venerdì 28 novembre 2014

famiglia “educata” dallo Stato

Il "gender" nella scuola? Lo diffonde il ministero

di Costanza Signorelli

Gender
Malgrado smentite e formali prese di distanza, è sempre più evidente che il Ministero dell’Istruzione (Miur) è sempre più pesantemente condizionato dalla lobby Lgbt, che ne decide gli indirizzi. 
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La conferma arriva da alcuni clamorosi fatti che stanno capitando in questi giorni. Ma andiamo con ordine: nei giorni scorsi il Ministero ha inviato una circolare ai dirigenti degli istituti scolastici di ogni ordine e grado (clicca qui) per promuovere la “Settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione”, che si terrà il prossimo 24-30 novembre. 

L’iniziativa è rivolta a tutte le «istituzioni scolastiche al fine di attivare opportuni e significativi percorsi di sensibilizzazione, di informazione, di prevenzione e di contrasto a tutte le forme di violenza e di razzismo». 

L’indicazione è piuttosto generica, troppo per non generare sospetti visto che a promuovere la settimana, insieme al Miur, è l’Unar, contestatissimo Ufficio nazionale Anti-discriminazioni razziali, protagonista nei mesi scorsi di iniziative illecite per diffondere l’ideologia di genere (leggi omosessualismo) nelle scuole (clicca qui).

Viene perciò da chiedersi a che tipo di “percorsi” faccia riferimento il Ministero. E chi sono i relatori? Quali i libri di testo e il materiale utilizzato? La settimana è alle porte, ma il Miur non diffonde alcuna specifica, nessun dettaglio si conosce. In poche parole, non è dato sapere cosa si insegnerà agli studenti italiani da 0 a 18 anni in questi sette giorni.

C’è però un punto che ricorre con insistenza nella missiva, e cioè, il continuo riferimento alle discriminazioni basate sull’ “orientamento sessuale”, sull’ “identità di genere” e, ancora, sulla “violenza di genere”. Considerato che l’Unar è fra i protagonisti dell’iniziativa non è difficile intuire dove si voglia andare a parare. E infatti anche in Parlamento è scattato l’allarme. 

Giovedì 20 novembre quindici senatori – tra cui Lgbt,  - hanno presentato un’interpellanza (ieri replicata alla Camera dal atri deputati tra cui Roccella) per sapere «quale iniziativa il Ministro in indirizzo intenda intraprendere per escludere l'identità di genere dal programma della settimana nazionale contro la violenza e la discriminazione». Il motivo della preoccupazione sta proprio nei precedenti dell’Unar che nella interpellanza sono ricordati.

Creata nel 2003 presso la Presidenza del Consiglio per promuovere "parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica", l’Unar ha recentemente – e illegittimamente – allargato la sua competenza anche alle persone LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e transgender); dal novembre 2012 tale Ufficio ha istituito un gruppo nazionale di lavoro costituito da 29 associazioni che raggruppano gli omosessuali italiani; con tali associazioni ha redatto la "Strategia nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere (2013-2015)", adottato dal Dipartimento per le pari Opportunità e pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri; nel dicembre 2013 ha anche redatto le linee guida per giornalisti in materia di LGBT (“Comunicare senza pregiudizi”), un fatto che – affermano i 15 senatori – è «senza precedenti se non al tempo delle veline del Ministro della cultura popolare in epoca fascista». Il direttore dell’Unar, Marco De Giorgi, inoltre era stato pesantemente censurato dallo stesso governo Letta per la distribuzione nelle scuole, di opuscoli intitolati "Educare alla diversità a scuola", «contenenti pesanti giudizi sulla religione cattolica e sul ruolo educativo nella chiesa e nella società, con inaccettabili ed offensivi apprezzamenti negativi sul ruolo di istituti fondamentali nella storia e nella cultura del nostro Paese». Inutile dire che De Giorgi è sempre saldamente al suo posto (e anche di questo i senatori chiedono ragione).

Ma il bello deve ancora venire, perché il Miur ha già pronte le «Linee guida per azioni di contrasto al bullismo e al cyberbullismo», che saranno presentate ufficialmente proprio in occasione della Settimana contro violenza e discriminazione. E se i contenuti della circolare ministeriale erano vaghi nell’annunciare un «percorso formativo stabile», nelle linee guida tali contenuti si chiariscono. 

L’unica forma di bullismo su cui ci si sofferma infatti è quella denominata “omofobia”. Ma ciò che lascia interdetti è come sia lo stesso testo ministeriale a parlare il linguaggio gender. «Il bullismo omofobico condizionato dall’orientamento sessuale della vittima o dall’identità di genere reale o percepita (?) poggia le basi sulla disinformazione e sui pregiudizi molto diffusi che portano una parte degli adulti, a partire da genitori e insegnanti, a non comprendere la gravità dei casi, a sottostimare gli eventi, e a manifestare maggiore preoccupazione per l’orientamento sessuale della vittima che per la violenza in sé. (…) A tal proposito Scuola e Famiglia possono essere determinanti nella diffusione di un atteggiamento mentale e culturale che consideri la diversità come ricchezza e che educhi all’accettazione». 

Identità di genere percepita, indifferenza per l’orientamento sessuale, la famiglia che deve essere “educata” dallo Stato. Insomma, se non l’avevate capito, siamo tutti da educare, anzi da ri-educare. La macchina della rivoluzione culturale è partita, prossima tappa lunedi 24 novembre. E stavolta al Miur non possono fare finta di non sapere.
  

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