Breve storia della custodia dell'Eucarestia: dai Padri della Chiesa ad oggi passando per i due Concili: di Trento e Vaticano II
Breve storia della custodia dell'Eucaristia
di dom Cassian Folsom osb - trad. it. a cura di d. G. Rizzieri
"Bene et firmiter"
Nell'intento di discernere i grandi cambiamenti avvenuti lungo i secoli nella dottrina e nella prassi della custodia del Santissimo Sacramento, dividerò la storia del tabernacolo in quattro sezioni: dal periodo patristico fino al tempo carolingio, dal periodo carolingio fino al Concilio di Trento, dal Concilio di Trento al Vaticano II, e dal Vaticano II ad oggi.
Dal periodo Patristico fino al tempo Carolingio
Nel primo periodo storico si riscontrano due generi di custodia del Santissimo Sacramento: 1) la custodia privata dell'Eucaristia nelle case dei fedeli, e 2) la custodia dell'Eucaristia in chiesa per portarla ai malati o ai morenti. Nella prima categoria, le case dei fedeli, non abbiamo quasi informazioni su dove e come l'Eucaristia fosse custodita, sappiamo solo da alcune fonti che essa veniva devotamente avvolta in un telo di lino bianco o posta in una apposita cassetta o contenitore. Nel caso di riserva del Santissimo Sacramento nelle chiese, le Costituzioni Apostoliche al cap. VIII n. 13, indicano che i diaconi dovevano mettere ciò che avanzava delle specie eucaristiche consacrate durante la Messa in una stanza particolare chiamata 'Pastoforio', che nelle chiese orientali si trovava nella parte sud dell'altare. In occidente, era denominata 'secretarium' o 'sacrarium'. Il diacono, avendo l'incarico di amministrare l'Eucaristia, ne teneva le chiavi. Nella stanza vi era un'apposita credenza o cassetta chiamata 'conditorium'. Ne sono un esempio i mosaici del mausoleo di Galla Placidia del V secolo a Ravenna. Riguardo al tempo pre-carolingio, non si ha conoscenza dell'uso dell'altare come luogo per la riserva dell'Eucaristia.
Dal IX secolo, la riserva in chiesa del Santissimo Sacramento diviene la norma, mentre scompare la prassi di conservare l'Eucaristia nelle case. E' uno di quei cambiamenti fondamentali che merita maggiore attenzione. Giambattista Rapisarda offre tre ragioni per un cambiamento così significativo nella prassi eucaristica: 1) il sorgere delle grandi dispute eucaristiche sulla natura della presenza di Cristo, a partire da Pascasio Radberto (+859) e Ratramno (+868); 2) la diffusione di una diversa spiritualità che consisteva in un nuovo genere di preghiere apologetiche che manifestavano enorme rispetto per l'Eucaristia e un senso di profonda indegnità dinanzi a un così grande mistero; e 3) la conversione in massa dei popoli barbari con il pericolo di profanazione dell'Eucaristia da una parte, e di superstizione dall'altra.
Dal periodo carolingio al Concilio di Trento
I sei o sette secoli di questo secondo periodo vedono notevoli sviluppi nella teologia e nella prassi eucaristica. E' il tempo della controversia eucaristica che infuriò intorno a Berengario (+1088); dello sviluppo di una nuova pietà eucaristica che esprimeva il desiderio di vedere l'Ostia, per cui venne introdotta, nella consacrazione del pane e del vino nella Messa, prima l'elevazione dell'Ostia e poi quella del Calice; delle precisazioni scolastiche circa la transustanziazione; dell'istituzione della festa del Corpus Domini; del declino della ricezione della Comunione, e così via. Alcuni di questi fattori contribuiscono al formarsi di nuovi modi per custodire l'Eucaristia (le torri sacramentali, per esempio). In altri momenti, è la forza della consuetudine che mantiene le forme più tradizionali.
Righetti distingue cinque modi principali di custodia del Santissimo Sacramento durante questo periodo: 1) Propitiatorium: contenitore o cassetta posta sull'altare, una sorta di tabernacolo portatile. Il Concilio Laterano IV (1215-1216) prescriveva che dovesse restare chiuso a chiave e messo al sicuro. Un sistema assai diffuso in Italia nei secoli XIII e XIV; 2) Sacrestia: In molti luoghi, l'Eucaristia era conservata in sacrestia, in una sorta di apposita cassetta o credenza. Una prassi che durò fino al Concilio di Trento; 3) Colomba eucaristica: sistema usato attorno al secolo XI. Colomba di metallo (simboleggiante lo Spirito Santo), concava, di modeste proporzioni, che dal ciborio (se c'era) pendeva sull'altare o era posata su un tavolino accanto all'altare. Di uso frequente in Francia e Inghilterra, ma raramente usato in Italia; 4) Tabernacoli murati: il sistema più comunemente usato a partire dal XIII secolo, soprattutto in Italia e Germania, perché più pratico e sicuro. Dalla parte dell'altare su cui era posto il Vangelo, si incastonava alla parete un tabernacolo. Un fine esempio di tabernacolo simile è ancora visibile nella chiesa di San Clemente a Roma (XIII secolo). Dal XVII secolo, con lo sviluppo del tabernacolo sull'altare, i tabernacoli murati serviranno a custodire gli oli sacri; 5) 'Sakramentshaeuschen' o torri sacramentali: dal XIV al XVII secolo, era una caratteristica dei Paesi del nord Europa (Germania, Olanda e Francia settentrionale). Il tabernacolo, generalmente a forma di torre, costruito vicino all'altare, custodiva l'ostia consacrata in un contenitore di vetro protetto da una grata di qualche metallo. Rispondeva ai sentimenti della pietà popolare del tempo, che desiderava vedere l'ostia. Le torri erano in realtà quasi degli ostensori, che permettevano una sorta di esposizione permanente del Santissimo Sacramento. Ve ne era una grande varietà a seconda del luogo e del tempo. All'epoca, non vi era una prassi uniforme per la Chiesa universale.
Dal Concilio di Trento al Vaticano II
In questo terzo periodo, ciò che cambiò radicalmente la prassi cattolica fu la negazione protestante della presenza reale di Cristo nell'Eucaristia, e la risposta della contro-riforma a tale sfida. Il Concilio di Trento afferma contro i riformatori, che il Santissimo Sacramento deve essere custodito, ma il canone in questione non è molto specifico (sess. 13, can. 7), accennando appena al 'sacrarium' come luogo di custodia. Saranno la pietà popolare e due vescovi ad avere un ruolo importante nello stabilire una nuova forma di riserva eucaristica. Nel secolo XVI, ancor prima del Concilio di Trento, il vescovo Gian Matteo Giberti di Verona (+1543) disponeva che l'Eucaristia si custodisse in un tabernacolo posto sull'altare maggiore: "Il tabernacolo sia collocato sull'altare maggiore e installato permanentemente ("bene et firmiter"), affinché non venga assolutamente asportato da mani sacrileghe". Divenne normativo nella diocesi confinante di Milano, tanto che nel 1565, al primo sinodo provinciale di Milano, venne decretato che: "il vescovo vigili che nella cattedrale, nelle chiese collegiate, nelle parrocchie e in tutte le altre chiese, dove la Santissima Eucaristia è o dovrebbe essere generalmente custodita, essa sia collocata sull'altare maggiore, salvo parere diverso del Vescovo, per ragioni serie o necessarie". Nel 1576, un altro sinodo di Milano proibì i tabernacoli murati, ordinandone la distruzione. San Carlo Borromeo gettò su questa nuova prassi tutto il peso della sua autorità morale e spirituale. Nel duomo di Milano, egli fece trasferire il Santissimo Sacramento dalla sacrestia, dove fino ad allora era conservato, all'altare maggiore. Nel 1577 fu pubblicato il libro 'Instructionum Fabricae et Supellectilis Ecclesiasticae Libri II' del Cardinale Borromeo, che ebbe enorme influenza per i progetti architetturali delle chiese nei secoli a venire. Egli detta le norme per i tabernacoli in forma autoritativa, senza fornire giustificazioni. Partendo dal decreto del sinodo provinciale di Milano del 1565 sull'ubicazione del tabernacolo possibilmente sull'altare maggiore, San Carlo dispone che si ponga in vigore tale prassi, dando istruzioni sui materiali da usare, sullo stile, sui motivi decorativi, sulle dimensioni, ecc.
Il 'Rituale Romanum' del 1614 incorporò tale prassi nei "praenotanda", nella sezione del Santissimo Sacramento dell'Eucaristia (Titulus IV, c.1, par.6), il che fece sì la riserva del Santissimo nel tabernacolo sull'altare prendesse il nome di "tradizione romana". La collocazione sull'altare maggiore non era tuttavia assoluta, nel caso in cui si prevedesse che un altro altare potesse essere più dignitoso o più adatto. Il Rituale non era obbligatorio, per questo la "tradizione romana" del tabernacolo sull'altare maggiore si diffuse solo gradualmente, mentre gli altri Paesi europei continuarono a conservare le loro usanze, a volte per secoli. Ma la parte delle 'Instructiones' di San Carlo Borromeo dedicata al tabernacolo, ebbe un influsso superiore a tutte le altri parti della sua opera, tanto che dal XVII al XVIII secolo quasi ovunque i tabernacoli d'altare saranno tutti secondo le istruzioni di San Carlo Borromeo.
Il cambiamento estremamente importante che si verificò dopo il Concilio di Trento può essere spiegato da un numero di fattori: 1) la negazione protestante sulla custodia del Santissimo Sacramento e l'affermazione nel modo più chiaro possibile della Chiesa di porre il tabernacolo al centro dell'altare maggiore; 2) il conseguente accentuarsi delle devozioni eucaristiche, quali l'adorazione e l'esposizione del Santissimo; 3) il fiorire dell'architettura barocca, soprattutto a Roma, che comunica una esasperata fierezza ed entusiasmo nella fede cattolica della presenza eucaristica; 4) la standardizzazione dei libri liturgici (in questo caso il Rituale Romano) e di conseguenza, il graduale uniformarsi della prassi liturgica.
Dal Vaticano II ad oggi
I cinquanta anni trascorsi dal Concilio Vaticano II sono stati caratterizzati da enormi cambiamenti nella teologia liturgica e nella sua prassi. L'ubicazione del tabernacolo rispetto all'altare è stato un tema di animato dibattito. Ciò che era normativo nel periodo post-tridentino è stato largamente respinto nel periodo post-Vaticano II. Se c'è stato un consenso generale circa dove il tabernacolo non deve stare (sull'altare maggiore), nessun consenso invece circa a dove dovrebbe stare. Il disaccordo teologico su tali temi ha condotto ad una prassi pastorale quanto mai confusa e talvolta contraddittoria. Tali cambiamenti verranno presentati in dettaglio nella seconda sezione sulle norme liturgiche del prossimo numero di 'Sacred Architecture".
Due sono le ragioni principali che hanno determinato l'attuale enorme cambiamento. 1) La motivazione teologica tendeva a mettere al centro dell'attenzione l'altare e l'azione eucaristica della Messa, opposta all'adorazione e al culto del Sacramento nel tabernacolo (una sorta di dicotomia tra l'Eucaristia intesa come sacrificio e l'Eucaristia intesa come sacramento). Nella prassi, la conseguenza è stata il declino della devozione eucaristica. 2) La motivazione pastorale tendeva a promuovere la partecipazione attiva ponendo l'altare 'versus populum'. Nelle chiese antiche, la soluzione più comune è stata di collocare un nuovo altare di fronte a quello vecchio, causando però un certo conflitto interiore nel fedele, almeno a livello di subconscio. Il dilemma su dove porre il tabernacolo per il Santissimo Sacramento è stato frequentemente risolto creando una cappella laterale.
Se questa è stata la prassi plurisecolare delle grandi Basiliche e Cattedrali e rimane eminentemente appropriata nelle medesime situazioni, molte innovazioni moderne sono state meno che riuscite, e le cappelle del Santissimo Sacramento, piccole e affollate, possono sembrare inadeguate e perfino irriverenti. Le Istruzioni Generali riviste del Messale Romano del 2002, tentano di risolvere alcuni di questi dilemmi proponendo un nuovo modello.
The Institute of Sacred Architecture, vol. 22 - autunno 2012
http://www.sacredarchitecture.org/articles/ibene_et_firmiter/
trad. it. a cura di d. G. Rizzieri
trad. it. a cura di d. G. Rizzieri
(28/01/2013)
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