Falsa e vera riforma liturgica
Il
presente tema è stato trattato moltissime volte, soprattutto nei
siti cattolici ma non sempre in modo adeguato. Com'è noto, da alcuni decenni il mondo cattolico è
passato attraverso la più radicale riforma dei testi e della prassi
liturgica della sua intera storia. Con tale riforma (1) il clero
cattolico si è convinto che ben poco della liturgia può rimanere
immutato e che, a seconda dei contesti culturali e dei tempi, molte
cose possono essere ridiscusse. In realtà essi credono che nulla è
ormai “sacro” nel senso di intangibile.
Solo
l'inerzia delle ultime generazioni ha proibito che il processo di
riforma avviato subito dopo il Concilio Vaticano II si fosse
radicalizzato. Ma da oggi in poi sarà così?
A
mio avviso quello che da alcuni secoli è sempre più mancato al
mondo cattolico è una visione profondamente spirituale della
preghiera liturgica. Di conseguenza, il significato dei simboli
liturgici, come ancor oggi si conservano nell'Oriente cristiano, è
divenuto sempre più sfuggente. Non a caso un teologo ortodosso
contemporaneo ha scritto in una delle sue recenti pubblicazioni: “...
il Cattolicesimo romano, in seguito al Vaticano II, si è liberato di
un gran numero di simboli; nelle cerimonie protestanti, in cui il
Cristianesimo ha raggiunto il più basso grado della
secolarizzazione, il simbolismo è divenuto praticamente inesistente”
(2).
Come
una frana non avviene da un momento ad un altro ma è preparata da
una serie di smottamenti del terreno, magari anche di lieve entità,
così il crollo della liturgia in Occidente, ridotta ad una riunione
sempre più autocelebrativa, è stata preparata da un crescente oblio
della dimensione trascendente nel culto e, quindi, del valore della
simbolica.
Le
chiese antiche attorno a noi sono quasi l'unico legame,
l'unica muta testimonianza con un mondo passato che i
contemporanei non capiscono più.
La
prima vittima di quest'incomprensione del passato è stata il clero.
In tal modo, invece di sottolineare il valore della liturgia
tradizionale e la sua efficacia spirituale, la sua comunicazione con
il mondo trascendente, le autorità ecclesiastiche hanno preferito
abbassare questa al livello religioso sempre più insoddisfacente
dell'uomo contemporaneo.
“Chi
può capire il significato di questi simboli?”, si sono chiesti i
riformatori liturgici nel Cattolicesimo, abolendone parecchi con serena coscienza. Essi credono davvero che i
simboli, essendo in buona parte incomprensibili, siano stati disposti in modo più o meno casuale o capriccioso per un impeto
di pietismo.
C'è
da dire che il simbolismo per sua natura sfugge, di fatto, ad una
visione razionalistica della fede, quella stessa visione che è
prevalsa nella riforma liturgica cattolica. Non è un caso che la riforma
luterana se ne sia totalmente sbarazzata. Il simbolismo è legato
con il mondo spirituale e con chi vi è profondamente implicato. Solo
un uomo di grande profondità spirituale può, dunque, comprendere
come e in che misura, dietro ad un oggetto, una frase, una gestualità
più volte ripetuta, si cela la realtà celeste. Di conseguenza, solo un
tal uomo è
in grado di ritoccare la liturgia. La Chiesa nel suo insieme di
sacerdoti e fedeli, è chiamata a riconoscere se tali ritocchi
rispondono o meno all'essenzialità, se alterano o confermano il vero
spirito della liturgia. Accoglierà o rigetterà, così, le riforme
proposte. Ma, anche qui, l'insieme della Chiesa non deve muoversi con
spirito secolaristico ma con un profondo spirito di pietà e con un forte
senso del soprannaturale!
Quando
da una certa epoca in poi nell'Oriente bizantino è stata abbandonata
la celebrazione domenicale della Liturgia di san Basilio in favore di
quella crisostomiana, è avvenuta una specie di “riforma”
liturgica. Ma tale “riforma” non solo non condannava la liturgia
basiliana – oramai lasciata solo a particolari feste e alle
domeniche quaresimali – ma era in perfetta continuità con il suo
passato: le preghiere della “nuova” liturgia avevano lo stesso
spirito di adorazione e di timore verso Dio; le disposizioni esterne
di fatto non cambiavano, pur essendo aperte a continui ritocchi
riguardanti la preparazione del pane e del vino eucaristici, ritocchi che si fisseranno definitivamente solo verso il XIV sec.
In
questo modo si salvava l'essenzialità, la continuità, e la si
sposava con le necessità di nuovi tempi.
È
avvenuto così in Occidente, con la riforma liturgica dopo il
concilio Vaticano II? Credo che all'inizio si pensava di fare
altrettanto ma poi, pian piano, la materia è scappata di mano a chi avrebbe dovuto tenerla vigorosamente e si è
imposta di fatto una rottura con il passato, perché è di rottura in senso proprio che si deve parlare!
Tale
rottura è stata consacrata con le attuali generazioni di chierici e
laici che sentono inevitabilmente il proprio passato liturgico come
qualcosa di totalmente estraneo. Le frange tradizionaliste sono
impotenti ad invertire la rotta, quand'anche non vengano assorbite dalla
tendenza maggioritaria, e non sono che un'eccezione ad una regola
vigente ben diversa.
Joseph Ratzinger ha cercato, come ha potuto e con i suoi limiti, di far rientrare negli argini il Cattolicesimo che, come un fiume esondato, si era disperso. I suoi timidi tentativi di ritorno alla tradizione liturgica hanno avuto per risposta una resistenza pervicace, se non proprio un profondo odio clericale. Le sue conseguenti dimissioni da papa hanno assunto un significato drammatico, come fossero un punto di non ritorno.
Joseph Ratzinger ha cercato, come ha potuto e con i suoi limiti, di far rientrare negli argini il Cattolicesimo che, come un fiume esondato, si era disperso. I suoi timidi tentativi di ritorno alla tradizione liturgica hanno avuto per risposta una resistenza pervicace, se non proprio un profondo odio clericale. Le sue conseguenti dimissioni da papa hanno assunto un significato drammatico, come fossero un punto di non ritorno.
Il
bisogno di adattare la Liturgia è cosa comune, sia in Oriente sia in
Occidente, ma il modo in cui lo si fa differenzia sempre più
profondamente queste due realtà contribuendo a distanziarle proprio
nel campo più importante del Cristianesimo: il culto a Dio.
A
mio avviso non si tratta di questioni esteriori o puramente culturali
ma di un orientamento interiore che se, in Oriente, cerca di
mantenersi in sintonia con quello antico nonostante molte difficoltà,
in Occidente se n'è discostato senza provare alcun senso di colpa o
nostalgia. È successo come chi, nato al buio, pensa che la luce
sia qualcosa di eccessivo e sbagliato, nonostante il proprio corpo
gli possa ancora suggerire il contrario.
Scrivo
tutto ciò anche perché sono sempre più forti le voci che l'attuale
pontificato romano voglia ulteriormente modificare la Liturgia
cattolica. In mancanza di uomini realmente spirituali e facendo
affidamento ad un orientamento puramente razionalistico, non si può
che giungere ad un disastro su larga scala, alla perdita di quel poco
che oramai rimane.
Le
antiche chiese occidentali contempleranno sempre più, mute e
attonite, le strane cose che dovranno ospitare.
Furono progettate e costruite per atmosfere ben
diverse da quelle che stanno imponendosi. Altre mani ne forgiarono le
bellezze artistiche, mani ispirate che paiono oramai estinte per
sempre.
Forse in Occidente sta avvenendo l'eutanasia del Cristianesimo?
Forse in Occidente sta avvenendo l'eutanasia del Cristianesimo?
1)
Il termine "riforma" è molto discutibile anche se si è imposto in
Occidente. La Chiesa, con la Pentecoste, ha avuto tutti i mezzi per
governarsi e attraversare la storia. Più che di "riforma" si dovrebbe
dunque parlare di "risveglio" della Chiesa stessa nei suoi uomini
chiamati a seguire le orme del divino fondatore.
2) Jean Claude Larchet, La vie liturgique, Le Cerf, Paris 2016, p. 181n.
http://traditioliturgica.blogspot.it/2017/02/falsa-e-vera-riforma-liturgica.html
2) Jean Claude Larchet, La vie liturgique, Le Cerf, Paris 2016, p. 181n.
http://traditioliturgica.blogspot.it/2017/02/falsa-e-vera-riforma-liturgica.html
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