mercoledì 3 ottobre 2012

san francesco d' assisi

4 OTTOBRE
SAN FRANCESCO D' ASSISI



Ufficio delle Letture
Rubens, ultima Comunione di S. Francesco
Prima Lettura Dalla lettera agli Efesini di san Paolo, apostolo 4, 1-24
A ciascuno è stata data la sua grazia, per edificare il corpo di Cristo
Fratelli, vi esorto io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.
A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo sta scritto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini (Sal 67, 19).
Ma che significa la parola «ascese», se non che prima era disceso quaggiù sulla terra?  Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose.
E' lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina, secondo l'inganno degli uomini, con quella loro astuzia che tende a trarre nell'errore. Al contrario, vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo, ben compaginato e connesso, mediante la collaborazione di ogni giuntura, secondo l'energia propria di ogni membro, riceve forza per crescere in modo da edificare se stesso nella carità.
Vi dico dunque e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro, e per la durezza del loro cuore. Diventati così insensibili, si sono abbandonati alla dissolutez-za, commettendo ogni sorta di impurità con avidità insaziabile.
Ma voi non così avete imparato a conoscere Cristo, se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici. Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera.

Responsorio   1 Cor 2,4.2
La mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza,
* ma sulla manifestazione dello spirito e della sua potenza.
Io ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo e questi crocifisso,
ma sulla manifestazione dello spirito e della sua potenza.

Seconda Lettura
Dalla «Lettera a tutti i fedeli» di san Francesco d'Assisi (Opuscoli, ed. Quaracchi 1949, 87-94)
Dobbiamo essere semplici, umili e puri
Il Padre altissimo fece annunziare dal suo arcangelo Gabriele alla santa e gloriosa Vergine Maria che il Verbo del Padre, così degno, così santo e così glorioso, sarebbe disceso dal cielo, e dal suo seno avrebbe ricevuto la vera carne della nostra umanità e fragilità. Egli, essendo oltremodo ricco, volle tuttavia scegliere, per sé e per la sua santissima Madre, la povertà.
All'approssimarsi della sua passione, celebrò la Pasqua con i suoi discepoli. Poi pregò il Padre dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice» (Mt 26, 39).
Pose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre. E la volontà del Padre fu che il suo Figlio benedetto e glorioso, dato per noi e nato per noi, offrisse se stesso nel proprio sangue come sacrificio e vittima sull'altare della croce. Non si offrì per se stesso, non ne aveva infatti bisogno lui, che aveva creato tutte le cose. Si offrì per i nostri peccati, lasciandoci l'esempio perché seguissimo le sue orme (cfr. 1 Pt 2, 21).
E il Padre vuole che tutti ci salviamo per mezzo di lui e lo riceviamo con puro cuore e casto corpo.
O come sono beati e benedetti coloro che amano il Signore e ubbidiscono al suo Vangelo! E' detto infatti: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutta la tua anima, e il prossimo tuo come te stesso»
(Lc 10, 27). Amiamo dunque Dio e adoriamolo con cuore puro e pura mente, perché egli stesso questo ricerca sopra ogni cosa quando dice «I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità» (Gv 4, 23). Dunque tutti quelli che l'adorano devono adorarlo in spirito e verità. Rivolgiamo a lui giorno e notte lodi e preghiere, perché dobbiamo sempre pregare e non stancarci mai (cfr. Lc 18, 1), e diciamogli: «Padre nostro, che sei nei cieli» (Mt 6, 9). Facciamo inoltre «frutti degni di conversione» (Mt 3, 8) e amiamo il prossimo come noi stessi.
Siamo caritatevoli, siamo umili, facciamo elemosine perché esse lavano le nostre anime dalle sozzure del peccato.
Gli uomini perdono tutto quello che lasciano in questo mondo. Portano con sé solo la mercede della carità e delle elemosine che hanno fatto. E' il Signore che dà loro il premio e la ricompensa.
Non dobbiamo essere sapienti e prudenti secondo la carne, ma piuttosto semplici, umili e casti. Non dobbiamo mai desiderare di essere al di sopra degli altri, ma piuttosto servi e sottomessi a ogni umana creatura per amore del Signore. E su tutti coloro che avranno fatte tali cose e perseverato fino alla fine, riposerà lo Spirito del Signore. Egli porrà in essi la sua dimora ed abitazione. Saranno figli del Padre celeste perché ne compiono le opere. Saranno considerati come fossero per il Signore o sposa o fratello o madre.

Responsorio   Mt 5, 3. 5. 6
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli!
* Beati i miti, perché erediteranno la terra!
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati!
Beati i miti, perché erediteranno la terra!

oppure: Dalla «Leggenda minore» di san Bonaventura
Francesco, mediante le sacre stimmate, prese l'immagine del Crocifisso
Francesco, servo fedele e ministro di Cristo, due anni prima di rendere a Dio il suo spirito, si ritirò in un luogo alto e solitario, chiamato monte della Verna, per farvi una quaresima in onore di san Michele arcangelo. Fin dal principio, sentì con molta più abbondanza del solito la dolcezza della contemplazione delle cose divine e, infiammato maggiormente di desideri celesti, si sentì favorito sempre più di ispirazioni dall'alto. Un mattino, verso la festa dell'Esaltazione della santa Croce, raccolto in preghiera sulla sommità del monte, mentre era trasportato in Dio da ardo­ri serafici, vide la figura di un Serafino discenden­te dal cielo. Aveva sei ali risplendenti e fiammanti. Con volo velocissimo giunse e si fermò, sollevato da terra, vicino all'uomo di Dio. Apparve allora non solo alato, ma anche crocifisso. A quella vista Francesco fu ripieno di stupore e nel suo animo c'erano, al tempo stesso, dolore e gaudio. Provava una letizia sovrabbondante ve­dendo Cristo in aspetto benigno, apparirgli in mo­do tanto ammirabile quanto affettuoso; ma al mirarlo così confitto alla croce, la sua anima era ferita da una spada di compaziente dolore. Dopo un arcano e intimo colloquio, quando la vi­sione disparve, lasciò nella sua anima un ardore serafico e, nello stesso tempo, lasciò nella sua carne segni esterni della passione, come se fossero stati impressi dei sigilli sul corpo, reso tenero dalla forza fondente del fuoco.
Subito incominciarono ad apparire nelle sue mani le nei suoi piedi i segni dei chiodi; nell'incavo delle mani e nella parte superiore dei piedi apparivano le capocchie, e dall'altra parte le punte. Il lato destro del corpo, come se fosse stato trafiuto da un colpo di lancia, era solcato da una cica­trice rossa, che spesso emetteva sangue. Dopo che l'uomo nuovo Francesco apparve insi­gnito, mediante insolito e stupendo miracolo, del­le sacre stimmate, discese dal monte. Privilegio mai concesso nei secoli passati, egli portava con sé l'immagine del Crocifisso, non scolpita da artista umano in tavole di pietra o di legno, ma tracciata nella sua carne dal dito del Dio vivente.

responsorio (Cfr. Gal 6,14.17)
Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo;
* per mezzo della croce il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo;
per mezzo della croce il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.

+ Dal vangelo secondo Matteo                   (11,25-30)
In quel tempo, Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti o le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessu­no conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Venite a me, voi tutti che siete affaticali e oppressi, e io vi ristorerò. Pren­dete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. II mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero»,  

terza lettura
Dalle «Omelie» di san Bernardino da Siena, sacer­dote  (DISC. 3)
La saggezza è presso gli umili
ll Signore donò al beato Francesco la sapienza interiore. Per questo Francesco poteva proclamare in tutta verità il famoso testo di Matteo e di Luca: Ti glorifico Padre, Signore dell'universo, perché hai voluto far conoscere a gente povera e sem­plice quelle cose che hai tenuto nascosle ai sapienti e ai prudenti. Sì, Padre, così tu hai voluto (cfr. Mt 11,25 e Lc 10,21).
Ossia: Ti rendo gloria, Padre, con lode purissima e azione di grazie, Signore dell'universo, perché hai tenuto nascoste queste cose alla sapienza e alla prudenza mondana: quella sapienza che, come af­ferma la prima Lettera ai Corinzi, il Signore Iddio ha reso stolta (cfr. 1 Cor 1,18-31). Ora, la sapienza è ordinata al conoscere e la pru­denza all'agire; Tuttavia in Geremia leggiamo: «so­no sapienti nel fare il male, ma non sanno com­piere il bene» (Ger 4, 22).
Esiste, d'altra parte, come attesta la Lettera di Giacomo, una triplice sapienza, che «non è la sa­pienza che viene dall'alto, bensì una sapienza ter­rena, carnale, diabolica» (Gc 3,15). La sapienza terrena è tipica delle persone bramose e avare; quella carnale la vedi nei lussuriosi e negli amanti del piacere; la sapienza diabolica, infine, la trovi negli altezzosi e nei superbi.
Da gente di questa specie la sapienza di Dio si tiene gelosamente nascosta.
Ecco perché, riferendosi ai voluttuosi, Giobbe af­ferma che non si può trovare la sapienza in chi vive nella mollezza, né nell'abisso degli avari che grida: non è in me; e nemmeno nel mare dei super­bi che esclama: non è con me! ( Gb 28,12-28). Così, hai nascosto queste cose ai sapienti. A colo­ro, cioè, che si ritengono saggi e avveduti, dei quali tuttavia la Lettera ai Romani dice che si sono ritrovati stolti, proprio mentre si vantavano di essere saggi (cfr. Rm 1,22). E le hai rivelate alla gente povera e semplice, cioè agli umili. È eviden­te che non la finezza dell'intelligenza viene qui condannata, ma la boria dell'orgoglio. Poiché tre sono le cose indispensabili alla sapienza e che gli umili possiedono, tre cose che si trovavano nel beato Francesco e al quale permisero di giungere alla sapienza: l'umiltà, la purità, la docibilità, ossia la disposizione a lasciarsi docilmente per­suadere.
Secondo i Proverbi, infatti, «la saggezza è presso gli umili» (Prv 11, 2); e nello stesso libro della Sa­pienza è detto che questa «non entra in un'anima che opera il male, né abita in un corpo schiavo del peccato» (Sap 1,4). Quanto al credere con docilità, esso è indispensabile per chi sta ancora impa­rando. In un'altra versione, infatti, Isaia dice: Non capirete, se prima non avrete creduto (cfr. Is 7, 9b). Così, Padre, tu hai voluto - dice il testo -; e la Glossa commenta: il Signore non rende conto a nessu­no del perché ha scelto gli uni e riprovato gli alili, ma dice soltanto che così Dìo ha voluto. Ci viene dato in ciò un esempio di umiltà, perché evitiamo di discutere temerariamente intorno alle decisioni di Dio. E così fece il beato Francesco.
  
responsorio (Cfr. 2 Cor 4,10; Rm 8,29)
Porto sempre e dovunque nel mio corpo la morte di Gesù,
* perché anche la vita di Gesù si manifesti nel mio corpo.
Dio mi predestinò ad essere conforme all'im­magine del Figlio suo,
perché anche la vita di Gesù si manifesti nel mio corpo.

Inno  TE DEUM
Orazione  O Dio, che nel Serafico Padre san Francesco, povero e umile, hai offerto alla tua Chiesa una viva immagine del Cristo, concedi a noi di seguire il tuo Figlio nella via del Vangelo e di unirci a te in carità e letizia. Per il nostro Signore.

Deus, qui beáto Francísco paupertáte et humilitáte Christo configurári tribuísti, concéde, ut, per illíus sémitas gradiéntes, Fílium tuum sequi et tibi coniúngi laeta valeámus caritáte. Per Dóminum.

Dio onnipotente, eterno, giusto e misericordioso concedi a noi miseri di fare, a causa di te stesso, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che n te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, per tua sola grazza, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell'Unità semplice vivi e regni e sei glorificato, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli.  (Francesco, Lettera all'Ordine 50-52)  



Restituiamo al Signore Dio altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da lui. E lo stesso altissimo e sommo, solo e vero Dio abbia e gli siano resi e riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e tutte le benedizioni, ogni rendimento di grazie e ogni gloria, poiché suo è ogni bene ed egli solo è buono. (Francesco, Regola non bollata 17,17-18)

Per il Mattutino di 12 letture 

1 Dalla "Vita di san Francesco" scritta da Tommaso da Celano.
Vita prima di san Francesco d'Assisi, II,capp.XV‑XVII,36‑42.45‑46. Fonti francescane, Padova, 1988,441‑444. 448‑449.
Come valorosissimo soldato di Cristo, Francesco passava per città e castelli annunciando il regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione dei peccati; non però con gli artifici della sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito.
Poiché ne aveva ricevuto l'autorizzazione dalla Sede apostolica, egli operava fiducioso e sicuro, rifuggendo da adulazioni e lusinghe. Non era solito blandire i vizi, ma sferzarli con fermezza; non cercava scuse per la vita dei peccatori, ma li percuoteva con aspri rimproveri, dal momento che aveva piegato prima di tutto sé stesso a fare ciò che inculcava agli altri.
Non temendo quindi d'esser trovato incoerente, Francesco predicava la verità con franchezza, tanto che anche uomini dottissimi e celebri accoglievano ammirati le sue ispirate parole, e alla sua presenza erano invasi da un salutare timore. Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva tutti come un uomo di un altro mondo.

2 Non pochi, lasciate le cure mondane, seguendo l'esempio e l'insegnamento di san Frances-co, impararono a conoscere, amare e rispettare il loro Creatore. Molti, nobili e plebei, chierici e laici, docili alla divina ispirazione, si recavano dal Santo, bramosi di schierarsi per sempre con lui e sotto la sua guida.
E a tutti egli, come ricca sorgente di grazia celeste, dona le acque vivificanti che fanno sboc-ciare le virtù nel giardino del cuore. Artista e maestro di vita evangelica veramente glorioso: mediante il suo esempio, la sua Regola e il suo insegnamento si rinnova la Chiesa di Cristo nei suoi fedeli, uomini e donne, e trionfa la triplice milizia degli eletti.
A tutti Francesco dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione.
E' ora il momento di concentrare l'attenzione soprattutto sull'Ordine che Francesco suscitò col suo amore e vivificò con la sua professione.
Proprio lui infatti fondò l'Ordine dei frati minori, ed ecco in quale occasione gli diede tale nome. Mentre si scrivevano nella Regola quelle parole: "Siano minori appena l'ebbe udite esclamò: "Voglio che questa Fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori".

3 E realmente erano "minori"; sottomessi a tutti ricercavano l'ultimo posto e gli uffici cui fosse legata qualche umiliazione, per gettare cosi le solide fondamenta della vera umiltà, sulla quale si potesse svolgere l'edificio spirituale di tutte le virtù.
Davvero su questa solida base edificarono, splendida, la costruzione della carità. E come pietre vive, raccolte, per cosi dire, da ogni parte del mondo, crebbero in tempio dello Spirito Santo.
Com'era ardente l'amore fraterno dei nuovi discepoli di Cristo! Quanto era forte in essi l'amore per la loro famiglia religiosa! Ogni volta che in qualche luogo o per strada, come poteva accadere, si incontravano, era una vera esplosione del loro affetto spirituale, il solo amore che sopra ogni altro amore è fonte di vera carità fraterna. Ed erano casti abbracci, delicati sentimenti, santi baci, dolci colloqui; erano sorrisi modesti, aspetto lieto, occhio semplice, animo umile, parlare cortese, risposte gentili; vi era piena unanimità nel loro ideale, pronto ossequio e instancabile reciproco servizio.

4 Avendo disprezzato tutte le cose terrene ed essendo immuni da qualsiasi amore egoistico, i discepoli di Francesco, dal momento che riversavano tutto l'affetto del cuore in seno alla comunità, cercavano con tutto l'impegno di donare persino sé stessi per venire incontro alle necessità dei fratelli.
Erano felici quando potevano riunirsi, più felici quando stavano insieme; ma era per tutti pesante il vivere separati, amaro il distacco, doloroso il momento dell'addio. Questi dolcissimi soldati non anteponevano comunque nulla ai comandi della santa obbedienza; vi si preparavano anzi in anticipo, e si precipitavano ad eseguire, senza discutere e rimosso ogni ostacolo, qualunque cosa veniva loro ordinata.
Da cultori fedeli della santissima povertà, poiché non possedevano nulla, non s'attaccavano a nessuna cosa, e niente temevano di perdere. Erano contenti di una sola tonaca, talvolta rammendata dentro e fuori, tanto povera e senza ricercatezze, da apparire in quella veste dei veri crocifissi per il mondo.

5 I discepoli di san Francesco erano sempre sereni, liberi da ogni ansietà e pensiero, senza affanni per il futuro;non si angustiavano neppure di assicurarsi un ospizio per la notte, anche se pativano grandi disagi nel viaggio. Sovente, durante il freddo più intenso, non trovando ospitalità,si rannicchiavano in un forno, o pernottavano in qualche spelonca.
Di giorno, quelli che ne erano capaci, si impegnavano in lavori manuali, o nei ricoveri dei lebbrosi o in altri luoghi, servendo a tutti con umiltà e devozione. Non volevano esercitare nessun lavoro che potesse dar adito a scandalo, ma sempre si occupavano di cose sante e giuste, oneste e utili, dando esempio di umiltà e di pazienza a tutti coloro con i quali si trovavano.
Amavano talmente la pazienza, che preferivano stare dove c'era da soffrire persecuzioni che non dove, essendo nota la loro santità, potevano godere i favori dei mondo.
Ecco i principi con i quali Francesco educava i suoi nuovi figli, e non semplicemente a parole, ma soprattutto con le opere e l'esempio della sua vita.

6 Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto; ed erano felici, quegli arditi dispregiatori delle case grandi e belle, di un tugurio abbandonato ove potevano trovare riparo dalle bufere, perché, al dire di un santo, c'è maggior speranza di salire più presto in cielo dalle baracche che dai palazzi. 1
Padri e figli se ne stavano cosi insieme, tra molti stenti e indigenze, non di raro privi anche del ristoro del pane, contenti di qualche rapa che andavano a mendicare per la pianura di Assisi. L'abitazione poi era tanto angusta, che a fatica vi potevano stare seduti o stesi a terra; tuttavia non si udiva mormorazione né lamento; ognuno manteneva la sua giocondità di spirito e tutta la sua pazienza.
San Francesco ogni giorno, anzi di continuo, esaminava diligentemente sé stesso e i suoi, perché non restasse in loro nulla di mondano e fosse evitata qualsiasi negligenza. Con sé stesso, poi, era particolarmente rigoroso e vigile.

7 In quel tempo i frati chiesero con insistenza a Francesco che insegnasse loro a pregare, perché, comportandosi con semplicità di spirito, non conoscevano ancora l'ufficio liturgico. Ed egli rispose: Quando pregate, dite:" Padre nostro" e "Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo".
E questo gli stessi discepoli del pio maestro si impegnavano ad osservare con ogni diligenza, perché si proponevano di eseguire perfettamente non solo i consigli fraterni e i comandi di lui, ma perfino i suoi segreti pensieri, se riuscivano in qualche modo a intuirli.
Infatti il beato padre insegnava loro che la vera obbedienza riguarda i pensieri non meno che le parole espresse, i desideri non meno che i comandi.

8 Fedeli all'esortazione di Francesco, i frati, ogni volta che passavano vicino a una chiesa, oppure anche la scorgevano da lontano, si inchinavano in quella direzione e, proni col corpo e con lo spirito, adoravano l'Onnipotente, dicendo:
"Ti adoriamo, o Cristo, qui e in tutte le chiese".
E, cosa non meno ammirevole, altrettanto facevano dovunque capitava loro di vedere una croce o una forma di croce, per terra, sulle pareti, tra gli alberi, nelle siepi.
Erano cosi pieni di santa semplicità, di innocenza, di purezza di cuore da ignorare ogni doppiezza. Come unica era la loro fede, cosi regnava in essi l'unità degli animi, la concordia degli intenti e dei costumi, la stessa carità, la pratica delle virtù, la pietà degli atti, l'armonia dei pensieri. l. Petrus cantor, Verbum abbreviatum,86. PL 205,257.

9 Dal vangelo secondo Luca. 9,57‑62
Mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: "Ti seguirò dovunque tu vada".

Dalla Leggenda maggiore di san Bonaventura da Bagnoregio.
Leggenda maggiore,II,capp.VII,l‑3.IX,3‑4. Fonti francescane, Padova, 1988,889‑891.913. 
Tra gli altri doni e carismi che il generoso Datore concesse a Francesco, vi fu un privilegio singolare: quello di crescere nelle ricchezze della semplicità attraverso l'amore per l'altissima povertà.
Il Santo notando come la povertà, che era stata intima amica del Figlio di Dio, ormai veniva ripudiata da quasi tutto il mondo, volle farla sua sposa, amandola di eterno amore, e per lei non soltanto lasciò il padre e la madre, ma generosamente distribui tutto quanto poteva avere.
Nessuno fu cosi avido d'oro, quanto Francesco della povertà; nessuno fu più bramoso di tesori, quanto Francesco di questa perla evangelica
Niente offendeva il suo occhio più di questo: vedere nei frati qualche cosa che non fosse del tutto in armonia con la povertà.
Quanto a lui, dall'inizio della sua vita religiosa fino alla morte, ebbe queste ricchezze: una tonaca, una cordicella e le brache; e di questo fu contento.

10 Spesso Francesco richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare cosi fulgidamente, più di‑tutte le altre, nel Re dei re e nella regina sua Madre.
Anche quando i frati, in Capitolo, gli domandarono qual è la virtù che, più delle altre, rende amici di Cristo, rispose, quasi aprendo il segreto del suo cuore: "Sappiate, fratelli, che la povertà è una via straordinaria di salvezza, giacché è alimento dell'umiltà, radice della perfezione. Molteplici sono i suoi frutti, benché nascosti. Difatti essa è il tesoro nascosto nel campo del vangelo: per comprarlo, si deve vendere tutto e, in confronto ad esso, si deve disprezzare tutto quello che non si può vendere".
"Chi brama raggiungere il vertice della povertà disse deve rinunciare non solo alla prudenza mondana, ma anche, in certo qual modo, al privilegio dell'istruzione, affinché, espropriato di questo possesso, possa entrare nella potenza del Signore e offrirsi, nudo, nelle braccia del Crocifisso. In nessun modo, infatti, rinuncia perfettamente al mondo colui che conserva nell'intimo del cuore lo scrigno dell'amor proprio".

11 Spesso, discorrendo della povertà, Francesco applicava ai frati quell'espressione del vangelo: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo. ( Mt 8,20 )
Per questo motivo ammaestrava i frati a costruirsi casupole poverelle, alla maniera dei poveri, ad abitare in esse non come in casa propria, ma come in case altrui, da pellegrini e forestieri.
Diceva che il codice dei pellegrini è questo: raccogliersi sotto il tetto altrui, sentir sete della patria, passar via in pace.
Dava Ordine, talvolta, ai frati di demolire le case che avevano costruite o di lasciarle, quando notava in esse qualcosa che, o quanto alla proprietà o quanto al lusso, urtava contro la povertà evangelica.
Il Santo diceva che la povertà è il fondamento del suo Ordine, la base principale su cui poggia tutto l'edificio della sua Religione, in modo tale che, se essa è solida, tutto l'Ordine è solido; se essa si sfalda, tutto l'Ordine crolla.
Insegnava, avendolo appreso per rivelazione, che il primo passo nella santa religione, consiste nel realizzare quella parola del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, va vendi quello che possiedi, dallo ai poveri. ( Mt 19,21 ) Perciò ammetteva nell'Ordine solo chi aveva rinunciato alla proprietà e non aveva tenuto assolutamente nulla per sé.

12 Nient'altro possedeva, il povero di Cristo, se non due spiccioli, da poter elargire con liberale carità: il corpo e l'anima. Ma corpo e anima, per amore di Cristo, li offriva continuamente a Dio, poiché quasi in ogni istante immolava il corpo col rigore del digiuno e l'anima con la fiamma del desiderio: olocausto, il suo corpo, immolato all'esterno, nell'atrio del tempio; incenso, l'anima sua, effusa all'interno del tempio.
Ma, mentre quest'eccesso di devozione e di carità lo innalzava alle realtà divine, la sua bontà affettuosa si espandeva verso coloro che natura e grazia rendevano suoi consorti.
Non c'è da meravigliarsi: come la pietà del cuore lo aveva reso fratello di tutte le altre creature, cosi la carità di Cristo lo rendeva ancor più intensamente fratello di coloro che portano in sé l'immagine del Creatore e sono stati redenti dal sangue del Redentore.
Non si riteneva amico di Cristo, se non curava con amore le anime da Lui redente.
Niente, diceva, si deve anteporre alla salvezza delle anime, e confermava l'affermazione soprattutto con quest'argomento: l'Unigenito di Dio, per le anime, si era degnato salire sulla croce.

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