pensiero omicida
Una confessione pubblica. Una storia di peccato, in pensieri opere e omissioni, di odio e vendetta. Di ghiaccio e di fuoco. Tormento e Redenzione. Una storia umana e disumana
di Antonio Margheriti Mastino
4 novembre 2007
In un mondo migliore s’intitola. Un film duro, sul bisogno oscuro e terapeutico di vendetta quando insufficiente sembra persino una semplicissima giustizia.
Mi ha ricordato il 4 novembre 2007, data che ho stampata nella memoria. Ero in auto dentro Roma, quartiere Tomba di Nerone. Forse una manovra un po’ bislacca. Una coppia sulla moto si accosta, e lei furibonda mi strilla: “Chi cazzo ti ha dato la patente!!… che mi guardi con la faccia di cazzo???!”. Lui seduto davanti, un po’ tentennante mi fa, sfidandomi: “Apri il finestrino!”. Purtroppo il finestrino era bloccato. E anche la portiera dalla parte del guidatore di quella vecchia Vitara che guidavo.
Io li stavo mettendo tutti e due a fuoco con lo sguardo per capire come dovessi aggredirli. Gli occhi riverberanti di fiamme infernali. Stetti troppo a osservarli con una furia che mi stava montando dentro in modo terrificante. Quando con uno scatto animale riuscii a uscire dall’altra portiera col crick in mano, per spaccare a tutte e due la testa o la schiena in mezzo al traffico, erano già lontani: era scattato d’improvviso il verde. Li inseguii a piedi. Niente: fallito!
Fu una coltellata quel fallimento:l’odio, la furia, la smania di vendetta non consumata mi hanno tormentato e mandato in depressione per due settimane e poi di nuovo per mesi (e ancora adesso a pensarci mi sconvolgo e tremo di odio pazzesco), mi tolse il sonno per giorni e giorni: non posso vivere in pace, non ammalarmi, mi dicevo, senza due balordi crani spaccati. Il mio desiderio inappagato di ucciderli entrambi, mi era esploso dentro… e ancora arde. Se potessi ritrovarli quei due porci, gli caverei via gli occhi con i denti a entrambi. Li ho inseguiti per strada, certo, ma il mio crick non è riuscito ad abbattersi su di loro: insopportabile, fa scoppiare la testa! Una catastrofe!
… Ecco perché si pecca in pensieri parole opere omissioni: si può uccidere dentro di noi qualcuno anche col solo odio devastante, omicida: per me, quei due, sono morti, due cadaveri che da qualche parte camminano. Io sono l’assassino. L’odio e l’orgoglio sono sentimenti irrazionali, indomabili… e se non ci fossero i carabinieri.. Se non ci fosse Dio!
Confessione
Per questo quel povero vecchio prete sobbalzò, rimase stordito, confuso, senza più parole. Dall’altra parte della grata, non del carcere: del confessionale.
«Quali sono le sue colpe, fratello?»
«Ho ucciso, ho ucciso molteplici volte, anche oggi». Sentii il suo fiato affannato che cominciava a gonfiarsi di paura, quando dissi “anche adesso”. Gli mancavano le parole. Avrà creduto volessi uccidere pure lui, lì, su due piedi, subito.
Non era così, e lo spiegai: «Ho ucciso una coppia di bastardi, un frocio, una puttana… porci!»
«O Gesù buono!! Ma che mi dice?! Quanti sono… in tutto? Chi sono? Dove? Quando?…». Il sospiro tremebondo del vecchio prete adesso era dolorante, un precipitare giù, un cercare in preda al panico un po’ di luce umana in un pozzo senza fondo di sgomento affranto e buio, per sondarne da laggiù la profondità, capire a che punto delle viscere della terra incognita si giacesse disperatamente. Anche se non serviva più.
Non risposi alla sua domanda disperata e proseguii freddo a sputare tutto l’odio che c’era. «Ma non sono pentito. E continuo», precisai.
«Ma Madonna mia! Ma continua… cosa… in che senso?… quando è stato?», mi chiedeva sempre più sperduto e nel panico, il povero vecchio prete.
«Ho voglia di ucciderli! Ho bisogno…». Espirò, finalmente rilassandosi, e mormorando un impercettibile balsamico “…te possino ammazzate sto’ f…” di sollievo, a quel punto dando per scontato trattarsi solo di uno sciroccato fra i tanti nell’alienazione metropolitana.
Ma, ancora una volta, non era vero, non ero matto, ero lucido quanto mai. Mi spiegai, finalmente:
«Odio due persone, ne desidero la morte, fra atroci dolori, ovunque siano… vorrei ucciderli, io: ma non so chi sono e dove sono. Mi hanno mancato di rispetto. E se io desidero ucciderli, pur impotente a farlo, di fatto li ho già uccisi, sono colpevole di omicidio morale. Il mio pensiero è omicida, la mia coscienza è sporca di sangue, sebbene simbolico ma non per questo meno umano e reale. Basta l’intenzione. E non sono pentito di questo duplice omicidio nel mio pensiero: la mancanza di ‘opere’ non giustifica e non assolve né impedisce che la stessa cosa sia compiuta in pensieri. Dentro di me c’è un assassino, con la fedina penale pulita… pulita davanti alla legge degli uomini, i quali non sanno leggere nello scrigno e nella fogna del cuore. Ma Dio sì. E perciò giudica. Ma il mio peccato è ancora altrove, ed è il più grande: soffro non perché sono un assassino morale, neppure tanto perché non sono pentito; ma perché non posso realizzare materialmente, mettere in ‘opera’ il mio pensiero e la mia vendetta tremenda che mi cova dentro, e brucia, perché non può incenerire l’oggetto del suo odio. È questo il mio peccato: muoio di non uccidere!».
Assoluzione
Questo dissi, senza che il vecchio prete m’interrompesse, e ne avvertivo e intravedevo l’ansia stupefatta da dietro le grate, che man mano si faceva commozione e misericordia: sentivo che avrebbe voluto carezzarmi la testa. Sottovalutando il lato oscuro della mia anima, che c’è e io conosco, l’ho incontrato molte volte: e m’ha spaventato, dopo. A questo punto il vecchio prete mi diede del tu e mi chiamò “amico”.
«Mi pare, amico mio, che tu sia un po’ troppo severo con te stesso: il pensiero è ingannevole, pensiamo di potere e voler fare cose che poi, ci si presentasse l’occasione davvero, non avremmo cuore di fare. Certo… in un momento d’ira… tutto può succedere. Ma dopo che è passato del tempo… come mi pare in questo caso: su, non esagerare! Anche l’eccesso di auto-colpevolizzazione è vanità … o anche carenza della virtù della temperanza e del discernimento». È passato del tempo, dice questo vecchio. Non sa che dice, povero pazzo!
«Il tempo rende gelida l’ira incandescente, e semmai la vendetta più crudele, la smania di vendetta più lancinante e famelica. La rende consapevole e calcolata, ne fa volontà. Volontà tremenda. Il freddo non sana e non dissolve: conserva. Il ghiaccio non è meno peggio del fuoco: entrambi scottano, provi a stringere un cubetto di ghiaccio nella mano: scotta. Ed entrambi uccidono, in modo diverso, ma uccidono uguale, standoci dentro». Questo dissi. Il vecchio prete mantenne il sorriso paziente sul labbro, condiscendente, per niente più turbato.
(«Il fuoco ti uccide facendoti urlare di dolore, in pochi attimi, il gelo pian piano narcotizzando ogni tua sensibilità, addormentandoti nella morte»).
«Se tu avessi davanti, qui, adesso, quei due, li uccideresti?», chiese il vecchio prete.
«Beh … così … proprio adesso … qui … magari no, adesso no …».
«E allora io, in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…», sospende la mano benedicente dietro la grata quando lo interrompo sdegnato.
«No! Non li ucciderei qui, ma resto un omicida in pensieri. Al quale è mancata l’occasione giusta!!».
«Se è mancata, è stata la Provvidenza, così Dio ha voluto… E allora io ti assolvo dai tuoi peccati, compreso il mancato pentimento da questo tuo ipotetico duplice omicidio. O meglio: il credere di non esserlo. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Vai in pace, e se non puoi perdonare chi ti ha offeso, allora prega senza perdonare per chi ti ha offeso. Sarà questa la tua penitenza».
«Non ne sono capace».
«Hai la voce, la possenza, da quel che vedo … lo sguardo, e da quel che sento … la profondità di un gigante spirituale. Puoi persino vincere il tuo odio, figurarsi se non riesci a dire una preghiera per chi odi».
Ma quella preghiera non l’ho mai detta.
(Ma ci penso. Però non mi sento più un assassino. Non so com’è.)
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