S. Emidio: Protettore dai terremoti
Sant’Emidio è un martire d’origini tedesche vissuto nel IV secolo. Lasciata la natia città di Treviri per sottrarsi alle persecuzioni, si rifugiò a Milano ove fu ordinato sacerdote dal vescovo S. Materno. Mosse quindi per Roma, dove ricevette la consacrazione episcopale dal papa che lo inviò ad Ascoli Piceno. Qui convertì molti pagani e fu decapitato nel 303. Del santo si cominciano tuttavia ad avere notizie solo nel secolo XI in un documento ove si accenna alla Cattedrale di Ascoli sotto il titolo della B. V. Maria e Sant’Emidio martire. Probabilmente la doppia intitolazione sarebbe dovuta al fatto del ritrovamento in città, tra il 996 ed il 1052, delle ossa del Santo ed alla errata convinzione che egli fosse stato protovescovo della città. Ascoli da allora ne celebra con solennità la festa il 5 agosto ed a lui si rivolsero in ringraziamento gli ascolani rimasti illesi dopo il terremoto che nel 1703 sconvolse le Marche. Da quella data si cercò, anche con l’autorità dell’Arcivescovo di Treviri, di estenderne il culto altrove, quale protettore dai terremoti.
Contemporaneamente si diffuse l’iconografia che rappresenta il Santo in atto di sostenere un muro barcollante sotto l’impeto delle scosse telluriche. Il suo corpo riposa nella cripta della Cattedrale di Ascoli.
Lo sciame sismico che ha colpito la nostra città e parte della Romagna nel 2000, mi offre lo spunto per ricordare questo Santo Martire che Castel Bolognese annovera tra i suoi protettori ed al quale è dedicato un altare, quello centrale della navata sinistra, nella chiesa di San Petronio. Il motivo di questo singolare culto è dovuto, manco a dirlo, ad un evento sismico: quello che colpì Castel Bolognese nella sera del 4 aprile 1781. Questo sommovimento tellurico è il più grave che la storia cittadina ricordi; esso, tuttavia, non provocò danni catastrofici, salvo vaste crepe in alcune chiese (specialmente quella del Suffragio), il danneggiamento della cupola e del campanile di San Francesco, il crollo di alcuni tetti di abitazioni, e rese inservibile la chiesa di San Petronio, per cui la comunità, piuttosto che ripararla, dal momento che da tempo v’era il desiderio di avere una chiesa più capiente, decise di atterrarla e di ricostruirla nelle forme che attualmente vediamo. Non così il suo campanile, che ebbe solo danni alla guglia: soltanto la furia bellica ne ebbe la meglio il 24 dicembre 1944. Sopra i danni al campanile, l’Emiliani ricorda che la guglia era talmente collabente da rischiare di cadere sulle maestranze addette alla sua demolizione, tanto che “nessun capo mastro del paese ebbe l’ardire di accingersi a tal opera pericolosa; ma don Giulio Ortolani, cappellano dell’arciprete con ammirevole coraggio intraprese e compì da solo tale lavoro”. Non si contarono vittime a causa del terremoto.
Orbene, in città fino a quell’epoca si soleva recare in processione, quando si verificavano scosse telluriche, l’immagine della Madonna del Rosario, affresco attribuito a Giovanni da Riolo, dapprima conservato nella chiesa del Rosario Vecchio, poi in quella del Rosario Nuovo ed attualmente in San Petronio, nel medesimo altare dedicato a Sant’Emidio, di cui costituisce il sottoquadro. Anche in quella circostanza i castellani organizzarono solenni ringraziamenti per i limitati danni che Castel Bolognese ebbe a subire. Su richiesta dell’Arciprete, dei parroci del territorio e delle Monache Domenicane, l’immagine mariana fu scoperta ed in offerta la Comunità portò dodici candele da una libbra ciascuna. Inoltre, il Consiglio Comunale avanzò una supplica all’Arciprete ed ai parroci del Vicariato affinché venisse fatto un voto alla Madonna del Rosario. Si stabilì pertanto che a partire dal successivo anno 1772, e per la durata di dieci anni, la sera del 4 aprile si scoprisse l’immagine della Madonna del Rosario fino alla sera del giorno successivo. Alle 21,15 del 4 aprile, in ricordo della scossa tellurica, si sarebbero suonate tutte la campane del Castello e del Vicariato durante la preghiera alla Vergine; la mattina del 5 aprile si sarebbe mossa in processione l’immagine con la partecipazione di tutto il clero del Vicariato, degli Ordini Regolari, delle Confraternite e di numeroso popolo; al suo ritorno l’Arciprete di San Petronio avrebbe celebrato una messa solenne in canto. Nella stessa seduta del 7 giugno 1781 la Comunità stabilì di nominare Sant’Emidio protettore di Castel Bolognese, partecipando alle spese per la sua festa da celebrarsi, come da calendario, il 5 agosto. Da allora, la città si mise sotto la protezione del santo ascolano per scongiurare o limitare gli effetti delle scosse telluriche. Difficile sapere come la Comunità abbia saputo delle doti taumaturgiche di questo Santo: l’evento di Ascoli era infatti alquanto vicino, essendo avvenuto appena ottant’anni prima. E’ probabile che qualche sacerdote ovvero Regolare di quelle zone lo abbia fatto conoscere a Castel Bolognese. Nella nuova chiesa di San Petronio, appunto, gli si dedicò un altare, con una bella pala attribuita al lughese Benedetto Del Buono; in essa è rappresentato Sant’Emidio con San Domenico ed un altro Santo Martire. Le tre figure sono in piedi sopra un piedistallo; Sant’Emidio, a sinistra, vestito di abiti episcopali, china lo sguardo verso il popolo orante, mentre la mano sinistra è protesa verso l’alto ad indicare l’immagine della Vergine posta nel sottoquadro; San Domenico, a destra, volge lo sguardo alla Vergine, in segno di orazione; le sue braccia aperte vogliono significare l’offerta a Maria, per mezzo suo, di tutte le preghiere del popolo. Tra i due, in secondo piano, si scorge il terzo santo con le mani incrociate sul petto che reggono la palma del martirio. Dietro le figure una nube avvolge il sottoquadro della B. V. del Rosario; da essa spuntano sulla destra le teste di due angeli. Un terzo angelo è seduto sul piedistallo reggendo con la mano sinistra un cartiglio ove si legge: Per intercessionem et merita Beati Emygdii Episc. & Mart. a flagello terræmotus libera nos Domine.
Nel tempo, è andata scomparendo a Castel Bolognese sia la devozione a Sant’Emidio, sia quella all’immagine della Madonna del Rosario quali protettori dai terremoti; l’attualità e la solerzia di Don Gianni ne hanno ravvivato il culto fra i castellani in occasione dello sciame sismico del 2000.
Paolo Grandi
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