L’incenso viene benedetto, nella S. Messa con la
preghiera: “Per intercessionem beati Michaelis Archangeli stantis a dextris
altaris incensi, et omnium electorum suorum, incensum istud dignetur ,Dominus
bene + dicere, et in odorem suavitatis accipere. Per Christum Dominum nostrum.
Amen.(Per intercessione di S. Michele arcangelo, che sta alla destra dell’altare dell’incenso, e di tutti i suoi santi,
il Signore voglia benedire questo incenso e accoglierlo come profumo a Lui
gradito).
Questa benedizione è più solenne della prima, nella quale si dice “Ab illo benedicaris, in cuius cremaberis” (Ti benedica Colui in onore del quale sarai bruciato). Qui sono invocati gli angeli perché il mistero dell’incenso non rappresenta altro che la preghiera dei santi presentata a Dio dagli angeli, come dice San Giovanni nell’Apocalisse (8,4): “Est ascendit fumus incenso rum de orationibus sanctorum de manu angeli coram Deo” (E dalla mano dell’Angelo il fumo degli aromi ascende con la preghiera dei santi davanti a Dio).
Ancor prima, come spiega Prosper Guéranger, “siccome il pane e il vino che ha offerti hanno cessato dì’appartenere all’ordine delle cose comuni e usuali , [il sacerdote] li profuma con l’incenso, come fa per Cristo stesso, rappresentato dall’altare”.
Belle le parole che accompagnano l’incensazione prima in forma di triplice croce e poi di triplice cerchio sul pane e del calice: “Incensum istud a Te benedictum ascendat ad Te Domine et discenda super nod misericordia tua” (Ascenda a te, Signore, questo incenso da Te benedetto e discenda su di noi la tua misericordia).
E’ tutto il senso della, liturgia, che ascende a gloria della presenza divina e discende per la nostra salvezza- in latino, salvare vuol dire conservare – affinché siamo completamente noi stessi e possiamo vivere in eterno con Dio.
Il sacerdote si inchina “in spirito di umiltà e con animo contrito” affinché il sacrificio si compia alla presenza di Dio in modo da essere gradito; poi invoca lo Spirito sulle offerte.
Il sacerdote, rendendo il turibolo al diacono, gli rivolge un augurio che fa ugualmente a sé medesimo, dicendo: “ Accendat in nobis Dominus ignem sui amoris, et fiammam aeternae caritatis” (Il Signore accenda in noi il fuoco del suo amore e la fiamma dell’eterna carità).
Il diacono, ricevendo il turibolo, bacia la mano del sacerdote e poi la parte superiore delle catene, invertendo l’ordine delle azioni che aveva compiuto presentandoglielo. Tutti questi usi sono orientali e la liturgia cattolica li conserva perché sono dimostrazioni di rispetto e riverenza. Dunque, la Chiesa non ha escluso gli aromi dai suoi riti, anzi usa il balsamo per preparare il Crisma.
Questa benedizione è più solenne della prima, nella quale si dice “Ab illo benedicaris, in cuius cremaberis” (Ti benedica Colui in onore del quale sarai bruciato). Qui sono invocati gli angeli perché il mistero dell’incenso non rappresenta altro che la preghiera dei santi presentata a Dio dagli angeli, come dice San Giovanni nell’Apocalisse (8,4): “Est ascendit fumus incenso rum de orationibus sanctorum de manu angeli coram Deo” (E dalla mano dell’Angelo il fumo degli aromi ascende con la preghiera dei santi davanti a Dio).
Ancor prima, come spiega Prosper Guéranger, “siccome il pane e il vino che ha offerti hanno cessato dì’appartenere all’ordine delle cose comuni e usuali , [il sacerdote] li profuma con l’incenso, come fa per Cristo stesso, rappresentato dall’altare”.
Belle le parole che accompagnano l’incensazione prima in forma di triplice croce e poi di triplice cerchio sul pane e del calice: “Incensum istud a Te benedictum ascendat ad Te Domine et discenda super nod misericordia tua” (Ascenda a te, Signore, questo incenso da Te benedetto e discenda su di noi la tua misericordia).
E’ tutto il senso della, liturgia, che ascende a gloria della presenza divina e discende per la nostra salvezza- in latino, salvare vuol dire conservare – affinché siamo completamente noi stessi e possiamo vivere in eterno con Dio.
Il sacerdote si inchina “in spirito di umiltà e con animo contrito” affinché il sacrificio si compia alla presenza di Dio in modo da essere gradito; poi invoca lo Spirito sulle offerte.
Il sacerdote, rendendo il turibolo al diacono, gli rivolge un augurio che fa ugualmente a sé medesimo, dicendo: “ Accendat in nobis Dominus ignem sui amoris, et fiammam aeternae caritatis” (Il Signore accenda in noi il fuoco del suo amore e la fiamma dell’eterna carità).
Il diacono, ricevendo il turibolo, bacia la mano del sacerdote e poi la parte superiore delle catene, invertendo l’ordine delle azioni che aveva compiuto presentandoglielo. Tutti questi usi sono orientali e la liturgia cattolica li conserva perché sono dimostrazioni di rispetto e riverenza. Dunque, la Chiesa non ha escluso gli aromi dai suoi riti, anzi usa il balsamo per preparare il Crisma.
Sarebbe bello ricordare anche l'antico rito
della benedizione delle campane, con la preparazione di incensi specifici,
particolarissimi e rari ...
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