Scaraffia: «Il problema della salvezza non assilla più nessuno». Replica Costanza Miriano
Grazie
a Dio non sono teologa, per cui non ci provo neanche a pesare col
bilancino le parole che sono state dette dalle due parti in Svezia.
Siccome sono cattolica, mi fido del Papa, e finché non cambia il
Catechismo dormo come un bimbo svezzato in braccio a mia madre, la
Chiesa. Una. Santa. Cattolica. Apostolica. Se cambia il Catechismo,
avvisatemi (citofonate ore pasti).
Ma dire che non
mi preoccupo, anzi mi fido delle scelte pastorali del Papa, non
significa dire che non mi interessa ogni singolo iota del patrimonio che
mi è stato tramandato. Non mi riconosco pertanto nell’incredibile articolo uscito sul Corriere della Sera a firma di Lucetta Scaraffia:
«oggi molti dei profondi dissensi che hanno causato la scissione della
Chiesa non hanno più ragion d’essere: il problema della salvezza non
assilla più nessuno».
Io non so quali cattolici frequenti Lucetta, ma quelli che conosco io della salvezza si preoccupano eccome.
Sono
quelli che vanno a messa, che affollano i santuari, che pregano (non
perché siano bigotti ma perché c’è scritto nel Vangelo di pregare senza
interruzione, e non l’ha detto mia nonna, ma Gesù), che digiunano, che
scommettono seriamente la vita su Gesù, perché hanno trovato la felicità
con lui solo. Che non vivono obbedendo a se stessi ma cercano di vivere
la vita del battesimo, quindi la croce, scandalo per gli uomini, perché
hanno scoperto che quella vita è meglio di quella del mondo. Sono
quelli che hanno passato le porte sante perché sanno che il Giubileo non
è una convention ma la possibilità della salvezza eterna per noi e per i
morti a cui teniamo, contrariamente a quanto scritto:
«Così come le indulgenze sono scomparse dal nostro orizzonte, e pure l’aldilà sembra da decenni dileguato».
Non
so come la risolvano gli intellettuali, ma alle persone che frequento
io, tante, la morte rappresenta ancora un problema, IL problema, per
l’esattezza. Come possiamo non fare i conti con questo? Nonostante la
nostra cultura rimuova il tema dall’immaginario (la morte non si dice, i
morti non si fanno vedere ai bambini) o al contrario lo spettacolarizzi
(altro modo di esorcizzarlo), il fatto che dobbiamo morire, e che non
sappiamo né come, né quando, e che dopo c’è un’altra vita, ci riguarda
tutti. Io per me, mio marito, i nostri figli e quelli a cui voglio bene,
spero solo che ci salviamo, e che ci ritroveremo in cielo tutti. Non
voglio figli di successo, né geni, né ricchi (il pericolo pare
abbastanza remoto, peraltro), ma salvi, cioè vivi in eterno.
Personalmente un Dio che mi ha predestinata a una sorte che ha deciso
lui non mi sembra somigliare tanto a un Padre che mi ama alla follia, ma
non voglio entrare nel merito.
Forse l’articolo
intendeva solo dire che pochi sono consapevoli delle verità della fede,
mi sono detta. E questo è vero, è sotto gli occhi di tutti, anche dei
miei. Per esempio, quando ho lanciato dal mio blog l’idea di prendere
ciascuno l’indulgenza plenaria per ognuna delle vittime del terremoto di
Amatrice ho passato le successive 24 ore a rimuovere migliaia di
insulti e bestemmie dal mio profilo. Forse la cattolica Lucetta vorrà
anche lei lanciare l’allarme, sarà come me preoccupata. E invece no.
Perché prosegue:
«Perché allora litigare ancora su
tutto questo? E come litigare ancora sul libero accesso ai testi sacri,
se oggi anche i cattolici sono abituati a leggere la Bibbia nelle
edizioni che preferiscono, in gruppi di lettura e di commento animati
dalla più grande vivacità?».
Io tengo alla
Tradizione, che i luterani non riconoscono, cioè al deposito della fede
tramandato in duemila anni di martiri, apostoli, padri della Chiesa,
teologi e santi, e il Concilio ci ha invitato a riprenderci la Bibbia,
sì, ma tenendo con una mano il capo di questa lunga cordata di
intelligenze e geni che non si è mai interrotta nei secoli.
«Certo,
rimangono questioni teologiche aperte, come i sacramenti ‒ ridotti di
numero dai luterani ‒ ma queste sono per lo più questioni che non
toccano molto i fedeli».
I sacramenti trasfigurano
completamente la realtà, e qui si gioca tutta la nostra fede, che non è
un’ideologia, ma l’intervento attivo e personale di Dio sulla nostra
vita, una presenza che cambia tutto. La confessione mi ridà l’intimità
con Dio, e vorrei che lo facesse di più, perché «a chi non rimetterete i
peccati resteranno non rimessi», e io ne avrei sul groppone troppi. Sul
matrimonio come sacramento ho scommesso tutta la mia vita. Con la
cresima sono diventata adulta (a 19 anni). L’estrema unzione spero tanto
di poterla avere, per questo mi auguro di non morire all’improvviso.
Meglio soffrire ma potermi preparare all’incontro.
Quanto
al sacerdozio, l’altro sacramento non riconosciuto dai protestanti, è
ciò che permette il più grande prodigio della terra: il pane per noi è
sostanza di Dio. O quel pane è davvero Dio o siamo tutti pazzi. Miliardi
di pazzi hanno popolato il pianeta negli ultimi duemila anni? Di fronte
a questa domanda, mi sembrano quisquilie i temi che secondo il Corriere
ci dividono dai luterani:
«il divorzio, il
controllo delle nascite, l’omosessualità, cioè sulle questioni bioetiche
nelle quali le chiese protestanti, nel Novecento, hanno preso una
posizione quasi sempre opposta a quella cattolica».
Sinceramente,
chi se ne importa di queste cose se non le misuriamo sulla vita eterna?
Non me ne importa niente di essere una brava persona, mi importa di non
rompere la relazione con il più bello tra i figli dell’uomo. Se non è
per quello, della bioetica si occupino pure i filosofi.
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