martedì 24 febbraio 2015

carnevale perpetuo

ma il carnevale non era finito? 
Ipse dixit ....

Vescovi cileni partecipano ad un rito pagano in onore del “dio Tata Inti, dio del Sole Inca".


Così spiegava Ratzinger sul nostro rapporto con le "altre religioni":

«Un simile ritorno, il recupero della propria storia, deve ripetersi in continuazione. Avviene nei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto. La Chiesa cerca di farlo ogni anno nei quaranta giorni di preparazione alla Pasqua:uscire nuovamente dal peso del paganesimo, che continua a spingerci lontano da Dio, tornare sempre a rivolgerci a Lui. E all’inizio della celebrazione eucaristica, nella confessione dei peccati, cerchiamo anche noi di riprendere questo cammino, di uscire nuovamente, di tornare ad incontrare sul monte di Dio la sua parola e la sua presenza» (Benedetto XVI ).
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-------------------e dice ancora:

«Un approccio falsamente «rassicurante» è quello «mistico», che sfumerebbe la molteplicità delle religioni e dei loro dogmi – con annesse presunte intolleranze -in una esperienza sentimentale, il cui carattere prevalentemente interiore terrebbe al riparo dal conflitto con la ragione..... la religione […] diventa, per così dire, una terapia individuale: la salvezza si trova al di fuori del mondo; per operare in esso non ci viene data altra indicazione al di fuori della forza che si può accrescere ritirandosi regolarmente nella dimensione spirituale. Ma questa forza, come tale, non ha per noi alcun messaggio chiaramente definibile. Nel nostro agire all’interno del mondo restiamo dunque abbandonati a noi stessi» (Benedetto XVI - vedi qui).

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-------------------e arriva a concludere:

«A questo punto, «falliti» i tentativi di sfumare le asperità delle religioni teistiche, relativizzando la propria idea di Dio e i dogmi, per portare in primo piano l’impegno pragmatico o l’esperienza mistica, ci si chiederà: L’attitudine alla pace è legata alla rinuncia alla verità?»

La risposta è no.

Ratzinger dice chiaramente che «l’incontro tra le religioni non può avvenire nella rinuncia alla verità, ma è possibile solo mediante il suo approfondimento. Lo scetticismo non unisce. E nemmeno il puro pragmatismo unisce. […] Vanno incoraggiati invece il rispetto profondo per la fede dell’altro e la disponibilità a cercare, in ciò che incontriamo come estraneo, la verità che ci può concernere e può correggerci e farci progredire» (Benedetto XVI - vedi qui).

E qui ci fermiamo perchè il discorso piega poi verso l'ecumenismo che è cosa assai diversa dal dialogo interreligioso: nel primo caso si cerca la comunione nella Santissima Trinità e nel Dio Uno e Trino, Vivo e che tutti i Cristiani, separati, credono; nel secondo caso si avanza nel dialogo e non comunione, cercando, fra le tante differenze che ci contraddistinguono, "i semi sparsi dallo Spirito Santo" il quale, per altro, non può certo contraddire Se stesso, ne la Sposa del Cristo!

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-----------------A ragione Benedetto XVI denunciava:

" Ma dove non c’è più verità alcuna, si può allora modificare qualsiasi criterio valutativo, e, in ultima istanza, dovunque fare in un modo e nell’esatto suo contrario. L’aver rinunciato alla verità mi pare il vero e proprio nucleo della nostra crisi odierna. Dove però la verità non offre più terreno solido, là anche la solidarietà comunitaria — peraltro, ancora tanto considerevole — finisce per sfilacciarsi, poiché anch’essa resta in ultima istanza senza radici. In quale misura, dunque, noi viviamo secondo l’interrogativo di Pilato, apparentemente tanto umile, ma in realtà così presuntuoso: « Ma che cosa è la verità? ». Proprio così, però, noi prendiamo posizione contro Cristo. Certo, quando degli uomini credono di poter disporre a buon mercato e con troppa fiducia della verità è il momento in cui si corre un rischio davvero enorme. Ma un pericolo ancora maggiore incombe là dove l’evidenza comune, la validità e l’obbligatorietà vincolante dell’affermazione del vero vengono addirittura considerate come un qualcosa che non sarebbe più in alcun modo possibile e attuabile.." (vedi qui).

Siamo in Quaresima e non vogliamo assolutamente infuocare gli animi in modo negativo, al contrario, vogliamo suscitare il santo sdegno, lutto, pianti e lamenti, e il legittimo scandalo per poterlo offrire a Nostro Signore; usare questo fatto doloroso per vivere nel cuore questa Quaresima in Cristo, con Cristo e per Cristo, unendo all'unico Sacrificio perfetto e all'unico vero Culto a Dio, la supplica per il perdono e la conversione di questi Vescovi.

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----------------Perciò chiuderemo l'articolo con alcuni passi della Lettera Enciclica di Pio XI "Ad Catholici Sacerdotii" del 20 dicembre 1935 - vedi qui -

"Il sacerdote, secondo la magnifica definizione che ne dà lo stesso San Paolo, è bensì un uomo “preso di mezzo agli uomini”, ma “costituito a vantaggio degli uomini per i loro rapporti con Dio” (Eb 5,1): il suo ufficio non ha per oggetto le cose umane e transitorie, per quanto sembrino alte e pregevoli, ma le cose divine ed eterne; cose, che possono essere per ignoranza derise e disprezzate, che possono anche venire osteggiate con malizia e furore diabolico, come una triste esperienza lo ha spesso provato e la prova pur oggi, ma che stanno sempre al primo posto nelle aspirazioni individuali e sociali dell’umanità, la quale sente irresistibilmente di essere fatta per Iddio e di non potersi riposare se non in Lui. (...)

Ma il sacerdote cattolico è ministro di Cristo e dispensatore de’ misteri di Dio (cf 1 Cor 4,1), anche con la parola, con quel “ministero della parola” (cf At6,4), che è un diritto inalienabile e insieme un dovere imprescrittibile impostogli da Gesù Cristo medesimo: “Andate adunque e ammaestrate tutte le genti,… insegnando loro di osservare tutto quello che vi ho comandato” (Mt 28,19-20).

La Chiesa di Cristo, depositaria e custode infallibile della divina rivelazione, per mezzo de’ suoi sacerdoti sparge i tesori delle celesti verità, predicando colui che è “luce vera, che illumina ogni uomo che viene a questo mondo” (Gv 1,9),spargendo con divina profusione quel seme, piccolo e disprezzato allo sguardo profano del mondo, ma che, come l’evangelico grano di senape, ha in sé la virtù di mettere radici salde e profonde nelle anime sincere e sitibonde di verità e di renderle, come alberi robusti, incrollabili anche tra le più forti bufere (cf Mt 13,31-32)..." (...)

Perciò già nell’Antico Testamento, Iddio comandava ai suoi sacerdoti e ai leviti: “Siano dunque santi, perché santo sono anch’io, il Signore che li santifico” (Lv 21,8). E il sapientissimo Salomone, nel cantico per la dedicazione del tempio, questo appunto chiede al Signore per i figli di Aronne: “I tuoi sacerdoti si rivestano di giustizia e i tuoi santi esultino” (Sal131,9).

Orbene, Venerabili Fratelli, “se tanta perfezione e santità e alacrità – diremo con San Roberto Bellarmino – si esigeva in quei sacerdoti, che sacrificavano pecore e buoi e lodavano Dio per benefici temporali, che cosa mai non si dovrà esigere in quei sacerdoti che sacrificano l’Agnello divino e rendono grazie per benefici eterni?”. “Grande in vero – esclama San Lorenzo Giustiniani – è la dignità dei Prelati, ma maggiore ne è il peso; posti come sono in grado così elevato davanti agli occhi degli uomini, bisogna che anche si innalzino al sommo vertice delle virtù davanti agli occhi di Colui che tutto vede; altrimenti sono sopra gli altri non a proprio merito, ma a propria condanna”.

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http://intuajustitia.blogspot.it/2015/02/la-grave-apostasia-avanza-e-lo-scandalo.html?spref=fb

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