sabato 13 giugno 2015

“…amor, ch’a nullo amato amar perdona”


Sanguis Christi inebria me



E’ per questo che bisogna imparare ad amare il donatore e non il dono ed essere pronti a ricambiare costantemente l’amore del donatore. Perché qualsiasi dono riceveremo in questa vita lo dovremo lasciare e se siamo troppo attaccati ai doni, primo tra tutti proprio la vita, rimarremo ancorati in basso, alle nostre miserie e non riusciremo a: “…uscir a riveder le stelle”.

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Nicola Peircedi Nicola Peirce

Come ormai abitudine, anche quest’anno, per la quaresima mi sono sospeso dai social network. Da questa forma di comunicazione compulsiva e spesso superflua, che ha contagiato il sottoscritto e una larga fetta degli homo-sapiens di questo pianeta. Probabilmente, anzi quasi certamente, la mia è solo una sorta di snobismo culturale, travestito da pratica cristiana. Nella sostanza, però, lo faccio perché sento il bisogno, in quel periodo particolare dell’anno, di lasciare la mondanità per cercare maggiore tranquillità. Chiudo con “l’esserci” e inseguo faticosamente, “l’essere”.
Quest’anno si è unito all’astinenza quaresimale un siparietto con il mio direttore, con il quale, come ho già scritto, ho un rapporto da “bisbetica domata” … lascio a voi intuire chi sia la bisbetica. Durante i quaranta giorni di attesa della Pasqua è stato pubblicato, su questo web-magazine, un mio scritto che avevo lasciato in redazione prima di sospendermi e per questo ci siamo scambiati qualche e-mail. Nell’ultima mi raccontava che diversi lettori gli avevano domandato che fine avessi fatto, come mai non ero più su facebook e lui aveva risposto: “…magari è morto!”, con la sua usuale delicatezza.
Il fatto è che qualcuno ha anche creduto fosse vero e ha chiesto ragguagli a chi mi conosce personalmente e non solo virtualmente, con inevitabile codazzo di telefonate allarmate da parte di amici e spiegazioni tranquillizzanti da parte mia. Insomma, una fetta della mia tranquillità quaresimale sacrificata sull’altare della beffa del mio beneamato direttore e, così, ora gli servo, fredda, la mia vendetta. Gli rifilo questo predicozzo sdolcinato, che gli farà venire, sicuramente, l’orticaria.

Amiamo i doni o il donatore?

Blaise Pascal. Capì presto quello che molti impiegano tutta una vita a capire

Blaise Pascal. Capì presto quello che molti impiegano tutta una vita a capire
Non sono scaramantico, trovo la scaramanzia uno schiaffo all’intelligenza umana, oltre che a Dio, pertanto, senza scompormi più di tanto, ho assunto volentieri il ruolo l defunto. Mi sono immedesimato a tal punto nella parte che mi sono ammalato e ho passato due settimane in preda a febbre alta. Noi maschietti facciamo, in genere, i gradassi ma quando ci ammaliamo, anche di una semplice influenza, cadiamo in una sorta di agonia terminale che per chi ci è vicino diventa un calvario. Mi sono strascicato per casa, senza mai uscire, per quindici giorni ma è stato proprio grazie a questa circostanza che ho veramente “staccato” con il mondo.
Durante quella pausa forzata, chiuso in casa, senza poter partecipare alla messa e lontano dai sacramenti, ho letto, ascoltato la radio, guardato la TV e, soprattutto, dormito molto. Lunghi dormi-veglia passati a pregare e pensare. Ho pensato al mio rapporto con Dio e ho scoperto alcuni angoli “acuti” di questo rapporto. Uno per tutti posso riassumerlo con una frase di Pascal: “…amiamo le consolazioni di Dio ma non il Dio delle consolazioni”. Frase che probabilmente è frutto della conoscenza, che suppongo avesse, delle lettere di Santa Caterina da Siena. In particolare di quella scritta alla Regina (madre) d’Ungheria, dove la mistica senese parla dell’amore mercenario e dell’amore puro: “…amare Dio sopra ogni cosa (…) d’amore puro e non mercenario; cioè amare noi per Dio, e Dio per Dio” (Lettera CXLV – “Alla Reina d’Ungaria, cioè alla Madre del Re”). In altri termini il rischio è quello di amare i doni e di dimenticarsi del donatore. Di confondere l’amore a Dio con l’amore per i suoi doni.

Un dono tra i doni

Insieme
Insieme
E’ indubbio che ho ricevuto moltissimi doni da Dio. Primo fra tutti, come ognuno di voi, quello della vita ma ne ho ricevuto anche uno esclusivo per me, che della mia vita è divenuto condizione indissolubile e imprescindibile. Una donna, anzi la Donna, la mia domina, mia moglie. In quei giorni di letto forzato, accudito e coccolato da lei, ho ripensato a questo dono e al valore che ha avuto per la mia vita.
Il nove maggio scorso sono stati 28 anni dal nostro primo incontro. Ricordo ancora perfettamente tutto, anche l’ora, le nove di sera. Le circostanze di quell’incontro sono talmente particolari, direi uniche, che sarebbe, comunque, impossibile dimenticarle. Soprattutto quell’incontro è avvenuto, scusatemi se rischio la blasfemia, nella “pienezza dei tempi” della mia esistenza terrena. Avevo 33 anni ed ero al culmine di una vita vissuta, sin da adolescente, pericolosamente. Sempre sul filo dell’esagerazione sempre alla ricerca di qualcosa di più: più intenso, più inebriante, più eccitante. All’inseguimento dell’essere, attraverso le sensazioni, le emozioni, i gusti forti. Non voglio fare il “baùscia”, come si dice a Milano – dove ho vissuto i dieci anni precedenti a quell’incontro avvenuto, invece, a Roma – ma “…ho visto (vissuto) cose che voi umani non potete neanche immaginare”.
Come Virgilio per Dante.
Come Virgilio per Dante.
Diciamo che ho attraversato l’inferno,nel senso della ribellione. Quella follia che l’essere umano può originare quando si affida esclusivamente ai suoi sensi, a quel “senso del mondo” che considera stoltezza tutto ciò che è cristiano. Quella sera, con quell’incontro sono uscito “…a riveder le stelle”, ho lasciato l’inferno per dono (grazia) ricevuto. Tra l’altro fu proprio un carissimo amico di gioventù, che ora non c’è più e che avevo ritrovato, dopo tanti anni, pochi giorni prima, a farmi da Virgilio, ad accompagnarmi in quella uscita dall’inferno, perché è stato lui l’artefice, involontario, di quell’incontro.
E’ forse superfluo dire che, mentre esteriormente non ero assolutamente da buttar via, anzi, tutt’altro, ero, invece, ridotto decisamente male dal punto di vista interiore, psicologico ma soprattutto, spirituale. Insomma quella poveretta di mia moglie si è ritrovata tra le mani un dono incartato e infiocchettato benissimo, con carta patinata e fiocco rilucente ma dal contenuto avariato. Rimanendo alle espressioni dialettali: ero un vero e proprio “pacco”, che in dialetto romano sottintende una fregatura.

“…amor, ch’a nullo amato amar perdona” (V inf.)

Cuori a profusione. Ma l'amore è molto di più del sentimentalismo e del sesso.
Cuori a profusione nella contemporaneità. Ma l’amore è molto di più del sentimentalismo e del sesso.
Comunque da quel giorno sono uscito dall’inferno e ho iniziato una lenta marcia attraverso un purgatorio di eventi, ancora in corso, che evidentemente sono necessari per “purgare” il mio passato e i miei vizi. Soprattutto ho faticosamente imparato ad amare. All’epoca non ancora in modo cristiano ma sicuramente in modo diverso da quanto avevo fatto in precedenza. Sono uscito dall’egoismo dei sensi, che chiede esclusivamente per se, per entrare in uno scambio. E’ stato tale l’amore che lei ha iniziato a riversare su di me che non era possibile non esserne travolti e cercare di corrispondere. Voglio assicurare tutti: non è una santa o almeno non ancora. Lo diventerà, non fosse altro perché ha sopportato me tutti questi anni. Ha sempre avuto una fede semplice e spontanea, ereditata da sua madre e questo le permette, nonostante i suoi difetti umani, di mettere in pratica l’invito di Giovanni: “…amiamoci (…) perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore” (1 Gv 4, 7-8).
È allora che ho iniziato a capire, senza rendermene conto pienamente, la differenza tra l’amore mercenario e l’amore puro. Per mercenario non intendo chiaramente il sesso a pagamento ma, piuttosto, quei rapporti basati sulla convenienza, sull’utile che ci deriva dall’altro. Utile che viene scambiato per amore e che invece genera proprio la crisi profonda che vive oggi la relazione di coppia. Perché se scambi l’amore con il tornaconto quando finisce quest’ultimo pensi sia finito anche l’amore. Esempio banale è il “tornaconto” del rapporto sessuale, se finisce l’attrazione fisica finisce il rapporto. Potrei fare altri esempi questo è il più comune. E’ quell’amore guidato o meglio ottenebrato, dallo spirito del mondo che guarda inorridito a tutto ciò che è cristiano perché in antitesi totale.

Fuori come un cancello

Dante e le tre fiere
Dante e le tre fiere
Va da se che all’epoca ero un mangia-preti. Pensate che ero talmente intriso del mio “mangia-pretismo” che quando mia moglie, passando davanti ad una delle numerose edicole della Madonna che costellano la città eterna, si faceva il segno della croce, io la apostrofavo tacciandola di superstizione e bigottismo. Lo confesso: ero “fuori come un cancello”, intriso di quello spirito del mondo contro il quale, anche in questo caso senza rendermene conto pienamente, iniziavo allora una guerra che è ancora in corso, fatta di qualche vittoria e di molte sconfitte.
Mi viene in mente l’inizio della Divina Commedia, così come commentato magistralmente dal prof. Nembrini. Dante incomincia a seguire Virgilio ma ha timore di non farcela perché capisce che sarà una dura battaglia contro le sue stesse miserie che sono le miserie di tutti noi. Lui le rappresenta con le tre fiere: la lonza, la lupa e il leone, cioè la lussuria, la cupidigia e la superbia e scrive: “…e io sol uno m’apparecchiava a sostener la guerra” (Inf. II). Quella tripla affermazione di solitudine: “io, sol, uno” è il grido dell’uomo, il nostro grido, quando ci rendiamo conto che la battaglia la dobbiamo affrontare ognuno per conto proprio, entrando in quel essere unico che ognuno di noi è.
Tutti diversi l’uno dall’altro unici nella nostra unicità e, per questo, chiamati singolarmente a combattere contro lo spirito del mondo che pervade lo spirito della carne, della nostra carne. Dante ha Virgilio che lo aiuta e ognuno di noi prima o poi incontra il suo Virgilio. Nel mio caso è stata una Beatrice e l’unico merito che mi posso attribuire è di aver fatto come Dante, ero riluttante davanti al sentore di guerra ma non tornai indietro verso la “selva oscura” dalla quale venivo, ho seguito la mia Beatrice.

…no, non mangio più i preti: sono vegetariano

San Giovanni Calabria
San Giovanni Calabria
Da quando ero mangia-preti a oggi sono cambiate molte cose, ho fatto un lungo cammino. Ho preso coscienza dei miei limiti, ho fatto pace con me stesso e ho smesso di darmi colpe e di accampare scuse per evitare la guerra. Sono in conflitto armato permanente contro lo spirito del mondo che altro non è se non lo specchio di tutte le mie miserie. Ho accettato di essere io stesso miseria ed ho iniziato ad aggrapparmi convinto a quella croce che è l’unico mezzo: “…per passare il mare tempestoso di questa tenebrosa vita” (S.Caterina da Siena – Dialogo. cap. XXI).
Ogni giorno ricomincio da capo ripartendo da zero: “…sono zero e miseria, oggi è un buon giorno per iniziare il cammino di conversione” (San Giovanni Calabria). Lo faccio seguendo il consiglio di San Paolo e usando le armi che Dio ha messo a nostra disposizione: “La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma (…) contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male …prendete perciò l’armatura di Dio (…) Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; prendete anche (…) la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. Pregate inoltre incessantemente con ogni sorta di preghiere” (Ef. 6, 12-17). Insomma tutto quello che il “senso” cristiano chiama a fare quotidianamente: fede, parola, preghiera.

Il vero frutto è l’amore

Lettera di Caterina da Siena alla Regina di Ungheria.
Lettera di Caterina da Siena alla Regina di Ungheria.
Manca solo una cosa in questa lista:la carità cioè la grazia dello Spirito Santo, quello spirito che è in completa antitesi con lo spirito del mondo. Qui torniamo da dove siamo partiti all’amore, perché lo Spirito Santo è l’amore puro, quello evocato da Santa Caterina. L’amore di Dio che procede dal Padre e dal Figlio e si manifesta nella carnalità della vita attraverso i santi ma anche attraverso le persone normali, passatemi l’eresia, come mia moglie.
Quello spirito-amore che spinge: “…l’anima che vede tanto smisurato amore di Dio verso di sè, non può fare che non ami. E perch’egli è condizione dell’amore, d’amare ciò che colui ama (…) e odiare ciò ch’egli odia” (Lettera CXLV – “Alla Reina d’Ungaria, cioè alla Madre del Re”). Solo un altro richiamo per chiarire meglio e perché, così, il direttore sviene definitivamente: “…Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv. 17, 5) ed il frutto è l’amore con il quale siamo chiamati a combattere la nostra battaglia contro lo spirito del mondo. L’amore infatti è l’unica arma che abbiamo a disposizione per “offendere”, le altre sono difese, protezioni, come quel segno di croce di mia moglie che io criticavo tanto.

“…osteee!! portace n’artro litro”

Santa Caterina beve il sangue dal costato di Gesù – Francesco Vanni  1594 – Convento di San Girolamo (Siena)
Santa Caterina beve il sangue dal costato di Gesù, Francesco Vanni 1594, Convento di San Girolamo (Siena)
E’ facile capire che qualsiasi genere di battaglia esige sangue ma c’è sangue e sangue. Quello cristiano è ben diverso da quello versato per odio. Il nostro è il sangue versato per amore: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15, 13) che è anche il sangue versato per la nuova ed eterna alleanza e, soprattutto, per la remissione del peccati: “…hic est enim calix sanguis mei, novi et aeterni testamenti qui pro vobis et pro multis effundetur in remissonem peccatorum”. La cito in latino perché riporta quel molti che nella versione italiana è diventato per tutti e forse, questa scelta ha creato qualche malinteso riguardo la misericordia di Dio.
C’è un dipinto del senese Francesco Vanni(1563-1610) che si trova nel convento di San Girolamo a Siena. È un’opera potentissima che raffigura santa Caterina che beve il sangue dal costato di Cristo. Il pittore ritrae con crudo realismo quello che fu definito l’episodio “più raccapricciante del misticismo della Santa”. Genuflessa al cospetto di Cristo, Caterina si inebria del suo sangue che “scalda e caccia fuori ogni freddezza, rischiara la voce di colui che beve e allieta l’anima e il cuore” (Legenda Maior di Santa Caterina da Siena – Beato Raimondo da Capua). Un’immagine forse sgradevole, ma dal preciso contenuto teologico: “Sine sanguinis effusione non fit remissio” (Eb. 9,22).
Il frate domenicano Tommaso della Fonte (Siena 1337-1390), accreditato, da alcuni, quale primo confessore della santa, riferì: “Caterina mi confessò che Gesù le era apparso, e denudandosi il petto le aveva mostrato la piaga del costato. (…) Mentre lei tremava e piangeva, l’aveva presa fra le braccia. Incendiata dal calore del corpo di Gesù, si era fatta audacissima: ‘E io misi le labbra a lato della sua sacra piaga’. Da allora, le era sembrato impossibile riuscire a staccarsi un solo momento dal Cristo. Era divorata dalla febbre di darsi e di annullarsi in lui” (Legenda Maior di Santa Caterina da Siena – Beato Raimondo da Capua).

Sanguis Christi inebria me

Sant'Ignazio di Loyola. La preghiera Anima Christi è erroneamente attribuita a lui.
Sant’Ignazio di Loyola. La preghiera Anima Christi è erroneamente attribuita a lui.
In altri termini è necessario uno scambio continuo e incessante che chiede di annullare se stessi o meglio quello spirito del mondo che è il nemico giurato dell’amore e che invade e pervade la nostra umanità. Questo può avvenire solo arrivando in fondo al proprio essere, avere il coraggio di guardare negli occhi se stessi senza inganni, senza fronzoli per fare pace con i propri limiti e con le proprie miserie. Tra l’altro leggendo quelle parole di Santa Caterina mi è venuta in mente quella preghiera attribuita, erroneamente, a S. Ignazio di Loyola che recita: “…Sanguis Christi, inebria me”, essendo io un estimatore del buon vino…
Ecco il legame amore-sangue e il martirio incessante dei cristiani. Per questo Gesù dice: “…quello che hanno fatto a me lo faranno anche a voi”. E’ per questo che bisogna imparare ad amare il donatore e non il dono ed essere pronti a ricambiare costantemente l’amore del donatore: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” (Mt 22, 37). Perché qualsiasi dono riceveremo in questa vita lo dovremo lasciare e se siamo troppo attaccati ai doni, primo tra tutti proprio la vita, rimarremo ancorati in basso e non riusciremo a: “…uscir a riveder le stelle”.

San Bernardo e i sei spiriti

Apparizione della Vergine a San Bernardo Attavante degli Attavanti Biblioteca Apostolica Vaticana – Urb. Lat. 93 c 7° -(1475 - 1482)
Apparizione della Vergine a San Bernardo
Attavante degli Attavanti
Biblioteca Apostolica Vaticana – Urb. Lat. 93 c 7° -(1475 – 1482)
Ho un quadretto in camera che nei giorni di malattia ho osservato spesso perché è proprio affianco al letto. E’ la riproduzione di una miniatura, tratta da un manoscritto conservato nella Biblioteca Vaticana, di Attavante degli Attavanti, famoso miniaturista del 1400, che ritrae l’apparizione della Madonna a San Bernardo di Chiaravalle. Come saprete, San Bernardo, dottore della chiesa, è stato uno dei personaggi più autorevoli e originali della storia occidentale, fu senza dubbio il santo e il genio del XII secolo, il protagonista non solo della vita dell’Ordine Cistercense, ma anche delle vicende ecclesiastiche, delle controversie teologiche e monastiche, della politica del papato di quel tempo: predicò nel 1142 la seconda crociata, sostenne e promosse l’Ordine Cavalleresco dei Templari. Non a caso fu chiamato con l’appellativo di “ultimo dei Padri della Chiesa”.
Insomma, un tipetto mica male ma forse non tutti sanno che fu anche famoso per il suo carisma nel discernimento dello spirito, cioè quella capacità di vedere se l’anima è mossa dallo Spirito di Dio o dallo spirito cattivo, insinuato dal tentatore. In questo caso, per “spirito” si intende un’interna propensione dell’anima; se è per una cosa buona sarà mossa da uno spirito buono, viceversa, sarà cattivo. Il discernimento consiste nel verificare la diversa origine dei moti della volontà, indicando la causa che li ha provocati.
San Bernardo di Chiaravalle.
San Bernardo di Chiaravalle.
S. Bernardo di Chiaravalle, nelle sue opere, indica sei spiriti diversi che possono muovere l’uomo: Divino, angelico, diabolico, carnale, mondano, umano, che poi unifica in tre: Spirito Santo (Divino), Spirito Angelico e Spirito diabolico. A quest’ultimo appartengono i due principali spiriti negativi che influenzano la vita terrena: lo spirito del mondo (mondano) e quello della carne (carnale). San Bernardo elenca anche quali sono i frutti che provengono da questi spiriti: Dio (spirito divino) spinge sempre l’anima verso il bene donando luce, chiarezza, consapevolezza, rettitudine d’intenzione, orrore del peccato, flessibilità nelle scelte, semplicità. Il nemico (spirito diabolico) trasmette, invece, dubbi, oscurità, falsità, trappole, falsa luce, esalta molto l’immaginazione, durezza e chiusura di cuore, presunzione, vanagloria, disordine nella coscienza, ostinazione di giudizio.

qual è lo spirito che governa il mondo? Charlie Hebdo, ovviamente

Strage di studenti in Kenya.
Strage di studenti cristiani in Kenya.
Concludo con un richiamo a ciò che è avvenuto il 2 aprile in Kenya. Ero ancora sospeso da facebook e ho seguito gli avvenimenti in TV e attraverso le varie mail che mi arrivavano da amici e dai blog di informazione e di opinione, ai quali sono iscritto. Alcuni, tra questi anche papa Francesco, facevano notare che davanti ad un’esecuzione di massa come quella le voci di protesta erano limitate e pochi sono scesi in piazza in segno di solidarietà, in Europa direi nessuno. E allora? cosa c’è di strano? … ma secondo voi lo spirito del mondo può celebrare il sangue versato per la remissione di quei peccati di cui lui stesso è l’ispiratore?
Ecco perché ciò che è avvenuto in Kenya a 148 studenti cristiani è passato sotto silenzio mentre ciò che è avvenuto a Parigi per alcuni vignettisti atei, ha mobilitato i potenti del mondo e milioni di persone. Chiedetevi chi è il principe del mondo e quale spirito è stato celebrato a Parigi e capirete perché la strage in Kenya non è stata celebrata. Perché la morte è uguale per tutti ma il sangue versato no.

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