Perché la nostra generazione non è fatta per il matrimonio?
abbiamo paura che tutta la meraviglia che può nascere da un legame profondo, da una famiglia unita e da un matrimonio votato all’amore sia un’effimera leggenda tramandata dalla tradizione orale.
La nostra generazione, e per nostra intendo quella che ha visto la luce tra gli anni ’80 e gli anni ’90, sembra manifestare una concreta idiosincrasia nei confronti dell’istituto del matrimonio. Secondo l’Istat le coppie che scelgono di sposarsi diminuiscono di almeno il 6% per cento l’anno, per non parlare della percentuale dei divorzi, ma non è necessaria la statistica per intuire il trend che si è intrapreso: la semplice osservazione empirica è sufficiente come conferma. Stando a sentire i “vecchi” la causa dell’impopolarità di questo sacramento sarebbe dovuta al fatto che i giovani d’oggi non vogliono assumersi responsabilità, non riescono a mantenere legami duraturi e probabilmente non riescono a saltare i fossi per lungo. Ma al di là di qualsiasi giudizio superficiale è interessante capire come mai siamo così restii a legarci a una persona per il resto della nostra vita. Cerchiamo di analizzare passo passo alcune ragioni che possono spiegare la causa di questo fenomeno.
#Problemi Economici
Una delle prime cause che vengono sovente chiamate in causa sarebbe quella rappresentata dal problema economico. Non vi sono dubbi che la nostra generazione non stia passando un bel periodo dal punto di vista della stabilità finanziaria: la disoccupazione giovanile è alle stelle, la crisi economica spaventa, la fiducia nel futuro è sotto le scarpe. Però le generazioni che ci hanno preceduto non navigavano certo nell’oro, anzi, la maggior parte delle persone si trovava in una condizione ben peggiore della nostra. I miei nonni, ad esempio, sfioravano la miseria ma si sono sposati e hanno sparato figli come non ci fosse un domani. Il problema è che mentre un tempo per condizioni favorevoli a metter su famiglia si intendeva semplicemente la possibilità di mettere qualcosa sotto i denti di tutti, adesso per condizioni favorevoli si intende non dover rinunciare alle due settimane di vacanza alle Canarie, all’aperitivo giornaliero, alla cena fuori il sabato e al cinema il venerdì, all’auto 2000 di cilindrata, all’appartamento spazioso e all’abbonamento Sky. In effetti un matrimonio senza poter guardare il campionato e la Champions League è un matrimonio destinato a fallire in partenza. Ma questo mi sento di farlo rientrare nell’aumento del tenore di vita, che è tutto tranne che negativo. Al contrario, la congiuntura negativa dovrebbe incentivare la creazione di una famiglia, di una squadra in grado di dividersi le spese e di aiutarsi reciprocamente in tempi difficili. In effetti la statistica ci soccorre svelandoci come durante i periodi di crisi economica i matrimoni diminuiscano ma non in maniera significativa. Sembra insomma che la ragione di fondo sia un’altra. Piuttosto la vera paura legata al portafoglio potrebbe essere quella nei confronti del divorzio, una vera tragedia dal punto di vista finanziario. Se notate infatti più una persona è ricca più spesso si sposa, ma non perché ha la possibilità di permettersi molti matrimoni, bensì perché ha abbastanza denaro da permettersi molti divorzi. Quindi se la paura della separazione si rivela un deterrente lo è solo in modo secondario: i divorzi aumentano perciò nasce la paura del divorzio e la conseguente diminuzione dei matrimoni. Ma la causa primaria sembra ancora nascondersi ai nostri occhi.
#Paura delle responsabilità
Altra motivazione molto in voga, sopratutto tra gli anziani appollaiati al bar a giocare a briscola, è quella che ci vedrebbe come delle mammolette incapaci di assumerci le nostre responsabilità. Questo non è del tutto vero. Perché il fatto che i matrimoni siano in calo non significa che le coppie siano in calo. Le alternative aumentano, come la convivenza, e le persone continuano ad innamorarsi e a fidanzarsi come sempre. Ora, che ci siano delle differenze di responsabilità tra fidanzamento e matrimonio a me non sembra proprio, a meno che sia lecito cornificare il proprio partner durante il fidanzamento e vietato se si è sposati. Se è così mi spiace non averlo saputo prima, ma da quello che ho visto nella mia insulsa vita sembra che le cose tendano ad andare per il verso contrario. Al massimo si può parlare della ressponsabilità nel crescere dei figli, ma qui stiamo parlando del calo dei matrimoni, non di quello demografico; rimandiamo quest’analisi ad altre sedi. Perciò credo che anche questo tipo di risposta sia decisamente riduttiva.
#Evitare i sacrifici
Qui la questione si fa decisamente più interessante. Anzi, forse si arriva proprio al punto focale del problema. Perché effettivamente noi non siamo disposti a fare sacrifici. Ma il matrimonio è un sacrificio? Questa è la domanda fondamentale. Apparentemente no, o perlomeno non dovrebbe esserlo. Magari prima delle legge del divorzio poteva essere considerato tale; uno dopo qualche anno si trovava male e doveva andare a pregare in ginocchio il cardinale per avere la grazia. Ma ai giorni d’oggi le vie d’uscita sono tranquillamente percorribili, e siamo così abituati a vedere coppie separate che non ritengo la vergogna del fallimento capace di impedire a una persona di riacquistare la felicità ormai perduta. Ma quindi quali sono i sacrifici che si devono compiere una volta sposati? Implicitamente possiamo cogliere nelle affermazioni delle generazioni che ci precedono che il matrimonio implichi delle rinunce. E questo è del tutto evidente. Si perde molta libertà, si perde la possibilità di fare sesso con più partner e si perdono molti soldi: si rinuncia insomma a molte cose belle della vita. Allo stesso tempo si guadagna tanto, tantissimo, forse anche più di quel che si perde – se ovviamente ci siamo sposati con la persona giusta.
Ma allora perché si parla di sacrifici e mai di benefici?
L’impressione che ho è che quando viene sostenuta la tesi che la nostra generazione non è fatta per il matrimonio ci sia una sorta di tristezza mista a livore in chi la esprime. Come se le generazioni precedenti avessero scommesso sul matrimonio e si fossero pentiti. Come se le generazioni precedenti avessero sofferto di più i sacrifici rispetto a godere dei benefici, e adesso, vedendo questo calo dei matrimoni nelle nuove leve, si sentissero ulteriormente screditati nella loro scelta.
“Non ci si sposa più perché i giovani non vogliono fare sacrifici, non vogliono prendersi le responsabilità. Noi l’abbiamo fatto, abbiamo rinunciato alla nostra felicità e adesso dovete farlo anche voi, così almeno ci sentiamo meno idioti”. Questo a me sembra sentire quando sento certi discorsi.
La verità, a mio parere, sta nel fatto che non siamo adatti al matrimonio perché non riusciamo più a vedere in questo istituto i famosi benefici. Non abbiamo paura di fare sacrifici – è umanamente insensato non fare sacrifici per qualcosa di migliore – abbiamo paura che tutta la meraviglia che può nascere da un legame profondo, da una famiglia unita e da un matrimonio votato all’amore sia un’effimera leggenda tramandata dalla tradizione orale.
Perché esempi di questa meraviglia ne abbiamo avuti troppo pochi.
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