lunedì 28 maggio 2012

santi martiri d' anaunia

29 MAGGIO
SANTI SISINIO, MARTIRIO ED ALESSANDRO
martiri


SECONDA LETTURA 
Dalla lettera di san Vigilio a san Simpliciano
Veramente, quando si fa il ricordo dei Martiri, non sono le parole che illustrano i meriti, ma piut­tosto i meriti che impreziosiscono le parole; ed è del tutto coerente tacere, quando non si è in grado di parlare in modo adeguato. Tuttavia, a espor­re le cause, luoghi e i combattimenti di questo martirio - poiché un padre me lo richiede e un diacono scrive - mi stimola il dovere, mi obbliga il mio ufficio. Perciò ho deciso di consegnare a questo foglio ciò che la lingua, ancora tremante di dolore, desidera esprimere. Infatti non si può nascondere la lampada sotto il moggio, ne si può trattenere la voce di quel sangue generoso. È avvenuto che, dopo molte vicende sopportate con pazienza e dopo una serie di lotte incessanti, da ultimo esplose l'opera scellerata del male. I sacri ministri con le comunità appena fondate, furono sfidati e sottoposti a prove di ogni gene­re, che promettevano in anticipo l'onore del mar­tirio. Preparati a tutto, disposti a soffrire tutto volentieri, senza aver dato occasione di offesa a nessuno, meritarono la gloria. La loro vita, se voglio definirla in poche parole, avendone per­fetta conoscenza, fu assolutamente singolare: tutti e tre, liberi da legami coniugali, seppero prima offrire quotidianamente le loro anime a Dio, così come ora si sono dati in sacrificio. Una schiera di uomini, mobilitati alla promessa di un unico compenso, infierì fino al sangue con­tro il diacono Sisinio e poi, nelle ore del mattino seguente, lo aggredì mortalmente nel letto, dove giaceva estenuato per le ferite riportate. Così Io immerse nell'ultimo riposo da lui meritato. Il lettore Martirio, pronto al servizio di Dio fin da prima dell'alba, come quelli erano pronti al parricidio, stava assistendo il diacono e applican­do medicamenti alle sue ferite. I due furono sorpresi in quest'opera e la compirono. Il lettore, dopo essersi rifugiato nell'orto contiguo alla chie­sa, fu catturato e compì così l'impianto della ra­dice e dell'albero della sua vita. Anche l'Ostiario infine fu associato al martirio. Prelevato nell'ospizio dove abitavano, come non aveva offerto per sua iniziativa la vita, così non la rifiutò.
Tutti tre furono legati insieme e, trascinati per un tratto di strada, finirono con pompa ferale nel rogo davanti agli idoli. Qui i corpi dei primi due giunsero esanimi; il terzo invece ebbe vita più tenace e quindi pena più sensibile, poiché dovet­te attendere vivo le proprie esequie. Con le sacre travi del tetto della chiesa fu prepa­rato il rogo. Questa fiamma avvolse i Martiri nel suo velo. Il giorno della passione e morte dei Santi è il 29 maggio, di venerdì, quando nasceva la luce.

responsorio
I tre Santi sparsero il loro sangue per il Signore, onorarono Cristo nella loro vita, Io imitarono nella loro morte. * Perciò merita­rono la corona del trionfo, Alleluia.
Un solo Spirito era in essi e una sola fede.
Perciò meritarono la corona del trionfo, Alleluia.

oppure: lettura Dalla lettera di S. Vigilio a S. Simpliciano
Vigilio, Vescovo della Chiesa di Trento, a Simpliciano, Signore e Padre santo, eccellentissimo fra i buoni.
Veramente, quando si fa il ricordo dei Martiri, non sono le parole che illustrano i meriti, ma piuttosto i meriti che impreziosiscono le parole, e sarebbe più raccomandabile di tacere, quando non si è in grado di parlarne in modo adeguato. Tuttavia, ad esporre le cause, i luoghi e i combatti­menti di questo martirio mi stimola il dovere, mi obbliga il mio ufficio.
Perciò ho deciso di consegnare a questo foglio ciò che la lingua ancora tremante di dolore desidera esprimere. Infatti non si può nascondere la lampada sotto il moggio, né si può trattenere la voce di quel sangue generoso.
E avvenuto che, dopo molte vicende sopportate con pazienza e dopo una serie di lotte incessanti, da ultimo esplose l'opera scellerata del male. I sacri ministri, con le comunità appena fondate, furono sfi­dali e sottoposti a prove di ogni genere, che promettevano in anticipo l'onore del martirio. Prepara­ti a tutto, disposti a soffrire tutto volentieri, senza aver data occasione di offesa a nessuno, meritaro­no la gloria.
La loro vita, se voglio definirla in poche parole, aven­done perfetta conoscenza, fu assolutamente singo­lare: tutti e tre. liberi da legami coniugali, seppero prima offrire quotidianamente le loro anime immacolate a Dio, così come ora si sono dati in sacrificio.
Il primo, di nome SISINIO, portò in mezzo a quella gente barbara, la nuova pace del nome cristiano. Per quanto stava in lui, coltivò incessantemente tale pace per una serie di anni, senza contaminarsi par­tecipando alla corruzione dei suoi ospiti; egli, che verso tutti era tanto ospitale, seppe mantenersi ca­sto e serbato alla sua fede; come Loth a Sodoma si segnalò per ammirevole timore di Dio. Pecorella sicura, anche se posta in mezzo ai lupi, seppe trovare l'ovile: la chiesetta che egli fondò per primo in quella regione, con animo munifico, con l'aiuto e la devozione del piccolo nucleo di fedeli. Associato alla sua opera è anche il lettore MARTI­RIO, predestinato in virtù del suo stesso nome fin da quando si era dato a professare la vera religione da catecumeno, dopo aver abbandonata la carriera dell'esercito.
Egli, deposto il cingolo militare lasciata la compa­gnia dei suoi parenti e fratelli carnali, avendo cono­sciuto l'Autore della sua vera luce, ebbe la grazia di venir aggregato all'ufficio di lettore, e a lui per pri­mo toccò di far risuonare il canto della lode divina all'orecchio di quella sorda regione. ALESSANDRO infine, fratello di Martirio, prede­stinato come terzo a essere vittima in onore della Trinità, rinchiuse la porta rendendo completa la co­mune confessione di fede. Aveva abbandonato la patria e i parenti, rendendosi per Dio pellegrino.

Oppure:  Dalla lettera di S. Vigilio a S. Simpliciano
Per invidia del diavolo a un dato momento la paganità caliginosa divampò in fiamma di furore contro il va­pore benefico della fede.
Incentivo che serpeggiava da tempo era il fatto che, come ho già detto, con l'aiuto dei fedeli e la devo­zione dei poveri, il Diacono aveva piantato per primo in quel luogo la tenda della Chiesa. S'aggiunge poi, a titolo di giusta causa, il fatto che egli, per fe­deltà al suo ministero, cercò di impedire che una famiglia cristiana dovesse consegnare le vittime per i sacrifici diabolici ed elevare il vessillo delle funzioni lustrali pagane. In tal modo meritò il vessillo della passione. Una schiera di uomini, mobilitati alla promessa di un unico compenso, infierì fino al sangue e poi, nelle ore del mattino seguente, lo aggredì mortalmente nel letto, dove giaceva estenuato per le ferite ripor­tate. Così lo immerse nell'ultimo riposo da lui meri­tato. Il Lettore Martirio, pronto al servizio di Dio fin da prima dell'alba, come quelli erano pronti al parricidio, stava assistendo il Diacono e applicando medica­menti alle sue ferite. I due furono sorpresi in questa opera e la compirono. II Lettore, dopo essersi rifu­giato nell'orto che era attiguo alla chiesa, fu preso in quello stesso luogo e compì così l'impianto della radice e dell' albero della sua vita. Anche l'Ostiario infine fu associato al martirio. Cat­turato nell'ospizio dove abitavano, come non aveva offerto per sua iniziativa la vita, così non la rifiutò. Tutti tre furono legati insieme e, trascinati per un tratto di strada, finirono con pompa ferale nel rogo da­vanti agli idoli. Qui i corpi dei primi due giunsero esanimi; il terzo invece ebbe vita più tenace e quindi pena più sensibile, poiché dovette assistere vivo alle proprie esequie. Con le sacre travi del tetto della chiesa fu preparato il rogo. Questa fiamma avvolse i martiri nel suo velo. Per voto riverente noi pensiamo di costruire una basilica su quel luogo, dove essi meritarono di es­sere i primi testimoni della fede gloriosa. Ed ora con l'assenso del tuo paterno amore cerca di ottenere che io indegno possa condividere la loro sorte; e intercedi, ti prego, presso di essi, perché io possa toccare il lembo della loro fortunata condi­zione in ambedue i settori: quello del sacerdozio e quello del martirio. Salutiamo con speciale ossequio la tua santità. Ti prego di raccomandare al Signore la mia afflizione. Non potei sottrarmi a far sì che quanto presso di noi era tuo, divenisse più glorioso ancora per il me­rito di chi lo riceve, che per la benevolenza di chi lo comparte. Il giorno della passione e morte dei Santi è il 29 maggio, di venerdì, quando nasceva la luce.

OPPURE: lettura Dalla lettera di S. Vigilio a S. Giovanni Crisostomo.
Il luogo, che è chiamato Anaunia dagli abitanti, di­sta 25 stadi dalla città. Per conformazione naturale e per l'ostilità degli animi è difficilmente accessibile, chiuso com'è da gole anguste che lasciano appena un unico passaggio, quello che si potrebbe chiama­re appunto la via dei martiri. Il luogo è adagiato so­pra un dolce clivo, intorno al quale da ogni Iato si sprofonda la valle, mentre tutto in giro lo contorna una corona di centri abitati. Uno scenario naturale presenta agli abitanti, animati di sentimenti ostili alla fede, una sorta di spettacolo. La causa non è da attribuirsi al luogo, ma causa vera fu Cristo, se i giochi spettacolari del diavolo fecero ala al martirio. Non s'infastidisca il lettore per la de­scrizione minuta del luogo. Un luogo concavo fra i monti e risuonante di echi fa sempre sinistra impres­sione. Una volta che ad esso accedettero i soldati di Cristo, quei pagani selvaggi, aizzati a più riprese con suono di tromba, si infiammarono a gara furi­bonda con fragore di guerra. Da parte dei Santi però fu applicata l’unica forma perfetta di combattimento: tutto sopportare, cedere quando sì è provocati, soffrire con pazienza le vessazioni, raffrenare il pubblico furore con la pro­pria mansuetudine, vincere ritirandosi. Ma la gloria preannunciata dagli indizi della meta vicina sospingevano avanti coloro che il nuovo ordine di vita aveva già generato. Omettendo altri preamboli e tagliando corto con la narrazione, mi restringo a parlare dei fatti che nutri­rono la virtù del martirio, anche se la brevità del discorso potrà ridurre l'ampiezza della lode. Allorché nella suddetta regione il nome del Signore era ancora forestiero e non v'era alcun elemento che facesse apparire il segno del cristianesimo, questi tre furono insigni, prima per il loro numero, poi per il loro merito. Era giusto che fossero essi, forestieri per religione e per stirpe, a predicare il Dio ignoto. Lo fecero con un'opera di accostamento esercitata per lungo tempo con ordine e tranquillità, finche non vi furono complicazioni di interessi in seguito alla fede. Ma ora, se si ricerca la causa dell'odio suscitato contro Dio, il motivo fu la pace. Infatti uno di essi, di nome Sisinio, più anziano degli altri due e venera­bile già per la sola età, aveva costruito a proprie spese una chiesa. Ricco più di fede che di averi, povero di censo e dovizioso di spirito, consegnò l'ovile al Pastore e di quella chiesa che aveva fon­data fu fatto custode. Ma l'ovile era inviso ai lupi; l'odio rovinoso del diavolo era puntato contro la costruzione elevata. Questa fu la prima sorte del martirio: che nel perseguitare l ' Agnella ( la Chie­sa) uccidessero le pecorelle. S'aggiunse il motivo del sacrificio, causa più accet­ta a Dio. Nel predisporre la tradizionale proces­sione lustrale che essi con apparato ferale stavano per compiere intorno al territorio dei campi, calpestando stavolta anche i germi di Cristo, coronati di un truce ornamento, ululando carmi diabolici, me­nando con sé degli animali decorati pomposamen­te, coi vessilli del tiranno elevati contro Dio, quei popolani idolatri, fecero pressione su un loro con­terraneo di recente convertito, costringendolo a dare le vittime per le loro opere tenebrose. I Ministri del Signore, per i quali ciò non poteva succedere senza che fosse implicata la loro corresponsabilità, pre­starono al neofito la loro assistenza, ma ebbero l'in­giunzione di partecipare anch'essi a quelle opere confuse. In quello stesso giorno furono accaparrati i corpi dei Santi con un tremendo massacro, anche se fu dilazionata per il momento la palma della vittoria.

Oppure Dalla lettera di S. Vigilio a S. Giovanni Crisostomo.
Desidero riflettere un istante con te, fratello, sul si­gnificato dei fatti, affinché nessuno possa conside­rare come cosa di poco conto un martirio incontra­to per motivo così ordinario. Spesso infatti si consi­dera come cosa da poco un bene che è presente, anche se è un fatto mirabile e inaudito, non logorato dall'invidia del tempo, privo di precedenti e di imi­tazioni, assolutamente singolare. Colui che con sacrificio della vita difende dai predoni la pecorella custodita nel chiuso, si dimostra non mercenario, ma discepolo di Cristo; il mercenario infatti fugge. Colui che non abbandona, il pastore che da la vita, vive; quello che la conserva, la per­de. Infatti, che altro fece il nostro Maestro e Signo­re, se non cercare gli erranti; egli, l'Agnello, che fece, se non difendere le pecorelle, immolandosi vit­tima per esse? Non si creda che questa sia stata una prodezza vol­gare, come quando dagli uomini vengono abbattuti gli idoli inanimati e vengono travolte le costruzioni di pietra insieme coi loro ispiratori, in modo che diffi­cilmente si potrebbe dire chi abbia maggior durez­za: i cultori degli idoli o gli idoli stessi. In ciò che stava accadendo veniva tormentata la pietra che è Cristo, veniva rigettata dalle genti la Pietra angola­re, la quale doveva di nuovo venir provata con san­gue mondo per divenire principio di edificazione là dove sorgeva la rovina. In mezzo a queste vicende la fede aveva la sua manifestazione trionfale. S'è compiuto, o fratelli, nei tre Ministri, ora collo­cati nel convivio della letizia celeste, il mistero della Trinità. Altri infatti avrebbero potuto conseguire una simile sorte di immolazione, se ogni cosa non aves­se a considerarsi perfetta nel numero di tre. Nella vicenda suddetta noi avemmo una parte non minima, subendo anche molestie dai pagani e non abbandonando certo i nostri compagni. Ma l'ele­zione non guarda i gradi. Non è più possibile dopo l 'ombra di quella, per così dire, strana notte, celare ancora sotto la nuvola la verità manifesta. Anche il giorno diede onore al martirio, non tanto col fuggire, ma col privarsi di luce. Infatti era sorta la nobile luce del venerdì, giorno, fin dalla morte del Signore, propizio ai martiri. Fui spettatore, lo confesso, in mezzo a questi miste­ri e vegliai sulle ceneri dei Santi. Io che non meritai di partecipare alla loro sorte, compresi la sublimità di quella grazia, a cui non mi è stato dato di arrivare. Ho visto coi miei occhi e ancor oggi stento a crede­re a me stesso, tanto i fatti sorpassano la povertà delle parole. Perciò tocca a Dio, o fratello, confer­mare ciò che egli per sua elezione ha voluto, e far fede con la sua verità alla testimonianza delle mie parole. Ricevi ora, fratello, i doni dei tre fanciulli, o meglio i tre fanciulli per i loro doni, dal rogo quasi dico ancor divampante di fuoco. E se l'avido furore della fiam­ma non avesse preso con sé i nostri tre Martiri già semimorti, avremmo visto rivivere la scena della sto­ria sacra. A tal punto essi ne riproducono tutti i particolari con onore quasi eguale: la voce, la rugiada, la fornace, il numero. La voce nella fede concorde. La rugiada nella pioggia. La fornace nel rogo. Il numero nella Trinità.

OPPURE:  Dai « Discorsi » di san Massimo di Torino, vescovo (Disc.  105 extr.:  CCL XXIII, 414-415)
Una santa fiamma  li accolse
Noi ammiriamo e onoriamo degnamente tutti i beati martiri, la cui memoria l'antichità ci tramanda; e tut­tavia dobbiamo volgerci con singolare venerazione ai santi martiri Alessandro, Martirio e Sisinio, che hanno consumato la loro passione ai nostri giorni. Non so perché, ma noi ci sentiamo trasportati con più intenso affetto verso quanti abbiamo direttamente co­nosciuto, che non verso coloro che ci sono proposti dalla storia. Veniamo a sapere dell'esistenza di questi ultimi dalla lettura dei documenti, mentre quelli li vediamo con i nostri occhi; i patimenti dei primi ci sono noti perché ce li attesta la loro fama, i supplizi degli altri, invece, li possiamo contemplare noi stessi. Io mi sento attratto con più vivo amore quando la mia certezza è sostenuta da una visione personale, che non quando è l'attestazione altrui ad alimentare la mia convinzione.  Diverse cose, al sentirle, mi sembravano impossibili; ma avendone poi constatate di simili, incominciai a credere che anch'esse erano potute accadere. Il marti­rio del nostro tempo ha avuto questo effetto: di elar­girci la grazia presente e di confermarci la certezza sul passato. Dobbiamo quindi contemplare con ogni venerazione quegli uomini beati che sopra abbiamo ricordato. An­zitutto perché hanno illuminato con il loro sangue prezioso questi nostri giorni; poi perché hanno porta­to presso il Signore un pegno non da poco, mostrando qual è la fede dei cristiani del nostro tempo, in seno ai quali i martiri sono vissuti; infine perché ebbero una condotta così santa da riuscire a trovare, in tem­po di pace, la corona del martirio. Nessun re persecu­tore incombeva, nessun tiranno sacrilego minacciava: non una pubblica persecuzione li ha condotti a confes­sare la fede, bensì l'impegno cristiano. Si trovavano in Val di Non, dove a proprie spese avevano costruito una chiesa, e prestavano il loro servizio all'altare: uno di loro era diacono e due era­no chierici. Ora gli abitanti di quella regione, presso i quali la religione cristiana era allora sconosciuta, vole­vano contaminare ogni luogo con la solita pratica sacrilega del sacrificio che chiamano espiatorio. Quei santi uomini li rimproverarono, mettendo in luce il loro errore e confutandoli con giusto rigore. Essi allora, ebbri più di furore che di vino, li assalirono con violenza e li ferirono con colpi spietati. Uno dei martiri, semivivo dopo molti supplizi, arrivò a vedere la conclu­sione dell'assalto esiziale: distrutto l'edificio della chiesa, con le sue travi fu formato un rogo, sul quale quei corpi beati furono deposti e dati alle fiamme. Veramente beati quei corpi: non li avvolse per punirli il fuoco funesto degli idoli, ma li accolse la santa fiamma per farli riposare nella casa del Signore! Vera­mente sante quelle fiamme, che ricevettero i martiri non per consumarli con vampa funesta, ma per sottrarli alle mani sacrileghe! In quell' incendio le mem­bra dei santi non furono bruciate ma consacrate. Con­viene a questo martirio quanto dice l'Apostolo: « Egli sarà salvato, tuttavia come attraverso il fuoco » (1 Cor 3, 15). Essi ottennero la salvezza, essendo stati arsi nell'incendio della loro veneranda professione di fede. Questa è la vera ragione per la quale furono destinati alla morte: perché esortavano gli altri a essere simili a loro. E la loro esortazione fu tanto efficace che, dopo la loro partenza da questo mondo, la loro fede riuscì a convenire tutti i luoghi  di quella  regione. E così Cristo, che in quella terra nei tre martiri era stato perseguitato, ora vi esulta nelle numerose comu­nità di cristiani.

inno Te Deum

orazione  O Dio, che mediante il ministero dei tuoi santi martiri Sisinio Martirio e Alessandro hai semina­to tra noi la parola della fede, rendendola fruttuosa con il loro sangue, a noi tuo popolo, santificato nella verità, concedi che essa si adem­pia nella gloria. Per il nostro Signore.

Oratio  Deus qui verbum fideì in nobis Sanctorum Martyrum tuorum Sisinnii, Martyrii, et Alexandri ministerio seminasti, et san­guine foecundasti: quaesumus; ut nos populum tuum in veritate sandifìcatum consummare digneris in gloria.  Per Dominum nostrum.                                   

OPPURE  O Dio forte ed eterno, che nel cuore dei santi accendi la fiamma della tua carità, sull'esempio del vescovo Vigilio e dei martiri Sisinio, Martirio e Alessandro donaci di tendere a quella passione d'amore che arriva a sacrificare generosamente anche la vita. Per Cristo nostro Signore.

OPPURE  Si allieti, o Dio, la tua Chiesa per l'unica corona di gloria che unisce fraternamente i santi Sisinio, Martirio e Alessandro e il vescovo Vigilio che li ha inviati; la loro testimonianza accresca la nostra fede e conforti la nostra vita. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell'unità dello Spirito santo, per tutti i secoli dei secoli.

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