lunedì 16 luglio 2012

B.V.Maria del Carmelo

16 LUGLIO
MADONNA DEL CARMINE
 


MADONNA DEL CARMINE
 
SANTE RADICI

Di solito gli appartenenti ad un Ordine reli­gioso o a un Movimento, per comprendere e assimilare il loro carisma, si rifanno al proprio Fondatore e alla sua esperienza originaria per cercarvi il particolare tipo "di spiritua­lità, di vita, di apostolato, di tradizione" che essi devo­no "custodire, approfondire e sviluppare". Per i carmelitani, le cose non stanno così: non ci sono dei fondatori veri e propri (anche se si conosce l'esi­stenza di un primitivo gruppo di eremiti che si stan­ziarono sul Carmelo e chiesero una "norma di vita" al Patriarca di Gerusalemme). Tuttavia da sempre venne­ro considerati come "Fondatori" sia il profeta Elia, che la Vergine Santa.
Bisogna precisare attentamente: non si trattò sempli­cemente di due devozioni particolar-mente coltivate, ma della persuasione di un rapporto privilegiato, uguale a quello che gli altri istituti hanno con i loro ri­spettivi "Fondatori e Fondatrici", anzi molto più inten­so e impegnativo.
Venne affermata una relazione di origine, così intensa e unica e realistica che, per secoli (almeno fino al sec. XVIII), venne ritenuta da tutti i cristiani anche storica­mente documentata e documentabile. È in questo sen­so che preferiamo oggi parlare d'archetipi, cioè di "modelli originari" del carisma stesso. La questione ha anche una componente geografica e biblico-patristica: i testi biblici che parlano della santa montagna del Carmelo erano normalmente commen­tati dai Padri della Chiesa e dagli scrittori spirituali sia in riferimento alla Santa Vergine (tema della bellezza sponsale, paradisiaca) sia in riferimento ad Elia (tema dell'alleanza gelosa).
Inoltre non mancava una ricca fioritura di leggende che legavano gli Eremiti Carmelitani sia alla figura del Profeta Elia (di cui sarebbero stati discendenti) sia alla figura della Vergine che sul Carmelo sarebbe stata pre­conosciuta, amata e onorata ininterrottamente fin dal­l'epoca dei più antichi profeti.
Il fatto che, per secoli, siano state ritenute storiche sia la «discendenza elianica» sia la particolare «appartenen­za mariana» fa intuire quanto profondamente questi due archetipi si siano radicati nella coscienza dei car­melitani, formandone l'inestirpabile identità. Ma ve­diamo le cose più da vicino.

L'archetipo eliano
Già i padri della Chiesa (S. Atanasio, S. Gerolamo, S Cassiano) - parlando della vita monastica - avevano indicato ai cristiani, come iniziatore di un tale stile di vita, il profeta Elia che si era ritirato in solitudine sulla montagna del Carmelo, dove poi si erano formate, al suo seguito, delle confraternite di "figli dei profeti' che vivevano in comunità (cfr. 2 Re 2,3ss). Elia era perciò già universalmente considerato (da gre­ci, latini, siriaci, bizantini) come fondatore del mona­chesimo. E tale era rimasto anche nella riflessione de­gli autori medievali. Nessuna meraviglia dunque che quel gruppo di eremiti - giunto sulla Santa Montagna sul finire del secolo XII, e radunato proprio "presso la fonte di Elia"- si considerasse erede di tutta la tradi­zione "carmelitana" e che col tempo elaborasse questa particolare primogenitura. Nelle Costituzioni di Londra (che l'Ordine si diede nel capitolo del 1281) venne premessa una particolare Ru­brica prima che aveva lo scopo di insegnare ai giova­ni carmelitani come rispondere a chi li interrogava sul­la loro identità: «Per rendere testimonianza alla verità, affermiamo che, dal tempo dei profeti Elia ed Eliseo i quali vissero devotamente sul monte Carmelo, santi Padri del Vecchio e del Nuovo Testamento, come veri amanti della solitudine di quel monte favorevole alla contemplazione delle cose celesti, là, presso la fonte di Elia, vissero lodevolmente in santa penitenza, conti­nuata incessantemente attraverso sante generazioni successive'.
Verso la fine del secolo XIII l'idea di una successione ereditaria ininterrotta - da Elia agli eremiti medievali - è già formalizzata ed esposta negli scritti degli autori dell'Ordine e la conseguente "spiritualità" tocca vertici di particolare bellezza. Si precisa così la comprensione del proprio originale carisma che trova la più esatta e affascinante esposi­zione in un testo del secolo XIV, intitolato L'istituzione dei primi monaci, nel quale si legge: «Duplice è il fine proposto ai seguaci di Elia. Il primo consiste nell'offrire al Signore un cuore puro, scevro da ogni macchia di peccato attuale; ed è un fine raggiungibile, con l'aiuto di Dio, attraverso il nostro sforzo personale, esplicato in una prassi virtuosa, informata dalla carità. L'altro fine invece supera le nostre forze e consiste nel poter noi - per divina condiscendenza - sperimentare in qualche misura la forza della divina presenza e gusta­re nell'intimo la soavità dell'eterna beatitudine non solamente dopo morte, ma fin da questa vita» (c. II). Il motto di Elia: " Vive il Signore alla cui presenza io sto", diventa così l'ideale del carmelitano orante; come diventano emblematici certi episodi della sua vita: so­prattutto la sua lunga ed estenuante fuga nel deserto - dove il profeta viene nutrito da un pane portato dagli angeli - e l'incontro con Dio sull'Oreb dove il Signore si manifesta "nel soffio di un vento leggero" (simbolo dell'intimità).
Ma Elia viene anche considerato - sempre in base alle antiche leggende - come "primo devoto della Vergine" e anticipato imitatore della purezza di Lei (simboleg­giata dal mantello bianco).
Nel 1725 - quando si tratterà di adornare la basilica di S. Pietro con le statue dei fondatori dei vari Ordini re­ligiosi - Benedetto XIII (vincendo le resistenze di mol­ti) concederà ai Carmelitani di erigere una statua al Santo Profeta, con la scritta in latino: “L'intero Ordine carmelitano eresse questo simulacro al proprio Fonda­tore S. Elia profeta”.

L'archetipo mariano
Una chiesetta mariana edificata dagli eremiti sul Car­melo fu la prima testimonianza storica del fatto che la Vergine era scelta e onorata come "Signora del luogo" e che a lei si riconosceva il patronato (questione mol­to importante in epoca medievale, ai fini della iden­tità). Antichissimo è l'uso dei carmelitani di promette­re obbedienza "a Dio e alla vergine Maria" all'atto del­la professione (fatto testimoniato già nel 1281). Da subito gli eremiti vengono chiamati "fratelli della Beata Vergine Maria" e - in base alle leggende di cui abbiamo più volte parlato - il termine fratelli acquistò via via una pregnanza di tipo propriamente familiare, fino a costituire problema per gli altri cristiani (i car­melitani vennero accusati di superbia ed eccessiva fa­miliarità, e la questione venne portata davanti all'Uni­versità di Cambridge nel 1374!). I Sommi Pontefici tut­tavia confermarono l'uso.
Le controversie spinsero opportunamente i carmelita­ni a riflettere sulla loro identità e portarono frutti di notevole interesse.
La Regola dell'Ordine venne studiata come se descri­vesse in filigrana la vita e l'esperienza della S. Vergine (Baconthorp). Particolare insistenza venne messa, a questo riguardo, sulle tre virtù teologali e sul tema della "purezza" di Maria. L'intera vita dei religiosi vie­ne sistematica-mente descritta come "vita mariana" cioè vissuta in familiarità e compagnia con la dolcissi­ma Madre di Dio: tema che in seguito verrà approfon­dito in tutte le sue mistiche profondità, fino a che l'u­nione mistica con Lei verrà indicata come l'ideale di proprio ogni carmelitano.
Fin dall'inizio a Maria vennero sistematicamente dedi­cate tutte le chiese dell'Ordine, soprat-tutto sotto il tito­lo della Annunziata, e il tema più sentito fu quello del­la purità della Vergine.
Ugualmente antica è la devozione alla Immacolata Concezione: tutti temi mariani legati alla vocazione contemplativa che esige appunto la purificazione da ogni macchia di peccato in vista della totale dedizione a Dio fino al congiungimento materno-sponsale con Lui.
Interessante è ricordare che spesso i Pontefici in documenti ufficiali hanno considerato l'Ordine Carme­litano come "messo al mondo" da Maria, che ne era pertanto Madre, Fondatrice, Legislatrice: un Ordine nato come si mette al mondo un figlio che esprime tutta la Madre.
Sarà poi la devozione dello Scapolare - verso la fine del secolo XIV - che estenderà a tutti i cristiani la pos­sibilità di esperimentarsi - attraverso la protezione di quel sacro segno - particolarmente figli, perché parti­colarmente protetti.                             P. Antonio Maria Sicari ocd

PRIMI VESPRI
INNO
O del Carmelo - fiore gentile,
mi prostro umile - dinanzi a Te.
Il tuo profumo - d'ogni virtù,
Maria, a Gesù – m’attrae ognor.

Rit. O del Carmelo - bella Signora,
da Gesù implora - per noi mercè.

O del Carmelo - vite feconda,
l’alma è gioconda - pel tuo vigor.
A noi promesso - il frutto desti,
tu producesti - il Salvator. Rit.

O del Carmelo - brillante stella,
Madre ed Ancella - del tuo Fattor!
Quel tuo splendore - lume è di vita,
che il ben n’addita, - che mena al Ciel. Rit.

UFFICIO DELLE LETTURE
INNO

Virgo, quae caeli rútilas in aula,
Virgo, Carméli decus atque nostrum,
Mater, exíles sed amore plenas
suscipe laudes.

Dona largíris, quibus aequa nemo
cónferat, longo numerósa tractu
prole Carméli génita feráci
montis in alvo.

Haud neges nostris précibus favórem,
Virgo, sit lumen radiántis astri,
quo viam tuto dóceas in altum
téndere caelum.

Monte sed nostro pia ne recédas;
rore, quo flores colis usque caeli
írriga, ut crescat tuus hortus, ara
quo tua vernat.

Ergo matérna quibus ipsa dextra
cónsulis, natos récreans benígne,
lucis aetérnae fácias potíri
múnere tecum.

Laus sit excélsae Tríadi perénnis,
quae tibi, Virgo, tríbuit corónam,
atque Carméli statuítque nostram
próvida Matrem. Amen.

Oppure:
Vergine santa, splendore del cielo,
con cuor di figli umili e devoti,
noi ti lodiam, decoro del Carmelo,
Madre Maria.

Tu stessa dono singolare,
fonte sei di favori senza pari al mondo;
per tanta prole è il mistico tuo monte
seno fecondo.

Ed anche a noi, oranti, il tuo favore,
Vergine, accorda; dacci la tua luce
che illumini le vie del Signore,
nostra salvezza.

Benigna il nostro monte non lasciare;
effondi le tue grazie e rifiorisca.
Materna accorri, tu ci puoi guidare
al paradiso.

Gloria all'eccelsa Trinità beata,
che sua ti volle Figlia Sposa Madre,
decoro del Carmelo, incoronata
dolce Regina. Amen.

Lodi mattutine
INNO

Rit. O Madonna, dal candido altare
che il Carmelo ti eresse per trono,
porgi al mondo il segno salutare
di salvezza, di speme e d'amor.

Quando il limpido cielo scolora
ed il dubbio crudele ci assale,
brilla, o Madre, qual fulgida aurora
ad infranger l'incanto del male. Rit.

Nella prece ai tuoi piedi raccolti
al riparo d'insidie e d'errori,
ti diciamo con l'ansie dei volti
la cocente passione dei cuor. Rit.

E nel dolce candor d'un sorriso,
che dischiuda le labbra tue care
per noi aperto sarà il Paradiso
e cadranno le pene più amare. Rit.

Oppure:
Carméli ad altos vértices
gressus ferámus; ádvocat
nos Virgo Mater, grátiae
ditémur inde ut flóribus.

Illic Dei mirábilem
fas est tuéri glóriam;
firmántur illic péctora
robúrque dextris ádditur.

Hinc et fluénta próruunt,
erémus arens quae bibat;
quibus viréscant ínvia
deserta et almo grámine.

Almae Paréntis in fide
Carmélus est. Quid ámbigas?
Quocúmque Virgo réspicit,
divína abúndant múnera.

Parens honórans fíliam,
Matrémque adórnans Fílius,
sponsàmque comens Spíritus
laudétur usque Trínitas. Amen.

Oppure:
Carméli adórnans vérticem
tui sigíllo nóminis,
nos, Virgo, laeto réspice
vultu piae cleméntiae.

Tu veste qua nos cándidos
fecit lavácrum gratiae,
fac induamur iúgiter
puris niténtes moribus.

Per te sacráto fóedere
nos nectat ad se Fílius,
vivámus ut mystério
dilectiónis íntimae.

Mater regéntis sáecula,
regína cunctis ímperans,
munimen esto filiis
dolis ab hostis ímprobi.

Da, celsa Sponsa Spiritus,
nos caritatis aestibus
fervéere, quo secúrius
vitémus ignes víndices.

Quae fons es indulgéntiae,
portus salutis próvidus,
largíre quae nos róborent
saecli per artas sémitas.

Sit laus Patri cum Filio
et Spíritu Paràclito,
qui glóriae prae céteris
te luce complent cáelica. Amen.

Oppure:

Il passo dirigiamo:
la Madre su ci chiama
per arricchirci l'alma.

Vi si potrà mirare
di Dio la gloria vera:
il petto si rafforza,
prende vigore il braccio.

Scende dall'alto il fiume
che l'arido deserto
disseta in abbondanza
e dà copiosa messe.

Nutre il Carmel fiducia
nell'alma Madre ognora:
il dono si moltiplica
dov'Essa il guardo posa.

Sua Figlia il Padre onora
la Madre il Figlio adorna,
ricca la fa lo Spirito:
la Trinità si lodi. Amen.

INNO DI VESPROMentre la terra è tutta screpolata
e tra le zolle l'erba è già avvizzita,
all'alto del Carmelo sale Elia
per ascoltare la divina voce.

Tese le mani a supplice preghiera,
il sommo Dio scongiura con il pianto
perché dei figli ascolti la richiesta:
come ristoro scenda al fin la pioggia.

Ecco, una nube come piede umano
dal mare s'alza quasi d'improvviso:
s'oscura il cielo e tutto in un istante
l'asciutta terra viene ristorata.

Siamo noi quella messe disseccata,
Maria la nube carica di pioggia,
la rugiada di vita è il Salvatore
che s'è incarnato nel virgineo grembo.

O Trinità, donaci il tuo perdono,
facci salire al cielo per Maria,
perché con lei possiamo a te cantare
un canto eterno di perenne gloria. Amen.

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