Ufficio Stampa del Vaticano sempre
più irrilevante, eccetto quando si voglia conoscere qual è la versione
ufficiale di un'informazione data dalle gerarchie ufficiali.
L'altro fattore di
differenza è meno ovvio per molti cattolici che vivono in un mondo
post-conciliare che dà per scontato che tutto ciò che è successo negli anni
dopo “il Concilio” – ivi compresa e specialmente la vita liturgica della Chiesa
– debba essere necessariamente la volontà di Dio. Si tratta di un atteggiamento
generato dalla crescita incontrollata dell'iper-papalismo che supera persino i
sogni ultramontanisti del Cardinale Manning nel diciannovesimo secolo, e da una
tradizione inveterata di laicità non pensante. Tale fattore è costituito dal
fatto che oggigiorno la maggior parte dei giovani uomini e delle giovani donne
che si trovano nei seminari o negli ordini religiosi in espansione vogliono
conoscere in maniera sempre più approfondita ed amare la Tradizione. Questi
giovani sono del tutto differenti rispetto a quelli che erano pronti ad
adottare ogni possibile cambiamento liturgico (anche se non ordinato dal
Concilio) dell'era post-conciliare. Non abbatterebbero ma le pale d'altare e
gli alti altari. Non rimuoverebbero mai la balaustra della comunione. Anelano dei
canti da cantare durante la messa che non sia qualche sdolcinata riproposizione
della musica sacro-pop degli anni '70. E soprattutto – e questo è il cuore
della questione – sono tanti quelli che hanno scoperto il Rito Tradizionale
Romano della messa, vale a dire il Rito Straordinario. Bugnini ha affermato in
alcune occasioni che per completare la rivoluzione liturgica sarebbe stato
necessario ostracizzare la Messa Tradizionale per due intere generazioni. Ciò
non è avvenuto, grazie a Benedetto XVI.
La riscoperta della
Tradizione Cattolica da parte dei giovani sacerdoti e dei giovani - uomini e
donne in generale - grazie alla Messa Tradizionale e tramite la bellezza
dell'arte, dell'architettura e della musica che sono nate da essa è avvenuta in
maniera impercettibile non solo per la generazione di Kasper e per i loro
contemporanei “direttori artistici” ma anche per la maggioranza dei cattolici
ordinari, che sono stati rinchiusi in una bolla temporale durante gli ultimi
cinquant'anni.
Eppure tale riscoperta è
reale ed è presente, nonostante l'opposizione di quei vescovi che sono intenzionalmente
ostili al potere della Messa Tradizionale e al suo ruolo necessario nel
contesto della Nuova Evangelizzazione della Chiesa e del mondo. Contrariamente
a quanto i detrattori vorrebbero farci credere, non si tratta di un mero
estetismo o di romanticismo o di spirito conservatore: al contrario, l'amore
per la Tradizione riposa sempre sul solido fondamento della dottrina, della
prassi e della fede e procede da un vero amore per la persona di Gesù Cristo
che permette a sacerdoti e laici di praticare la loro fede con amore e
misericordia verso il prossimo.
Il Cardinal Burke ha
celebrato una Solenne Messa Pontificia con il Rito Latino Tradizionale nella
Basilica di S. Pietro il 25 ottobre, nel contesto del pellegrinaggio Summorum Pontificum. Ci sono
foto della messa su molti siti Internet. Consiglio a tutti di darvi
un'occhiata: potrete vedere molti giovani sacerdoti e seminaristi presenti,
alcuni dei quali servono la messa. Il coro che ha cantato durante la cerimonia
era composto da seminaristi del North
American College, il che è estremamente sorprendente. Questi sacerdoti e
seminaristi hanno trovato una perla di grandissimo valore e, con l'aiuto di
Dio, daranno tutto quel che hanno per fare propria quella stessa perla nel loro
ministero all'interno della Chiesa Cattolica.
***
La Messa Tradizionale non
può essere gestita da direttori d'orchestra e teatranti. Questo è il motivo
principale per cui ha mietuto tanta opposizione,
specialmente in Europa. È la Tradizione stessa che amministra la Messa di tutti
i Tempi, e chiunque celebri questa Messa, sia egli cardinale, vescovo o
sacerdote, deve sottomettersi alla Messa stessa, al Sacrificio che sta
offrendo, e in tale sottomissione realizzare il proprio ministero come
sacerdote di Dio.
Fr. Richard
G. Cipolla, Dottore in Filosofia
[Traduzione a cura di Chiesa e
post-concilio]