Fair is foul, and foul is fair:
Hover through the fog and filthy air
Conoscete queste parole? Le pronunciano le streghe di Macbeth. In italiano in genere la prima frase è resa con “Bello è il brutto e brutto è il bello”, ma in inglese c’è una coincidenza linguistica per cui fair vuol dire sì bello, ma anche buono, giusto, corretto, e foul vuol dire sia brutto che turpe, osceno, scorretto. In quasi nessuna delle lingue c’è questa coincidenza, i greci hanno dovuto inventare la parola kagatos che nasce dall’unione di kalos+agatos per indicare la bontà e la bellezza unite. In italiano invece spesso per traslato “bello” si intende anche “buono”: “stasera mi mangio una bella pizza”. In ebraico invece questa coincidenza esiste: Tov significa bello/buono era brutto/cattivo. Quindi quando Dio nei sei giorni della creazione “vide che era cosa buona”, sta contemplando qualcosa di bello e buono insieme.
Qual è il significato originale del testo di Shakespeare?: le streghe dicono: “ciò che per voi è bello/buono, per noi è brutto/cattivo e ciò che per voi è brutto/cattivo, per noi è bello/buono.” Com’è possibile ciò lo spiega il verso seguente: solo passando attraverso la nebbia e l’aria mefitica si può scambiare il male col bene. Anche Dante dice che è entrato nella Selva oscura in un momento di annebbiamento: tant’era pien di sonno a quel punto … Colui che ci porta verso il male all’inizio mette in moto i meccanismi per confondere la vista e la comprensione di ciò che è bene per tramutarlo in male e viceversa, ma in seguito, quando la sua vittima si è abituata al male, si è corrotta, come direbbe Papa Francesco, la scelta del male al posto del bene è fatta in modo sempre più consapevole e, quel che è peggio, volontario. Il mondo, come lo chiama San Giovanni, quello che non ha conosciuto Dio, ha una visione completamente opposta a quella di Dio: il mondo giudica belle e desiderabili tutta una serie di cose che sono male agli occhi di Dio.
Senza volervi tediare con il discorso sui trascendentali, sappiate però che sono alla base di quanto sto per dire ora, sappiamo che la natura di Dio è la bellezza e la bontà, ma anche che la via della salvezza dell’umanità scelta da Lui passa attraverso la bruttura e la repulsione: “il più bello dei figli dell’uomo” diventa colui che “non ha né apparenza né bellezza”: “Due flauti suonano in modo diverso, ma uno stesso Spirito vi soffia dentro. Dice il primo: “Egli è il più bello tra i figli degli uomini” (Sal 45,3); e il secondo, con Isaia, dice: ‘Lo abbiamo visto: non aveva più né bellezza, né decoro’ (Is 53,2). ‘Egli non aveva bellezza né decoro’ per dare a te bellezza e decoro. Quale bellezza? Quale decoro? L’amore della carità, affinché tu possa correre amando e amare correndo… Guarda a Colui dal quale sei stato fatto bello”. Sant’Agostino, In lo. Ep., IX, 9.
Così come sono unite in Dio, così anche nella storia della salvezza la bellezza deve essere unita alla carità per non essere mero fattore estetico, guscio vuoto (e non ultimo strumento del male, perché tutto può essere pervertito, la bellezza come la verità). Quindi Gesù è bellissimo nel momento in cui è sfigurato:
Il crocifisso di Grunenwald ed il crocifisso di San Damiano ci mostrano come l’arte cristiana ha sempre cercato di mostrare i due aspetti del sacrificio della croce: l’orrore e la bellezza, che però non possono essere visti contemporaneamente, un po’ come i due lati di una moneta.
Il mondo non considererà mai belli e desiderabili il sacrificio, la rinuncia, il nascondimento, il dono di sé che invece sono belli agli occhi di Dio perché frutto della carità. Mentre invece l’autoaffermazione, l’appropriazione, l’apparenza, l’autoconservazione sono brutti agli occhi di Dio perché sono frutto della mancanza di carità.
Quindi per questo ciò che è sapiente agli occhi del mondo è stoltezza agli occhi di Dio e ciò che è sapiente agli occhi di Dio è stoltezza per il mondo: “E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.” I Cor 1, 22-24
La novità del cristianesimo è la rivelazione della pazzia di Dio, Dio è pazzo, poiché esce dalla sua impassibile trascendenza per mescolarsi alle nostre gioie, alle nostre pene, alla nostra disperazione. Il tema dell’amore ‘folle’ di Dio affiora dovunque nel Nuovo Testamento. Se la creazione rivela la sapienza di Dio, l’incarnazione per la nostra salvezza rivela il suo amore pazzo per noi. Il Crocifisso per amore è il segreto di ogni follia. Il Dio incarnato discende nella morte per prendere tutti gli uomini nella follia del suo amore. Con gli occhi bendati, schiaffeggiato, schernito, coperto di sputi, rivestito di una porpora da beffa, coronato di spine, re per burla, ecce homo, ecce deus: un pazzo in verità!
in quale modo si può rispondere a questa pazzia di Dio? Essendo pazzi come Lui: Gli Apostoli lasciano tutto e lo seguono e come loro nei secoli i martiri, i monaci, i re, i frati, i missionari … Chi segue Cristo è sempre giudicato pazzo.
Ma esiste una particolare vocazione alla pazzia che è tipica della spiritualità russa: il “pazzo in Cristo”, lo “jurodivyj” è l’uomo che risponde con tutto il suo essere alla follia di Dio, che entra anche lui nella «stoltezza della croce», che diventa pazzo per amore di Cristo. Il pazzo in Cristo s’identifica con Cristo oltraggiato, crocifisso, eppure risorto: egli vive già nel Regno e denuncia l’orgoglio, l’odio e la menzogna di ‘questo mondo’. Prende alla lettera le Beatitudini e il Discorso della montagna, tutta quella insopportabile follia: la terra donata ai miti, la gioia ai perseguitati e I’offrire la guancia sinistra quando siamo colpiti sulla destra, in tre parole: amare i nemici.
Il pazzo in Cristo rivela possibile l’impossibilità del cristianesimo. È un massimalista cristiano, è uno che sotto l’apparenza di una finta pazzia vive il Vangelo alla lettera, povero e senza un rifugio. Non entra nelle le chiese se non per farvi scandalo, vive nei rifiuti della città, nella sua più compromettente o più pericolosa marginalità, con i cattivi e le donne di cattiva condotta …
Serapione, Simeone, Nicola e Teodoro, Xenia sono alcuni dei Pazzi in Cristo russi. Tra di loro c’era chi girava nudo e alla domanda «Chi ti ha svestito così?» «E’ lui» rispose Serapione, indicando il Vangelo che aveva tra le mani. C’era chi si vestiva con un’uniforme militare e diceva di chiamarsi come il marito defunto (Xenia). C’era chi correva sul fiume e si azzuffava per far capire quanto futili e meschine fossero le beghe tra due città vicine (Nicola-Testa-di-Cavolo e Teodoro). C’era chi dava scandalo in chiesa, bombardando ad esempio le donne con le nocciole o entrava nei loro bagni pubblici (Simeone). C’era chi prendeva sassate le case dei buoni e baciava le mura delle case dei cattivi (indovinate perché…) Ma grazie queste pazzie, che avevano solo lo scopo di far vedere il mondo sotto un’altra prospettiva, cioè come lo vedevano loro: sottosopra (e quindi nel modo corretto direbbe Chesterton …), i Pazzi in Cristo riuscivano a fare degli atti di carità impossibili agli altri: c’era chi dava l’elemosina ad un mercante ben vestito e ingioiellato
( si scoprirà che era tutto quello che possedeva, avendo perduto tutto e vergognandosi di chiedere la carità), c’era chi andava a trovare una prostituta generando i peggiori sospetti (le aveva portato da mangiare perché sapeva che era rimasta da tre giorni senza cibo), c’era chi di notte trasportava i mattoni in cima ad una impalcatura per facilitare il lavoro agli operai il giorno dopo …
Eccoli:
San Serapione
San Basilio di Mosca
Santi Nicola e Teodoro
Santa Xenia 1
Santa Xenia 2
Il bello è che i pazzi in Cristo, sia gli jurodivyj veri e propri che i cristiani che cercano solo di essere tali, generano spesso incomprensione anche tra gli stessi cristiani. In questo bel film, che vi consiglio, L’isola di Pavel Lungin, un monaco russo non riconosce uno jurodivyj che vive con lui nello stesso monastero e si lamenta delle sue pazzie…, ma alla domanda “Perché Caino ha ucciso Abele?” non sa rispondere, ovvero, conosce la risposta perché l’ha studiata, ma non ha fatto l’esperienza di aver ucciso un innocente, come invece il suo fratello pazzo ha fatto e sta cercando di espiare seguendo la via della pazzia.
In questo spezzone del film guardate i primi minuti almeno fino alla domanda dell’abate: “E tu lo sai?” se poi vi piace continuate pure :-)
Siccome sono una pericolosa estremista, credo che al mondo si possa solo essere pazzi, e l’unica scelta che abbiamo è per chi essere pazzi.