Il Card. Schömborn ha spiegato poi che con gerarchia delle verità
non si intende un (imprecisato) gruppo di verità certe - obbligatorio a
credersi -, e altre verità (sempre imprecisate) facoltative per la
fede:
"Gerarchia delle verità significa […] un "principio strutturale
organico", da non confondersi con i "gradi di certezza". Tale principio
afferma, inoltre, che le diverse verità di fede sono ordinate a/e in
funzione di un centro, un nucleo centrale, ma non però che le verità non
poste al centro siano, per ciò stesso, meno vere” [6].
Questo nucleo centrale, indicato nel Catechismo di S. Pio X come i due misteri principali della fede (Unità e Trinità di Dio e Incarnazione, Passione e Morte del Nostro Signore Gesù Cristo), in quanto “centro organico”, comprende in sé - in un certo modo - tutti gli altri misteri.
Facciamo un esempio per spiegare questo concetto: “la resurrezione dei
morti” dipende da “il terzo giorno è resuscitato”: non per niente San
Paolo afferma che, se si nega la resurrezione dei morti, si finisce col
negare ala resurrezione di Cristo:
“Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono
dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste
risurrezione dai morti, neanche Cristo è risuscitato!” [7]
Così la “vita eterna” dipende dal “Pane della vita”:
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane
vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del
mondo” [8].
Si capisce allora come in alcuni luoghi, fin dall’antichità [9], la recita del Credo
fosse accompagnata, nella liturgia, dal segno della croce (rimasto
tuttora prescritto, dopo la recita del simbolo, nella forma
extra-ordinaria del rito romano).
Il segno di croce - “segno ammirabile, che congiunge magnificamente
l’espressione cristologia e redentrice della fede alla sua espressione
trinitaria” [10] - posto alla fine del Credo, indica che i due misteri principali comprendono in sé tutti gli articoli appena proclamati.
Questo stretto legame però comporta anche che un solo articolo non
creduto risalga a guastare anche i due misteri principali - o nucleo
centrale - della fede.
3. Le tessere del domino.
Cosa comporta dunque ammettere i divorziati civilmente risposati conviventi more uxorio alla ricezione della SS. Eucarestia?
Elencherò i numerosi errori che ne conseguono: molti di questi errori,
se sostenuti pervicacemente, sono vere e proprie eresie; il can. 761 del
CIC afferma:
“Vien detta eresia, l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il
battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e
cattolica”.
Il CIC descrive qui l’eresia formale, includendo la pertinacia, che è una disposizione dell’eretico: ma un’affermazione può essere eretica materialmente, cioè non considerando tanto come essa è sostenuta, ma prendendo in esame l’enunciato in sé e per sé.
“Ciò importa, in concreto, che quando l'uomo e la donna [non sposati
sacramentalmente], per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei
figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, "assumano
l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti
propri dei coniugi” [S. Giovanni Paolo II, Omelia per la chiusura del VI
Sinodo dei Vescovi, 25-10-1980, § 7] [11].
In questo senso si è espresso recentemente anche il Card. Brandmüller:
"Chi pensa che l'adulterio persistente e la ricezione della Santa
Comunione sono compatibili è un eretico e promuove scisma" [12].
Vediamo ora come, qualora si cercasse di rendere compatibili adulterio
ed Eucarestia, verrebbe a crollare pressoché tutto l'edificio della
nostra santa fede cattolica.
1ª eresia: è lecito accedere all’Eucarestia non in grazia di Dio.
Che la suddetta affermazione sia eretica, è evidente per il fatto che
vengono contraddette verità proposte costantemente dalla Chiesa come
fondate sulla S. Scrittura; così insegnava S. Giovanni Paolo II:
«Desidero quindi ribadire che vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma
con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione
dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una degna ricezione
dell'Eucaristia, “si deve premettere la confessione dei peccati, quando
uno è conscio di peccato mortale”» [13].
"La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra
Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati
risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il
loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a
quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata
dall’Eucaristia" [14].
Per poter ammettere i divorziati civilmente risposati conviventi more uxorio alla ricezione della SS. Eucarestia, cercando vanamente di non contraddire la plurisecolare Tradizione della Chiesa, bisogna sostenere che in qualche caso l’adulterio non è peccato mortale; ma così facendo, si incorre nelle seguenti due eresie (la 2ª e la 3ª):
2ª eresia: non esistono atti intrinsecamente cattivi (cioè atti
che, se compiuti con piena avvertenza e deliberato consenso, sono sempre
peccato grave)
Al contrario, San Giovanni Paolo II insegna:
“Alla luce della Rivelazione e dell'insegnamento costante della Chiesa e specialmente del Concilio Vaticano II… Ciascuno
di noi conosce l'importanza della dottrina che rappresenta il nucleo
dell'insegnamento di questa Enciclica e che oggi viene richiamata con l'autorità del successore di Pietro.
Ciascuno di noi può avvertire la gravità di quanto è in causa, non solo
per le singole persone ma anche per l'intera società, con la riaffermazione dell'universalità e della immutabilità dei comandamenti morali, e in particolare di quelli che proibiscono sempre e senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi.
Nel riconoscere tali comandamenti il
cuore cristiano e la nostra carità pastorale ascoltano l'appello di
Colui che «ci ha amati per primo» (1 Gv 4,19). Dio ci chiede di essere
santi come egli è santo (cf Lv 19,2), di essere — in Cristo — perfetti
come egli è perfetto (cf Mt 5,48): l'esigente fermezza del comandamento si fonda sull'inesauribile amore misericordioso di Dio
(cf Lc 6, 36), e il fine del comandamento è di condurci, con la grazia
di Cristo, sulla via della pienezza della vita propria dei figli di
Dio. ” [15].
E il Catechismo ribadisce:
“ci sono atti che per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle
circostanze e dalle intenzioni, sono sempre gravemente illeciti a motivo
del loro oggetto; tali la bestemmia e lo spergiuro, l'omicidio e
l'adulterio. Non è lecito compiere il male perché ne derivi un bene”
[16].
3ª eresia: la fornicazione e l'adulterio non sono sempre peccati mortali.
Come anche questa affermazione sia eretica, si evince constatando come
essa sia contraddittoria rispetto a quanto, ad esempio, ha dichiarato la
Congregazione per la Dottrina della Fede:
“…secondo la tradizione cristiana e la dottrina della chiesa, e come
riconosce anche la retta ragione, l'ordine morale della sessualità
comporta per la vita umana valori così alti, che ogni violazione diretta
di quest'ordine è oggettivamente grave” [17].
Per sostenere che la fornicazione e l'adulterio non sono sempre peccati mortali, si incappa in…
a) un assurdo uso di Gaudium et spes, usata per sostenere che in alcuni casi il peccato fa bene all’amore,
applicando ad una relazione adulterina il principio per cui se mancano
alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in
pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli» (Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. past. Gaudium et spes, 51; cf Amoris laetitia, nota 329)…
…e…
b) …nella 4ª eresia: le circostanze possono rendere buone azioni intrinsecamente cattive…
…quando invece il CCC afferma che:
“…le circostanze, in sé, non possono modificare la qualità morale degli
atti stessi; non possono rendere né buona né giusta un'azione
intrinsecamente cattiva” [18].
Per sostenere che le circostanze possono attenuare la malizia della fornicazione e dell’adulterio, si cade in altre due eresie:
5ª eresia: talvolta può mancare l'aiuto di Dio per non peccare
e
6ª eresia: potrebbe esistere una situazione in cui non ci sia altra possibilità che peccare…
…quando invece San Paolo afferma:
“Nessuna tentazione, superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio
infatti è degno di fede e non permetterà che siate tentati oltre le
vostre forze ma, insieme con la tentazione, vi darà anche il modo per
poterla sostenere” [19]
…e il Concilio di Trento definisce:
“Nessuno, poi, per quanto giustificato, deve ritenersi libero
dall'osservanza dei comandamenti, nessuno deve far propria
quell'espressione temeraria e proibita dai padri sotto pena di
scomunica, esser cioè impossibile per l'uomo giustificato osservare i
comandamenti di Dio. Dio, infatti, non comanda l'impossibile; ma quando
comanda ti ammonisce di fare quello che puoi e di chiedere quello che
non puoi, ed aiuta perché tu possa: i suoi comandamenti non sono
gravosi, (1Gv 5,3) il suo giogo è soave e il peso leggero (Mt 11,30).
Quelli infatti che sono figli di Dio, amano Cristo e quelli che lo amano
- come dice lui stesso (Gv 14,23) - osservano le sue parole, cosa che
con l'aiuto di Dio certamente possono fare” [20].
Siccome poi per accostarsi alla S. Comunione occorre confessarsi, allora
viene a crollare il sacramento della Penitenza, dovendo ammettere che…
7ª eresia: è possibile assolvere chi non ha il proponimento di non più peccare…
…quando invece San Giovanni Paolo II insegna:
“Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è
“il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso,
accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire” [Concilio di
Trento: Denz.-Schönm., 1676]” (CCC 1451). Inoltre “'atto essenziale
della penitenza, da parte del penitente, è la contrizione, ossia un
chiaro e deciso ripudio del peccato commesso insieme col proposito di
non tornare a commetterlo, per l'amore che si porta a Dio e che rinasce
col pentimento. Così intesa, la contrizione è, dunque, il principio e
l'anima della conversione” [21].
Infatti, ribadisce San Giovanni Paolo II…
“…se questa disposizione dell’anima mancasse, in realtà non vi sarebbe
pentimento: questo, infatti, verte sul male morale come tale, e dunque
non prendere posizione contraria rispetto ad un male morale possibile
sarebbe non detestare il male, non avere pentimento” [22].
Oppure dovendo ammettere che:
8ª eresia: chi è in stato di peccato mortale vive in grazia di Dio…
…quando invece il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che:
“Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come
lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la
privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia” [23].
Inoltre dobbiamo chiederci che fine faccia il precedente matrimonio dei
divorziati civilmente risposati, che fine fa? Svanisce nel nulla,
permane, o che altro? Se è fallito, il matrimonio non c’è più o
sussiste?
Diventa difficile salvaguardare la seguente affermazione del Catechismo:
“Questa inequivocabile insistenza sull'indissolubilità del vincolo
matrimoniale ha potuto lasciare perplessi e apparire come un'esigenza
irrealizzabile [Cf. Mt 19,10]. Tuttavia Gesù non ha caricato gli sposi
di un fardello impossibile da portare e troppo gravoso, [Cf. Mt
11,29-30] più pesante della Legge di Mosè” [24].
4. La concezione volontaristica della legge e l’eresia sulla misericordia
La legge è stata concepita - nella storia del pensiero - secondo due principali paradigmi:
a) una concezione che possiamo chiamare volontaristica, che può essere sintetizzata nel verso di Giovenale: “hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas” [25].
Secondo questo principio una legge ha la sua ragione d’essere solo nella volontà che la promulga, sia essa divina o umana.
b) Una seconda concezione, che possiamo chiamare intellettualistica, che è invece fondata sul principio “bonum est secundum rationem esse”: ovvero c’è un essere
che precede la volontà del legislatore, a cui il legislatore stesso si
deve adeguare. Ed è per questo che San Giovanni Paolo II ha potuto
affermare che "l'esigente fermezza del comandamento si fonda sull'inesauribile amore misericordioso di Dio (cf Lc 6, 36)" [26].
Se si considera la proibizione ai divorziati civilmente risposati di accostarsi all’Eucarestia come un atto non misericordioso o come il lancio crudele di una pietra,
si rischia di appoggiarsi sulla prima concezione della legge: secondo
questa concezione, gli uomini decidono di imporre un certo carico o un
certo peso; se questi dipendono solo dalla volontà del legislatore,
potrebbero essere realmente insopportabili.
Ma se invece la legge è iscritta in ogni uomo, e dipende da un progetto
sapiente di Dio: se il Padre, per creare l’uomo, ha guardato questo
progetto, che è una persona, il Verbo (“Io ero presso di lui come
artefice”; Prov 8,30), secondo il quale e in vista del quale sono state create tutte le cose… allora non può essere misericordia concedere all’uomo di non essere quello che è.
La legge guida l’uomo a vivere secondo la propria natura, ovvero - come
dice San Tommaso d’Aquino, realizzando in sé l’immagine di Dio [27].
Assecondare un atto cattivo significa dire all’uomo: “siccome sono
misericordioso, ti concedo di non realizzare in te l’immagine divina”:
l’alternativa non è solo la mancanza dell’ottimo, ma la morte, salario
del peccato, esito esiziale che il diavolo cerca di nascondere: “Non
morirete affatto!” [28].
Non può essere misericordia far credere all’uomo che è bene ciò che è
invece il suo male, e incoraggiare due persone che non sono marito e
moglie a vivere come se lo fossero.
E così non può essere misericordia fare assumere un sacramento che significa la perfetta unione con Cristo mediante la fede e la carità, quando questa unione non è
perfetta e in atto, ma è imperfetta riguardo alla fede e in potenza
riguardo alla carità: e quindi le specie consacrate assunte si trovano
ad essere imprigionate in un corpo, senza potere in alcun modo
beneficare quella persona che - senza le dovute disposizioni - le
riceve.
La concezione volontaristica della legge è una sorta di meta-eresia che pervade oggi l’atmosfera ecclesiale, humus nel quale si sviluppano ora l'una ora l'altra delle suddette eresie.
Conclusione
Eravamo partiti dalle affermazioni del Cardinale Carlo Caffarra, secondo
le quali l’ammissione dei divorziati civilmente risposati
all’Eucarestia, a meno che questi non vivano più more uxorio, comporta lo sfacelo di tutta la dottrina cattolica. Abbiamo visto che queste affermazioni sono tutt’altro che un’esagerazione.
Quando il porporato rilasciò le dichiarazioni testé esaminate, Amoris laetitia non era ancora uscita, e così egli poteva concludere l'intervista in questo modo:
“Le aperture di Papa Francesco sono diverse, non è una apertura che vuol
dire cambiare la dottrina, vuol dire avere un atteggiamento vero,
pastorale verso le persone, qualunque sia la loro condizione” [29].
Dopo A.L.?
Solo una risposta autorevole del Magistero, che risponda ai dubbi, e che chiarisca le ambiguità oggettive,
può portare un po' di chiarezza, in questo clima di confusione che si è
venuto a creare nella Chiesa, soprattutto a partire dai due ultimi
sinodi sulla famiglia.
* * *
È proprio vero che il demonio, come dice Dante, è löico [30],
estremamente logico, e, posto un errato principio, ne deduce una lunga
serie di eresie, con una perfetta conseguenza logica.
Ma se il demonio è logico, la Madonna è sapiente, e con la
sua sapienza, che infonde nei suoi devoti, schiaccia la testa del
serpente eretico. Che l'attesa della certissima vittoria possa
abbreviarsi.
NOTE
[1] "Permanere nella verità di Cristo" - Convegno internazionale in
vista del Sinodo sulla famiglia, Roma, 30 settembre 2015. Per un
resoconto esaustivo, cf. http://tinyurl.com/hwhbc3b.
[2] È possibile vedere il video dell’intervista qui: https://youtu.be/iKRLWE96RCw
[3] “Certo quando la ragione, illuminata dalla fede cerca assiduamente,
piamente e nei limiti dovuti, con l’aiuto di Dio consegue una certa
conoscenza molto feconda dei misteri, sia per analogia con ciò che
conosce naturalmente, sia per il nesso degli stessi misteri fra loro e
col fine ultimo dell’uomo” (“Ac ratio quidem, fide illustrata, cum
sedulo pie et sobrie quaerit, aliquam Deo dante mysteriorum
intelligentiam eamque fructuosissimam assequitur tum ex eorum, quae
naturaliter cognoscit, analogia, tum e mysteriorum ipsorum nexu inter se
et cum fine hominis ultimo”) DS/26, 3016.
[4] “…esiste un ordine o «gerarchia» nelle verità della dottrina
cattolica, in ragione del loro rapporto differente col fondamento della
fede cristiana” [Conc. Ecum. Vat. II, Unitatis redintegratio, 11].
[5] CCC § 90: “I mutui legami e la coerenza dei dogmi si possono trovare
nel complesso della Rivelazione del Mistero di Cristo” [Cf. Concilio
Vaticano I: Denz.-Schönm., 3016: “nexus mysteriorum”; Conc. Ecum. Vat.
II, Lumen gentium, 25].
[6] Joseph Ratzinger, Christoph Schömborn, Breve introduzione al catechismo della Chiesa cattolica, Roma 1994, p. 41.
[7] 1 Cor 15, 12-13.
[8] Gv 6,51.
[9] Cf. ad esempio i discorsi 57, 59 e 60 di S. Pietro Crisologo (PL XXXII, 360 D, 365 B, 368 C).
[10] “Signe admirable, qui joint magnifiquement l’expression
christologie et rédemptrice de la foi à son expression trinitaire”; H.
de Lubac, La foi chrétienne. Essai sur la structure du Symbole des Apôtres, Paris:Aubier-Montaigne, 1970/2, p. 91.
[11] Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della comunione eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14-9-1994, § 4.
[12] "Wer fortgesetzten Ehebruch und den Empfang der Heiligen Kommunion
für vereinbar hält, ist Häretiker und treibt das Schisma voran", Der Spiegel, 23.12.2016, http://tinyurl.com/hbubhtk.
[13] Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia, 17-4-2003, § 36.
[14] Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, § 84.
[15] Lettera enciclica Veritatis splendor, 6-8-1993, § 115, grassetto redazionale.
[16] CCC 1756.
[17] Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale – Persona humana, 29 dicembre 1975.
[18] CCC 1754.
[19] 1 Cor 10,13.
[20]
Decreto sulla giustificazione,
13-1-1547, Sessio VI, cap. 11, DS/40 1536.
[21] Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2-12-1984, § 31, III.
[22] Lettera al Card. William W. Baum in occasione del corso sul foro interno organizzato dalla Penitenzieria Apostolica, 22-3-1996, § 5.
[23] CCC 1861.
[24] CCC 1615.
[25] Satura VI, 223.
[26] Lettera enciclica Veritatis splendor, 6-8-1993, § 115.
[27] “…restat ut consideremus de eius imagine, idest de homine, secundum
quod et ipse est suorum operum principium, quasi liberum arbitrium
habens et suorum operum potestatem”: S. Th. Iª-IIae pr.
[28] Gen 3,4.
[29] Vedi note 1) e 2).
[30] Inferno, XXVII; 123.