Introvigne su "Avvenire": centenario del Vittoriano a Roma, un monumento massonico
Centenario del Vittoriano. Tra religione civile e massoneria
E la religione civile ebbe il suo simbolo, Avvenire, 28 maggio 2011
di Massimo Introvigne
E la religione civile ebbe il suo simbolo, Avvenire, 28 maggio 2011
di Massimo Introvigne
Nel 1967 il sociologo americano Robert Bellah pubblicò un celebre saggio sulla «religione civile» come elemento unificante degli Stati Uniti. Il melting pot degli americani venuti da tante terre diverse funziona, secondo il sociologo, perché tutti – pur mantenendo nella maggior parte dei casi la loro religione d’origine – adottano una «religione civile» che ha i suoi simboli e i suoi riti: la bandiera, l’inno, le feste, le parate, il culto non tanto di questo o quel presidente ma della presidenza. Il genio della «religione civile» americana, secondo Bellah, sta nel suo sapere evitare i conflitti con le religioni «religiose». I simboli del cristianesimo – talora anche dell’ebraismo – sono assunti nei grandi riti civili, senza che l’americano medio percepisca un conflitto.
Nel 1974 a Bellah fu proposto di scrivere un saggio applicando la sua categoria di «religione civile» all’Italia. Si convinse che in Italia non c’è una sola «religione civile» come negli Stati Uniti. Da una parte c’è il cattolicesimo, che funziona come fondo comune ed elemento identitario per moltissimi italiani, compreso un buon numero di non praticanti. Dall’altra c’è una religione civile laica, di cui Bellah vede il primo agente di diffusione nella massoneria, costruita non in armonia ma in lotta con il cattolicesimo. In Italia, dunque, scriveva Bellah, «non si tratta di religione contro politica ma di due specie di religioni e due specie di politiche; meglio ancora: due specie di religioni civili». A differenza degli Stati Uniti, la religione civile laica italiana si è costruita non sulla base del cristianesimo, ma contro il cristianesimo. E il socialismo e il fascismo sono state varianti della stessa religione civile, che ha tentato di costruire simboli e riti alternativi e ostili a quelli cattolici.
Ma il tentativo ha avuto successo? La risposta non può che essere sfumata. Da una parte, la religione civile laica italiana è talmente artificiale e priva di radici nel nostro Paese da avere sempre un che di posticcio e di ridicolo. Dall’altra, il decorso del tempo ha reso alcuni simboli così familiari da generare nei loro confronti una certa affezione comune. È il caso della bandiera tricolore o dell’inno nazionale, le cui origini ideologiche – laiche e massoniche – sono ormai dimenticate, dopo che hanno segnato momenti lieti e tristi per generazioni di italiani, dalle guerre alle vittorie sportive.
In questo quadro, qual è il ruolo del Vittoriano? Esso fu concepito come tempio centrale della «seconda religione» italiana, quella laica, massonica e anticlericale. L’idea è di Giuseppe Zanardelli (1826-1903), uomo politico fra i più massoni della storia d’Italia. Di lui si racconta che, in un momento di polemiche sui troppi parlamentari massoni, si tolse il cappotto a Montecitorio rivelando a tutti il grembiulino massonico. Per il memoriale al primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II (1820-1878), Zanardelli scartò tutti i progetti che avessero sia pur minimi riferimenti al cristianesimo, e scelse quello del giovane architetto marchigiano Giuseppe Sacconi (1854-1905), non solo perché la simbologia era del tutto pagana – l’Altare della Patria, cuore del monumento, è dedicato alla Dea Roma – ma anche perché, tranne il re defunto, il progettista non prevedeva statue di persone ma solo – molto massonicamente – d’idee: l’Economia, la Libertà, l’Unità. Il fatto che per costruire il Vittoriano si demolirono la torre medievale di Paolo III (1468-1549), il Papa che convocò il Concilio di Trento, e i tre magnifici chiostri del convento dell’Ara Coeli fu celebrato come un trionfo del progresso sull’oscurantismo.
Sacconi era un personaggio complesso. Nipote del cardinale Carlo Sacconi (1808-1889), più tardi lavorò ai restauri di Loreto e rimase sinceramente colpito dal mistero della Santa Casa, il che non gli impedì di professare idee politiche liberali e di lavorare come architetto eclettico, spesso pronto a compiacere i committenti. Quanto al Vittoriano, tutto quanto riguarda la religione civile laica italiana lo ebbe come centro: prima la Grande Guerra, con l’importazione dell’idea francese del Milite Ignoto, poi il fascismo.
Ma il Vittoriano non piace. I romani continuano a chiamarlo macchina da scrivere o torta nuziale. In qualche modo lo spontaneo umorismo popolare rigetta una religione civile posticcia e fasulla. Eppure anche al Vittoriano ci siamo abituati. Nel contesto del rilancio voluto dal presidente Carlo Azeglio Ciampi, è stata la camera ardente per i caduti nell’attentato del 12 novembre 2003 a Nasiriyya, in Iraq – simbolo di un eroismo al servizio disinteressato di popolazioni inermi, che corrisponde al più genuino ethos italiano – a rendere in qualche modo di nuovo popolare il Vittoriano, coinvolgendo in quell’occasione anche la Chiesa e i cattolici. Dalla riconciliazione fra le due religioni civili di Bellah siamo ancora ben lontani. Ma i simboli, a poco a poco, perdono i significati originari.
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